PAROLE D’ORDINE: PAZIENZA E FIDUCIA

Stamattina sono stata inviata in centro a fare un servizio per il tg cronaca di Telenuovo sulla città che non è ancora tornata a pieno regime, nonostante Ferragosto sia ormai alle nostre spalle. E’ vero: qualche negozio è ancora chiuso, per le strade si circola che è una meraviglia (a parte qualcuno che va un po’ troppo piano per i miei gusti!) e il centro è godibilissimo. A non mancare invece (evidentemente non vanno in ferie!) sono alcuni tifosi pessimisti del Padova. Non ho fatto in tempo a transitare per le riviere ad immortalare il ritorno in pista del metrotram e a passeggiare per le piazze che subito mi son sentita urlare: "Martina, abbiamo perso a Bologna. Ah che male che siamo messi". Oppure: "Be’, il Bologna è in serie A e non è un problema se abbiamo perso, ma non è possibile che duriamo solo un tempo". Il terzo che ho incrociato ha solo provato a dirmi: "Ahhh cominciamo bene con questo Padova" che subito l’ho zittito senza fargli finire la frase: "Siamo al 22 di agosto, aspettiamo almeno di aver iniziato il campionato prima di metterci le mani nei capelli?". Certo, poi mi sono imbattuta anche in qualcuno che mi ha detto: "Dai che abbiamo una bella squadra e a Bologna abbiamo venduto cara la pelle", ma quanta fatica conservare un po’ di sano equilibrio!

Certo, dispiace aver perso all’ultimo 2-1 dopo essere andati in vantaggio e aver visto Pelizzoli parare un rigore, ma avevamo di fronte il Bologna, mica una squadra di categoria inferiore come le tante affrontate dal Padova in queste settimane di continue amichevoli. Ribadisco il concetto già espresso nel post del 4 agosto: ci vorrà tempo per vedere un Padova frutto maturo. Non ci si può e non ci si deve attendere un inizio con chissà quale botto. I cambiamenti sono stati tanti e importanti, l’impasto richiede del tempo per lievitare. Ecco perché le parole d’ordine, specie di fronte ad un calendario con un inizio come quello che attende i biancoscudati, devono essere PAZIENZA e FIDUCIA.

A proposito di PAZIENZA e FIDUCIA, lancio in questo post un ultimissimo avvertimento. Se non verrà colto e messo in pratica, mio malgrado, passerò ai fatti: la mia PAZIENZA nei confronti di chi in questo spazio oltre a scrivere ciò che pensa offende liberamente gli altri frequentatori è finita. Non tollererò mai più attacchi personali e offese da parte di nessuno. Ripeto ciò che ho già sostenuto in passato: ho sempre accettato qualunque critica, anche pesante, nei miei confronti, nell’ottica di un confronto costruttivo. Accetto che non siate d’accordo l’un l’altro su qualunque cosa a patto che ve lo diciate con educazione e rispetto reciproco. Le offese gratuite, invece, mi fanno salire il sangue alla testa. Mi fermo qui. Ho FIDUCIA che chi si è comportato male abbia recepito il messaggio e che d’ora in avanti non succeda più.   

 

UN PO’ DI SOFFERENZA CI STA

L’importante era passare il turno perché si voleva avere la possibilità di giocare un’altra partita vera domenica prossima a Bologna prima dell’esordio in campionato con la Sampdoria e il Padova ce l’ha fatta.

Certo l’esordio in Tim Cup contro il Carpi qualche ombra la porta con sè: fare quattro gol è cosa buona, prenderne due un po’ meno perché è sintomo che ancora non si sono raggiunti gli equilibri di una squadra che deve essere quadrata, ma siamo ancora al calcio di metà agosto, c’è tempo per migliorare. Anzi, meglio mostrare ora qualche limite su cui lavorare che a novembre. 

