DEDICATO A CHI PENSA CHE IL CALCIO SIA ANCORA UNO SPORT ROMANTICO

Ne ho visti di giocatori, in questi anni, affezionarsi al Padova e a Padova al punto da essere disposti a tutto, una volta arrivati di fronte al bivio "rinnovo o non rinnovo", pur di rimanere.

Penso ad Andrea Rabito, che più volte si è detto disponibile a "firmare in bianco" pur di avere la possibilità di continuare a vestire questa maglia (ora gli faccio un sincero "in bocca al lupo" per la sua nuova avventura alla Cremonese). Penso al capitano della promozione in serie B, Paolo Cotroneo, che, il giorno in cui suonò il campanello della redazione di Telenuovo per consegnarmi la lettera di commiato ai tifosi, scritta da lui stesso a penna, mi disse: "Mi si spezza il cuore a sentire Antonio, mio figlio più grande, che mi chiede se, dopo le vacanze in Sicilia, potrà tornare a scuola coi suoi amichetti ad Abano. Come faccio a dirgli che cambieremo città?". Per Paolo il primo pensiero, dopo la fine della sua esperienza biancoscudata, non andò al proprio futuro personale di calciatore, bensì alla famiglia. Paolo era qui dal 2005 quando, l’estate scorsa, il suo contratto terminò e non gli fu rinnovato: i suoi figli, Antonio Maria Karol e Mattia, avevano visto entrambi la luce qui. Difficilissimo strapparli alla loro vita.

Il calcio, come la vita del resto, è fatto così: si abbraccia una causa, si fa la propria parte per far sì che abbia un esito positivo, si vince, si perde, si pareggia e poi, inevitabilmente, si cambia. Oggi però, a questa regola così cinica, ha fatto da splendida eccezione Andrea Cano, che ha rinnovato per il settimo campionato di fila il suo contratto col Padova. Vederlo piangere di commozione nel momento in cui gli abbiamo chiesto quanto la famiglia avesse influito sulla sua decisione di accettare la proposta biancoscudata, ben sapendo che, dal prossimo 27 agosto, il posto da titolare se lo dovrà giocare con due colleghi e non con uno solo come è stato nelle ultime due stagioni con Federico Agliardi, è stata un’emozione incredibile. "Non avrei mai portato via mia figlia da qui, questa realtà è la sua vita". Certo, Cano avrebbe potuto continuare a tenere casa a Montegrotto e fare avanti e indietro dalla sua nuova destinazione, ma lui, della vita della figlia, non vuol perdersi nemmeno mezza giornata, figuriamoci tutti e cinque i giorni feriali della settimana a causa degli allenamenti! E poi Padova è diventata anche la sua vita: lui continua a parlare il suo schietto romano, ma ormai c’è un legame così speciale con la città e la tifoseria che pure nelle sue vene scorre sangue veneto. Altroché se scorre! 

In un momento in cui il calcio è sporcato da scommesse, partite truccate e quant’altro, storie come quella di Andrea Cano fanno bene. Perché ti restituiscono, da un lato, la certezza che esiste ancora il giocatore bandiera, capace di legarsi ad una società e a una piazza a vita e, dall’altro, la consapevolezza che una società di calcio, in questo caso il Padova, è ancora in grado di ragionare col cuore oltre che con i programmi di alta classifica e i bilanci.

E poi la storia del Cano biancoscudato ha tutti i connotati della favola: quando nel 2005 (stesso anno di Cotroneo) sbarcò qui, chiamato da Maurizio Pellegrino, lo fece solo a ritiro finito perché il Padova aveva puntato sul portiere ceco Lejsal e quest’ultimo era stato poi squalificato sei mesi per una combine tra Genoa e Venezia. Quando giocò la sua prima partita ufficiale poi (Padova-Triestina 2-1 Coppa Italia) prese gol facendosi scivolare la palla in maniera maldestra sotto le gambe su un tiro di Godeas. La maggior parte del pubblico dell’Euganeo brontolò. Quello stesso pubblico che, invece, oggi, a sette anni di distanza, dopo una promozione in serie B, un quasi salto in serie A e tante entusiasmanti partite con Andrea Cano in porta da protagonista, ama questo portiere e quest’uomo al punto che, quando è sembrato che per lui a Padova fosse finita, ha chiesto a gran voce la sua permanenza, sfilando davanti alla sede con striscioni e creando una pagina Facebook ad hoc.

Come in tutte le favole che cominciano con qualche complicazione, insomma, non poteva mancare il lieto fine. Che oggi è finalmente arrivato. 

