L’esonero di Mimmo Di Carlo è il canto del cigno della “favola di quartiere”. Virgolette d’obbligo ovviamente, dal momento che di favola non si tratta, come già spiegato dettagliatamente nel topic “Chievo: sottoprodotto del calcio moderno” (http://blog.telenuovo.it/francesco-barana/2012/07/25/chievo-sottoprodotto-del-calcio-moderno/).
I segnali del tramonto sono evidenti. Il Chievo degli ultimi anni ha venduto benissimo (Constant e Acerbi le plusvalenze più importanti) e comprato malissimo. Risorse economiche limitate rispetto al passato, ergo ricavi non reinvestiti perché messi a bilancio? La chiusura di qualche “rubinetto” finanziario? Chissà, quale che sia il motivo, dichiarare ai quattro venti che “è il Chievo più forte di sempre” quando eleggi come leader della squadra ultratrentenni come Luciano, Pellissier e Di Michele – buoni giocatori ma non fuoriclasse nemmeno nell’età più verde – e sconosciuti come Papp, lascia perplessi sull’attuale solidità del club. Senz’altro più debole da quando, scongiurato il pericolo fusione (il sogno di Campedelli, al quale pure il nostro Martinelli stava cedendo per poi redimersi), il Verona è risalito dalla melma della Lega Pro.
E’ chiaro, con un Verona che si riaffaccia ai massimi livelli, il “marchio” Chievo perde facilmente il suo appeal. Un appeal già debole in partenza “anche a causa della poca lungimiranza di Campedelli” – mi confidò qualche mese fa a Tuttocalcio l’ex responsabile commerciale del club. Campedelli, che “finita l’epoca in cui il prodotto si vendeva da solo, proprio per questa storia del miracolo, della favola di quartiere in serie A, e tutto il mondo parlava del Chievo, non ha proposto qualcos’altro per differenziarsi, per far in modo che si continuasse a parlarne”.
Anzi, più che a “differenziarsi”, l’Harry Potter dei pandori ha pensato bene di assimilare. Cosa? Le identità delle due squadre cittadine (la storia dei simboli è nota), subendo tuttavia l’effetto boomerang: il Chievo ora sta sulle scatole anche ai moderati. Geniale, direi.
In parallelo (ma neanche tanto) il cattivo rendimento della squadra, affidata da poche ore al debuttante Corini, allenatore dal curriculum sconosciuto eppure già in serie A (a proposito del Iachini dixit all’ultimo “Vighini show”). Il simpatico Di Carlo intanto saluta la compagnia, ma si consoli, Campedelli non ci ha dormito la notte. Raccontano di un presidente annebbiato da un tormento: forse non era il caso di esonerare se stesso? E freddato da un pentimento: “Verona non può sostenere due squadre ai massimi livelli”, disse qualche anno fa. Vero, ma la domanda è lecita: presidente è ancora convinto che quella in più sia l’Hellas?
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