Passando ai singoli, per l’ennesima volta ieri sera mi ha impressionato Lazarevic, che quando prende palla davvero si trasforma in qualcosa di simile a un razzo e non lo prendi più. Benissimo anche Cutolo (anche se, alla prima palla gol sbagliata dopo 24 secondi di partita, c’è chi, dalla tribuna ovest, ha urlato a Dal Canto: "Cambialo", impareremo mai ad avere un po’ di pazienza???). A centrocampo poi mi ha colpito molto Marcolini che, specie nel primo tempo, ha dispensato lanci e aperture di gioco di pregevole fattura. Milanetto ha fatto bene finchè la condizione fisica glielo ha permesso. Poi è calato, ma siccome a Genova, causa squalifica di Italiano, dovrà giocare lui in cabina di regia, ha fatto bene Dal Canto a tenerlo in campo più possibile per far prendere minutaggio alle sue gambe ancora un po’ in ritardo di preparazione. 

Passiamo al capitolo difesa, quello su cui magari si è messa in evidenza qualche debolezza. Schiavi a me piace moltissimo, purtroppo ieri sera da un suo liscio è nato uno dei gol del Carpi: speriamo che, come Cano nel 2005 contro la Triestina sul gol di Godeas, si sia giocato il jolly e non gli succeda più. Donati ha fatto il suo nella fase difensiva ma è salito poco. Pelizzoli non mi ha dato in qualche circostanza l’impressione di grandissima sicurezza: sul palo colpito da Cesca, l’ha battezzata proprio male la palla, ma poi si è rifatto con un paio di buone parate nella ripresa.

Questo il quadro che ho visto io. Un quadro ancora in evoluzione e con qualche ombra, ma tutto sommato buono. Credo che aldilà degli aspetti in cui si deve "fare luce", sia il momento di dare massima fiducia a questo gruppo e, soprattutto alle scelte operate dal suo allenatore, per spingere la squadra ad un positivo avvio di campionato. Per ora, quindi, mi fermo qui e lascio a voi la parola per le vostre impressioni.      

L’ATALANTA RESTA IN A

Sei punti di penalizzazione all’Atalanta da scontare nel prossimo campionato di serie A, tre anni e mezzo di squalifica al suo capitano Cristiano Doni e tre anni all’altro giocatore nerazzurro Thomas Manfredini. Questa la parte più rilevante della sentenza della Commissione Disciplinare della Figc sulla vicenda del calcioscommesse sulla quale sta indagando penalmente la Procura di Cremona. Sei i punti di penalizzazione inflitti invece all’Ascoli da scontare nel prossimo campionato di serie B.

Mah, sinceramente, non ho molte parole da aggiungere a questa sentenza.

E voi ci riuscite?

AVVISO AI NAVIGANTI

Sampdoria fuori casa, Reggina in casa. Poi due derby infuocati, contro il Cittadella e l’Hellas Verona, nel giro di poche settimane, inframmezzati dalla partita contro un’altra retrocessa dalla serie A, il Bari. Niente male come inizio per un Padova che stavolta parte con il chiaro obiettivo di "far meglio dell’anno scorso" e quindi, per forza, di puntare alla serie A.

Non è però sulle avversarie che incontrerà per prime che voglio soffermarmi in questo post. Anche perché sono convinta che affrontare la Sampdoria alla prima giornata sia molto meglio che incontrarla alla dodicesima: a fine agosto sicuramente i meccanismi e l’amalgama non saranno ancora quelli dei tempi migliori, quindi, forse, non è andata così male.

Aldilà di questo ragionamento, comunque, di cui si scoprirà la validità o l’erroneità al fischio finale di Sampdoria-Padova, tengo tantissimo a sottolineare un pensiero che ho in testa fin dal giorno dopo la sconfitta di Novara: il direttore sportivo Rino Foschi ha fatto un ottimo lavoro, rinforzando questa squadra con elementi di qualità, ma non per questo dobbiamo aspettarci una partenza sprint o un filotto di risultati fin da subito. Oddio, se arriveranno l’una e l’altro bene: ma è meglio se ci mettiamo tutti nell’ordine di idee che ci vorranno tempo e pazienza per costruire un gruppo vincente e arrivare ai livelli che l’anno scorso ci hanno fatto girare la testa.

Sarebbe un errore aspettarsi una partenza simile all’ultima parte della scorsa stagione. La squadra è cambiata molto e un gruppo vero non si costruisce in un mese: ci vogliono le vittorie che creano entusiasmo ma anche le sconfitte che ti spingono, in spogliatoio, a guardarti negli occhi e a scoprire quanto sei disposto a sacrificare di te stesso per riportare anche tutti gli altri sul giusto itinerario. 