MERCATO INTERESSANTE, MA NON PRIVIAMOCI DEI CAPISALDI

Un ciao affettuoso e un ben ritrovati agli amici del blog!

Torno dalle ferie che il Padova, com’è normale che sia ai primi di luglio, è ancora un cantiere aperto. Le prime fondamenta piantate dal confermato direttore sportivo Rino Foschi riguardano il centrocampo e devo dire che mi piacciono molto: Marcolini è un giocatore d’esperienza e qualità, che peraltro ha condiviso con Vincenzo Italiano, tra le altre, l’annata al Chievo coincisa con il ritorno in serie A, Osuji è un mastino tutto grinta e voglia di emergere (quando l’ho visto all’opera al Varese ho subito pensato che uno così mi sarebbe piaciuto averlo in casa!).

 

Sono poi arrivati Jelenic, esterno d’attacco, che è un giovane di prospettiva, e a ore firmerà anche Lazarevic,  a sua volta esterno offensivo, vivace e imprevedibile, anche se deve crescere in continuità (la carta d’identità è comunque assolutamente dalla sua parte!).

Insomma, Foschi si sta muovendo alla grande, come sempre. E non ha certo bisogno di suggerimenti. Però se da un lato condivido la necessità di rinnovare e svecchiare la rosa, puntando soprattutto sui giovani e sulla loro fame di vincere (chissà, magari lanceremo un altro El Shaarawy), dall’altra sono un po’ preoccupata, come tanti tifosi, per il mancato rinnovo del contratto di Andrea Cano, la bandiera di questa squadra. Mi piange il cuore aver visto partire giocatori che hanno fatto la storia recente della squadra, tipo Andrea Rabito, e vedere sul mercato Totò Di Nardo, ma quest’anno hanno avuto poco spazio ed è comprensibile che non siano stati riconfermati. Cano invece è stato un indiscusso protagonista: grandissimo portiere e, insieme, esemplare professionista.

Il portiere romano non ha mai rotto le scatole, mai alzato la voce. Due anni fa, dopo che ce lo aveva portato lui il Padova in serie B, ha accettato senza fare una piega di sedersi in panchina e di fare il secondo al neo arrivato Federico Agliardi, con cui ha peraltro instaurato un rapporto splendido, fatto di sostegno e stima reciproca. Nel campionato appena concluso è poi stato decisivo in molte gare, anche nel bellissimo finale, anche in questo caso partendo ad inizio stagione dalla panchina.

Un gruppo ha bisogno dei suoi capisaldi per rimanere integro e forte e credo che Cano sia uno di questi.

UNA CITTA’ CHE MERITA LA A

Ieri sera ho avuto l’onore e il grandissimo piacere di presentare la serata davanti al Pedrocchi voluta dal Padova per far sì che la squadra potesse salutare la città dopo la straordinaria cavalcata dell’ultima parte di stagione.

Non posso che ribadire che sono orgogliosa dei biancoscudati: a stare a un metro da loro mentre sul palco ricevevano gli applausi e i cori intonati dai tifosi ho percepito profondamente tutta la loro emozione e il grande rammarico per non aver fatto alla gente di Padova il regalo più bello, la serie A. La scaletta non prevedeva che parlassero tutti, altrimenti avremmo fatto le due di notte, ma mi ha riempito il cuore vedere che c’è stato chi mi ha chiesto spontaneamente il microfono per un saluto, chi non è riuscito a trattenere le lacrime perché sa già che l’anno prossimo non potrà far più parte di questo straordinario gruppo e chi mi suggeriva: "Chiama Cesar a parlare, se lo merita. Sta soffrendo tanto per l’espulsione di domenica, fagli fare un applauso". Vedere poi Ardemagni, Legati ed El Shaarawy intonare insieme, abbracciati, IL coro per eccellenza (Padova, tu sei il mio grande amore, ti seguiremo sempre, per sempre, e per l’Italia intera…) ha messo la ciliegina sulla torta ad una serata bellissima. 

Pare poi che la magia dell’evento abbia fatto fare la pace a Rino Foschi e Barbara Carron: non so se durerà, perchè ho visto il direttore tanto scuro in volto, senz’altro vi terremo informati sugli sviluppi della vicenda. 

