LE SCORIE DEL PADOVA

Nell’affrontare l’Empoli oggi l’allenatore del Padova, Alessandro Calori, ha compiuto delle scelte su cui si può discutere. Ha, per esempio, sacrificato la qualità di Italiano per puntare sulla quantità di Jidayi, affermando appunto che il centrocampo dell’Empoli era forte e abbisognava di questo tipo di contromisura, ha poi riconfermato Trevisan titolare al fianco di Cesar in difesa, lasciando Legati in panchina. Ha infine deciso, nel momento in cui Di Nardo ha lasciato il campo per infortunio, di passare dal 4-3-1-2 al 3-5-2, salvo poi tornare all’antico una volta incassati due gol nel giro di pochi minuti.

A me personalmente Italiano piace moltissimo come giocatore, ma penso che oggi abbia avuto ragione Calori a sacrificarne le indiscusse qualità per puntare su un centrocampo più roccioso e solido. Sono invece dell’idea che dietro Legati interagisca meglio con Cesar e faccia di conseguenza girare meglio l’intero reparto arretrato. Ma non è questo il punto su cui voglio focalizzare la mia attenzione e di conseguenza il contenuto di questo post.

Credo infatti che su una cosa Calori, a fine gara, abbia incontrovertibilmente ragione aldilà delle scelte tecnico tattiche, ovvero sul fatto che questa squadra si porta dietro delle scorie. Delle paure che sono rimaste nascoste per un po’ ma che ora stanno riaffiorando in concomitanza con le prime vere difficoltà del campionato. E’ su queste che l’allenatore sta lavorando perché ha capito perfettamente che rappresentano gli unici reali freni a mano nella crescita mentale di un gruppo che le qualità tecnico tattiche le ha e ha dunque tutte le premesse per fare bene e arrivare in alto. Queste paure vanno eliminate e l’unico modo per annientarle del tutto è non smettere mai di mettere determinazione, di dare il massimo, di stare concentrati, sul pezzo. Di crederci, insomma, come è successo nella partita di oggi rimessa in piedi quasi al novantesimo, quando ormai sembrava persa.  

La differenza tra un buon giocatore e un grande giocatore sta tutta qui. Così come la differenza tra un buon gruppo e un grande gruppo, quale il Padova vuol diventare.    

 

 

 

 

DI NUOVO COI PIEDI PER TERRA

La bruttissima sconfitta in casa dell’Atalanta ci riporta tutti, e bruscamente, con i piedi per terra. Attenzione però a non fare troppo i disfattisti: non siamo ancora tre metri sotto terra, siamo semplicemente tornati alla realtà dopo che, per diverse giornate, abbiamo sognato e anche di gusto.

Dunque non siamo ancora da funerale, nonostante oggi ci sia più di un problema emerso dalla sfida in terra bergamasca che va individuato, capito e risolto. Per me i principali sono due:

1) LA DIFESA: Barreto e Doni hanno realizzato due autentiche prodezze in occasione dell’1-0 che ha aperto la partita e del 3-0 che l’ha di fatto chiusa con 43 minuti di anticipo. Contro questi numeri nemmeno il Buffon dei tempi d’oro avrebbe potuto fare qualcosa. E’ che a tirare quelle punizioni, i due fuoriclasse dell’Atalanta, ce li abbiamo messi noi, commettendo due falli che, sinceramente, mi aspetto da Cappelletti (classe 1991) ma un po’ meno da Cesar (classe 1979) e Trevisan (classe 1983). Fino a questo punto del campionato, il brasiliano, che l’anno scorso spesso era finito nell’occhio del ciclone insieme a Faisca, non mi era dispiaciuto. Con Legati aveva raggiunto una buona intesa e, seppur non impeccabile in qualche circostanza, errori clamorosi non ne aveva ancora fatti. Oggi, all’improvviso, si è materializzato nuovamente il Cesar nervoso, precipitoso e falloso visto nel periodo peggiore della passata stagione. E pure Trevisan mi ha sempre dato l’idea di essere in ritardo e agitato ogni volta che gli attaccanti atalantini prendevano l’iniziativa.

