IMPARARE DAI PROPRI ERRORI

 

Navigando qua e là in internet e girando fisicamente per la città noto con piacere che è davvero difficile per tutti i tifosi del Padova smettere di brindare e festeggiare alla raggiunta salvezza. Come dar loro torto? Hanno (abbiamo) sofferto tantissimo dal 21 agosto 2009 fino al gol di Bonaventura a Trieste dello scorso 12 giugno. Sono stati dieci mesi tiratissimi, in cui solo per poco più di dieci partite ci siamo illusi che le cose potessero andare in modo addirittura trionfale. Per il resto è stata una continua tribolazione, chiusa per fortuna con l’orgoglioso colpo di coda di un gruppo che si è deciso a tirare fuori il meglio di sè e a tirarsi così fuori dal baratro in cui si era precipitato con le sue stesse mani.   

Ottenuta la certezza che anche nella stagione 2010-2011 il Padova giocherà in serie B, bisogna però ora avere la forza di riprendere in mano il film della stagione, infilarlo nel lettore dvd, sedersi comodamente in poltrona e rivederlo. Passo per passo. Frame dopo frame. Per capire dove si è sbagliato e come si deve fare per non sbagliare più.

Questo gesto lo deve fare in primis il presidente Marcello Cestaro, prima di tutto per sè stesso. Il secondo anno di B garantisce contributi più elevati rispetto al primo, quindi un piccolo paracadute c’è, ma, tanto per fare un esempio, per ripianare i debiti del campionato appena concluso, il patron biancoscudato dovrà tirare fuori qualcosa come 5 milioni di euro. Più quelli che poi dovrà spendere per costruire la nuova squadra. Non sono bruscolini. Ecco perchè stavolta deve calibrare con maggiore oculatezza le sue scelte. Ha dimostrato grande generosità e grande passione per questa città: è giusto che tutto questo non gli torni più indietro come il più doloroso dei boomerang.

I primi nodi da sciogliere riguardano direttore generale, direttore sportivo e allenatore. Poi, una volta fissati questi cardini, si farà la squadra. Sono sicura che Cestaro allargherà i cordoni della borsa anche questa volta, perchè vuole essere protagonista, come in tutte le cose che fa. Non è capace di pensare "al ribasso" perchè questa non è la sua filosofia nemmeno "in bottega". Basta appunto che lo sforzo economico sia in direzione di scelte meno istintive e più ragionate. 

SENZA VOCE MA CON IL CUORE PIENO DI GIOIA

Tornata poco fa da Trieste.

 
Ci speravo ma non credevo avremmo stravinto in questo modo.
 
Questa vittoria non cancella mesi e mesi di sofferenza e non gioco, ma almeno ci consegna una squadra di uomini veri. Che, trascinata da un pubblico eccezionale che ha dimostrato tutto l’anno e non solo nelle ultime partite di meritare la B, ha saputo darsi gli stimoli che aveva perso.
 
Ci sarà tempo e modo di riflettere su tutto quello che non è andato.
 
Ora, prima di buttarmi a letto (ma già so che non dormirò), voglio dire solo grazie a Padova e al Padova per le emozioni che ha fatto vivere ai suoi sostenitori stasera. Siamo tutti senza voce, ma con il cuore pieno di gioia, condita anche con un pizzico di orgoglio.
 
Sì perché come ha detto Fabio Caressa la sera in cui l’Italia ha conquistato la Coppa del Mondo nel 2006 ("Alza la coppa capitano, alzala, perchè stasera è più bello essere italiani") STASERA E’ PIU’ BELLO ESSERE PADOVANI.
 
Buonanotte a tutti, meritiamo la B!
 
