NON SI PUO’ PIU’ DIRE CHE E’ UN CASO

Anche stasera dico: mamma mia. Ma aggiungo purtroppo un: che delusione!

Mi sento come quando, a scuola, un compagno che aveva copiato il compito in classe da me prendeva un voto più alto del mio. La sensazione è proprio quella: che ti abbiano "scippato" una cosa che meritavi assolutamente di portare a casa tu.

Da questo punto di vista ha ragione Lisetta: è pazzesco rendersi conto di quanto il calcio non guardi in faccia ai meriti. Il calcio non è un’obbligazione di mezzi, è un’obbligazione di risultati, per usare il linguaggio giuridico. Non vince chi mette il massimo impegno, crea quattro nitide occasioni, gioca meglio dell’avversario e gli mette paura, vince chi segna. Anche se ciò capita nel tuo migliore momento. Anche se ciò succede al termine delle due uniche azioni degne di tal nome costruite o nelle due uniche occasioni in cui ti sei distratto un nanosecondo. Se tra Padova e Vicenza c’era una squadra che meritava di vincere questa era il Padova. E in cuor suo lo sa anche Rolando Maran, anche se, giustamente, ai taccuini dei giornalisti avrà detto che il suo Vicenza è stato bravo a colpire al momento giusto eccetera eccetera eccetera.

Detto questo, però, alla sedicesima giornata di andata (non la seconda!) non può più essere per un caso o per una giornata storta che il Padova in trasferta non porta a casa la vittoria. Quattro punti fuori casa fino a questo punto del cammino sono troppo pochi. C’è qualcosa che non va, probabilmente nella mentalità con cui la squadra affronta le sfide lontano dall’Euganeo. C’è chi sostiene che i biancoscudati hanno paura di vincere, chi dice che invece, al contrario, sono troppo presuntuosi e spavaldi e allora la prendono sui denti.

Io sinceramente non riesco ancora a capire perché il rullo schiacciasassi che si vede all’Euganeo non riesca a schiacciare nemmeno una formica in trasferta. Certo è che, per Alessandro Calori, è arrivato il momento di scoprirlo e, soprattutto, trovare la cura adatta a risolvere la situazione. Proprio perché la sua non è una squadra di "c..ni" (termine da lui usato in sala stampa). Anzi, tutt’altro.  

 

 

ADESIONI PER MARTEDI’

Eccomi qui a voi per la richiesta di adesioni alla trasmissione "Biancoscudati channel" di martedì prossimo, 23 novembre, a Telenuovo. 

Al solito faccio un post apposito così non devo cercare tra i vari post il sì o il no di ciascuno di voi. Mi raccomando non lasciatemi sola che tengo troppo alle vostre opinioni e pure alle vostre domande assolutamente scomode! 

Grazieeeeee! 

 

UN GRUPPO CHE STA DIVENTANDO SQUADRA

So che molti di voi non condivideranno quello che sto per scrivere. O meglio: pur condividendolo, mi diranno che sono la solita sentimentale, che "el baeon l’è n’altra roba", che sarebbe il caso di sottolineare come il Padova non sia ancora continuo come dovrebbe perché fuori casa non è come in casa, che bisogna ancora migliorare nella fase difensiva eccetera eccetera eccetera. Ma io sono fatta così, probabilmente male ma sono fatta così. E allora eccovi servito un bel polpettone sentimental-calcistico!

 

Della giornata odierna mi hanno colpito fondamentalmente tre cose.

1) La confidenza di Alessandro Calori in sala stampa quando ha detto che, se Rabito avesse segnato nel finale il 4-1 e Sicignano non gli avesse fatto quel mezzo miracolo, sarebbe entrato in campo per festeggiarlo. "Sarei andato ad abbracciarlo, anche a costo di rischiare l’espulsione. Se l’arbitro mi avesse poi buttato fuori non me ne sarebbe importato nulla. Roger è un ragazzo sensibile che vive lo spogliatoio in maniera forte. Quel gol se lo meritava proprio".