2) IL CENTROCAMPO: anche qui mi sembra di essere tornata indietro di un anno. Nel senso che, persa l’alternativa Vicente, rimane il solo Italiano per il ruolo di regista. Il che è un bene se il giocatore riesce ad esprimere le proprie immense qualità. Se, invece, come oggi, gli avversari gli si ‘francobollano’ addosso e non gli danno modo nemmeno di entrare in partita, ecco che il gioco non gira più. E davanti non arriva più nemmeno l’ombra di un pallone per gli attaccanti che, i palloni, se li devono andare a prendere a metà campo senza poi riuscire ad essere incisivi in zona gol. Bisogna trovare un’alternativa di gioco senza Vicente. Bisogna fare in modo che, quando Italiano è ‘imbavagliato’, qualcun altro approfitti dello spazio lasciato libero dagli avversari che si occupano solo di neutralizzare Vincenzo per creare pericoli. E trovare anche un diverso assetto a centrocampo quando Italiano proprio non è in giornata.  

Ciò premesso, la parola passa ad Alessandro Calori. L’allenatore, fino a questo momento, è sempre riuscito a trovare la soluzione ad ogni problema manifestato dai suoi. E, in sala stampa a Bergamo, ha ammesso che toccherà appunto a lui fare qualcosa, trasmettere positività, correggere il tiro laddove si è sbandato, sciogliere i nodi critici. Sono sicura che anche questa volta ce la farà e porterà di nuovo a volare sulle ali dell’entusiasmo anche chi adesso pensa il colera peggio di questa squadra.       

 

SEMPLICEMENTE FANTASTICO

Sinceramente non so più cosa fare. Nel senso che continuo nella mia testa a ripetermi che l’anno scorso la debacle è iniziata contro il Lecce e dunque alla quattordicesima giornata di andata, quando eravamo ad un passo dalla vetta e tutti ci additavano come la rivelazione del campionato. Seguendo questo ragionamento non si può che arrivare alla conclusione che è ancora presto per poter anche solo cullare sogni di gloria.

Però, di fronte ad un Padova così, è difficilissimo, se non impossibile, continuare a mordersi la lingua e tenere a bada l’entusiasmo. Sono proprio le basi che questa formazione sta creando che lasciano ben sperare. Ogni settimana questi ragazzi mettono giù un mattone: contro l’AlbinoLeffe è stata la vittoria della furbizia (di fronte alle squadre che si chiudono, fino all’anno scorso, eravamo invece assolutamente polli!), contro il Grosseto è stata la vittoria della qualità di Vantaggiato, Succi e Di Gennaro, contro il Cittadella è stata la vittoria della determinazione, con il Pescara quella del cinismo e del lungo lavoro ai fianchi dell’avversario. Il muro sta diventando sempre più solido, grazie alla malta che l’allenatore Calori sta facendo mettere a ciascuno dei giocatori al servizio di tutti gli altri.

Sono veramente convinta che questa squadra, oltre ad avere potenti mezzi tecnici, potrà fare un campionato strepitoso grazie a quelli mentali che il tecnico sta tirando fuori strada facendo dal materiale umano che ha a disposizione. 

Che dire: avanti così, per favore, come dice Ligabue, non svegliateci! 

 

ECCO LA PROVA DI MATURITA’

Resto convinta che ci sia ancora tantissima strada da fare. Soprattutto nella fase difensiva, che continua ad essere un po’ il tallone d’Achille di questo Padova, pur essendo migliorata rispetto alla passata stagione.

 

Però sono pienamente d’accordo con Alessandro Calori e Andrea Bovo: aver vinto una partita così è un segnale. Una testimonianza del fatto che, caratterialmente e mentalmente, questa squadra sta facendo il salto di qualità che il suo allenatore le sta chiedendo dall’inizio del ritiro. Sta crescendo.

Non è certo stato il miglior Padova quello visto stasera all’Euganeo contro il Cittadella. Ma aver avuto fino alla fine la voglia di vincere, ottenendo i tre punti a pochi frangenti dal novantesimo contro una squadra che per diversi tratti della partita ha messo in difficoltà i biancoscudati, non può che essere la prova di maturità che mancava.

