NON CI CREDO… PIZZICATEMI!

Datemi il pizzicotto più forte che riuscite!

Avevo delle sensazioni che dire nere era dire poco alla vigilia di questo derby. Pensavo e ripensavo agli ultimi precedenti, all’1-2 dell’anno scorso all’Euganeo e all’arbitro Saccani, allo scialbo (per non dire di peggio) 0-0 del ritorno al "Menti", all’immeritata sconfitta del girone d’andata di quest’anno sempre per 2-1, al termine di una delle sfide meglio giocate in trasferta fino a quel momento. Tutti questi infausti e nefasti ricordi mi attanagliavano, mi passavano davanti continuamente. Non ero sola peraltro in questo mio delirio: mi sono scambiata tantissimi messaggi con Lisetta questa settimana e anche lei provava i miei stessi presagi. Ci siamo fatte molto coraggio a vicenda e alla fine le cose sono andate come meglio non potevano. I biancoscudati hanno offerto ai tifosi, meravigliosi, il più bel regalo di Pasqua del mondo. Un regalo che resterà per sempre nei loro (nostri) cuori.

Giusto qualche giorno fa, mentre cercavo nelle vecchie cassette tutti i gol di Rabito per montare la copertina da dedicargli martedì sera a "Biancoscudati channel", mi sono imbattuta in un altro derby memorabile: Padova-Venezia, 4-1, del 28 ottobre 2007. Sfida che commentai, ironia della sorte, allo stadio Euganeo affiancata da un novizio Alessandro Calori, che all’epoca conoscevo appena. Che emozione rivedere il colpo di testa di Mastronicola, il destro al volo di Di Nardo, la rete di Muzzi in contropiede (Muzzi che esultò remando come un gondoliere, rispondendo così a Scantamburlo che, in occasione del momentaneo 0-1 del Venezia, aveva mimato una gallina per prendere in giro il simbolo di Padova) e il 4-1 finale di Rabito appunto. Mi son detta: "Magari col Vicenza finisse così". Secondo voi quanto felice posso essere di poter scrivere: detto, fatto? Tanto, di più.

Di questa serata magica mi resteranno impressi molti fotogrammi. Non scorderò mai l’abbraccio finale di tutti i giocatori a centrocampo, Italiano che fa roteare la maglia come una bandiera davanti alla Fattori prima di gettarla ai tifosi, il sorriso compiaciuto di El Shaarawy che, giorno dopo giorno, sta diventando sempre più "signorino", Dal Canto che entra in campo per esultare al secondo gol di De Paula ma allo stesso tempo è dispiaciuto per non aver visto segnare Ardemagni che "se lo meritava per l’impegno messo in campo". E la doppietta di classe di De Paula? E Hochstrasser che tenta di scavalcare il parapetto della tribuna per andare ad abbracciare chissà chi? Tanta, troppa roba.

Non posso che chiudere da tifosa dicendo, anzi urlando: grazie Padova. Grazie Dal Canto. Il calcio è passione. Il calcio è credere in un gruppo e nel suo allenatore, sognare di vivere una favola, non vedere l’ora di assistere ad una partita dei tuoi eroi per scoprire nei loro occhi che brillano una sensazione nuova, mai vista prima. Sarò l’eterna, inguaribile e ingenua romantica, ma la penso così. E ora questo Padova, con questo allenatore, mi (ci) sta regalando tutto questo.    

Buona Pasqua a tutti! E un grazie di cuore ad Alessandro che mi ha caricato nello scooter a 300 metri dallo stadio per farmi arrivare in tempo a fare le interviste del dopo partita! Senza di lui, imbottigliata nel traffico, non ce l’avrei mai fatta! 

‘ROGER’, CUORE DI PADOVA!

Nove punti in cinque partite. Niente male per un allenatore esordiente in serie B, che ha preso in mano la squadra in un momento in cui le riusciva difficile fare anche solo due elementari passaggi di fila. Sono sempre più convinta che ad Alessandro Dal Canto vada data una possibilità a fine stagione per come sta dimostrando di saper gestire il gruppo, emotivamente e calcisticamente.

Non è su questo però che voglio concentrare i miei discorsi in questo post: da persona che agisce sempre e in ogni ambito della sua vita sotto l’impulso del cuore e della passionalità, sento oggi il desiderio di spendere due parole per un giocatore che stimo molto fin dall’estate del 2007, da quando cioè ha messo piede per la prima volta a Padova. Sì, è proprio lui: Andrea Rabito.