 

BI-SSIAMO

 

 

12 pullman, centinaia di bandiere e t-shirt biancoscudate, oltre 2.000 cuori che a partire dalle 20,45 batteranno tutti all’unisono, fortissimo, per l’unica squadra che amano alla follia. Questo il contenuto che i tifosi del Padova metteranno nello zaino prima di partire per Trieste, per l’ultimo viaggio, quello che deciderà se gli uomini di Carlo Sabatini meritano la salvezza oppure devono tornare nell’inferno dal quale solo un anno fa solo riusciti a risalire, con tanta fatica. Stavolta prove d’appello non ce ne sono più. O domani sera il Padova si mette in testa di ritirare fuori lo stesso patrimonio umano e caratteriale che l’anno scorso lo ha fatto approdare in serie B oppure sarà di nuovo Prima divisione, una categoria che per 11 anni ha fatto soffrire una città intera, costretta, per rivivere momenti di gloria, ad affidarsi ai libri e ai filmati che raccontano le gesta del passato. I tifosi hanno fatto di tutto in questi mesi per scongiurare l’incubo retrocessione: hanno stretto forte la squadra al loro petto, sostenendola, incitandola, consolandola, aiutandola, abbracciandola anche quando sarebbe venuto assai più spontaneo denigrarla, criticarla e voltarle le spalle perché non ci stava mettendo tutto l’impegno che doveva. Perché deludeva, ma non tanto dal punto di vista del gioco, quanto sotto il profilo della mentalità. Il pubblico, proprio per lo straordinario attaccamento dimostrato ai colori biancoscudati, il suo campionato lo ha già vinto. Ora tocca alla squadra fare altrettanto, facendo vedere che, quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Che non potranno essere né Arrigoni né la Triestina né nessun altro a fermare la sua immensa voglia di vincere, per cancellare in novanta minuti sei mesi di buio e scelleratezza. 

Ci siamo. Salvezza sia per il Biancoscudo. Perchè Padova, la serie B, la merita. Eccome se la merita. 

 

LA PARTITA PIU’ DIFFICILE

La partita più difficile dell’anno il Padova l’ha già giocata.

Era quella di stasera. Perchè era più che prevedibile che, aldilà delle dichiarazioni di facciata della settimana, Daniele Arrigoni l’avrebbe preparata esattamente come la sua Triestina l’ha interpretata: fase difensiva disperata, occupazione di tutti gli spazi, blocco costante delle fonti di gioco dei biancoscudati, vedi Italiano, vedi Rabito. Perchè appunto alla Triestina, per salvarsi, bastano due pareggi, anche due 0-0 scialbi e senza gioco. Basta portarli a casa.

 

Al ritorno sabato prossimo non cambierà niente nell’atteggiamento degli alabardati, che, esattamente come stasera, cercheranno di addormentare la gara, fingendo crampi e infortuni di gravità inaudita nel momento in cui ci sarà la necessità di segare sul nascere ogni tentativo di accelerazione dei biancoscudati.

Sarà nella testa dei padovani che invece dovrà scattare (e sono sicura scatterà) la molla dell’ultima spiaggia: perchè se stasera si è giocato con la prospettiva di avere altri 90 minuti davanti, i 90 minuti di sabato prossimo saranno gli ultimi. Il Padova dovrà dunque togliere ogni freno a mano fisico e psicologico e lanciarsi al galoppo. Ed è qui che sta la forza di questa squadra, come Ravenna e Busto Arsizio (rispettivamente semifinale e finale playoff dello scorso anno) insegnano: questo gruppo dà il massimo quando è costretto a farlo, quando non ha altre possibilità. Ecco perchè sono fiduciosa che si creeranno al "Nereo Rocco" i presupposti migliori per come è fatta la squadra di Sabatini, quelli dell’acqua alla gola. Quegli stessi che hanno portato, dopo un 1-1 e uno 0-0 in casa, a due splendide vittorie per 2-1 appunto a Ravenna e in casa della Pro Patria.

 

 

Se poi Bonaventura giocherà dal primo minuto al posto di un Rabito tanto in forma durante  gli allenamenti della settimana quanto inconcludente stasera e si recupererà Renzetti le cose non potranno che migliorare anche dal punto di vista tattico oltre che mentale.

