Anche stasera dico: mamma mia. Ma aggiungo purtroppo un: che delusione!
Mi sento come quando, a scuola, un compagno che aveva copiato il compito in classe da me prendeva un voto più alto del mio. La sensazione è proprio quella: che ti abbiano "scippato" una cosa che meritavi assolutamente di portare a casa tu.
Da questo punto di vista ha ragione Lisetta: è pazzesco rendersi conto di quanto il calcio non guardi in faccia ai meriti. Il calcio non è un’obbligazione di mezzi, è un’obbligazione di risultati, per usare il linguaggio giuridico. Non vince chi mette il massimo impegno, crea quattro nitide occasioni, gioca meglio dell’avversario e gli mette paura, vince chi segna. Anche se ciò capita nel tuo migliore momento. Anche se ciò succede al termine delle due uniche azioni degne di tal nome costruite o nelle due uniche occasioni in cui ti sei distratto un nanosecondo. Se tra Padova e Vicenza c’era una squadra che meritava di vincere questa era il Padova. E in cuor suo lo sa anche Rolando Maran, anche se, giustamente, ai taccuini dei giornalisti avrà detto che il suo Vicenza è stato bravo a colpire al momento giusto eccetera eccetera eccetera.
Detto questo, però, alla sedicesima giornata di andata (non la seconda!) non può più essere per un caso o per una giornata storta che il Padova in trasferta non porta a casa la vittoria. Quattro punti fuori casa fino a questo punto del cammino sono troppo pochi. C’è qualcosa che non va, probabilmente nella mentalità con cui la squadra affronta le sfide lontano dall’Euganeo. C’è chi sostiene che i biancoscudati hanno paura di vincere, chi dice che invece, al contrario, sono troppo presuntuosi e spavaldi e allora la prendono sui denti.
Io sinceramente non riesco ancora a capire perché il rullo schiacciasassi che si vede all’Euganeo non riesca a schiacciare nemmeno una formica in trasferta. Certo è che, per Alessandro Calori, è arrivato il momento di scoprirlo e, soprattutto, trovare la cura adatta a risolvere la situazione. Proprio perché la sua non è una squadra di "c..ni" (termine da lui usato in sala stampa). Anzi, tutt’altro.