IL VALZER DELLA PANCHINA

Oggi pomeriggio, mentre mi trovavo in automobile per andare a Bresseo a intervistare Foschi sull’esonero di Alessandro Calori, stavo parlando, ovviamente dell’argomento del giorno, con il collega Marco Campanale, seduto sul sedile del passeggero mentre io guidavo. Ad un certo punto Marco mi ha detto, parola più, parola meno: "Certo che negli ultimi anni a Padova gli allenatori non hanno avuto molta fortuna…" e la sua frase ha subito generato in me la voglia di un dettagliato excursus a ritroso. Di quelli in cui mi piace perdermi nei meandri della mia ferrea memoria senza computer o altre fonti di notizie a disposizione.

Nel raccontare a Marco quanti allenatori si sono alternati sulla panchina padovana nella recente storia biancoscudata sono partita dal 1999, che è l’anno in cui ho iniziato a seguire il Padova come giornalista e non più come semplice tifosa. Il primo allenatore in cui mi sono imbattuta è stato PAOLO BERUATTO. Giovane e molto grintoso e genuino sia nei modi che negli atteggiamenti, Beruatto, reduce da una promozione dalla C2 alla C1 con la Viterbese, doveva ripetere l’impresa anche all’ombra del Santo, per portare fuori dalla medesima categoria, la C2 appunto, anche la squadra biancoscudata, che vi era finita al termine di tre retrocessioni in quattro anni. La stagione partì con una sconfitta a Rimini, ma poi si mise sulla giusta carreggiata. Era il Padova di Beppe Ticli, Silvio Dellagiovanna, Giovanni Riccardo, Diego Bonavina, Ferrigno. Una bella squadra che però, proprio a ridosso della Primavera, perse per strada brillantezza, smalto e gioco e finì il campionato qualche gradino sotto il quinto posto.

L’anno successivo Beruatto non venne riconfermato e arrivò lo sceriffo, FRANCO VARRELLA: con lui, Centofanti, Ferronato, Bergamo e tanti altri. Il campionato fu trionfale, a parte un momento di difficoltà intorno a novembre: arrivò la promozione in C1 diretta e l’anno successivo si partì subito con il massimo obiettivo, il salto in B. Qualcosa si ruppe invece e, intorno a novembre anche in questo caso, pochi giorni dopo che l’allora presidente Mazzocco gli aveva allungato di due stagioni il contratto, Varrella venne esonerato. Al suo posto fu chiamato PIERLUIGI FROSIO, che il primo anno portò una tranquilla salvezza e l’anno successivo, nel torneo 2002-2003, il quinto posto e dunque i playoff, quelli persi con l’AlbinoLeffe in semifinale. Quella rosa era davvero valida: c’erano Tasso, Ginestra, Succi, Sotgia, Pellizzaro, Antonioli. Si poteva ritoccarla e riprovarci con la stessa ossatura e invece si optò per uno smantellamento totale e si ripartì da zero con EZIO GLEREAN.

Glerean, anche qui dopo un avvio positivo, si dimise una prima volta dopo il derby perso malamente fatalità a Cittadella a novembre (dimissioni non accettate e ritirate) e poi a febbraio lasciò definitivamente la ciurma cedendo il posto a RENZO ULIVIERI, uno che di esperienza ne aveva da vendere. Ulivieri si fermò un anno e mezzo, ma di playoff… neanche l’ombra!

Estate 2005: il prescelto per il dopo Ulivieri è un altro giovane emergente, MAURIZIO PELLEGRINO, appena uscito dalla positiva esperienza a Lanciano. Con lui la piazza assapora un bellissimo calcio, con un inedito modulo 4-1-4-1, le cose vanno benissimo fino a marzo, laddove succede il patatrac: ancora oggi non riesco a capire come, con otto punti di vantaggio sulla sesta in classifica a una manciata di giornate dalla fine, non siamo riusciti ad arrivare agli spareggi promozione. Incredibile! Ricordo come fosse ieri la sconfitta in casa col Lumezzane, squadra che quel giorno fece esordire un certo Mario Barwuah, poi divenuto il celebre Balotelli. Pellegrino è poi rimasto ma il mancato raggiungimento del traguardo ha fatto da inevitabile freno a mano per la stagione successiva che ha visto il buon Maurizio esonerato a fine novembre, col Padova penultimo.