Quando ha esordito con la maglia del Padova quattro anni fa, ho subito pensato che era uno dei giocatori tecnicamente più forti che avevo mai visto transitare da queste parti. Poteva giocare indifferentemente a destra e a sinistra dell’attacco, tirava indifferentemente le punizioni di destro e di sinistro, a seconda che volesse privilegiare la potenza o l’imprevedibilità della traiettoria. Crossava di destro e di sinistro, correva, saltava l’uomo con facilità sulla fascia. Il suo destro poi era vellutato: prova ne è il fantastico gol che ha realizzato l’anno scorso all’Euganeo col Mantova mettendo da 25 metri il pallone sotto l’incrocio dei pali. Di reti peraltro ne ha realizzate parecchie: con quella di oggi fanno 26, in quattro campionati. E non stiamo parlando di una punta, bensì di un esterno d’attacco che, proprio per tornare ancora più utile alla causa del Padova, ha imparato nel tempo a fare anche il trequartista. Andrea è poi sempre stato un ragazzo a modo, sensibile, perfino troppo se è vero che l’unica volta che ci ho litigato e di brutto al telefono tre anni fa è stato perché si è sentito attaccato ingiustamente da me in un giudizio negativo che avevo espresso forse con eccessiva foga su di lui. Litigio che poi si è concluso, come sempre avviene quando discuti con una persona intelligente, con un chiarimento che ha fatto capire ad entrambi che l’altro era in una posizione di assoluta buonafede.

Andrea ha poi saputo negli anni capire la piazza, cosa fondamentale per fare bene a Padova: magari ha sofferto per qualche critica, proprio perché, come dicevo prima, è molto sensibile, ma ha imparato a fare buon viso, a buttarsi sempre tutto dietro le spalle, insomma da questo punto di vista ha saputo evolversi in positivo. Sempre per via che è una persona intelligente. 

Purtroppo per lui quest’anno è stato chiuso sia dall’arrivo di giocatori di grande talento (Di Gennaro ed El Shaarawy) sia dall’utilizzo esclusivo da parte di Alessandro Calori del modulo 4-3-1-2. Non ha però mai fatto polemica: si è sempre allenato con costanza e non ha mai fatto mancare il suo apporto di positività al gruppo.

Tutto quello che ha comunque fatto, pur sapendo che il sabato sarebbe andato in tribuna o, alla meno peggio, in panchina, si è rivelato un bagaglio preziosissimo quando, con l’avvento di Dal Canto e il passaggio al 4-3-3, c’è stato improvvisamente di nuovo bisogno di lui. "Rabito è un giocatore che tengo in grande considerazione – sono state le prime parole di Dal Canto dopo l’insediamento – fin dai primi giorni in cui ho iniziato ad allenare si è letteralmente spaccato la schiena per darmi una mano". Servono altre parole? No, penso proprio di no.

Ecco, per concludere, credo che Andrea Rabito sia un giocatore da portare ad esempio: gli anni passano e magari le sue immense qualità possono non essere più tutte così spiccate come nel 2007, ma il grande cuore, quello sì, in lui è sempre lo stesso, è rimasto intatto. Nel mondo del pallone ci sono gli attori protagonisti e i coprotagonisti. Ci sono quelli che fanno calcio champagne e quelli che semplicemente fanno i gregari e portano l’acqua. Ci sono quelli che giocano 90 minuti e quelli che si devono accontentare di 5. Ma si può essere tutti utili alla causa. Senza musi e senza creare problemi.

Sotto questo punto di vista Di Nardo è stato una piccola delusione, anche se capisco il suo stato d’animo. Roger invece è stato un grande. E il gol di oggi a Frosinone è la ciliegina su una torta che meritava di tornare a mangiare. Insieme ai compagni che sono corsi ad abbracciarlo e ai tifosi che non hanno mai smesso di incitarlo e di volergli un gran bene per l’attaccamento alla maglia. Grazie Andrea, bella lezione!  

VIA IL CERCHIOSCUDO

Tantissime le domande che sono state fatte al presidente Marcello Cestaro ieri sera a "Biancoscudati channel". Mi scuso se qualche cosa può essere sfuggita alla nostra attenzione, ma davvero erano tantissimi gli argomenti sui quali i tifosi volevano delle risposte. Credo che ne abbiano avute molte. A cominciare dal fatto che Succi sarà il perno su cui nascerà il Padova 2011-2012 (potete leggere qui sul sito le altre cose di cui si è discusso e ovviamente rivedere le parti salienti della trasmissione stasera al Tg Biancoscudato) e per finire con un’altra notizia che tengo a sottolineare perché anche qui sul blog sono state accese e numerose le discussioni sull’argomento.