2) L’atteggiamento e la prestazione di Vincenzo Italiano. C’è chi sostiene che il centrocampista siciliano è un gran rompi palle. Che quando non gioca il suo malumore si sente eccome. Che è uno che poi più di tanto la differenza non la fa se bisogna tirare fuori quel qualcosa in più. Lascio a chi pensa questo la sua opinione. Dico solo che, se tutto ciò è vero, allora c’è da essere doppiamente contenti di quel che si è visto oggi in campo. Un giocatore della sua esperienza che, dopo due partite in panchina senza giocare nemmeno un minuto, si fa trovare pronto e con il giusto approccio psicologico alla partita ha capito esattamente il contesto in cui si inserisce. Ha compreso alla grande che che c’è un gruppo che viene prima di ogni singolo. Dunque magari qualche muso può averlo anche piantato, ma non può essere così rompi palle come lo dipingono, no? Lo aveva detto in settimana in intervista. "Se il Padova va bene allora Vincenzo Italiano è contento". Oggi il capitano ha trasformato quelle parole in fatti. E la standing ovation che ha accompagnato la sua sostituzione a pochi minuti dalla fine del match è stata più che toccante. La gente lo ha applaudito ma anche lui ha applaudito la gente, perché si è sentito apprezzato e capito.

3) Le parole di Davide Succi. Il bomber non finisce mai di stupirmi. Ha fatto 14 gol in 14 partite e sono 6 incontri di fila che segna. Eppure mai una parola sopra le righe, mai nemmeno l’ombra di un "sono proprio bravo!", neanche con giri di parole. Prima di tutto c’è sempre la squadra nella sua testa e nelle sue parole. In settimana diversi compagni hanno indicato in Davide un giocatore cui affidarsi e chiedere consigli ma lui ha minimizzato. "Li ringrazio ma io mi sento parte del gruppo e vivo il gruppo esattamente come loro". All’ultima domanda che gli ho posto ("Non è che con tutti questi gol a gennaio diventerai sensibile alle sirene della serie A?") Succi ha poi risposto così: "Quando sono venuto a Padova ho fatto una scommessa con me stesso. E’ ancora lunga la strada per riuscire a vincerla". Chiaro, no?

Tutto quello che ho raccontato potrà anche non avere valore tecnico-tattico. 

Ma si tratta di sintomi importanti. Segnali di un gruppo che sta diventando squadra. A pensarci bene, è proprio questo spirito che l’anno scorso ad un certo punto si è smarrito. I giocatori buoni c’erano anche nella passata stagione, ma quando si è perso questo tipo di ‘sensibilità’ si è entrati in un tunnel da cui si è usciti solo al termine della partita di ritorno dei playout. Con questa coesione, la mentalità di Calori in panchina e un Succi in più nel motore sai quanta strada si può fare in più… 

 

 

ANCORA TROPPO INGENUI

Le attenuanti ci stanno tutte. Non è facile esprimere le proprie qualità tecniche su un campo inzuppato d’acqua e sotto una pioggia torrenziale come quella che è caduta ieri sera a Portogruaro. Bene ha fatto Alessandro Calori ad affidarsi a giocatori tosti fisicamente e portati più all’agonismo che alle giocate di fino.

Se, alla fine, il Padova non è riuscito a portare a casa i tre punti dal "Mecchia" non è certo per problemi di modulo e di schieramento. Non è per colpa del 3-5-2 con cui Calori ha ridisegnato la squadra in vista di questa partita, sostituendolo al consueto 4-3-1-2. Fin quando i biancoscudati sono stati "sul pezzo", ovvero per quasi tutto il primo tempo, il Portogruaro non è esistito. Succi ha affondato il colpo numero 13 della stagione al secondo tentativo e si è poi procurato altre occasioni per chiudere (e non è stato il solo!), senza purtroppo riuscire a concretizzarle. 

Il problema del Padova in questo momento secondo me è solo di testa. Così come è successo con l’Empoli, nel secondo tempo i giocatori non sono scesi in campo con la determinazione del primo. Forse perché pensavano di avercela già fatta, che i tre punti fossero già in cassaforte, forse, chissà, perché non sono ancora convinti del tutto dei loro mezzi. Non riesco ancora a capirlo. Fatto sta che è qui che Calori deve lavorare maggiormente. Perché, ribadisco, la squadra è buona ma per diventare ottima deve sempre essere con la testa al cento per cento in quello che fa.