Ecco dunque l’avvento di ANDREA MANDORLINI: il tecnico di Ravenna ci mette un po’ a far uscire la squadra dal tunnel ma alla fine, grazie ad un filotto incredibile di partite utili tra cui tre vittorie di fila, giunge a tre giornate dalla fine coi playoff ben saldi in pugno. All’Euganeo sbarca il Pizzighettone già retrocesso: ti aspetti un tanto a poco e invece finisce con una sconfitta per 1-0 che, unita allo 0-0 di Novara della domenica successiva (con rigore sbagliato da La Grotteria), mette ancora una volta fine ai sogni di gloria.

Cestaro riconferma Mandorlini, ma il romagnolo decide di andarsene perché lo chiama il Siena in serie A. Scatta dunque l’ora di EZIO ROSSI che finisce esonerato indovinate quando? A fine marzo! A sette giornate dalla fine, sostituito da CARLO SABATINI. Sabatini, che è l’unico che riesce a riportare il Padova in B e ad allenare la squadra tra i cadetti, subisce due esoneri e due richieste di ritorno, cambiato la prima volta con ATTILIO TESSER e la seconda con NELLO DI COSTANZO. I giorni nostri parlano infine dell’esonero di ALESSANDRO CALORI.

Facendo un rapido calcolo, fanno, compreso Franco Colomba o chi per lui, tredici allenatori in quasi dodici anni. Molti dei quali andati in difficoltà nello stesso momento e con le stesse modalità del Padova dei giorni nostri. Saranno mica tutti scemi, no? E allora mi chiedo e vi chiedo: cosa c’è che non va in questa piazza?      

 

SALVIAMOCI LA PELLE

Sono convinta al mille per cento, e nessuno potrà mai togliermi dalla testa questa idea che, se avessimo ancora Davide Succi e Davide Di Gennaro perfettamente integri in rosa, saremmo in una zona assolutamente tranquilla della classifica e non ci saremmo mai infilati in questa chiazza di sabbie mobili.

Sono altresì sicura che Alessandro Calori, che domani verrà esonerato per lasciare la panchina probabilmente ad un sergente di ferro di quelli di lungo corso, ha fatto un lavoro eccellente fin dal primo giorno in cui si è insediato al Padova. Certo a tratti si è intestardito, qualche volta si è dimostrato in difficoltà, in alcune partite ha preso delle decisioni poco comprensibili e, soprattutto, non ha sempre tenuto presente che Padova non è Portogruaro: però questi sono piccoli passi falsi dovuti all’inesperienza, passi che avrebbe senz’altro raddrizzato da solo col tempo, arricchendo il suo personalissimo bagaglio di esperienza e crescendo insieme alla creatura che stava forgiando. Una creatura che, ribadisco, è stata molto bella finché una botta terribile di infortuni non l’hanno privata di due dei suoi migliori elementi e, a turno, di tanti altri giocatori per periodi più o meno lunghi (penso anche a El Shaarawy, out tre mesi per curarsi le ginocchia e ora ridotto all’ombra del talento di inizio anno perché ancora dolorante!). 

Purtroppo si è costretti ancora una volta a voltare pagina sul più bello che si aveva nitida la sensazione che si stava costruendo qualcosa di importante. Si azzera tutto di nuovo. Ecco perché stasera, immersa nel vuoto che mi pervade, mi vien solo da dire: 1) mi dispiace infinitamente per l’uomo e allenatore Calori. 2) pensiamo a portare in salvo la pellaccia e prima possibile. La prossima estate poi si penserà a costruire di nuovo un progetto, sperando che stavolta sia degno di tal nome.  

 

QUESTI SIAMO

Oggi si doveva capire se il Padova era o non era con il suo allenatore. Mi pare che il messaggio lanciato dalla squadra sia stato chiaro e univoco, altrimenti i giocatori non sarebbero scesi in campo con così grande intensità e non si sarebbero avventati sui portatori di palla senesi con cattiveria e furore agonistico per impedire loro di fare il bello e il cattivo tempo all’Euganeo.

