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BOSSI, L’INNO E L’INFORMAZIONE DEVIATA

 


Accanto ai servizi segreti deviati, che preparavano loro le bombe salvo poi attribuirne la responsabilità ad altri con tutta una serie di depistaggi, accanto ai servizi deviati abbiamo anche l’informazione deviata: quella che prepara ad arte la “bomba” del villipendio di Bossi all’Inno di Mameli per depistare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle questioni pregnanti che solleva il leader della Lega. E’ una tesi che ho sostenuto nella mia rubrica televisiva, che ha già suscitato la protesta di Cristiano e Renzo sul blog, e che mi pare interessante ribadire anche in questa sede.

Per poter parlare di “villipendio all’Inno” di “insulti alla Nazione” di “veneti offesi” come hanno fatto in molti dal presidente della Camera Fini fino al presidente del Veneto Galan, avrebbe dovuto esserci un fatto chiaro e inequivocabile: mentre stavano andando parole e note dell’Inno di Mameli un Bossi che alza il medio e lo manda pubblicamente affà’…. Ma nulla è accaduto di così clamoroso. E’ succeso invece che, nel corso dei suoi soliti discorsi vibranti e arruffati, mentre se la prendeva col centralismo e con i prefetti, Bossi abbia detto: l’Inno di Mameli parla di schiavi di Roma, ma noi col cavole che accettiamo di essere ancora schiavi di Roma!…e via col medio alzato. Chiunque sia un minimo in buona fede si rende conto che Bossi non ce l’aveva con l’Inno di Mameli (che nemmeno lui conosce, come il 99% degli italiani che la 2^, la 3^, la 4^ e l 5^ strofa l’hanno letta pre la prima volta solo grazie alle polemiche di questi giorni…) ma ce l’aveva Bossi con l’idea di restare schiavi o servi o vassalli di Roma, cioè con l’idea che continui lo stato centralista e non si attui la riforma federalista.

Tant’è che nessuno dei giornalisti presenti sul momento ha fatto una piega, nessuno ha ritenuto di aver sentito un concetto né nuovo né dissacrante. Come mi racconta Luigi Primon, presente per Telenuovo allo Sheraton di Padova. Solo alcune ore dopo una qualche centrale occulta dell’informazione deviata ha colto l’occasione ed elaborato il piano: e così è uscita una prima nota di agenzia che parlava di insulti all’Inno di Mameli. E solo allora molti degli inviati dei più autorevoli mezzi d’informazione, come tanti bravi soldatini che abbiano ricevuto la velina dal Minculpop, si sono adeguati a questa lettura dei fatti e l’hanno riproposta nei telegiornali della sera e nei quotidiani del giorno dopo.

Una lettura deviata e ridicola. Faccio un esempio che mi pare illuminante. Nella sintesi di storia patria contenuta nell’Inno di Mameli ad un certo punto, nella 4^ strofa, si dice:” I bimbi d’Italia si chiaman Balilla”. Ora immaginatevi, non un federista doc come Bossi, ma un antifascista doc come Ferruccio Parri, che durante un comizio affermi sdegnato: l’Inno di Mameli sostiene che i bimbi d’Italia sono tutti Balilla, ma noi col cavolo che lo accettiamo, vadano al diavolo tutti Balilla, il fascismo non c’è e non ci sarà mai più!…Secondo voi questo Parri immaginario avrebbe voluto insultare l’Inno nazionale o mettere una pietra tombale sulla nazional-fascista Opera Balilla?…

Trovo inoltre vergognoso, degno di sepolcri imbiancati, che questi alfieri così fervidi del Tricolore e dell’Inno di Mameli, pronti oggi a vibrare di sdegno all’idea che Bossi manchi di rispetto ai “sacri simboli”, siano gli stessi che per decenni gli stessi sacri simboli li avevano completamente trascurati, dandoli in appalto gratuito ed esclusivo al Msi di Almirante.

Concludo con il depistaggio. Bossi domenica a Padova aveva sollevato la questione della presenza preponderante (63%) di insegnanti meridionali nella scuola. Percentuali sbilanciate che si ripropongono anche in settori statali ben più prestigiosi e assai meglio remunerati: dai primari ospedalieri, ai magistrati, ai dirigenti della pubblica amministrazione. E qui delle due l’una: o ha ragione lady Ciampi quando affermava che i meridionali sono più intelligenti dei settentrionali (ma la tesi ha un vago sapore razzista) oppure c’è qualcosa che non funziona.

Vogliamo affrontare questa questione, capire perchè è accaduta, impegnarci a riequilibrare le presenza territoriali nel pubblico impiego? O non possiamo farlo perchè siamo troppo sdegnati per gli insulti di Bossi all’Inno di Mameli?

 

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