Le parole sono importanti e, lo dico sommessamente, non mi sono piaciute quelle di Pecchia del “non sento l’obbligo di vincere”, poi legittimate e condivise dal ds Filippo Fusco, che Pecchia lo ha scelto.
Capisco il basso profilo, ma c’è low profile e low profile. Comprendo il non voler caricare di responsabilità la squadra che verrà, ma in conferenza stampa c’era l’allenatore e non la squadra; e poi Mourinho (ma non solo lui) insegna: caricare gli oneri su di sé aiuta ad alleggerire quelli sui giocatori.
E, soprattutto, l’obbligo di vincere a Verona quest’anno c’è. Pecchia non lo sentirà ma, dopo un’annata balorda, c’è. C’è un obbligo morale: nei confronti di una piazza tanto vittoriosa sugli spalti quanto umiliata in campo. C’è un obbligo economico: senza voler annoiare ancora con la storia del paracadute (che in realtà andrebbe ricordata sempre per ribadire quali sono i doveri), è però un fatto che l’Hellas si presenta ai nastri di partenza con un budget economico stellare rispetto a tutte le concorrenti. C’è un infine un obbligo storico: il Verona in B è (quasi) sempre partito per primeggiare, quando non è accaduto era a causa di contesti molto diversi dall’attuale.
“Ma meglio non mettere pressioni” ci dicono i pompieri, con una frase saccheggiata e che spesso non significa nulla (se non a parare il sedere) e che nell’ultimo anno non ha neppure giovato. Già, perché di minimalismi ne abbiamo avuti abbastanza in questi mesi, tra giustificazioni, alibi, scuse, balbettii mentre la barca affondava e la sciagura era in pieno corso. Ricominciamo con lo stesso errore?
Ho rispetto per Fusco, che sinora ha mostrato educazione, umiltà e onestà intellettuale, e il mio auspicio è che la scelta di Pecchia si riveli azzeccata. Ma le parole sono importanti e sinora quelle più significative non sono state indovinate.
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