E allora avanti con la sofferenza: lo so è stata infinita e terribile quest’anno, ma sta per finire.

Novanta minuti ancora. E vale la pena di credere che finisca in gloria. 

 

 

LA RESA DEI CONTI PARTE TERZA

Ero straconvinta che il Mantova non avrebbe vinto ad Ancona. E che quindi il Padova, in qualunque modo fosse andata all’Euganeo contro il Brescia, sarebbe approdato ai playout.

Proprio per questo temevo tantissimo la partita di oggi: avevo il terrore che Possanzini e Caracciolo potessero rifilarci una sonora imbarcata e dentro di me dicevo: "Vabbe’, siamo già praticamente sicuri ai playout: ma con che spirito li affronteremo se ci arriveremo reduci da una sconfitta che ci avrà di nuovo messo davanti a tutti i nostri limiti?".

Il Padova sul campo migliore risposta ai miei dubbi e alle mie (e non solo mie) ansie non poteva dare. Mi è sembrato di tornare indietro di sei mesi, a quando si vinceva e si convinceva e occupavamo una posizione in classifica molto più vicina a quella in cui ha chiuso il campionato il Brescia. E difatti sul campo le differenze non si sono viste: i biancoscudati hanno messo un supplemento di cuore e rabbia che invece al Brescia è mancato, ma anche dal punto di vista del gioco i 24 punti di differenza in classifica non si sono visti. 

Italiano il regista perfetto, Renzetti l’ispiratore, Cuffa e Di Nardo il cuore e la generosità oltre l’ostacolo, Soncin e Bovo due lottatori. Difesa finalmente solida e registrata, Sabatini che legge perfettamente la partita e schiera una formazione compatta, stretta tra i reparti ma allo stesso tempo pungente e intraprendente.

Ora basta solo una cosa: continuare a lottare. Con questo spirito si può battere la Triestina. E tenersi stretta una categoria che la città, vista l’ennesima straordinaria risposta di pubblico di oggi, si merita assolutamente.

 

 

 

LA RESA DEI CONTI, PARTE SECONDA

Sei punti in due partite. Il Padova ha rispettato pedissequamente la tabella di marcia che si era prefissato all’indomani della sconfitta in casa del Cesena battendo l’Ascoli all’Euganeo ed espugnando oggi pomeriggio il campo dell’AlbinoLeffe.

Non sto qui a dilungarmi sui "se" e i "ma" che devono verificarsi domenica prossima nell’ultima giornata di campionato affinchè il Padova agguanti i playout e si giochi così quest’ulteriore possibilità di salvarsi. Per ogni dettaglio vi rimando all’articolo in homepage scritto da Marco Campanale con tutti i possibili incroci e l’elenco delle partite da cui il nostro destino principalmente dipende (ovvero principalmente Ancona-Mantova, Frosinone-Triestina e Salernitana-Vicenza).

In questa sede mi preme piuttosto sottolineare, a farlo con un evidenziatore particolarmente luminoso, che fino a questo momento il Padova ha portato a termine la parte "facile" della sua rincorsa alla salvezza. Ascoli e AlbinoLeffe non hanno giocato alla morte, perchè già abbondantemente appagate dall’obiettivo raggiunto. Non ci è voluto il 110 per cento del Padova per avere la meglio.

Domenica prossima contro il Brescia che vuole i 3 punti per andare in A e il 4 e il 12 giugno (le date dei playout) sarà tutt’altra musica. Sarà partita vera. All’ultimo sangue. E’ qui che il Padova deve dimostrare di poter fare il salto di qualità. Di aver superato le proprie profonde difficoltà. 

Contro il Brescia potrebbe anche arrivare una sconfitta se il Mantova non vince ad Ancona, ma sarebbe deleterio per la squadra affrontare le due partite che valgono l’intera stagione con una sconfitta sul groppone e l’immagine davanti agli occhi dell’ennesimo avversario che festeggia una promozione allo stadio Euganeo.