Sotto con il Pescara adesso: con un altro tassello del famoso mosaico posato là dove doveva essere posato. Per creare un’opera d’arte che a fine campionato, sono convinta, ammireremo in tutta la sua bellezza.  

ESAME DI MATURITA’ SOLO RINVIATO

Fa male. Brucia da morire. Vedere la panchina del Siena, capitanata da un Antonio Conte che salta come una cavalletta e dispensa abbracci a tutti, festeggiare una vittoria contro il Padova che sembrava ormai svanita ti fa chiudere lo stomaco. Sì, perché il Padova, dopo un primo tempo un po’ in ombra, aveva reagito alla grande e meritava ampiamente il pareggio.

Però non è (ancora) il caso di drammatizzare. Anzi. Pigliamo quel che di buono è emerso da una delle trasferte più difficili di tutto il campionato. Il Padova c’è e deve solo continuare a lavorare a testa bassa per proseguire sul cammino del costante miglioramento. Mettiamola così: la sconfitta, per quanto immeritata, permette una volta di più di tenere basso il profilo intorno alla squadra di Alessandro Calori. E di lasciarla libera psicologicamente di costruirsi la sua mentalità vincente, individuando limiti ed errori per superarli e correggerli.

Non poteva capitare miglior partita lunedì prossimo (derby casalingo contro il Cittadella) per riscattarsi. L’esame di maturità è solo rimandato.       

MA CHE BELLO IL TRIO DELLE MERAVIGLIE

Era dai tempi di Mariano Sotgia, Ciro Ginestra e Davide Succi (era il 2002-2003, e, guarda caso, c’è anche stavolta Succi di mezzo!) che il Padova non aveva un attacco così globalmente stellare. Un reparto avanzato di altissima qualità in grado di devastare qualunque difesa. Davide Di Gennaro, Daniele Vantaggiato e, appunto, Davide Succi sono tre giocatori dalle straordinarie capacità e più passano le giornate e si affina la loro intesa più sono in grado di offrire spettacolo allo stato puro ai tifosi, combinazioni pericolose e vincenti e soprattutto gol. Tanti gol.

Certo, se loro funzionano così bene è perché c’è, come giustamente ha sottolineato Davide Di Gennaro in sala stampa, un gruppo solido che li mette nelle condizioni di rendere al meglio. C’è un’intera squadra che gira, insomma, e gira bene. E qui, scusate se insisto, è fondamentale la mano che sta mettendo Alessandro Calori nella costruzione di questa realtà.

Io sinceramente non so dove questo Padova potrà arrivare. Ora come ora non me la sento ancora di sbilanciarmi. Ma quel che è sicuro è che sta costruendo delle solide fondamenta. Se poi saranno quelle di un mini appartamento e si arriverà alla semplice salvezza bene. Se invece ne nascerà una villa immensa, costruita con materiali e intonaci di prima qualità, e la fine del campionato dirà playoff, be’ tanto meglio.

Non vediamo l’ora, tutti, di scoprire, mattone dopo mattone, quanto in alto si può arrivare, senza soffrire di vertigini.  

 

 

CORAGGIO ALEX

Ieri non sono riuscita a trovare le parole. Ci ho provato, ma proprio non ci sono riuscita. Perché di fronte a certe tragedie non ce ne sono. E quelle poche che si riescono a pronunciare rischiano di diventare pura retorica, anche se sono dette con il cuore in mano.

Però Alessandro Ferronato, che ha vestito, anzi di più, onorato la maglia del Padova dal 2000 al 2003 regalando ai tifosi tanti gol e tanto attaccamento alla piazza, merita in questo momento di grandissimo dolore per la perdita della moglie Marta, di sentire tutto l’affetto di chi ha avuto la gioia di apprezzarlo come atleta, come professionista e soprattutto come uomo.

Se volete lasciare qui un messaggio per lui, un saluto, un abbraccio, questo è lo spazio che ho deciso di dedicargli. Penso che fargli sentire tutto il nostro affetto sia l’unica cosa che possiamo fare per cercare di dargli forza in cui momento in cui ne deve trovare tantissima per superare il dramma e stare vicino ai suoi figli. 

