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LA MEDIOCRITÀ DI GROSSO È QUELLA DI SETTI

Mediocre coerenza. Il Verona conferma il copione: squadra senza spina dorsale, costruita male e allenata peggio. In un moto di compassione la settimana scorsa avevo puntato mezza fiche sulla speranza, sebbene ieri su Telenuovo prima della partita avevo ammonito: “Perugia è un po’ pochino per parlare di svolta”.

Passando dalla compassione all’utopia speravo di essere smentito, anche se razionalmente non ho mai visto il bicchiere mezzo pieno perché la squadra è questa. Intendo, se non hai un regista e devi mettere il dannoso Marrone in difesa – credendoti Liedholm e  scambiando l’ex barese per Di Bartolomei – per fargli impostare il gioco, significa che che hai dei limiti strutturali. Se non hai un terzino decente dove vuoi andare? Poi Grosso, al solito, ci mette il carico: Bianchetti, che in B sarebbe un gran difensore centrale capace di fare reparto da solo, viene sacrificato sulla fascia destra; l’inconsistente e indolente Laribi riproposto non si sa come e perché; ma è soprattutto il cambio di Balkovec-Di Gaudio con 4 giocatori spostati di ruolo in un colpo solo la perla del sabato del Bentegodi. Roba da farmi venire istantaneamente la labirintite acuta.

Il Verona non esce dal guscio del suo campionato deludente. E’ una squadra da quarto posto al massimo (ringraziando la scarsezza generale), che in questi mesi non è mai riuscita a frequentare la zona promozione come sarebbe stato suo dovere. Il problema non è nemmeno la classifica (saremmo ancora in corsa, anche se le concorrenti hanno una o due partite in meno), ma l’andamento costante nella sua impalpabile mediocrità.

Una mediocrità che è anche e soprattutto della società che, nella consueta e consumata (ma ormai stanca) arte di parlar d’altro, celebra la sede nuova (sono soddisfazioni!). Setti, che non riesce nemmeno a esonerare il suo allenatore, evidentemente non è più in grado di fare calcio ad alti livelli. Altro che stadio nuovo.

 

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