A partire dal prossimo campionato NON CI SARA’ PIU’ IL CERCHIOSCUDO e si tornerà allo SCUDO NUDO E PURO. Lo ha annunciato ieri sera Gianni Potti durante la diretta, aggiungendo anche che verrà aperto sotto il salone, dunque nel cuore di Padova, uno "store" con tutti i gadget griffati calcio Padova possibili e immaginabili. Il direttore marketing ha anche invitato i tifosi a indicare alla società i gadget preferiti, giusto per accontentare più gente possibile. In studio, tra le classiche tazze da colazione e gli adesivi con scritto "Baby biancoscudato a bordo", è venuta fuori l’idea di una linea di maglie femminili, dunque un po’ più aderenti delle comuni t-shirt. Se gradite, potete indicare qui sul blog le vostre idee sul merchandising e i gadget.        

LE DOMANDE PER CESTARO

Scusate per il ritardo, ma c’è ancora tempo utile. Utilizzate questo post per tutte le domande che avete da rivolgere al presidente Marcello Cestaro, ospite questa sera a Biancoscudati channel.

La parola a voi. Martina 

L’ORLO DEL BICCHIERE SI AVVICINA E DAL CANTO DEVE RESTARE!

Era più che mezzo pieno questo maledetto bicchiere dopo l’1-1 casalingo con l’Atalanta. Il pari di Empoli ha aggiunto qualche goccia riempiendolo ancora un po’, ora, coi tre punti di oggi in rimonta sul Portogruaro, siamo quasi all’orlo. Dico quasi perché comunque i punti di distacco dai playout restano solo 6 e stiamo parlando del Padova, che, nel bene e nel male, ci ha abituato sempre a tutto, tirandoci sempre fino all’ultimo attimo dell’ultima giornata.

Questa vittoria bellissima mi ha regalato, oltre a preziosi punti salvezza che ci avvicinano sempre più all’orlo del bicchiere, anche una convinzione in più: che la prossima estate questa squadra deve ripartire da Alessandro Dal Canto come allenatore. Lo so, è presto per parlare della stagione 2011-2012 (anche se Cestaro oggi ha detto chiaro e tondo di aver già dato mandato a Foschi di costruire una squadra con un budget importante: il ds dovrebbe quindi rimanere), lo so che se poi le cose non andranno come devono in molti mi scriverete qui che ci voleva un allenatore navigato, uno forte, che già Sabatini e Calori hanno pagato a caro prezzo l’inesperienza, ma questo ragazzo di 36 anni sta regalando al pubblico troppe emozioni e troppa gioia. Non si può il prossimo 30 maggio dirgli: "Ok, grazie, torni pure ad allenare la Primavera". Non si può cancellare tutto quello che sta facendo. Non si può non dargli l’opportunità di continuare un lavoro che sta portando avanti in maniera eccellente, con scelte perentorie anche se per qualcuno impopolari, tipo l’esclusione di Di Nardo dai diciotto di oggi, e con un’idea sempre concreta e in evoluzione di gioco.

Io almeno la penso così. Chiunque altro dovrebbe ripartire da zero. Ricreare nuovi equilibri. E invece, da che mondo e mondo, i risultati si ottengono costruendo un po’ alla volta. Perché allora buttare giù quel che già si è eretto in questo mese?

 

IL BICCHIERE SI RIEMPIE ANCORA UN PO’

Sì, è vero. Fa rabbia avere il 2-1 in mano e non riuscire a gestirlo. Viene il nervoso se si pensa a come Valdifiori è riuscito a trovare una traiettoria così morbida e ingannevole calciando di potenza. Dispiace vedere Cuffa ridotto all’ombra di se stesso.

Però, anche se la prima sensazione è quella del rammarico per un punto che potevano essere tre, è giusto pensare a come stavamo solo tre settimane fa. Eravamo una squadra in confusione, incapace di mettere in pratica anche solo i passaggi più elementari e banali. Il gol era diventato una chimera, le ultime due segnature erano arrivate su calcio di rigore, a Bergamo contro l’AlbinoLeffe (nella partita poi persa 2-1 negli ultimissimi secondi) e a Cittadella, quando ormai la partita era sul 3-0 per i granata. Poi solo tanti errori, a testimonianza di uno stato d’animo tutt’altro che tranquillo.