Perciò il Padova questa settimana davvero deve darci dentro. Non ci sono più prove d’appello. Da qui alla fine ogni passo può essere quello che va nella direzione giusta oppure porta inesorabilmente e irrimediabilmente in quella sbagliata.

Non sarà facile ma qualche buon motivo per sperare, in mezzo al buio, c’è e risponde ai nomi di Vincenzo Italiano, tornato ad essere il faro e la guida del centrocampo (oltre ad un infallibile "bomber"), Francesco Renzetti, il cui rientro dall’infortunio in questo delicato momento è a dir poco provvidenziale, e, udite udite, Andrea Soncin. Sì, il Cobra di queste ultime settimane ha tanta voglia di mordere e questo potrà fare la differenza. 

Poi ci sono i soliti, quelli che non hanno mai mollato, vedi Cuffa, anche oggi a segno dopo essere partito dalla panchina, e "pendolino" Bonaventura. 

Non è ancora il caso di disperare, no? 

TRE PUNTI D’ORO, MA CON ALBINOLEFFE E BRESCIA SARA’ PIU’ DURA

Penso si sia visto e, ancor di più, avvertito che stasera, durante la diretta di "Tuttocalcio", non ero la solita Martina pronta a saltare in piedi sul tavolo ai gol del Padova e a far tremare all’impazzata le mie corde vocali. Chiedo scusa se non sono riuscita ad essere frizzante come al solito, ma era davvero tanta in me la paura di non farcela.

Sì, avevo tanta paura: perchè se fosse andata male, sarebbe finito tutto. Addio serie B dopo un solo anno. Bentornata Prima divisione, magari nel girone che è toccato quest’anno al Verona, con un sacco di squadre del sud, che vogliono dire campi caldissimi e difficoltà a non finire anche se hai uno squadrone. Questa paura mi ha fatto da freno a mano tirato, impedendomi di lasciarmi andare come al solito nel racconto della partita almeno fino al 2-0 di Vantaggiato.

Sì, il Padova è tornato a vincere e, nel cuore, ho avvertito di nuovo quel calore inconfondibile, quella gioia che da tempo non provavo. Gioia aumentata nel momento in cui ho visto segnare il 3-0 a Vincenzo Italiano, perchè mi ha fatto tornare indietro di qualche mese, ai tempi in cui nessuno poteva nemmeno lontanamente immaginarsi, di fronte ad una squadra che vinceva e convinceva, un epilogo così difficoltoso. Il pubblico poi è stato fantastico permettendo al Padova di tornare al successo in una cornice che definire splendida è dire poco, tante erano le bandierine, le magliette e le sciarpe che hanno colorato il freddo impianto di viale Nereo Rocco.

E però calma e gesso. Perchè l’Ascoli visto all’Euganeo è stato davvero poca cosa. Una squadra pienamente appagata da una salvezza messa in saccoccia già da tempo che al Padova non ha creato assolutamente grosse difficoltà. I tre punti conquistati stasera sono dunque d’oro perchè permettono a Faisca e compagni di riprendere la strada che porta almeno ai playout per evitare la retrocessione e perchè ricaricano di morale una squadra che non vinceva da due mesi appunto (e, aggiungo, anche il morale di un allenatore che non faceva i tre punti addirittura dai primi di dicembre!). 

Ma non si illudano lor signori che a Bergamo l’AlbinoLeffe di Emiliano Mondonico sarà così tranquillo e privo di intenzioni bellicose. Men che meno lo sarà il Brescia all’ultima giornata se non è già matematicamente in serie A e al Padova servono assolutamente tutti e 6 i punti che ancora restano a disposizione.

Dunque tragga da questa vittoria tutte le motivazioni che deve e affronti le prossime due partite con più intensità e consapevolezza che sono davvero le ultime spiagge se non si vuole tornare all’Inferno. Altrimenti sarà stato tutto inutile.    