Ci sono ancora diverse partite per aumentare il livello di sintonia tra i vecchi e i nuovi prima di cominciare la stagione vera: ma sappiamo tutti che giocare un’amichevole o la Tim Cup non è come giocare il campionato. Quindi il vero test lo avremo proprio quando inizieranno le partite che contano veramente.

Armiamoci di pazienza, quindi, e partiamo per questa nuova avventura!    

 

STA NASCENDO UN BEL PADOVA

Sono stata due giorni a Folgaria a vedere il ritiro del Padova.

Di questi tempi è facile ricavare buone impressioni: normale che tutti diano il cento per cento per fare bella impressione, per ricavarsi un ruolo importante, per far vedere al mister e alla società di meritare la fiducia che è stata in loro riposta al momento dell’ingaggio o al momento della riconferma. I veri esami saranno più avanti, quando arriveranno le partite vere, quelle che contano, e allora si potrà verificare sul campo a che punto è la coesione del gruppo e quanto è grande la forza caratteriale di ognuno degli elementi della rosa.

Qualcosa però già si intravvede. Ed è un qualcosa di positivo. Butto lì le sensazioni che ho ricavato nell’ordine in cui le ho provate: il terzino destro Donati mi piace molto. Ieri in amichevole ha fatto un paio di discese e un paio di cross che mi hanno subito fatto pensare che non ci farà rimpiangere il pur bravissimo Crespo. Schiavi lì in mezzo è una garanzia. Testa alta, personalità: si è sempre detto che il Padova mancava di un giocatore così nel cuore della difesa e ora c’è. Lazarevic è una forza della natura, Cutolo ha un signor sinistro. Certo Ruopolo è ancora un po’ indietro ma è normale visto il fisico che si ritrova.

Poi ci sono quelli che conosciamo già: il destro di Italiano non ha perso il calibro (e chi se ne importa se ieri in amichevole ha sbagliato un rigore, che per la prima volta ha tirato senza incrociare!), Cuffa è il solito guerriero. Ripeto: è ancora prestissimo per un giudizio assoluto, ma questo Padova mi piace. E sono convinta che presto ci convincerà del tutto. 

P.S.: in questo blog ho sempre lasciato spazio a tutti, anche, e anzi soprattutto, a chi ha critiche nei miei confronti, che ritengo siano sempre costruttive e comunque da accettare anche quando non lo sono, visto il lavoro che faccio. Per la prima volta invito qualcuno, nel qual caso La Padova Bene, perlomeno a limitare i suoi post. Parlare della tessera del tifoso mi sta bene, monopolizzare la conversazione solo su questo argomento, come se il Padova non fosse a Folgaria e non ci fosse nient’altro di cui parlare, anche no. Grazie per la collaborazione.    

INNESTI FORTI, ORA NON SBAGLIAMO IL CENTRAVANTI

Il Padova è partito per Folgaria. Rimarrà in montagna due settimane piene per mettere le basi, atletiche e di spogliatoio, del suo campionato. Rino Foschi, lasciatemelo dire, ha fin qui svolto un ottimo lavoro. Marcolini e Osuji a centrocampo sono due signori rinforzi, così come lo è Schiavi al centro della difesa (di questo centrale non si parla bene, si parla benissimo!) e come lo è Donati per il ruolo di terzino destro. C’è poi un pieno di giovani speranze (Lazarevic, Jelenic e Perin), c’è in porta un Pelizzoli che ha tanta voglia di lasciarsi definitivamente alle spalle la brutta avventura in terra russa, c’è Cutolo, c’è Ruopolo, c’è un allenatore, Alessandro Dal Canto, che non vede l’ora di dimostrare tutto il suo valore partendo dall’inizio con una squadra costruita, oltre che dal direttore sportivo, anche da lui.

Manca ancora qualche pedina perché la scacchiera sia completa: un altro centrale difensivo (si sta lavorando su Pesoli: Trevisan potrebbe essere ceduto da qui alla fine del mercato estivo), un altro terzino destro, un altro esterno d’attacco e, soprattutto, IL BOMBER.