Alessandro Dal Canto ha già compiuto una sorta di piccolo miracolo: ha restituito alla squadra la fiducia e la serenità che le erano venute a mancare. Ha rimesso gli uomini al loro posto, mettendoli nella condizione di rendere al meglio, ha fatto nuovamente vedere ai tifosi delle azioni di gioco degne di tal nome. Cinque punti in tre partite sono un bottino di tutto rispetto.

Certo, c’è da lavorare ancora. C’è da affinare quel che si è ricominciato a fare. Ma il bicchiere, per quel che mi riguarda, continua ad essere mezzo pieno, anzi il punto di Empoli ha alzato ancora un po’ il livello.

Ora ci vogliono tre punti contro il Portogruaro per poter dire che è pieno quasi del tutto.      

IL BICCHIERE E’ BEN PIU’ CHE MEZZO PIENO

Mi sentivo  che sarebbe finita 1-1.

Ma le mie speranze erano ben lontane dall’immaginare una prestazione così intensa e ricca di emozioni da parte del Padova. I biancoscudati, al cospetto di una squadra che ha fatto 23 punti più di loro in campionato e si avvia a conquistare la promozione diretta in serie A, sono stati semplicemente bellissimi da vedere.

Credo che, se il presidente Cestaro covava ancora qualche dubbio sulla scelta di Dal Canto, la splendida gara vista con la corazzata della serie B abbia spazzato via tutto, lasciando solo la piacevole sensazione di una squadra rinata, di nuovo desiderosa di far felice il suo immenso pubblico.

E’ il mettersi a disposizione di tutti nei confronti di tutti che mi ha lasciato piacevolmente stupita. Italiano è stato autore di una regia perfetta, ma se i suoi lanci lunghi sono andati tutti o quasi a buon fine è perché lì davanti De Paula, El Shaarawy, Ardemagni e Gallozzi si sono impegnati a smarcarsi e a proporsi. Se poi gli attaccanti della ‘Dea’ son riusciti in poche occasioni a rendersi pericolosi è perché tutti insieme i giocatori del Padova hanno stretto le maglie della fase difensiva.

C’è già chi sogna un finale di stagione sulle ali dell’entusiasmo, che faccia recuperare al Padova il terreno perduto e porti, magari in extremis, al traguardo che fino a qualche tempo fa era possibile. Io, sinceramente, penso che sia più sensato pensare solo alla salvezza. E, soprattutto, che sia fondamentale proseguire nella strada che ha portato nuovamente questo gruppo a ricompattarsi. Coi piedi per terra.  

 

E ADESSO DAL CANTO TUTTA LA VITA!

Il presidente del Padova, Marcello Cestaro, si è preso qualche ora di tempo. Ma ha già pronunciato la frase che tutti i tifosi, dopo aver visto la squadra rinascere, volevano sentirsi dire: "Alessandro Dal Canto merita una possibilità". Giusto che sia lui il traghettatore del Padova fino a fine stagione. In soli tre giorni, senza operare alcuna rivoluzione, è riuscito nella titanica impresa di rovesciare la squadra come un calzino, ritirandole fuori grinta, carattere, orgoglio e autostima e restituendole la serenità perduta. Dal Canto ha fatto l’unica scelta sensata che andava fatta in questo momento: ha rimesso ordine nella formazione, schierando ciascuno nel suo ruolo naturale, e ha chiesto di mettere in pratica cose semplici. Avendo smesso appena due anni fa di giocare ed essendo sempre stato un giocatore di grande personalità, Dal Canto ha poi saputo capire psicologicamente il momento del gruppo, toccando i tasti giusti in ciascuno dei suoi componenti per rivitalizzarli. Mi ha anche colpito per alcune scelte coraggiose: io pensavo che Di Nardo (che in settimana, in intervista, per la prima volta ha lasciato intendere che con Calori qualche problema ce l’aveva…) sarebbe stato oggi titolare fisso, invece l’allenatore della Primavera lo ha lasciato in panchina per dare spazio a De Paula che, pur continuando a non vedere la porta, ha fatto qualche passo avanti rispetto all’apatia delle ultime prestazioni. Per quel che mi riguarda dunque, avanti con Dal Canto. (Non me ne voglia Gigi Cagni che, in questi giorni, era stato contattato per prendere in mano la squadra da lunedì prossimo. Credo che, piombando in una realtà per lui nuovissima, non riuscirebbe, per quanto esperto e navigato, a ottenere risultati più rapidi ed efficaci di quelli raccolti da Dal Canto in appunto soli tre giorni). 

