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IL MONOLITE SETTI-FUSCO-PECCHIA

Se non fosse dannatamente drammatico sarebbe tutto irresistibilmente comico. D’altronde tra commedia e tragedia il confine è spesso labile. I grandi drammaturghi insegnano.

Senti Pecchia in sala stampa e non sai se ridere o piangere. Lui, nel frattempo, filosofeggia: “Si è fatta rimontare anche la Samp, capita”. Mai una disamina tecnica o tattica, una mezza autocritica, un confronto serrato e onesto. Solo slogan, peraltro stanchi e stantii. “Siamo in crescita”. Carisma assente. Personalità debole. La squadra, per la quarta volta rimontata, ne risente.

Eppure il tecnico un alibi ce l’ha, gigantesco e definitivo, e glielo offre ogni giorno Setti, che non lo esonera, ma nemmeno lo mette in discussione. Delle due l’una: o salvarsi è importante ma non fondamentale (se succede meglio, male che vada c’è il paracadute), o l’allenatore è intoccabile perché Setti ritiene la squadra scarsa. Delle due nessuna, perché forse c’è una terza via, meno calcistica e più aziendale: Setti ha bisogno di “mister risparmio” Fusco e Fusco ha bisogno di Pecchia. Per questo, mentre si continua a perdere, nulla si muove. Cortocircuito tecnico, ma Setti ha sempre detto che “prima viene l’azienda Verona”.

Partiamo dall’inizio. Fusco non è solo un ds, ma un manager ad ampio raggio, con compiti anche amministrativi. A Bologna ha tagliato di 12 milioni il monte ingaggi, ceduto giocatori per una cifra simile e speso quasi zero. A Verona Setti, dopo le spese pazze di Gardini-Bigon (il quinquennale milionario a Pazzini, l’esborso record per Viviani), da un anno e mezzo gli chiede la stessa cosa. E Fusco sta eseguendo diligentemente. L’anno scorso, pur con affanno, se l’è cavata anche sul piano tecnico grazie al redivivo Pazzini (lo stesso del quinquennale) e a tre abili operazioni: Bruno Zuculini, Ferrari e soprattutto Bessa. Obiettivi (taglio costi e promozione) raggiunti. 

Quest’anno in A le difficoltà sono cresciute e Fusco, che in ambito amministrativo ha mantenuto la rotta, sul piano tecnico è parso spaesato. Un mercato deficitario: con poco budget, è vero (ma Fusco è a Verona proprio per questo), ma anche con tanta confusione. Dalla querelle Cassano al pasticcio Pazzini, (una tentata cessione che rientrava nel ridimensionamento dei costi), dal tentativo ingenuo per Bony alle priorità sbagliate (Kean). Fusco ha perso tempo, consegnando a Pecchia una squadra incompleta e malassortita.

Già Fusco e Pecchia. Un rapporto indistruttibile. Fusco non esonererà mai Pecchia, che è una sua “pedina”, cioè il perfetto archetipo di allenatore per il suo modo di lavorare. Mi spiego: Fusco è un dirigente “totalizzante”, che vive il campo e la quotidianità, non vuole primedonne attorno e costruisce il “suo” spogliatoio plasmando un gruppo ristretto e fiduciario a sua immagine e somiglianza (“per me la squadra è uno stato d’animo che si costruisce nel tempo su un asse tecnico e caratteriale” e troppi giocatori rischiano “di ubriacare l’allenatore”, dichiarava il 15 giugno 2015 alle pagine bolognesi di Repubblica). La figura minimalista di Pecchia è complementare al potere decisionale di Fusco.

Dunque Setti ha bisogno di Fusco, per risparmiare. Fusco ha bisogno di Pecchia, perché lo impone la sua leadership. Perciò nulla si muoverà da qui alla fine del campionato.

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