Se è vero quel che diceva un famoso tecnico ("Datemi un portiere che para e un attaccante che segna e io vincerò il campionato"), si tratta della scelta più delicata. Girano tanti nomi (e di questi tanti accetterebbero la soluzione Padova ad occhi chiusi!) ma Foschi sta attendendo ancora prima di tirare i fili delle varie trattative perché vuol essere sicuro di pescare quello giusto. Quello che faccia come ha fatto Succi l’anno scorso, fin dal ‘pronti via’.

Una volta che sarà completato anche questo tassello, allora sì che potremo dire fino in fondo di che pasta siamo fatti. E quanto in alto possiamo puntare per il campionato 2011-2012, senza correre il rischio di soffrire di vertigini.  

 

DEDICATO A CHI PENSA CHE IL CALCIO SIA ANCORA UNO SPORT ROMANTICO

Ne ho visti di giocatori, in questi anni, affezionarsi al Padova e a Padova al punto da essere disposti a tutto, una volta arrivati di fronte al bivio "rinnovo o non rinnovo", pur di rimanere.

Penso ad Andrea Rabito, che più volte si è detto disponibile a "firmare in bianco" pur di avere la possibilità di continuare a vestire questa maglia (ora gli faccio un sincero "in bocca al lupo" per la sua nuova avventura alla Cremonese). Penso al capitano della promozione in serie B, Paolo Cotroneo, che, il giorno in cui suonò il campanello della redazione di Telenuovo per consegnarmi la lettera di commiato ai tifosi, scritta da lui stesso a penna, mi disse: "Mi si spezza il cuore a sentire Antonio, mio figlio più grande, che mi chiede se, dopo le vacanze in Sicilia, potrà tornare a scuola coi suoi amichetti ad Abano. Come faccio a dirgli che cambieremo città?". Per Paolo il primo pensiero, dopo la fine della sua esperienza biancoscudata, non andò al proprio futuro personale di calciatore, bensì alla famiglia. Paolo era qui dal 2005 quando, l’estate scorsa, il suo contratto terminò e non gli fu rinnovato: i suoi figli, Antonio Maria Karol e Mattia, avevano visto entrambi la luce qui. Difficilissimo strapparli alla loro vita.

Il calcio, come la vita del resto, è fatto così: si abbraccia una causa, si fa la propria parte per far sì che abbia un esito positivo, si vince, si perde, si pareggia e poi, inevitabilmente, si cambia. Oggi però, a questa regola così cinica, ha fatto da splendida eccezione Andrea Cano, che ha rinnovato per il settimo campionato di fila il suo contratto col Padova. Vederlo piangere di commozione nel momento in cui gli abbiamo chiesto quanto la famiglia avesse influito sulla sua decisione di accettare la proposta biancoscudata, ben sapendo che, dal prossimo 27 agosto, il posto da titolare se lo dovrà giocare con due colleghi e non con uno solo come è stato nelle ultime due stagioni con Federico Agliardi, è stata un’emozione incredibile. "Non avrei mai portato via mia figlia da qui, questa realtà è la sua vita". Certo, Cano avrebbe potuto continuare a tenere casa a Montegrotto e fare avanti e indietro dalla sua nuova destinazione, ma lui, della vita della figlia, non vuol perdersi nemmeno mezza giornata, figuriamoci tutti e cinque i giorni feriali della settimana a causa degli allenamenti! E poi Padova è diventata anche la sua vita: lui continua a parlare il suo schietto romano, ma ormai c’è un legame così speciale con la città e la tifoseria che pure nelle sue vene scorre sangue veneto. Altroché se scorre! 

In un momento in cui il calcio è sporcato da scommesse, partite truccate e quant’altro, storie come quella di Andrea Cano fanno bene. Perché ti restituiscono, da un lato, la certezza che esiste ancora il giocatore bandiera, capace di legarsi ad una società e a una piazza a vita e, dall’altro, la consapevolezza che una società di calcio, in questo caso il Padova, è ancora in grado di ragionare col cuore oltre che con i programmi di alta classifica e i bilanci.