Coraggio, Alex.    

UN PUNTO DA PIACENZA E’ SEMPRE TANTA ROBA

L’espressione "tanta roba!" me l’ha simpaticamente attaccata Gianluca Di Marzio nella purtroppo breve esperienza che abbiamo condiviso a Telenuovo (purtroppo ovviamente per me che avrei tanto voluto rubargli ancora più segreti del mestiere… Buon per lui che invece nel 2004 è volato a Sky!). E’ un’espressione che mi piace molto e che uso spesso perché in due sole parole esprime un efficace concetto di abbondanza. Della serie: è andata di lusso!

Ora, non è proprio andata di lusso oggi al Padova che ha beccato il pareggio sul più bello che aveva fatto il grande sforzo di riportarsi avanti dopo il pari di Cacia e, peggio ancora, l’espulsione di Legati. Però, c’è di buono che, appunto, dopo aver subito un rigore e un’espulsione contro, la squadra di Calori non si è sfilacciata. Ha accusato il colpo certo e ha rischiato di andare sotto, ma si è ripresa immediatamente continuando a macinare gioco e a non perdere metri. E’ rimasta compatta non mostrandosi nè impaurita nella fase difensiva, nè troppo smaniosa in quella offensiva.

E’ proprio questo l’obiettivo cui sta puntando mister Calori: la creazione di un gruppo unito, forte psicologicamente che sa capire quando è ora di spingere e quando è ora di alzare le braccia e unirsi in un’unica grande difesa. Certo, rimane il rammarico di aver assaporato fino all’ultimo la prima vittoria fuori casa, ma rimane anche il fatto che un punto a Piacenza è tanta, tantissima roba.

L’unico appunto che mi sento di fare oggi, già scritto anche nelle pagelle, riguarda la scelta di Calori di affidarsi ai giovani. E’ bellissimo e ci piace tanto che abbia il coraggio di puntare su ragazzi del 1988, del 1991 addirittura del 1992. Ma forse nel finale, quando era ora di tenere la palla o sparacchiarla il più lontano possibile nelle situazioni più pericolose, c’era bisogno anche dell’esperienza dei più "scafati". Dei più "vecchi", calcisticamente parlando ovviamente. Un appunto che comunque resta piccolo di fronte ad un prezioso pari portato a casa da un campo difficile.  
 

CINICO E SPIETATO COSI’ NON L’AVEVAMO VISTO MAI

 Alzi la mano chi, alla vigilia di questa partita, non ha detto: "AlbinoLeffe, squadra ostica. Il Padova contro queste squadre fa fatica, perché si chiudono, ripartono, non lasciano spazio e tengono basso il ritmo per addormentare la partita".

Tutti, io compresa, questo pensiero lo abbiamo fatto. Perché la storia recente del Padova è piena di gare perse nell’unico episodio contro o pareggiate in maniera scialba contro formazioni tipo l’AlbinoLeffe di oggi. E invece ecco il Padova come mai l’avevamo visto in questi ultimi anni: cinico e spietato. Certo, va aggiunto, a tratti anche un po’ lezioso e troppo attaccato al pallone, ma questi sono aspetti che sono migliorabilissimi e siamo solo alla sesta giornata.

Dico la verità, già ieri, tornando in auto da Bresseo, mi ero un po’ rincuorata. Dopo aver guardato negli occhi e ascoltato Alessandro Calori nella sua intervista pre rifinitura, mi ero convinta che avesse trovato la strada giusta per venirne a capo. E così è stato. L’allenatore è infatti riuscito a trasmettere perfettamente il suo credo. E’ riuscito a far capire ai ragazzi che, per domare l’AlbinoLeffe, non ci volevano inutili arrembaggi e dispersioni di energia. Ci volevano piuttosto scaltrezza, furbizia e la consapevolezza di potercela fare in qualunque momento. Anche al novantesimo. Senza fretta, senza frenesia, senza panico.

