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CANNA, CANNA LISCIA, CANNA RIGATA…

La CANNAbis (indica o sativa) “ammazza” solo perchè è spesso un rito d’iniziazione.
Se non hai i freni (cerebrali) a disco o ventilati, il rischio di passare ad “altro” è elevatissimo.
E quel “altro” è infernale, non occorre essere Dante Alighieri per saperlo senza esserci mai entrato.
Meglio farsi un paio di pantaloni estivi di cannabis (canapa) o una stuoia per stendersi sulla spiaggia.
Oggi (anche ieri in verità) è una sostanza proibita, ne prendo atto con coscienza, pur sapendo che alcune “tesi antiproibizioniste” per combatterne il commercio mafioso non sono peregrine, sono discutibili.
La CANNA LISCIA è, di norma, quella del fucile da caccia.
L’ho amata e lustrata per più di vent’anni ed ho rinunciato a molte partite di calcio per una battuta di caccia.
Vergogna per quella passione “assassina”?
No solo una meditata e consapevole rinuncia.
La CANNA RIGATA torna invece al dis-onore della cronaca nerissima dopo l’ennesima strage “insensata” di innocenti in una scuola degli Stati Uniti.
Il dibattito, le tesi e le antitesi, sulla facilità di procurarsi un’arma, comprese quelle “DA GUERRA” (?!?), in quel paese, sono abbondantemente ritualizzate sui giornali ad ogni strage.
Seguitele su quelli se avete tempo e (doverosa) voglia.
La cosa che però più mi ha stupito (l’orrore non stupisce è orrore e basta) è il fatto che il fucile mitragliatore e le due pistole fossero di proprietà della madre che “regolarmente portava i suoi figli ad esercitarsi al poligono di tiro”…
Dopo il divorzio i figli della donna (tra cui il pluri-omicida) apparivano depressi, riportano le testimonianze in cronaca.
Niente di meglio, come terapia, che far scaricare 2/3 caricatori di “Bushmaster” (fucile mitragliatore) e qualcuno per la “Glock” e la “Sig Sauer” (pistole), ogni settimana?
No, non esiste solo una follia “individuale”, ve n’è almeno anche una “di sistema”.
L’Umana “pietas” vada, comunque, anche a quella madre che rimarrà sola con i suoi disperati rimorsi, a totale sommatoria di quelli dei genitori i cui figli sono stati ammazzati in un luogo che, teoricamente, dovrebbe essere il più tranquillo: una scuola, dove la “conoscenza” di se stessi e delle cose del mondo è la più naturale delle aspirazioni.
Che un Dio, uno qualsiasi, ma proprio qualsiasi, possa aiutarli.

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