E’ tutto così surreale. E pure stancamente virtuale. C’è una distanza siderale tra il mondo che è e quello che ci vengono a raccontare. Pubblicamente si celebrano: tagli del nastro, inaugurazioni, narrazioni retoriche e del tutto vacue, annunci di centri sportivi di proprietà poi abortiti, ora pure dibattiti su stadi londinesi avveniristici. Ci proiettano un futuro che non esiste. Ma la realtà poi si ripresenta, ogni volta puntuale e uguale a se stessa, già da qualche anno. Il Verona non sboccia, anzi regredisce e appassisce lentamente. In campo e in società, con i soliti errori, la consueta presunzione, l’eterno vuoto di passione e carisma, l’annoso deficit di investimenti, esperienza e competenze. La mediocrità è il risultato, in completa assenza di qualsiasi slancio (emotivo, calcistico, progettuale).
Dove stiamo andando? Dove sta andando il Verona? In campo basta un modestissimo Venezia a confermare (dopo Salernitana e Lecce) le fragilità di cui sospettavamo già in sede di mercato e di scelta dell’allenatore. Gioco monocorde, lo spartito è sempre quello, la prevedibilità è un marchio di fabbrica, i cali alla distanza una costante. Ruoli scoperti, caratteristiche specifiche assenti, equivoci di fondo fanno il resto. In società da anni ci ripetono che conta il bilancio, poi però hanno spiegato che i conti erano stati finalmente sistemati, eppure a fronte dei cospicui introiti ancora non si scorge una seria politica di investimenti. Il piccolo cabotaggio non è bastato ovviamente a salvarsi l’anno scorso, sarà sufficiente a risalire in serie A quest’anno? Speriamo, la bruttezza della B può essere un’alleata, ma perché giocare sempre con il fuoco?
Vorrei capire il senso di tutto questo. La prospettiva. Eppure tutto scorre come se niente fosse in città. Chi glielo spiega a quei 1300 che si sono fatti ore ieri sotto acqua, grandine e vento al Penzo? Cosa diciamo loro? Ce ne approfittiamo perché il loro amore incondizionato per il Verona (non per la dirigenza) li porta a cantare nonostante tutto? Perché dopo una settimana di lavoro hanno pure il sacrosanto diritto di godersela, stare insieme, essere comunità gialloblu?
Ma niente paura. Nessun problema. Perduto per sempre il modello Borussia che fieri vagheggiavamo come un grande amore, ora ci rifaremo presto una nuova vita aspettando sognanti lo stadio del Tottenham. E’ il mondo parallelo su cui gravitiamo. Ci salverà dalla realtà?
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