 

P.S.: vorrei sottolineare l’ottima prova di Gallozzi e la prova comunque sufficiente di Filippini che pur nel secondo tempo è un po’ sceso di ritmo. E’ importante sapere di avere in panchina giocatori che, chiamati in causa all’occorrenza, fanno la loro parte così.

P.S. 2: forse sarò controcorrente, ma, pensando alla passata stagione, mi viene comunque da dire che il bicchiere è ancora mezzo pieno e non mezzo vuoto per il Padova di adesso. Di questi tempi, un anno fa, si era perso contro Lecce, Empoli e Vicenza tre partite di fila. Stavolta, alla debacle di Bergamo contro l’Atalanta, è seguito un doppio pareggio con Empoli e Portogruaro. Due punti che, sono convinta, nel computo finale, si riveleranno più preziosi di quanto non sembrino adesso.   

LE SCORIE DEL PADOVA

Nell’affrontare l’Empoli oggi l’allenatore del Padova, Alessandro Calori, ha compiuto delle scelte su cui si può discutere. Ha, per esempio, sacrificato la qualità di Italiano per puntare sulla quantità di Jidayi, affermando appunto che il centrocampo dell’Empoli era forte e abbisognava di questo tipo di contromisura, ha poi riconfermato Trevisan titolare al fianco di Cesar in difesa, lasciando Legati in panchina. Ha infine deciso, nel momento in cui Di Nardo ha lasciato il campo per infortunio, di passare dal 4-3-1-2 al 3-5-2, salvo poi tornare all’antico una volta incassati due gol nel giro di pochi minuti.

A me personalmente Italiano piace moltissimo come giocatore, ma penso che oggi abbia avuto ragione Calori a sacrificarne le indiscusse qualità per puntare su un centrocampo più roccioso e solido. Sono invece dell’idea che dietro Legati interagisca meglio con Cesar e faccia di conseguenza girare meglio l’intero reparto arretrato. Ma non è questo il punto su cui voglio focalizzare la mia attenzione e di conseguenza il contenuto di questo post.

Credo infatti che su una cosa Calori, a fine gara, abbia incontrovertibilmente ragione aldilà delle scelte tecnico tattiche, ovvero sul fatto che questa squadra si porta dietro delle scorie. Delle paure che sono rimaste nascoste per un po’ ma che ora stanno riaffiorando in concomitanza con le prime vere difficoltà del campionato. E’ su queste che l’allenatore sta lavorando perché ha capito perfettamente che rappresentano gli unici reali freni a mano nella crescita mentale di un gruppo che le qualità tecnico tattiche le ha e ha dunque tutte le premesse per fare bene e arrivare in alto. Queste paure vanno eliminate e l’unico modo per annientarle del tutto è non smettere mai di mettere determinazione, di dare il massimo, di stare concentrati, sul pezzo. Di crederci, insomma, come è successo nella partita di oggi rimessa in piedi quasi al novantesimo, quando ormai sembrava persa.  

La differenza tra un buon giocatore e un grande giocatore sta tutta qui. Così come la differenza tra un buon gruppo e un grande gruppo, quale il Padova vuol diventare.    

 

 

 

 

DI NUOVO COI PIEDI PER TERRA

La bruttissima sconfitta in casa dell’Atalanta ci riporta tutti, e bruscamente, con i piedi per terra. Attenzione però a non fare troppo i disfattisti: non siamo ancora tre metri sotto terra, siamo semplicemente tornati alla realtà dopo che, per diverse giornate, abbiamo sognato e anche di gusto.

