C’è il decadentismo, c’è Nietzsche: “La speranza è il peggiore dei mali, perché prolunga il tormento degli uomini”. Calza a pennello con lo stato d’animo di chi vive quest’anno le vicende sportive del Verona. Volgiamo settimanalmente lo sguardo avanti con vana attesa: di un futuro più salubre, di un domani più fresco, per non sprofondare nel vuoto del presente, nella viziosità dell’oggi. Ci confortiamo a vicenda che il giorno dopo sarà meglio e la prossima partita quella vincente, scioriniamo i nostri migliori auspici, mostriamo le nostre promettenti intenzioni. E’ un atteggiamento umano e comprensibile, eppure la realtà è impietosa e forse, ancor più dopo il pareggio odierno, sarebbe ora di meditare davvero su una classifica che solo a vederla spazza via il nostro illuso vagheggiare. Una classifica, si badi bene, che è solo la spia sul cruscotto. Al netto della gestione Mandorlini (Setti ha onestamente ammesso l’errore di un esonero tardivo), sono stati compiuti sbagli determinanti nella costruzione della squadra (rosa corta e valutazioni errate in ruoli chiave), che alla prova dei fatti si è indebolita senza il fattore Toni e un parco riserve di minor qualità (la stagione scorsa 20 dei 45 punti finali vennero dalla panchina). L’avvento (tardivo) dell’ottimo Delneri, che ha dato una logica e un gioco, oggi paradossalmente avvalora questa tesi.
Setti nella conferenza stampa del 13 gennaio ha promesso che, in caso di retrocessione, l’obiettivo è risalire immediatamente. Nella stessa circostanza ha ammesso anche di non essere arabo e di non avere gli occhi a mandorla. Pochi giorni dopo il portale Calcio e Finanza ha riportato i dati dell’incidenza negativa della retrocessione (19,4 mln), una perdita coperta in parte da un paracadute di 15 mln (se retrocediamo con Carpi e Frosinone). Senza sceicchi e mecenati, dove non possono i soldi però possono le idee, l’intuito e suole delle scarpe resistenti. Credo che in questo quadro il presidente debba riflettere bene, ancor prima che sull’allenatore, su chi gli costruirà la prossima squadra in sede di calciomercato. Servirà raffinato talento e visionaria creatività soprattutto lì. Suggeriva il grande pubblicitario Bill Bernbach: “Le regole sono ciò che gli artisti rompono; ciò che è memorabile non è mai nato da una formula”.
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