 

 

LA RESA DEI CONTI

Siamo alla resa dei conti. 

Il Padova è con un piede e mezzo in Lega Pro e con l’ennesima figura da squadra debosciata scritta a caratteri cubitali sull’orrendo film di questo campionato.

La retrocessione è la triste realtà cui i biancoscudati si stanno inesorabilmente avviando. Certo, la matematica non ci condanna, Ascoli e AlbinoLeffe potrebbero anche non romperci più di tanto le scatole perchè sono tranquille e il Brescia, all’ultima giornata di campionato, potrebbe anche non essere costretto a giocare alla morte per andare dritto in serie A. Potremmo anche fare 7 punti e arrivare ai playout, dove potrebbe perfino andarci di lusso perchè magari di fronte ci ritroviamo una realtà più sfigata o sfiduciata della nostra. Ma parliamoci chiaro: cosa ha fatto il Padova in quest’ultimo periodo per cercare di salvarsi? Risposta: niente di niente. E allora è più che comprensibile smettere di illudersi che le cose possano radicalmente cambiare nel giro di pochi giorni. 

Quanta ragione ha Meluso quando dice che Cestaro, pur essendo persona perbene e di alto valore morale, sa poco di calcio e ha commesso l’imperdonabile errore di attorniarsi di persone che non sono state in grado di consigliarlo nel modo giusto. Cestaro sa poco di calcio, Sottovia era al primo anno da direttore generale, De Franceschi era al primo anno da direttore sportivo, Sabatini era al primo anno da allenatore in serie B. Ci voleva che almeno una di queste figure avesse una grande esperienza e sapesse anche frenare il presidente quando sbaglia, tirandolo per il colletto. Sì perchè il presidente va "contenuto" nelle sue esternazioni più istintive: che Vantaggiato fosse in condizioni precarie si era visto. Ma se il presidente pubblicamente dice che Sabatini non deve più farlo giocare, non fa che delegittimare l’allenatore che, quando entra in spogliatoio, non ha più l’autorità di farsi ascoltare dai suoi ragazzi. Come fa un tecnico a dare direttive alla squadra quando ciascun giocatore sa che la formazione la detta il presidente? 

Di tutto questo la società dovrà rendere conto a fine stagione. E ce ne saranno di cose da dire, perfino troppe. Ora, a tre settimane dall’epilogo, l’unica cosa a cui ci possiamo aggrappare è quella piccolissima microscopica possibilità di salvare l’unica cosa salvabile dopo che tutto il resto si è perso per strada: LA CATEGORIA. Con il suo attuale rendimento la squadra ha ucciso l’entusiasmo che si era riacceso, ma se a fine anno, non so per quale congiunzione astrale, la salvezza dovesse in qualche modo arrivare, almeno ci saranno le basi per ripartire, per tentare di riconquistare prima o poi l’affetto perduto.

Mi auguro quindi che, dopo non una ma bensì due contestazioni subite oggi (la prima al "Manuzzi", la seconda al rientro all’Euganeo con tanto di lancio di uova e assalto al pullman) i giocatori finalmente si decidano a tirare fuori gli attributi e a dare fondo alle residue possibilità di salvezza. In fin dei conti i tifosi chiedono solo di vedere undici leoni in campo, è così difficile accontentarli?   

EPPUR SI MUOVE

L’unica consolazione che rimane è proprio questa. Che la classifica ancora non ci condanna, che la salvezza diretta è ancora lì a portata di mano (due soli punti, ma ci rendiamo conto?), che alla fin fine un punto è meglio che 0 punti e che in giro c’è molto di peggio: quattro giocatori del Mantova hanno messo in mora la società perchè non paga gli stipendi, ad esempio, e questo potrebbe avere presto ripercussioni anche in termini di punti di penalità. Ma anche il Frosinone e la Triestina, usciti dal campo più storditi rispetto al Padova, non se la passano tanto bene.

