Vado a memoria, una memoria stanca e stressata da una brutta giornata.
Nel film “Blade Runner” non lo si poteva capire come nel libro di P. Dick (Ma gli Androidi sognano Pecore Elettriche o Il Cacciatore di Androidi) da cui il film è tratto, ma fu una cosa che mi colpì “con disinteresse” la prima volta che lessi il libro, trovandola un po’ enfatica.
Si trattava dell’ossessione di possedere in casa un qualsiasi animale “reale” (ricordo l’episodio di un piccolo ragno) che non fosse cioè una “replica” artificiale, anche se straordinaria e verosimile.
La simbologia è molta e talora complessa, non è il caso ora.
Ma da ieri notte, verso le quattro, ne capisco di più.
Claudio, il mio amatissimo gatto domestico, dopo 6/7 minuti di dignitoso rantolare, che ha avuto su di me l’effetto della carta vetrata sull’anima, se n’è andato nella “zona d’ombra”.
Come accade per ogni possesore d’animali, ed io non mi sottraggo, “il mio era speciale”.
Era stato educato da Nancy e me attraverso i “Giochi”, qualsiasi tipo di gioco lo rendeva eccitato e felice, perfino quelli miei, un tantino “ruvidi” , cui (quasi) giornalmente lo sottoponevo per non farlo diventare troppo un “moma’s cat” (un gatto mammone) a causa delle attenzioni straordinarie che gli riservava mia moglie.
Aveva poco più di due anni, resterà nel mio privato e profondo molto più a lungo di tante cose godibili e godute della mia vita.
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