E poi la storia del Cano biancoscudato ha tutti i connotati della favola: quando nel 2005 (stesso anno di Cotroneo) sbarcò qui, chiamato da Maurizio Pellegrino, lo fece solo a ritiro finito perché il Padova aveva puntato sul portiere ceco Lejsal e quest’ultimo era stato poi squalificato sei mesi per una combine tra Genoa e Venezia. Quando giocò la sua prima partita ufficiale poi (Padova-Triestina 2-1 Coppa Italia) prese gol facendosi scivolare la palla in maniera maldestra sotto le gambe su un tiro di Godeas. La maggior parte del pubblico dell’Euganeo brontolò. Quello stesso pubblico che, invece, oggi, a sette anni di distanza, dopo una promozione in serie B, un quasi salto in serie A e tante entusiasmanti partite con Andrea Cano in porta da protagonista, ama questo portiere e quest’uomo al punto che, quando è sembrato che per lui a Padova fosse finita, ha chiesto a gran voce la sua permanenza, sfilando davanti alla sede con striscioni e creando una pagina Facebook ad hoc.

Come in tutte le favole che cominciano con qualche complicazione, insomma, non poteva mancare il lieto fine. Che oggi è finalmente arrivato. 

MERCATO INTERESSANTE, MA NON PRIVIAMOCI DEI CAPISALDI

Un ciao affettuoso e un ben ritrovati agli amici del blog!

Torno dalle ferie che il Padova, com’è normale che sia ai primi di luglio, è ancora un cantiere aperto. Le prime fondamenta piantate dal confermato direttore sportivo Rino Foschi riguardano il centrocampo e devo dire che mi piacciono molto: Marcolini è un giocatore d’esperienza e qualità, che peraltro ha condiviso con Vincenzo Italiano, tra le altre, l’annata al Chievo coincisa con il ritorno in serie A, Osuji è un mastino tutto grinta e voglia di emergere (quando l’ho visto all’opera al Varese ho subito pensato che uno così mi sarebbe piaciuto averlo in casa!).

 

Sono poi arrivati Jelenic, esterno d’attacco, che è un giovane di prospettiva, e a ore firmerà anche Lazarevic,  a sua volta esterno offensivo, vivace e imprevedibile, anche se deve crescere in continuità (la carta d’identità è comunque assolutamente dalla sua parte!).

Insomma, Foschi si sta muovendo alla grande, come sempre. E non ha certo bisogno di suggerimenti. Però se da un lato condivido la necessità di rinnovare e svecchiare la rosa, puntando soprattutto sui giovani e sulla loro fame di vincere (chissà, magari lanceremo un altro El Shaarawy), dall’altra sono un po’ preoccupata, come tanti tifosi, per il mancato rinnovo del contratto di Andrea Cano, la bandiera di questa squadra. Mi piange il cuore aver visto partire giocatori che hanno fatto la storia recente della squadra, tipo Andrea Rabito, e vedere sul mercato Totò Di Nardo, ma quest’anno hanno avuto poco spazio ed è comprensibile che non siano stati riconfermati. Cano invece è stato un indiscusso protagonista: grandissimo portiere e, insieme, esemplare professionista.

Il portiere romano non ha mai rotto le scatole, mai alzato la voce. Due anni fa, dopo che ce lo aveva portato lui il Padova in serie B, ha accettato senza fare una piega di sedersi in panchina e di fare il secondo al neo arrivato Federico Agliardi, con cui ha peraltro instaurato un rapporto splendido, fatto di sostegno e stima reciproca. Nel campionato appena concluso è poi stato decisivo in molte gare, anche nel bellissimo finale, anche in questo caso partendo ad inizio stagione dalla panchina.

Un gruppo ha bisogno dei suoi capisaldi per rimanere integro e forte e credo che Cano sia uno di questi.

UNA CITTA’ CHE MERITA LA A

Ieri sera ho avuto l’onore e il grandissimo piacere di presentare la serata davanti al Pedrocchi voluta dal Padova per far sì che la squadra potesse salutare la città dopo la straordinaria cavalcata dell’ultima parte di stagione.