Bene: la notizia buona è che i biancoscudati remano nella stessa direzione di Alessandro Calori.

La partita odierna contro la vicecapolista però, almeno a me personalmente, ha messo sul piatto un’altra convinzione molto semplice ma in realtà, sempre per la mia opinione, altrettanto illuminante: ovvero che questi siamo e non è certo per le scelte di formazione di Calori che possiamo fare meglio e tornare ad aggrapparci al treno dei playoff o peggio e avvicinarci pericolosamente ai playout. Almeno non in questo momento. 

Mi spiego meglio: non voglio con questo passare una mano di bianco immacolato sul tecnico che in qualche occasione ha lasciato perplessa e dubbiosa anche me su determinate decisioni oppure, viceversa, dire che non dà alcun valore aggiunto alla squadra. Oggi però non è per come erano schierati in campo che i biancoscudati hanno fatto la differenza: è per l’atteggiamento con cui hanno affrontato il Siena, tutti, dal primo all’ultimo. Per il resto si son visti gli stessi limiti dell’ultimo mese, con Ardemagni che non vede più la porta, De Paula che "lasciamo perdere" e Vantaggiato che continua a mettersi la colla sulla punta delle scarpe e non passa mai quel diavolo di palla!

Questo è il momento che gli attaccanti stanno vivendo, c’è poco da fare. E non c’è modulo diverso o uomo diverso o soluzione diversa che possano far girare la situazione. Bisogna semplicemente che i tre di cui sopra, un po’ alla volta, riprendano fiducia e ricomincino a credere nelle loro possibilità. Calori non può far altro che far giocare chi vede meglio in settimana, cercando di agire sulla loro mente e sulla loro convinzione più che sui movimenti sul campo.

Un primo passo avanti è stato fatto oggi sul piano della mentalità. Ora aspettiamo i gol. Come ha detto Vincenzo Italiano in intervista a fine gara: "Matteo Ardemagni recupererà prima o poi la vena cittadellese, no?". 

Un capitolo a parte di questo post lo dedico proprio a Vincenzo Italiano: Vincenzo ha fatto una bella partita, schierato in un ruolo che non è il suo, dando una grossa mano soprattutto nel disturbo delle ripartenze del Siena. Il suo rientro è stato importante, ma non dico determinante perché comunque, se fosse rientrato lui e il resto della truppa non ci avesse messo quel che ci ha messo, da solo avrebbe potuto fare ben poco. Di Vincenzo mi è tanto piaciuta l’uscita dal campo, in cui ha urlato "Dai, dai" alla tribuna che stava fischiando perché non gradiva il cambio con Cuffa ed è andato a dare il "cinque" a Calori. Son segnali. Importanti. Specie in un momento delicato come questo. E Vincenzo ha dimostrato una volta di più di meritare la fascia di capitano.

Sotto col Cittadella!        


AVEVAMO…

Avevamo un bomber (Succi): si è rotto il tendine d’Achille.

Avevamo un trequartista puro col vizio del tiro da lontano e del gol (Di Gennaro): è fuori da oltre due mesi per un problema muscolare.

Avevamo un giovane centrocampista centrale grazie al quale si era raggiunto un buon equilibrio e potevamo permetterci di giocare con tre punte (Vicente): si è rotto i legamenti del ginocchio.

Abbiamo avuto cinque occasioni da gol contro la Triestina con scritto sul pallone "Basta spingere": abbiamo perso 1-0.

Abbiamo avuto tre occasioni da gol contro il Piacenza: è finita 0-0.

Abbiamo avuto un rigore negato e preso gol su una punizione dubbia contro il Grosseto, rimontando l’iniziale svantaggio, forse realizzato in fuorigioco: abbiamo perso 3-1.

Abbiamo preso De Paula dalla serie A e Ardemagni dall’Atalanta per rinforzare l’attacco e sopperire alla mancanza di Succi: ad Ardemagni non passiamo un pallone manco morti (e su quei pochi che gli arrivano, la convinzione di capitalizzarli non è evidentemente abbastanza!), De Paula "sviene" davanti ai portieri avversari.