Credo che questa giornata resterà memorabile nel cuore dei tifosi del Padova che hanno rivisto i loro beniamini tirare fuori di nuovo il meglio di sè. Per quanto mi riguarda non scorderò mai il pianto liberatorio di Ardemagni dopo il primo gol e l’abbraccio di tutti i compagni che gli sono saltati addosso con gioia. Però bisogna perseverare nella positività ritrovata, che la strada è ancora lunga e tempestosa! 


IL VALZER DELLA PANCHINA

Oggi pomeriggio, mentre mi trovavo in automobile per andare a Bresseo a intervistare Foschi sull’esonero di Alessandro Calori, stavo parlando, ovviamente dell’argomento del giorno, con il collega Marco Campanale, seduto sul sedile del passeggero mentre io guidavo. Ad un certo punto Marco mi ha detto, parola più, parola meno: "Certo che negli ultimi anni a Padova gli allenatori non hanno avuto molta fortuna…" e la sua frase ha subito generato in me la voglia di un dettagliato excursus a ritroso. Di quelli in cui mi piace perdermi nei meandri della mia ferrea memoria senza computer o altre fonti di notizie a disposizione.

Nel raccontare a Marco quanti allenatori si sono alternati sulla panchina padovana nella recente storia biancoscudata sono partita dal 1999, che è l’anno in cui ho iniziato a seguire il Padova come giornalista e non più come semplice tifosa. Il primo allenatore in cui mi sono imbattuta è stato PAOLO BERUATTO. Giovane e molto grintoso e genuino sia nei modi che negli atteggiamenti, Beruatto, reduce da una promozione dalla C2 alla C1 con la Viterbese, doveva ripetere l’impresa anche all’ombra del Santo, per portare fuori dalla medesima categoria, la C2 appunto, anche la squadra biancoscudata, che vi era finita al termine di tre retrocessioni in quattro anni. La stagione partì con una sconfitta a Rimini, ma poi si mise sulla giusta carreggiata. Era il Padova di Beppe Ticli, Silvio Dellagiovanna, Giovanni Riccardo, Diego Bonavina, Ferrigno. Una bella squadra che però, proprio a ridosso della Primavera, perse per strada brillantezza, smalto e gioco e finì il campionato qualche gradino sotto il quinto posto.

L’anno successivo Beruatto non venne riconfermato e arrivò lo sceriffo, FRANCO VARRELLA: con lui, Centofanti, Ferronato, Bergamo e tanti altri. Il campionato fu trionfale, a parte un momento di difficoltà intorno a novembre: arrivò la promozione in C1 diretta e l’anno successivo si partì subito con il massimo obiettivo, il salto in B. Qualcosa si ruppe invece e, intorno a novembre anche in questo caso, pochi giorni dopo che l’allora presidente Mazzocco gli aveva allungato di due stagioni il contratto, Varrella venne esonerato. Al suo posto fu chiamato PIERLUIGI FROSIO, che il primo anno portò una tranquilla salvezza e l’anno successivo, nel torneo 2002-2003, il quinto posto e dunque i playoff, quelli persi con l’AlbinoLeffe in semifinale. Quella rosa era davvero valida: c’erano Tasso, Ginestra, Succi, Sotgia, Pellizzaro, Antonioli. Si poteva ritoccarla e riprovarci con la stessa ossatura e invece si optò per uno smantellamento totale e si ripartì da zero con EZIO GLEREAN.

Glerean, anche qui dopo un avvio positivo, si dimise una prima volta dopo il derby perso malamente fatalità a Cittadella a novembre (dimissioni non accettate e ritirate) e poi a febbraio lasciò definitivamente la ciurma cedendo il posto a RENZO ULIVIERI, uno che di esperienza ne aveva da vendere. Ulivieri si fermò un anno e mezzo, ma di playoff… neanche l’ombra!

