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IL PARADOSSO DELLA NOSTRA DEBOLEZZA

Il paradosso sta tutto nella buona prova di ieri sera. Il Verona migliore ha giocato alla pari con un Brescia minore. A parità di resa infatti abbiamo prodotto uno sforzo maggiore. A parità numerica di occasioni il migliore in campo risulta il nostro portiere, che ha sfoderato 3-4 parate determinanti. Il Brescia quelle occasioni le ha create con la tecnica. Le nostre possibilità sono state ugualmente pericolose, eppure più affannate, carambolate e meno costruite (fa eccezione il gol di rara bellezza confezionato da Zaccagni-Faraoni).  La discriminante si chiama qualità: noi Tonali, Torregrossa e Donnarumma insieme, per dire, non li abbiamo.

I corazzieri della crassa retorica, presuntuosi e ignari di calcio, per i quali forse bastano i nomi in ordine sparso, l’hanno menata fino a oggi. “Siamo la corazzata” dicevano. Ma quale? Dove? Quanta presupponenza. Quanta incapacità di andare a fondo nell’analisi. Ci si concentrava (giustamente) su Grosso per dimenticare una squadra costruita con i piedi. E’ Di Carmine che ci deve fare la differenza? L’avete visto? O forse il volenteroso ma inconcludente Lee? “Eh ma gli allenatori avversari dicono che siamo i più forti” sento dire . E voi ve la bevete? Si chiama captatio benevolentiae. Cose già viste e sentite.

Ma “se avessimo giocato così con Padova (due volte), Venezia, Cremonese, Crotone, Ascoli (due volte)…” è il refrain di stasera. E grazie! Ma secondo voi è una triste fatalità? La verità è che il Verona non avrebbe mai potuto giocare “così” contro quelle squadre, perché di fronte a difese chiuse non ha mai mostrato la qualità, il dinamismo e la continuità necessarie per aprirle e perforarle. Una volta può essere un caso, cinque, sei, sette volte è un limite. Il Brescia invece si è schierato più aperto e ti ha dato la possibilità di giocare “così”. Come il Pescara, ricordate? Pillon, dopo il 3-1 subito, a sua insaputa scoperchiò il nostro vaso di Pandora: “Stasera ho sbagliato io, abbiamo fatto la partita, alzandoci troppo e prestandoci al contropiede del Verona” disse. Presi dall’euforia del momento, ce la siamo scordata troppo in fretta quella frase.

Il Verona, lo dico da tempo, è squadra da quarto-quinto posto. Per le caratteristiche tecniche del suo insieme. Per l’allenatore che non dà nulla in più e ad aprile non ha ancora trovato la quadra. La (bella) prestazione con il Brescia non fa altro che rafforzare questa realtà.

Ora il treno per la serie A diretta si allontana forse definitivamente. Emozionalmente dispiace, ma calcisticamente è giusto così. Anche vincendo a Palermo (fatto per ovvi motivi tutt’altro che scontato) il rischio è di trovarsi a 5-6 punti dal Lecce dopo il nostro turno di riposo, a cinque giornate dalla fine.

Una cortesia però: non venitemi a dire che abbiamo perso punti per strada. Noi eravamo questi. Noi siamo questi.

 

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