Javer Pedro Saviola Fernàndez. Tanti nomi quante le maglie pesanti vestite in carriera. Alzi la mano chi lo aveva pronosticato. Si faccia avanti chi lo avesse anche solo pensato. La verità è che i colpi a sorpresa last minute di Sogliano ormai sono come i regali di Natale. Sai che ogni anno li troverai sotto l’albero, ma non sai cosa ci sarà dentro. Saviola non era mai stato accostato al Verona nella lunga sessione di mercato, idem Bonaventura, sfumato e passato al Milan solo per il rifiuto di Zaccardo di firmare per il Parma in cambio di Biabiany ai rossoneri. Anche le operazioni Iturbe (un anno fa) e Cacia (2012) furono un fulmine a ciel sereno. L’auspicio, ovviamente, è che Saviola possa ripetere le gesta dei suoi due predecessori “just in time”.
Di certo il blitz soglianesco è di quelli pesanti. Come il passato dell’ex enfant prodige di Buenos Aires, che a prima vista sembra più vecchio dei suoi non ancora 33 anni (li compie a dicembre) – quattro in meno di Toni e due di Rafa Marquez. Il fatto è che Saviola ha avuto un avvio di carriera (fin troppo) precoce. Nel ’99, a 17 anni e mezzo era già campione affermato nel River Plate. Due anni dopo, assieme al compagno (e coetaneo) D’Alessandro, erede designato di Maradona. Nel 2001 mister 50 miliardi – la cifra per cui venne ceduto al Barcellona – e campione del mondo under 20, nonché capocannoniere di quel mondiale. Poi tre anni straordinari nel Barca e il coronamento con l’Argentina dell’oro olimpico ad Atene 2004.
Saviola è stato grandissimo sino a lì, “solo” grande per altri due anni (2004-06) fra Monaco e Siviglia, dove vinse la Coppa Uefa con 5 gol in 12 partite. Poi si è “normalizzato”. Si fa per dire ovviamente, perché se fino al 2012 giochi ancora con Barcellona, Real Madrid e Benfica proprio normale non sei. E non sei normale neppure se nelle ultime due stagioni segni venti gol tra Liga e campionato greco e giochi 11 partite realizzando 3 reti in Champions League, dove prima sfiori la semifinale col Malaga (2012-13) e l’anno seguente i quarti con l’Olympiakos (2013-14).
Questo dà l’idea del giocatore che ha ingaggiato il Verona. Un ex fuoriclasse, più di Toni e di Rafa Marquez; ma tutt’ora campione, come Toni e Rafa Marquez. Un campione vero e non una scolorita figurina venuta a svernare come qualcuno ha impudicamente azzardato.
L’incognita semmai è un’altra e, se vogliamo, non di poco conto. E’ possibile inserirlo nel tradizionale quadro tattico mandorliniano? Il 4-5-1 del tecnico ravennate, costruito su un unica punta e due esterni-tornanti, poco si addice alle caratteristiche di seconda punta di Saviola, che pure, al pari di Toni e Marquez, sarà difficile immaginare in panchina. Cambio di modulo in vista?
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