Le note diciamo così "positive", però, si fermano qui. Si può essere ottimisti all’inverosimile oppure tifosi nel cuore oltre ogni ragione e analisi lucida. Ma di fronte alla partita di oggi neanche le mamme dei giocatori sarebbero in grado di dire bravi ai loro figli. L’assenza di gioco e di personalità è ormai all’ennesima potenza. Nessuno in campo si prende nemmeno la briga di provare a costruire una manovra, di provare a fare il punto di riferimento, di prendersi uno straccio di responsabilità. Si va avanti a passaggini in orizzontale, chiusi puntualmente con un lancio lungo inguardabile. Ma dove possiamo mai arrivare di questo passo?

Mi piange il cuore a dirlo, ma anche Sabatini oggi ci ha capito nulla di questa partita: purtroppo il silenzio stampa ci ha impedito di chiedergli lumi sulle sue scelte e può essere che magari qualche giocatore finito inspiegabilmente in panchina avesse un valido motivo per starci. Però Vantaggiato onestamente, in queste condizioni fisiche e aggiungo anche mentali, è impresentabile. A Cuffa inoltre non può essere preferito Morosini, perlomeno non il Morosini visto all’opera fino ad adesso a Padova. Posso capire solo la scelta di schierare Rabito perchè in casa effettivamente, l’ultima partita col Lecce, ha fatto molto bene. Ma a questo punto meglio Bonaventura tutta la vita: almeno corre, si impegna e prova a saltare l’uomo. Cosa che i suoi compagni sembrano aver totalmente disimparato. 

Guardando la classifica, che appunto si è mossa, la salvezza è paradossalmente ancora possibile. Ma non con questa pochezza. Non con undici giocatori ridotti all’ombra di loro stessi. Piuttosto in campo ci vada chi si mangia l’erba, chi dalla panchina non smette mai di tifare i compagni (Cotroneo), chi magari tecnicamente è meno forte ma almeno ci mette gli attributi.  

SIAMO SICURI CHE CHI S’ACCONTENTA GODE?

Un punto per ciascuno non fa male a nessuno, si diceva una volta.

Be’, non c’è ombra di dubbio che il Vicenza si stia fregando per bene le mani perchè, ai biancorossi di Rolando Maran, il punticino va altro che bene. Ma siamo proprio sicuri che anche per il Padova sia così? Certo, guardando la classifica, la risposta alla domanda è affermativa perchè, grazie alla rullata del Cittadella sul Mantova, i biancoscudati sono tornati in zona playout risollevandosi da quella della retrocessione diretta.

E però chi glielo dice adesso ai tifosi che così va bene dopo che in settimana hanno dovuto in qualche caso perfino prendersi mezza giornata di ferie per andare alla ricerca di un biglietto per un derby che sognavano ricco di spettacolo e pathos agonistico? E che per novanta minuti hanno cantato a squarciagola al Menti vincendo alla grande (loro sì) il duello sugli spalti con i rivali biancorossi?

Cesar, a fine gara, investito oggi dei galloni del capitano, ci ha provato, a domanda diretta della sottoscritta, a rispondere a quelle che erano le legittime aspettative dei tifosi. Ha detto: "Teniamo quanto loro alla salvezza. Sulle maglie ci sono scritti i nostri nomi e, quando va male, siamo i primi a soffrire. Sabato scorso, dopo la bruttissima figura di Empoli, sono tornato a casa da mia moglie e mia figlia che piangevo perchè avevo sbagliato l’anticipo ed ero scivolato lasciando andare via l’attaccante. Ma chiedo a tutti voi di rimanere con noi fino alla fine. Fino a quando la matematica non ci condanna".

Ci possiamo pure provare. Sperando che col Sassuolo secondo in classifica all’Euganeo sabato prossimo venga fuori uno di quegli exploit di cui solo il Padova è capace dopo aver perso punti con le dirette concorrenti alla salvezza.

Ma piange davvero il cuore a vedere che ci si accontenta di un punto a Vicenza. Nel derby dei derby.