Dunque non siamo ancora da funerale, nonostante oggi ci sia più di un problema emerso dalla sfida in terra bergamasca che va individuato, capito e risolto. Per me i principali sono due:

1) LA DIFESA: Barreto e Doni hanno realizzato due autentiche prodezze in occasione dell’1-0 che ha aperto la partita e del 3-0 che l’ha di fatto chiusa con 43 minuti di anticipo. Contro questi numeri nemmeno il Buffon dei tempi d’oro avrebbe potuto fare qualcosa. E’ che a tirare quelle punizioni, i due fuoriclasse dell’Atalanta, ce li abbiamo messi noi, commettendo due falli che, sinceramente, mi aspetto da Cappelletti (classe 1991) ma un po’ meno da Cesar (classe 1979) e Trevisan (classe 1983). Fino a questo punto del campionato, il brasiliano, che l’anno scorso spesso era finito nell’occhio del ciclone insieme a Faisca, non mi era dispiaciuto. Con Legati aveva raggiunto una buona intesa e, seppur non impeccabile in qualche circostanza, errori clamorosi non ne aveva ancora fatti. Oggi, all’improvviso, si è materializzato nuovamente il Cesar nervoso, precipitoso e falloso visto nel periodo peggiore della passata stagione. E pure Trevisan mi ha sempre dato l’idea di essere in ritardo e agitato ogni volta che gli attaccanti atalantini prendevano l’iniziativa.

2) IL CENTROCAMPO: anche qui mi sembra di essere tornata indietro di un anno. Nel senso che, persa l’alternativa Vicente, rimane il solo Italiano per il ruolo di regista. Il che è un bene se il giocatore riesce ad esprimere le proprie immense qualità. Se, invece, come oggi, gli avversari gli si ‘francobollano’ addosso e non gli danno modo nemmeno di entrare in partita, ecco che il gioco non gira più. E davanti non arriva più nemmeno l’ombra di un pallone per gli attaccanti che, i palloni, se li devono andare a prendere a metà campo senza poi riuscire ad essere incisivi in zona gol. Bisogna trovare un’alternativa di gioco senza Vicente. Bisogna fare in modo che, quando Italiano è ‘imbavagliato’, qualcun altro approfitti dello spazio lasciato libero dagli avversari che si occupano solo di neutralizzare Vincenzo per creare pericoli. E trovare anche un diverso assetto a centrocampo quando Italiano proprio non è in giornata.  

Ciò premesso, la parola passa ad Alessandro Calori. L’allenatore, fino a questo momento, è sempre riuscito a trovare la soluzione ad ogni problema manifestato dai suoi. E, in sala stampa a Bergamo, ha ammesso che toccherà appunto a lui fare qualcosa, trasmettere positività, correggere il tiro laddove si è sbandato, sciogliere i nodi critici. Sono sicura che anche questa volta ce la farà e porterà di nuovo a volare sulle ali dell’entusiasmo anche chi adesso pensa il colera peggio di questa squadra.       

 

SEMPLICEMENTE FANTASTICO

Sinceramente non so più cosa fare. Nel senso che continuo nella mia testa a ripetermi che l’anno scorso la debacle è iniziata contro il Lecce e dunque alla quattordicesima giornata di andata, quando eravamo ad un passo dalla vetta e tutti ci additavano come la rivelazione del campionato. Seguendo questo ragionamento non si può che arrivare alla conclusione che è ancora presto per poter anche solo cullare sogni di gloria.

Però, di fronte ad un Padova così, è difficilissimo, se non impossibile, continuare a mordersi la lingua e tenere a bada l’entusiasmo. Sono proprio le basi che questa formazione sta creando che lasciano ben sperare. Ogni settimana questi ragazzi mettono giù un mattone: contro l’AlbinoLeffe è stata la vittoria della furbizia (di fronte alle squadre che si chiudono, fino all’anno scorso, eravamo invece assolutamente polli!), contro il Grosseto è stata la vittoria della qualità di Vantaggiato, Succi e Di Gennaro, contro il Cittadella è stata la vittoria della determinazione, con il Pescara quella del cinismo e del lungo lavoro ai fianchi dell’avversario. Il muro sta diventando sempre più solido, grazie alla malta che l’allenatore Calori sta facendo mettere a ciascuno dei giocatori al servizio di tutti gli altri.

Sono veramente convinta che questa squadra, oltre ad avere potenti mezzi tecnici, potrà fare un campionato strepitoso grazie a quelli mentali che il tecnico sta tirando fuori strada facendo dal materiale umano che ha a disposizione. 