Estate 2005: il prescelto per il dopo Ulivieri è un altro giovane emergente, MAURIZIO PELLEGRINO, appena uscito dalla positiva esperienza a Lanciano. Con lui la piazza assapora un bellissimo calcio, con un inedito modulo 4-1-4-1, le cose vanno benissimo fino a marzo, laddove succede il patatrac: ancora oggi non riesco a capire come, con otto punti di vantaggio sulla sesta in classifica a una manciata di giornate dalla fine, non siamo riusciti ad arrivare agli spareggi promozione. Incredibile! Ricordo come fosse ieri la sconfitta in casa col Lumezzane, squadra che quel giorno fece esordire un certo Mario Barwuah, poi divenuto il celebre Balotelli. Pellegrino è poi rimasto ma il mancato raggiungimento del traguardo ha fatto da inevitabile freno a mano per la stagione successiva che ha visto il buon Maurizio esonerato a fine novembre, col Padova penultimo.

Ecco dunque l’avvento di ANDREA MANDORLINI: il tecnico di Ravenna ci mette un po’ a far uscire la squadra dal tunnel ma alla fine, grazie ad un filotto incredibile di partite utili tra cui tre vittorie di fila, giunge a tre giornate dalla fine coi playoff ben saldi in pugno. All’Euganeo sbarca il Pizzighettone già retrocesso: ti aspetti un tanto a poco e invece finisce con una sconfitta per 1-0 che, unita allo 0-0 di Novara della domenica successiva (con rigore sbagliato da La Grotteria), mette ancora una volta fine ai sogni di gloria.

Cestaro riconferma Mandorlini, ma il romagnolo decide di andarsene perché lo chiama il Siena in serie A. Scatta dunque l’ora di EZIO ROSSI che finisce esonerato indovinate quando? A fine marzo! A sette giornate dalla fine, sostituito da CARLO SABATINI. Sabatini, che è l’unico che riesce a riportare il Padova in B e ad allenare la squadra tra i cadetti, subisce due esoneri e due richieste di ritorno, cambiato la prima volta con ATTILIO TESSER e la seconda con NELLO DI COSTANZO. I giorni nostri parlano infine dell’esonero di ALESSANDRO CALORI.

Facendo un rapido calcolo, fanno, compreso Franco Colomba o chi per lui, tredici allenatori in quasi dodici anni. Molti dei quali andati in difficoltà nello stesso momento e con le stesse modalità del Padova dei giorni nostri. Saranno mica tutti scemi, no? E allora mi chiedo e vi chiedo: cosa c’è che non va in questa piazza?      

 

SALVIAMOCI LA PELLE

Sono convinta al mille per cento, e nessuno potrà mai togliermi dalla testa questa idea che, se avessimo ancora Davide Succi e Davide Di Gennaro perfettamente integri in rosa, saremmo in una zona assolutamente tranquilla della classifica e non ci saremmo mai infilati in questa chiazza di sabbie mobili.

Sono altresì sicura che Alessandro Calori, che domani verrà esonerato per lasciare la panchina probabilmente ad un sergente di ferro di quelli di lungo corso, ha fatto un lavoro eccellente fin dal primo giorno in cui si è insediato al Padova. Certo a tratti si è intestardito, qualche volta si è dimostrato in difficoltà, in alcune partite ha preso delle decisioni poco comprensibili e, soprattutto, non ha sempre tenuto presente che Padova non è Portogruaro: però questi sono piccoli passi falsi dovuti all’inesperienza, passi che avrebbe senz’altro raddrizzato da solo col tempo, arricchendo il suo personalissimo bagaglio di esperienza e crescendo insieme alla creatura che stava forgiando. Una creatura che, ribadisco, è stata molto bella finché una botta terribile di infortuni non l’hanno privata di due dei suoi migliori elementi e, a turno, di tanti altri giocatori per periodi più o meno lunghi (penso anche a El Shaarawy, out tre mesi per curarsi le ginocchia e ora ridotto all’ombra del talento di inizio anno perché ancora dolorante!). 

Purtroppo si è costretti ancora una volta a voltare pagina sul più bello che si aveva nitida la sensazione che si stava costruendo qualcosa di importante. Si azzera tutto di nuovo. Ecco perché stasera, immersa nel vuoto che mi pervade, mi vien solo da dire: 1) mi dispiace infinitamente per l’uomo e allenatore Calori. 2) pensiamo a portare in salvo la pellaccia e prima possibile. La prossima estate poi si penserà a costruire di nuovo un progetto, sperando che stavolta sia degno di tal nome.