Prima di salutare tutti, visto che da oggi per me inizia un periodo di vacanza, un grazie speciale lo voglio dedicare a tutta la città che ieri sera si è stretta intorno alla sua squadra del cuore. I tifosi e il loro amore per questa maglia sono già da A. Non resta che conquistare la massima serie sul campo ora, ripartendo da tutto quel che di buono si è costruito nelle ultime quindici partite. 

Un abbraccio a tutti, ci si risente i primi di luglio!   

P.S.: per rivivere la festa davanti al Pedrocchi non dovete fare altro che sintonizzarvi stasera, mercoledì 15 giugno (una data che mi ricorda qualcosa…), su Telenuovo dalle 21,15 alle 23,30: manderemo in onda una puntata speciale di "Biancoscudati channel" di oltre due ore con tutti i momenti più belli della serata e del campionato, le interviste e i gol. Non mancate mi raccomando! 

ORGOGLIOSA DI QUESTI RAGAZZI

Impossibile trattenere le lacrime a fine gara. La serie A era ad un passo da noi e l’abbiamo solo sfiorata. Ci è stata strappata di mano all’ultimo respiro da un Novara che comunque, va detto, ha dimostrato di meritarla.

Ma si tratta di lacrime di dispiacere non di lacrime di delusione. Perché stasera non c’è proprio niente per cui essere delusi. Anzi: bisogna essere fieri di questo Padova, orgogliosi di un gruppo di ragazzi che ha messo l’anima per poter regalare alla città il ritorno nella massima serie; che, in dieci contro undici, a momenti pure pareggiava. E se la rimetteva in piedi questa partita, col cavolo che finiva così!

La promozione non c’è stata, ma un piccolo, anzi grandissimo, miracolo, questi ragazzi l’hanno comunque fatto. Trascinati da un allenatore che ha saputo costruire coi suoi giocatori un legame molto più speciale del normale rapporto giocatore-allenatore, sono riusciti a risvegliare dal letargo una città intera. A far scoppiare di nuovo la scintilla della passione per il calcio anche in chi ormai era convinto di non essere più attaccabile da certi sentimenti.

Lo zoccolo duro dei tifosi (me compresa!) c’era anche a Moncalieri nel 2001, quando i biancoscudati cercavano di riemergere dall’inferno della C2. Ora invece, anche chi si era allontanato dalla squadra per i più disparati motivi, si è fatto nuovamente affascinare e contagiare da essa. E vedere 20.000 tifosi all’Euganeo è già di per sè un’importante vittoria. 

Ora ai giocatori non resta che asciugarsi a loro volta i lacrimoni dal volto, godersi le meritate vacanze e tornare a metà luglio più carichi di prima. Per un altro campionato sulla cresta dell’onda, con un pubblico sempre da grandi occasioni. Se daranno quello che hanno dato in questa fantastica cavalcata, ci sarà da divertirsi. E, alla fine, pure da gioire.   

LA STORIA SI RIPETE, ORA DEVE RIPETERSI IL PADOVA

La storia si ripete. Anche due anni fa la finale di andata dei playoff per la serie B tra Padova e Pro Patria finì 0-0. Ci sarebbe voluta un’impresa per andare a vincere a Busto Arsizio in casa di una squadra che aveva mantenuto il primato in classifica praticamente dall’inizio alla fine del campionato e impresa fu, grazie alla magica doppietta di Di Nardo.

Ora, come dicevo, la storia di ripete: il Novara è stato a lungo capolista della serie B e non è mai sceso sotto il terzo posto, alle spalle delle corazzate Atalanta e Siena. E bisogna andare a vincere lì. Non sarà facile: gli uomini di Tesser si sono dimostrati organizzati e allo stesso tempo veloci a ripartire e avranno in più Bertani e Morganella, stasera assenti per squalifica.

L’unico rammarico di questa sfida di andata sta nel fatto che le occasioni per andare al "Piola" con l’animo più sereno e la possibilità di passare anche col pareggio il Padova le ha avute ma non le ha sfruttate. Ma la forza del Padova, alla fine, sta proprio nella sua capacità di tenere in piedi la barca fino all’ultimo, di conquistare la vittoria all’ultimo respiro, di gettare sempre il cuore oltre l’ostacolo.

Se uno nasce padovano e biancoscudato sa che deve mettere in preventivo un’infinita sofferenza, ma sa anche che la squadra poi al traguardo arriva sempre. Quindi continuiamo ad avere fiducia in ogni elemento di questo gruppo: chiunque giocherà, anche solo per pochi minuti (Di Nardo e Rabito docent, non a caso, due protagonisti della promozione in B del 2009), darà il massimo per conquistare la serie A. E questo deve bastare a farci dormire tranquilli da qui a domenica sera.  
 