Avevamo un gruppo solido, che reagiva alle bastonate alzando la testa e restituendo i colpi presi al mittente: dov’è finito?

Avevamo una squadra in grado di fare rimonte impossibili (Livorno-Reggio Calabria): si è sfilacciata e demotivata.

 

Avevamo un allenatore bravissimo a fare di necessità virtù, intenso nel motivare i suoi ragazzi, indicato da Succi come "mister di grande personalità, come non ce ne sono in giro" e da Vantaggiato come "l’artefice della mia rinascita, insieme a mia figlia Desiree": la sua panchina è terribilmente in bilico. 

Chiudo: molti di questi "avevamo" non possono diventare "abbiamo" per causa di forza maggiore. Il Padova è stato oggettivamente molto sfortunato e apposta ho elencato anche le situazioni piovute sulla squadra senza colpa per dare un quadro completo della situazione.

Ma non è quando è stata la malasorte ad accanirsi sul Biancoscudo che sono iniziati i problemi. Le magagne sono arrivate quando non c’è più stato lo spirito giusto. Quando ognuno ha iniziato ad andare per i fatti suoi. Solo trasformando l’"avevamo" in "abbiamo" il verbo della frase in cui il complemento oggetto è "UN’ANIMA" forse si può invertire questa pericolosissima tendenza. Bisogna tornare a lottare e a crederci, se no meglio darsi all’ippica.

E che non mi si venga a dire ora che se giocava Italiano era meglio, che l’assenza di El Shaarawy ha pesato, che si poteva gettare nella mischia lo svizzero invece che mandarlo in tribuna. Non può essere un singolo giocatore il problema. A meno che, appunto, non sia un Succi d’annata che butta dentro 15 gol in 20 partite.

Vogliamo provarci sabato col Siena (Cestaro permettendo, bisogna vedere se aspetterà almeno un’altra partita prima di prendere una decisione drastica…)?     

 

CALORI IN DIFFICOLTA’, MA C’E’ CHI NON GLI DA’ UNA MANO

Ha provato a cambiare ancora. Ha tolto Gallozzi e ha inserito Cuffa, ha scelto Ronaldo invece che ridare una possibilità a Italiano, ha optato per il tridente però con Di Nardo al posto di Ardemagni. Alessandro Calori è in un momento in cui sta cercando di capire chi gli può dare di più e cambia. Passando dal 3-5-2 al 4-3-3 per poi tornare in corsa al 4-3-1-2 e dando il giro ai vari attori della partita.

Ciò premesso, comprendo il desiderio del mister di dare allo spogliatoio il segnale per cui tutti sono utili e per tutti c’è sempre la possibilità di rientrare nella formazione titolare ma, dopo aver visto la sfida di stasera, penso che gli esperimenti e le seconde possibilità debbano terminare qui. In primis perché si rischia di continuare ad alimentare la confusione e le incertezze e di non riuscire a ricreare in tempi brevi quei famosi equilibri che sono venuti meno con l’infortunio di Succi, Di Gennaro, Vicente e compagnia briscola. In secondo luogo perché sinceramente stasera sono proprio quelli che non chiedevano altro che una possibilità per dimostrare il proprio valore che mi hanno deluso più di tutti.

Di Nardo si è divorato due palle gol. De Paula se ne è mangiata una che fa per tre. Cuffa è l’ombra di se stesso. Mi aspettavo molto ma molto di più da questi tre giocatori, proprio perché, pur senza mai lamentarsi, dai loro occhi avevano sempre lasciato trasparire la grandissima voglia di giocare e di lasciare un segno. Penso che se d’ora in avanti partiranno dalla panchina non diranno certo che è perché Calori non li vede.

Prima di chiudere, mi permetto di aggiungere un pensiero, esprimendolo sotto forma di consiglio: torniamo a fare le cose semplici, ad assecondare le nostre caratteristiche e recuperiamo la convinzione che ci è venuta meno: a volte bastano un cambio passo, un uno contro uno riuscito bene o un pizzico di lucidità in più sotto porta per cambiare il volto di una partita. Non servono chissà quali alchimie tattiche. E’ questo che ci è venuto a mancare. E’ questo che dobbiamo recuperare in fretta se non vogliamo portare questa fin qui positiva stagione sull’orlo del precipizio.   

