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Alice mi domanda: “Ma una MAMMA può essere una TROIKA?”

Ovviamente la parola “troika” contiene una lettera inesistente nell’alfabeto della lingue italiana, quello 21su21.
Dissimulo lo stupore, non sorrido, ma le chiedo dove mai ha sentito un “concetto” del genere.
La risposta è stata: “a scuola” (prima media-n.d.g.).
“Alcuni miei compagni hanno detto che la mamma di XY è/fa la troika…”.
Alice (nome di fantasia-n.d.g.) tra poco compirà 12 anni ed è di un’intelligenza acutissima, pari solo alla sua disinvolta naturalezza ed educazione, ma fortunatamente ancora ignara del mondo degli adulti.
Per prendere tempo le chiedo come mai non l’abbia chiesto a sua madre o a suo padre.
“Perchè ho capito che è una brutta parola e temo che si arrabbino, e poi il papà è molto affezionato a te, dice che sai un sacco di cose e hai tanta esperienza, anche coi giovani, sebbene tu non abbia avuto figli…”.
Dentro di me sale un momento di imbarazzo dal momento che uno dei tanti soprannomi che mi sono stati affibbiati, a torto o a ragione non importa, è “Erode”.
Decido di tagliarla corta e le dico:
1) intanto i tuoi compagni sono un po’ sciocchi e stupidini che ripetono come pappagalli cose di cui non conoscono bene il significato, e lo fanno perchè pensano di essere quello che non sono, cioè dei “fichi e adulti”;
2) Sì, la parola non è solo “brutta” ma anche molto offensiva;
3) Che lei, Alice, non è uno stupido pappagallo e quindi NON ESISTE un contesto nel quale ci sia la necessità di ripeterla;
4) Che si doveva FIDARE di suo padre e di sua madre e riferire a loro la cosa, tranquillamente, perchè hanno molta fiducia in lei e le ho garantito che non le succederà proprio nulla di sgradevole, e che era molto meglio che non lo riferisse lei e non io.
E’ evidente che ho preavvertito i suoi genitori che avrebbero probabilmente ricevuto una domanda del genere, suggerendo di aspettare che fosse Alice a porla, e che se non l’avesse fatto, la strada per conquistare la sua fiducia era un po’ più lunga di quanto non si attendessero.
Beninteso che di lì a qualche settimana avrebbero avuto la possibilità di rivelare, serenamente, quanto avevo detto loro.
Quanto sopra, verità cristallina, modificata lievemente nella forma, denota:
a) la nostra, la mia, inadeguatezza a rispondere correttamente a tutte le domande dei bambini;
b) che ho detto delle bugie, non tanto perchè io conosca la madre di XY, ma perchè nella REALTA’ le cose non stanno così, e chi vuol fare od essere un “santo” si accomodi pure.
Le riflessioni che si possono fare sono molteplici, una su tutte:
stiamo perdendo in modo esponenziale il senso e il VERO significato delle parole, delle offese volgari in particolare.
I giustificazionisti ad oltranza diranno che “dipende dal contesto” (?) nel quale certe parole offensive si usano del tipo:
in un comizio pubblico, specie “politico”, esse diventano “ruspanti” (?!), ma guai ad usare le stesse parole in un ambito ristretto, il che mi pare paradossale.
Perfino il Papa “mena” (menerebbe) chi offendesse sua madre, e in un colpo solo, con un “enciclica” non ufficiale, abolisce il Vangelo secondo Matteo (o Luca?), del “porgere l’altra guancia”.
Va anche detto che Gesù (Matteo o Luca), non sapevano che di lì a quattrocento anni, un po’ scopiazzando, un po’ adeguando (?), un certo Maometto avrebbe “messo giù le cose” in maniera assai diversa.
Esiste un limite all’offesa, personale o collettiva?
Mi pare una domanda che dovremmo sempre porci.
Di una sola cosa sono sicuro, che le MADRI sono sempre SANTE, anche quando non lo sanno.
Troike comprese.
Una mia opinione ovviamente.

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