CE LA FAREMO

Siamo in finale playoff. Solo a scriverlo mi vengono i brividi. E se ripenso alla partita che ci ha regalato l’accesso all’ultimo ostacolo che ci separa dalla serie A mi convinco sempre di più che ce la faremo.

Sì, ce la faremo.  

Perché a Varese abbiamo giocato la partita più difficile da quando in panchina c’è Dal Canto, andando sotto di due reti e non riuscendo mai a far girare la palla in maniera fluida e continua. Se abbiamo rimontato due gol e pure il 3-2 di De Luca vuol dire che niente può spaventarci più. Abbiamo troppa fame di arrivare in serie A, sbraneremo qualunque cosa ci si metta di traverso per impedirci di raggiungere questo traguardo.

Perché la vicenda del calcio scommesse che in queste ore continua ad avere sviluppi e a soffiare sul vento della paura che il Padova sia coinvolto (anche se devono ancora spiegarci come!) non ha avuto l’effetto di colpire al cuore il gruppo. Anzi: a guardarli negli occhi questa sera i giocatori, prima del fischio d’inizio, si è colta per l’ennesima volta solo la voglia di essere più forti di tutto e di tutti.  

Perché abbiamo uno straordinario talento di 18 anni che risponde al nome di Stephan El Shaarawy.

Perché dietro ci sono Legati e Cesar, oltre a Crespo e Renzetti.

Perché in attacco, oltre al piccolo Faraone, abbiamo un brasiliano che ride poco e si sacrifica molto e un centravanti che, anche se non vede la porta manco col binocolo, non si tira mai indietro quando è ora di lottare.

Perché a centrocampo abbiamo Italiano che, anche quando viene francobollato dagli avversari che gli rubano anche l’aria per respirare, è sempre Italiano. E Bovo e Cuffa ai suoi fianchi lo supportano alla grande.

Perché, aldilà dei singoli che andrebbero nominati tutti, anche chi non ha mai giocato, il Padova è un grandissimo gruppo, guidato da un grandissimo allenatore.

Perché abbiamo dei tifosi spettacolari, che meritano di tornare in serie A.

I segnali positivi sono troppi per non credere fin da ora che questo è proprio l’anno buono!    

BUONA LA PRIMA… E NON ERA FACILE

Non era facile stasera battere il Varese nella semifinale di andata dei playoff.

Per una serie di validi motivi:

1) E’ una squadra tosta, quadrata, compatta. Che non ti fa giocare. Ti sta col fiato sul collo. Insomma, la tipica squadra che il Padova ha sempre dimostrato di soffrire e pure molto.

2) Ieri è scoppiato il bubbone allucinante del calcio scommesse, nel cui calderone è finito anche l’incontro tra Padova e Atalanta dello scorso 26 marzo. Sono fermamente convinta che la società biancoscudata ne uscirà assolutamente pulita (opinione mia: ovviamente l’inchiesta farà il suo corso) perché ad ora non c’è alcun indagato del Padova e le intercettazioni che ho letto parlano di un generico amico di Cristiano Doni che avrebbe detto che c’era un accordo tra le società per far finire la partita 1-1. Insomma dichiarazioni poco circostanziate e tutte da dimostrare. Però non era semplice giocare una sfida di playoff al massimo della motivazione con questo pensiero addosso e la squadra è stata bravissima a tenerlo fuori dal campo, pensando solo ed esclusivamente a dare tutto per battere il Varese. Come poi è riuscita a fare.

3) Stephan El Shaarawy, uno dei giocatori con maggiore fantasia della rosa, veniva da una settimana e mezza a dir poco movimentata: prima l’impegno con la nazionale under 19 in Polonia (tre partite in sette giorni), poi l’esame orale di maturità a Savona. Era stanco, eppure ha messo il piede e la testa in quasi tutte le azioni pericolose del Padova, segnando pure un gol nell’azione poi fermata dall’arbitro quando ha dato il rigore.

4) Bovo e Cuffa, i mastini del centrocampo, non sono assolutamente al top della forma fisica. Stanno stringendo i denti e si vede.

Il Padova ha disputato una partita accorta, attenta, intelligente. Magari a tratti lo spettacolo non è stato intenso, ma alla fine bisognava vincere (per evitare di doverlo fare a Varese domenica nel match di ritorno in uno stadio in cui la squadra di Sannino non perde da due anni e mezzo) e si è vinto.