 

 

LEGITTIMA PREOCCUPAZIONE

Ho già letto qui sul blog la parola "ESONERO". E inizio questo post dicendo che non sono d’accordo con chi chiede la testa di Alessandro Calori. Questa squadra gli appartiene troppo per passare ad un altro condottiero, non vedo la sua cacciata come la soluzione al problema.

Detto questo, però, non posso nemmeno foderarmi gli occhi di prosciutto e far finta di non vedere che il Padova è una squadra in evidente difficoltà. Oggi, per la prima volta dopo tanto tempo, ho visto i giocatori demotivati, mi vien da dire senza anima. Contro la Triestina era mancato solo il gol, ma il gioco, a mio avviso, seppur con qualche momento morto, c’era stato. La determinazione c’era, così come c’era stata a Reggio Calabria e a Livorno. A Bergamo il Padova si è accontentato: invece che provare a fare qualcosa di diverso ha tirato i remi in barca e alla fine il 2-1 è stato lo schiaffo col quale il sornione AlbinoLeffe lo ha giustamente punito.

Dunque, anche se, ribadisco, non è assolutamente da licenziare e anzi ha mille attenuanti, Calori ci ha messo del suo sulla cattiva riuscita della prestazione di oggi. Soprattutto all’inizio, a mio avviso, quando ha deciso di schierare una formazione totalmente priva di giocatori con la possibilità di far cambiare passo e intensità alla manovra. Mi spiego meglio: senza El Shaarawy sulla trequarti, forse, non era il caso di rinunciare anche a Vincenzo Italiano a centrocampo. L’allenatore sperava evidentemente che il gioco si sviluppasse sulle fasce, come effettivamente è stato, ma purtroppo nessuna delle tante e importanti falcate, a destra e a sinistra, di Crespo, Gallozzi e Renzetti si è conclusa con un cross decente. E il risultato è stato che Vantaggiato e Ardemagni sono stati, per quasi tutta la partita, due oggetti completamente scollegati e avulsi da tutto il contesto. E il centrocampo non ha saputo imbastire un’azione che fosse una per superare le barricate bergamasche.

Le attenuanti, ripeto, ci sono tutte. C’è chi sostiene che Calori abbia una Ferrari e non la sappia guidare. Io dico invece che il Padova, almeno quello di adesso, non è una Ferrari. Troppi pezzi del motore sono venuti meno strada facendo ed è per quello che ogni tanto "si ingolfa", ogni tanto "grippa" e ogni tanto non va in moto. Non credo sia facile per il tecnico aretino ritrovare certi equilibri, raggiunti con in campo, ad esempio, Davide Succi e Davide Di Gennaro (senza contare che oggi peraltro mancava anche El Shaarawy). Ora ci sono Ardemagni e De Paula e con queste nuove pedine bisogna ricostruire un Padova nuovo. Con caratteristiche diverse.

Ci vorrebbe del tempo, ma purtroppo, a questo punto della stagione e con due sconfitte di fila sul groppone, non ce n’è molto a disposizione. Venerdì sera col Piacenza all’Euganeo bisogna rialzarsi. Se non con un gioco spumeggiante, almeno col cuore e gli attributi che questa squadra ha dimostrato fin qui di saper tirare fuori soprattutto nei momenti più difficili.  

 

SOLO UNA GIORNATA STORTA? FACCIAMO IN MODO CHE SIA COSI’

Finisce la diretta di "Tuttocalcio", mi infilo in macchina e mi fiondo allo stadio Euganeo. Sul vialetto che porta al cortile interno son costretta a rallentare perché ci sono altre auto in uscita che devo far passare. Un tifoso mi batte sul finestrino: abbasso il vetro e mi sento dire, ovviamente con ironia: "Dai oggi è andata bene. Abbiamo vinto 4-1". E via col primo travaso di bile.