Non posso che ribadire che sono orgogliosa dei biancoscudati: a stare a un metro da loro mentre sul palco ricevevano gli applausi e i cori intonati dai tifosi ho percepito profondamente tutta la loro emozione e il grande rammarico per non aver fatto alla gente di Padova il regalo più bello, la serie A. La scaletta non prevedeva che parlassero tutti, altrimenti avremmo fatto le due di notte, ma mi ha riempito il cuore vedere che c’è stato chi mi ha chiesto spontaneamente il microfono per un saluto, chi non è riuscito a trattenere le lacrime perché sa già che l’anno prossimo non potrà far più parte di questo straordinario gruppo e chi mi suggeriva: "Chiama Cesar a parlare, se lo merita. Sta soffrendo tanto per l’espulsione di domenica, fagli fare un applauso". Vedere poi Ardemagni, Legati ed El Shaarawy intonare insieme, abbracciati, IL coro per eccellenza (Padova, tu sei il mio grande amore, ti seguiremo sempre, per sempre, e per l’Italia intera…) ha messo la ciliegina sulla torta ad una serata bellissima. 

Pare poi che la magia dell’evento abbia fatto fare la pace a Rino Foschi e Barbara Carron: non so se durerà, perchè ho visto il direttore tanto scuro in volto, senz’altro vi terremo informati sugli sviluppi della vicenda. 

Prima di salutare tutti, visto che da oggi per me inizia un periodo di vacanza, un grazie speciale lo voglio dedicare a tutta la città che ieri sera si è stretta intorno alla sua squadra del cuore. I tifosi e il loro amore per questa maglia sono già da A. Non resta che conquistare la massima serie sul campo ora, ripartendo da tutto quel che di buono si è costruito nelle ultime quindici partite. 

Un abbraccio a tutti, ci si risente i primi di luglio!   

P.S.: per rivivere la festa davanti al Pedrocchi non dovete fare altro che sintonizzarvi stasera, mercoledì 15 giugno (una data che mi ricorda qualcosa…), su Telenuovo dalle 21,15 alle 23,30: manderemo in onda una puntata speciale di "Biancoscudati channel" di oltre due ore con tutti i momenti più belli della serata e del campionato, le interviste e i gol. Non mancate mi raccomando! 

ORGOGLIOSA DI QUESTI RAGAZZI

Impossibile trattenere le lacrime a fine gara. La serie A era ad un passo da noi e l’abbiamo solo sfiorata. Ci è stata strappata di mano all’ultimo respiro da un Novara che comunque, va detto, ha dimostrato di meritarla.

Ma si tratta di lacrime di dispiacere non di lacrime di delusione. Perché stasera non c’è proprio niente per cui essere delusi. Anzi: bisogna essere fieri di questo Padova, orgogliosi di un gruppo di ragazzi che ha messo l’anima per poter regalare alla città il ritorno nella massima serie; che, in dieci contro undici, a momenti pure pareggiava. E se la rimetteva in piedi questa partita, col cavolo che finiva così!

La promozione non c’è stata, ma un piccolo, anzi grandissimo, miracolo, questi ragazzi l’hanno comunque fatto. Trascinati da un allenatore che ha saputo costruire coi suoi giocatori un legame molto più speciale del normale rapporto giocatore-allenatore, sono riusciti a risvegliare dal letargo una città intera. A far scoppiare di nuovo la scintilla della passione per il calcio anche in chi ormai era convinto di non essere più attaccabile da certi sentimenti.

Lo zoccolo duro dei tifosi (me compresa!) c’era anche a Moncalieri nel 2001, quando i biancoscudati cercavano di riemergere dall’inferno della C2. Ora invece, anche chi si era allontanato dalla squadra per i più disparati motivi, si è fatto nuovamente affascinare e contagiare da essa. E vedere 20.000 tifosi all’Euganeo è già di per sè un’importante vittoria. 

Ora ai giocatori non resta che asciugarsi a loro volta i lacrimoni dal volto, godersi le meritate vacanze e tornare a metà luglio più carichi di prima. Per un altro campionato sulla cresta dell’onda, con un pubblico sempre da grandi occasioni. Se daranno quello che hanno dato in questa fantastica cavalcata, ci sarà da divertirsi. E, alla fine, pure da gioire.