Siamo così abituati a prenderne che pugno più pugno meno non fa differenza. Come Rocky Balboa, la cifra di questo Verona mi pare ormai chiara. E’ scarso, prende pugni, barcolla, cade, poi si rialza. Non importa quanti ne prende. L’importante è che poi si rialza. Magari quando meno te lo aspetti, magari quando pensi che il ko sia vicino.
Non cambia nulla, nemmeno dopo il terribile cinque a zero con l’Atalanta. La classifica è sempre la stessa, lo score dei gol presi è pessimo (56, solo il Benevento ha fatto peggio), ma resta il dato che vincendo a Benevento il Verona avrebbe gli stessi punti della Spal. Ne mancherebbero undici, dodici alla salvezza, quattro vittorie che sono possibili.
Vuol dire che siamo contenti così? Nemmeno un po’. Perdere con l’Atalanta ci sta (eccome, essendo una delle migliori formazioni viste quest’anno al Bentegodi), ma non così. Così fa malissimo, perché la cosa che non si può perdonare mai alla nostra squadra è la resa incondizionata. Quella l’abbiamo vista troppe volte in questa stagione ed è il fattore primo del disamore che poi si tramuta in onda contraria e in atmosfera negativa.
Il Verona è incapace di dare continuità ai risultati. E’ una squadra che ad una mediocrità tecnica unisce una fragilità emotiva che incredibilmente poi si tramuta in imprese quando tutto sembra giocare contro.
Con la faccia tumefatta, incapace forse di reggersi in piedi, ma con la solita capacità di non voler gettare la spugna, il 4 aprile alle 17, il Rocky Balboa Verona andrà a Benevento a giocarsi un campionato intero. La gara con l’Inter solo un intermezzo per non perdere il gusto e l’abitudine di prendere pugni in faccia.
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