Entro in sala stampa e trovo Riccardo Prisciantelli, direttore sportivo della Triestina, che parla con alcuni colleghi e dice, ovviamente scherzando e ovviamente contento come una Pasqua: "Ho incontrato il vostro presidente Cestaro. Volevo quasi scusarmi perché mai avrei pensato che finisse così con tutte le occasioni che avete avuto voi…". Il mio fegato a quel punto era ormai irrimediabilmente rovinato! 

 

E’ stata solo una giornata storta? Non lo so. Di sicuro so che c’è un solo modo per scoprirlo: vincere a Bergamo sabato prossimo contro l’AlbinoLeffe. Non vedo altre soluzioni per cancellare la beffa di oggi e ripartire sulla strada che porta ai playoff. La prova d’appello sarà quella e il Padova dovrà, senza scuse, senza "se" e senza "ma", portare a casa la prima vittoria esterna della stagione.

Che succederà se così non sarà? Che diventerà pesantissimo il processo alla squadra e, in particolare, al mercato di gennaio che già ora sta iniziando a scatenarsi. Si comincerà a dire che De Paula lo abbiamo inseguito a lungo per niente, che Ardemagni non incide come dovrebbe perché la tranquilla piazza di Cittadella non è equiparabile alle pressioni di Padova, che non serviva a niente Hochstrasser (visto che poi oggi nemmeno era in panchina). Sì, si metterà in moto esattamente questo meccanismo. Anzi, si è già messo in moto.

Il Padova lo sa. E’ per questo che, se vuole spegnerlo sul nascere, deve rispondere presente sabato prossimo. Assolutamente. Ribadiamo: senza scuse, senza "se" e senza "ma". 

ABBIAMO GLI ATTRIBUTI, FAREMO BELLE COSE

L’ho sempre sentito, anche se, finché era una semplice sensazione, ho sempre messo i condizionali, i ‘se’ e i ‘ma’. Ma stasera mi sento di urlarlo ai quattro venti che questo Padova ha gli attributi e, cosa ancora più importante, ne ha preso coscienza. Da qui alla fine ci sarà da divertirsi e lotteremo per qualcosa di importante. Ne sono convinta. Perché non si va a Reggio Calabria scendendo in campo con tre punte, procurandosi almeno quattro nitide occasioni da gol e, soprattutto, rimontando uno svantaggio nato da un rigore inesistente, se non si è una grande squadra. Il repentino cambio di decisione di Tozzi di Ostia, dal "Bonazzoli alzati" al "è rigore, Legati ti ammonisco", avvenuto ad una manciata di minuti dal fischio finale, avrebbe ammazzato un toro. Non ha invece ammazzato il "Torello" e soprattutto il Padova che hanno avuto insieme la forza di vincere l’ostilità dell’ambiente e dell’arbitro e di tornare a casa col pareggio. Con un carattere del genere si può, anzi, si deve puntare ad andare lontano.

Visto sotto questa ottica, anche il tridente schierato a sorpresa da Calori all’inizio, con De Paula e Vantaggiato ai fianchi di Ardemagni, ha assunto un profondo significato: quello di far capire alla Reggina e, in generale, a tutte le dirette concorrenti del campionato di serie B, che il Padova non ha paura. Non ha bisogno di coprirsi. Neanche se scende in uno dei campi più caldi dell’intero panorama calcistico nazionale.

Il Padova può attaccare a testa alta, fiero e orgoglioso, in qualunque stadio e contro chiunque. Certo poi, tre punte a parte, qualcosa è mancato sulla costruzione del gioco a centrocampo e occorrerà continuare a lavorarci, ma le occasioni sono arrivate, nitide, grazie ad aggressività e velocità nelle ripartenze.

Grazie ad un atteggiamento che, son sicura da stasera ancor di più, ci premierà. E anche alla grande.      

EVITARE I MUGUGNI

Il calciomercato è finito. Riepilogando, il Padova ha preso in prestito con diritto di riscatto della metà Marcos De Paula (dal Chievo) e Matteo Ardemagni (dall’Atalanta) per l’attacco e in prestito con diritto di riscatto dell’intero cartellino dalla Svizzera Xavier Hochstrasser, giovane promessa già nel giro dell’under 21.