Ora tutti a Varese. Con in tasca il rigore trasformato da Vincenzo Italiano a darci ancora più convinzione che la finale è davvero a portata di mano. Basta il pari all’Ossola per continuare a sognare la serie A!   

UNO DI QUEI GIORNI…

Questo è uno di quei giorni in cui capisci perché è meraviglioso essere tifoso del Padova. E’ un giorno in cui ti dimentichi in un sol colpo di tutte le sofferenze patite a causa di questa squadra come la mamma dimentica i dolori del parto quando stringe tra le mani la sua bellissima creatura e prova la gioia più grande di tutta una vita.  

 

Che creatura questo Padova! Capace di rinascere squadra ammazzagrandi a metà campionato, di superare ogni ostacolo con una naturalezza incredibile, come a dire: "Se è tutto facile, non è nemmeno così bello arrivare in fondo".

Di facile non c’è stato niente per questa squadra. Neanche in queste ultime 11 partite in cui sono arrivati sette successi e quattro pareggi. Nessuno ha regalato niente a nessuno dei biancoscudati. Questo traguardo è meritatissimo perché frutto di un impegno e di una dedizione straordinari da parte di tutti. Da Dal Canto all’ultima delle riserve, che poi riserve non sono! Doveva essere la settimana più bella quella che ha accompagnato i giocatori alla sfida di Torino: invece prima la storia dei biglietti e poi la faccenda del mancato ritorno di El Shaarawy dalla nazionale under 19 hanno buttato tensione sulla tensione, hanno fatto arrabbiare i tifosi, hanno fatto pensare che, se il destino voleva che giocassimo la partita più importante senza il nostro gioiellino più talentuoso, voleva dire che eravamo destinati a perdere. Invece no: la squadra è stata più forte di tutto e di tutti e la tensione ha fatto un brutto scherzo solo al Torino, capace di sfoderare una prova convincente solo per la prima parte del primo tempo. Prima di soccombere sotto la superiorità mentale e la cinica tranquillità del Padova.

Questo è uno di quei giorni in cui essere tifoso del Padova ti riempie d’orgoglio. Ti fa dire a te stesso: io sono speciale, io tifo Padova. Siamo tutti speciali in questa fantastica ultima domenica di maggio. Perché in questa squadra, sotto sotto, abbiamo sempre creduto. E ci crederemo fino al 12 giugno.  

P.S.: finalmente Cestaro ha convocato Dal Canto per parlare della riconferma. Lo vedrà (lo ha detto lo stesso cavaliere) questa settimana, anche se non si sa ancora quando di preciso. Sì perché se c’è una persona un po’ più speciale di tutti gli altri, il "primus inter pares", questa è proprio l’allenatore Alessandro Dal Canto. Che il Padova non deve lasciarsi scappare, per niente al mondo!

PIU’ FORTI DI TUTTO E DI TUTTI

Eccomi qua. Chiedo scusa per il ritardo, ma, come ben potete immaginare, in questi giorni, tra la storia dei biglietti e quella del Faraone che non torna dalla Polonia, non ho avuto molto tempo per dedicarmi al blog, pur leggendo tutti i giorni i vostri commenti.

Scrivo ora ribadendo semplicemente una cosa che ho postato pochi minuti fa anche sul mio profilo di Facebook: se il Torino si è raccomandato così tanto alla Figc di far rispettare le regole (che purtroppo ci sono e sono chiare) e dunque di non far tornare a Padova Stephan El Shaarawy in tempo utile per partecipare alla sfida di domenica, vuol dire che, scusate il francesismo, se la sta facendo sotto ben più di noi. El Shaarawy è un grandissimo giocatore, è un talento di qualità indiscusse, ma è pur sempre UN elemento della rosa. UN giocatore di undici che scendono in campo. Certo, urta il sistema nervoso sapere che Cairo ha spinto all’inverosimile perché restasse in Polonia, ma credetemi che questo elemento, se lo guardiamo da un’altra prospettiva, non può che farci capire che il Toro ha paura di non farcela. Fallire l’obiettivo per loro sarebbe più che deleterio, visto il clima surreale che si respira da quelle parti e la contestazione manifestata in più occasioni dai tifosi nei confronti di società e squadra. E se si sono dati così da fare per tenere lontano dalla partita un solo giocatore del Padova, vuol dire che un po’ "presi con le bombe" sono.   

