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L’ASCESA DELL’ALTRO MATTEO

Provare ad analizzare la realtà non significa apprezzarla né condividerla. Solo prenderne atto. E oggi – piaccia o non piaccia – la scena politica è dominata dalla partita a due tra i due Matteo. Altri possibili protagonisti a livello nazionale non se ne vedono.
Alle ultime politiche, con Maroni segretario, la Lega toccò il minimo storico: 4,1%. Salvini l’ha fatta risorgere: 6% alle europee, mentre ora tutti sondaggi lo attestano sul 12-13%. Mai così in alto per consensi complessivi ed estensione territoriale: il Nord resta la roccaforte, ma i consensi arrivano anche dal Centro e perfino dal Sud e dalle Isole.
Sarà anche un “fascioleghista”, come lo definisce Il Tempo di Roma, sarà la versione italiana della Le Pen. Ma funziona.
Funziona Salvini quando dice che non ci sono più i moderati ma solo gli esasperati. Cittadini esasperati dalla criminalità, dall’immigrazione fuori controllo, da una crisi economica che colpisce produttori, partite Iva e anche lavoratori dipendenti (la ripresina del Pil non frena la disoccupazione). Cittadini pronti a votarlo.
Il linguaggio di Forza Italia, dello stesso Flavio Tosi, è più razionale, più logico, più politico. Ma non interpreta la pancia esasperata di tanti cittadini, non crea lo stesso consenso del linguaggio di Salvini.
Per lui, per il Matteo della Lega, la prova del fuoco è però il Veneto. Dove, se Zaia dovesse perdere, non avrebbe perso Zaia ma Salvini compromettendo così l’ascesa e la leadership. Quindi in vista del 10 Maggio deve dimostrare di saper coniugare il populismo del linguaggio con il pragmatismo delle alleanze…

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