Giudico dunque Padova-AlbinoLeffe un’altra partita che se ne va in archivio regalandoci la coscienza di avere davvero un’arma in più in panchina: un allenatore che, oltre ad avere 300 partite da capitano in serie A, sa umanamente arrivare dritto al cuore e alla testa dei suoi giocatori. Non è cosa da poco, anche se per sognare qualcosa di grande è ancora presto ed è meglio continuare a tenere i piedi per terra.   

GLI IMPANTANATI

Mi ricordo che una delle prime volte in cui il "Mattino di Padova" mi mandò a seguire una partita di calcio dilettanti negli anni Novanta (allora ero una collaboratrice in erba che si barcamenava tra la Prima e la Seconda categoria, se mi davano da fare una squadra in Promozione già era tantissima roba!) capitai nel casalingo campo della Victor di Chiesanuova (la mia parrocchia) che aveva (e tutt’ora ha, anche se non viene più usato per partite ufficiali) il terreno di gioco dietro la chiesa. Era caduta tanta di quella pioggia in quei giorni a Padova che il direttore di gara, dopo aver fatto il giro di campo di rito, non fece nemmeno cambiare i giocatori. Disse a tutti che potevano andare a casa perché lì proprio non si poteva giocare. Ricordo ancora la telefonata a Stefano Edel, allora responsabile della redazione sportiva: "A Chiesanuova non si gioca", gli dissi. E lui: "L’articolo che dovevi fare era l’apertura di pagina – mi rispose – e la pagina è ormai disegnata. Per cui mandami comunque 50 righe". Io scrissi allora un pezzo raccontando che per Chiesanuova quello del campo era veramente un problema, perché non essendo mai al sole (la chiesa davanti gli faceva sempre ombra!) non si asciugava e non vi ricresceva l’erba nemmeno dopo tanti giorni che aveva smesso di piovere. Intervistai il presidente e il capitano di allora e mandai le 50 righe.

Risultato: il giorno dopo uscì un bel pezzone con tanto di foto del campo infangato, con un titolo bellissimo che tutt’ora ho stampato in mente: "GLI IMPANTANATI DI CHIESANUOVA". Venne insomma dato al mio "pezzo denuncia" un bel risalto.

A distanza di quasi vent’anni da allora, mi vien da sorridere. Perché al giorno d’oggi bisogna che scenda Bin Laden in un campo di calcio per far sì che una partita non si giochi. E questo principalmente a causa dell’universo mondo delle pay tv. Quindi chi se ne frega se la palla è una scheggia impazzita che impedisce a chiunque di governarla: bisogna giocare e si gioca, anche con le pozzanghere che arrivano a metà polpaccio.

MI rendo conto che la mia è, ora come ora, una polemica fuori tempo massimo: ormai quello dei campi al limite della praticabilità è un problema che nemmeno più i tifosi sentono come tale. Però la premessa l’ho fatta per sottolineare con ancora più veemenza che, a campo asciutto, Triestina-Padova sarebbe finita con un tanto a poco. Anzi: con un poco a tanto. In condizioni meteorologiche e di campo normali, i biancoscudati, ne sono convinta, si sarebbero imposti e anche nettamente. E il piccolo Faraone, Stephan El Shaarawy, non sarebbe incappato nella brutta giornata in cui invece si è imbattuto. 

E’ andata così e pazienza, ma proprio per i motivi di cui sopra considero il punto preso a Trieste un buon punto. Portato a casa da una squadra che comunque non ha mai mollato, che ha preso due pali e fino all’ultimo secondo ha provato a vincere. 

Certo, proprio perché di campi come era oggi quello di Trieste a causa della pioggia è piena l’Italia (ce ne sono alcuni che sono così addirittura senza che sia scesa nemmeno una goccia di pioggia!) bisognerà trovare delle alternative alla palla a terra e il compito di Calori dovrà proprio essere quello di rendere i suoi giocatori "duttili" anche sotto questo profilo. Ma sono fiduciosa: sia perché, ribadisco, credo molto nelle capacità di Calori, sia perché sta per rientrare un certo Vincenzo Italiano dall’infortunio, sì quello che i lanci lunghi li mette al millimetro sul piede o sulla testa dei suoi attaccanti…