Il Padova, quest’anno, si è esaltato moltissimo nelle situazioni più difficili: ai giocatori non resta che essere più forti di tutto e di tutti (anche del mancato ritorno di El Shaarawy) pure questa volta. In fin dei conti in panchina il Padova ha Di Nardo, Vantaggiato e pure Rabito e Drame. Chiunque venga scelto per sostituire il piccolo Faraone, farà la sua parte e la farà con una motivazione e un orgoglio senza pari. 

A me personalmente, delle due rotture di scatole che sono piombate sul Padova nella settimana che doveva essere la più bella dell’anno, fa più incazzare (scusate il secondo francesismo!) quella della mancata concessione di biglietti ai padovani oltre il settore ospiti. Onesta e sincera: a me il direttore generale Sottovia ha detto di aver fatto di tutto per cambiare questo stato di cose, di aver coinvolto questura e prefettura di Padova. Può essere che non l’abbia fatto con abbastanza forza e determinazione e che, come dice qualcuno di voi, sia il più grande incompetente esistente sulla faccia della terra, per carità: rispetto l’opinione di ciascuno di voi e qui potrete esprimerla ogni volta che lo vorrete. Ma sinceramente di tutta la faccenda a me lascia molto più perplessa l’ordinanza della Prefettura di Torino che ha vietato la vendita di biglietti oltre il settore ospiti. L’Osservatorio e il Casms non hanno giudicato questa partita tra quelle pericolose per l’ordine pubblico. Perché ridurre così all’osso la disponibilità di biglietti per i padovani? Così facendo la Prefettura di Torino rischia di ottenere l’effetto contrario rispetto a quello che voleva perseguire perché in tantissimi partiranno per Torino anche senza biglietto. Una volta lì, che farà la Polizia? Li farà entrare ugualmente, come fu due anni fa a Busto, o li terrà fuori col rischio, a quel punto davvero concreto, che ne nascano forti malumori e incidenti?

Tutto questo sì che si poteva evitare.


IL SOGNO DEI SOGNI

Non siamo ancora ai playoff. Ci vuole un ultimo sforzo domenica prossima a Torino. E non sarà facile. Ma un "grazie" di cuore a questi ragazzi è doveroso dirlo già oggi. Comunque vada all’Olimpico tra otto giorni. Perché questa squadra ci ha regalato la cosa più importante che un tifoso di calcio possa avere: la possibilità di sognare.

Sognare che a Torino arriverà un bel pari e centreremo i playoff per la serie A. Sognare che, ai playoff, ce la giocheremo per tornare laddove manchiamo da 15 anni. E’ tutto un sogno, che non si sa ancora se si trasformerà in realtà, ma già il sogno basta e avanza, perché è il sogno dei sogni. Perché nella vita, a volte, sognare di poter arrivare in un posto è perfino più importante di arrivarci veramente, perché, a volte, quello che provi mentre corri e sei in gioco è più forte di quel che senti alla fine della corsa.

Questa squadra ci ha donato oggi una partita come non ne vivevamo da un sacco di tempo: in sala stampa Dante ha detto: "La gara di oggi è stata un’altra Padova-Barletta". Vero. Su Facebook Pierpaolo ha scritto: "Il rigore di Italiano mi è sembrato come quello che segnò Nanu Galderisi portandoci allo spareggio per andare in A col Cesena nel 1994". Verissimo. Davide e Maurizio Guerriero mi hanno mandato un messaggio con scritto: "Sto piangendo!", Lisetta si è preoccupata per me: "Sei viva?", Raffaello l’ha buttata in ridere con un bel "Robe da matti", mentre Stefano si è limitato a una serie di punti con il punto esclamativo nel finale. Perché in effetti non ci sono parole per definire appieno quello che stiamo provando tutti.  

E’ bello condividere con tanti tifosi questa gioia. E sarà ancora più bello domenica prossima spingere con tutta la nostra passione il Padova verso la realizzazione del sogno. Adesso sì che ci crediamo tutti fino in fondo!

P.S.: lo so che per qualcuno le mie battaglie sono destinate a fallire. Ma io le porto avanti comunque perché mi interessa lo spirito con cui le combatto, indipendentemente dall’esito finale. Io insisto da sei settimane e insisterò sempre: cosa aspettiamo a confermare Alessandro Dal Canto sulla panchina del Padova? Come si può spezzare questo incantesimo? Consiglio a tutti di guardare e riguardare l’immagine dell’abbraccio tra il mister e Italiano in ginocchio davanti alla panchina. Dopo averla vista, sfido chiunque ad avere ancora dubbi sulle capacità di questo ragazzo di 36 anni.