Io penso che Rino Foschi, pur non essendo riuscito a portare a casa quel centrocampista di qualità e affidabilità di cui tanto si era parlato in questo mese di gennaio, abbia fatto un buon lavoro. E questo perché si è ritrovato, a mercato già riaperto, a dover colmare l’immenso vuoto, tecnico e umano, causato dall’infortunio di Davide Succi. Credo che quello di essere riuscito a strappare Ardemagni, il migliore che c’era sulla piazza al momento, a costo zero all’Atalanta sia un merito che bisogna riconoscergli.

Secondo me, se problemi ci saranno, nasceranno dal modo in cui vivranno la propria personale situazione i tre giocatori che in questa prima parte di campionato sono stati meno utilizzati da Alessandro Calori, ovvero Andrea Rabito, Antonio Di Nardo e Vincenzo Italiano, rimasti qui con la prospettiva di vedere il campo da qui alla fine con il contagocce. L’allenatore biancoscudato dovrà essere bravo a farli sempre sentire parte del gruppo, ma, della serie "aiutati che il ciel t’aiuta", dovranno anche loro cercare di metterlo in difficoltà, lavorando sodo dal primo all’ultimo minuto di ogni allenamento a disposizione. Si tratta di giocatori importanti. Sono convinta anche io, come ha detto Gianluca Di Marzio ieri sera in collegamento telefonico con Biancoscudati channel, che potranno essere più che importanti, determinanti. Anche giocando pochi minuti. Continuino a dimostrare, come hanno fatto fino a questo momento, di essere dei grandi professionisti oltre che dei giocatori con grandi qualità. Ci sarà senz’altro gloria anche per loro.   

 

IL MOMENTO PIU’ DELICATO

Lunedì sera alle 19 chiuderà il calcio mercato, il Padova si ritroverà con un centrocampista in più in rosa ("Esperto", ha ribadito oggi Cestaro in sala stampa, "perché deve essere pronto subito, non può essere uno che dobbiamo aspettare") e da qui alla fine Alessandro Calori non potrà più cambiare il materiale umano da cui tirare fuori il meglio per entrare nella zona nobile della classifica.

Per me inizia adesso il momento più delicato e difficile della stagione. Quello in cui nessuno più può cambiare le carte in tavola, ma allo stesso tempo quello in cui chi si deve salvare o comunque non ha al suo attivo qualità importanti giocherà esattamente come ha fatto il Modena nel secondo tempo di oggi: con dieci uomini dietro la linea della palla. Per il Padova, che invece di qualità tecniche ne ha da vendere, si farà sempre più dura perché di spazi in cui svilupparle non ne troverà più. L’allenatore aretino dovrà lavorare parecchio per dare imprevedibilità alla manovra e una mano in tal senso potrà darla proprio il nuovo centrocampista (unito al rientro di Vincenzo Italiano se solo se resterà biancoscudato): ci sono partite in cui ti devi per forza affidare ai lanci lunghi perché l’avversario non ti  fa respirare e non ti concede il benché minimo corridoio. Oggi ci abbiamo provato a farli, ma non avevamo in campo i giocatori giusti e ne sono uscite delle palle scaraventate in avanti senza senso. 

Ciò premesso, aggiungo che la difficoltà più grande di questo momento è legata al fatto che nei ruoli fondamentali il Padova ha giocatori che abbisognano di un po’ di tempo per integrarsi e per raggiungere una discreta condizione. Penso a De Paula e ad Ardemagni, ma anche al nuovo centrocampista che arriverà che, per quanto esperto, avrà pur bisogno di qualche settimana per comprendere i dettami di Calori e i movimenti dei compagni. Su questo fronte si dovrà, a mio avviso, pazientare e non mugugnare. Perché da che mondo e mondo la torta riesce bene non solo se ci sono i giusti ingredienti nell’impasto ma anche se l’impasto lo si lascia lievitare il tempo giusto. Se butti in forno la torta troppo presto, si alza subito ma poi si sgonfia. E non vorremmo mai vedere i nostri scoppiare a metà aprile…