Che dire: avanti così, per favore, come dice Ligabue, non svegliateci! 

 

ECCO LA PROVA DI MATURITA’

Resto convinta che ci sia ancora tantissima strada da fare. Soprattutto nella fase difensiva, che continua ad essere un po’ il tallone d’Achille di questo Padova, pur essendo migliorata rispetto alla passata stagione.

 

Però sono pienamente d’accordo con Alessandro Calori e Andrea Bovo: aver vinto una partita così è un segnale. Una testimonianza del fatto che, caratterialmente e mentalmente, questa squadra sta facendo il salto di qualità che il suo allenatore le sta chiedendo dall’inizio del ritiro. Sta crescendo.

Non è certo stato il miglior Padova quello visto stasera all’Euganeo contro il Cittadella. Ma aver avuto fino alla fine la voglia di vincere, ottenendo i tre punti a pochi frangenti dal novantesimo contro una squadra che per diversi tratti della partita ha messo in difficoltà i biancoscudati, non può che essere la prova di maturità che mancava.

Sotto con il Pescara adesso: con un altro tassello del famoso mosaico posato là dove doveva essere posato. Per creare un’opera d’arte che a fine campionato, sono convinta, ammireremo in tutta la sua bellezza.  

ESAME DI MATURITA’ SOLO RINVIATO

Fa male. Brucia da morire. Vedere la panchina del Siena, capitanata da un Antonio Conte che salta come una cavalletta e dispensa abbracci a tutti, festeggiare una vittoria contro il Padova che sembrava ormai svanita ti fa chiudere lo stomaco. Sì, perché il Padova, dopo un primo tempo un po’ in ombra, aveva reagito alla grande e meritava ampiamente il pareggio.

Però non è (ancora) il caso di drammatizzare. Anzi. Pigliamo quel che di buono è emerso da una delle trasferte più difficili di tutto il campionato. Il Padova c’è e deve solo continuare a lavorare a testa bassa per proseguire sul cammino del costante miglioramento. Mettiamola così: la sconfitta, per quanto immeritata, permette una volta di più di tenere basso il profilo intorno alla squadra di Alessandro Calori. E di lasciarla libera psicologicamente di costruirsi la sua mentalità vincente, individuando limiti ed errori per superarli e correggerli.

Non poteva capitare miglior partita lunedì prossimo (derby casalingo contro il Cittadella) per riscattarsi. L’esame di maturità è solo rimandato.       

MA CHE BELLO IL TRIO DELLE MERAVIGLIE

Era dai tempi di Mariano Sotgia, Ciro Ginestra e Davide Succi (era il 2002-2003, e, guarda caso, c’è anche stavolta Succi di mezzo!) che il Padova non aveva un attacco così globalmente stellare. Un reparto avanzato di altissima qualità in grado di devastare qualunque difesa. Davide Di Gennaro, Daniele Vantaggiato e, appunto, Davide Succi sono tre giocatori dalle straordinarie capacità e più passano le giornate e si affina la loro intesa più sono in grado di offrire spettacolo allo stato puro ai tifosi, combinazioni pericolose e vincenti e soprattutto gol. Tanti gol.

Certo, se loro funzionano così bene è perché c’è, come giustamente ha sottolineato Davide Di Gennaro in sala stampa, un gruppo solido che li mette nelle condizioni di rendere al meglio. C’è un’intera squadra che gira, insomma, e gira bene. E qui, scusate se insisto, è fondamentale la mano che sta mettendo Alessandro Calori nella costruzione di questa realtà.

Io sinceramente non so dove questo Padova potrà arrivare. Ora come ora non me la sento ancora di sbilanciarmi. Ma quel che è sicuro è che sta costruendo delle solide fondamenta. Se poi saranno quelle di un mini appartamento e si arriverà alla semplice salvezza bene. Se invece ne nascerà una villa immensa, costruita con materiali e intonaci di prima qualità, e la fine del campionato dirà playoff, be’ tanto meglio.

Non vediamo l’ora, tutti, di scoprire, mattone dopo mattone, quanto in alto si può arrivare, senza soffrire di vertigini.