GUBBIO CONTRO IL NULLA

 Altro che aggancio. Altro che illusioni. Oggi al Bentegodi ho visto una squadra vera contro il nulla. Il Verona ha semplicemente sbagliato tutto. Le scelte tattiche e di formazione, l’approccio, l’atteggiamento. Persino irritante e indisponente. Un disastro. Incapace di giocare sui nervi, incapace di farsi trascinare da un Bentegodi a tratti commovente (e non è facile retorica). Si è capito perchè il Gubbio è primo e il Verona lotterà per salvarsi.

Mandorlini ha sbagliato clamorosamente per la prima volta da quando è qui e non tanto e non solo per la scelta di Ferrari. Non ha capito o non è riuscito a trasmettere rabbia alla sua squadra, non c’erano idee in campo, solo giocatori che passeggiavano e che francamente ormai hanno stancato.

C’è da chiedersi adesso come riuscire a dare un senso ad una stagione che è sfuggita. Se è giusto insistere su questi giocatori o non sia meglio cercare qualche giovane all’interno della rosa che almeno porti la sua freschezza. Sono dispiaciuto per il presidente Martinelli tornato allo stadio per godersi il "suo" Verona. Non voglio nemmeno pensare a quello che è adesso il suo stato d’animo.

Certo è che bisogna risolvere alcuni rebus: Halfredsson serve davvero in queste condizioni? Cosa ci fa Pichlmann all’ala destra? Può una difesa schierata prendere gol come successo sull’1-0? Perchè Mancini è rimasto in panchina? Perchè esporre Ferrari ancora una volta ai fischi del Bentegodi (e complimenti comunque per il gol)? 

L’UNICO GUBBIO DA TRE PUNTI

 Mercato archiviato. Inutile star qui a dire adesso se è stato un buon mercato o no. Solo il tempo lo dirà. L’anno scorso prendemmo Di Gennaro che segnò solo due reti e costò come un palazzo. Vedo che qualcuno spaccia come colpo di mercato Rey Volpato e Musetti. Mentre a Cremona staranno stappando lo champagne per averlo ceduto. E’ il bello del calcio. O il brutto. Dipende da come lo dipingi. 

M’interessa solo che chi va in campo con la maglia dell’Hellas sputi sangue. Questo e nient’altro.

E siccome domenica c’è il Gubbio, vorrei che questa venisse veramente vista come la "partita della vita". Arriva la capolista e il Verona ha l’occasione di rientrare e stavolta non la deve sprecare.

Mandorlini ha dimostrato di essere un buon allenatore, ma anche lui deve dare ancora qualcosa in più. Sappiamo che il suo "valore aggiunto" sarà importantissimo.

 Ora l’attacco del Verona può schierare questi giocatori: Pichlmann, Le Noci, Berrettoni, Tiboni e Napoli. Sicuri che ci sia di meglio nel girone A di Prima Divisione Lega Pro?

MATTO COME NOI

 Mentre scrivo non so ancora se Tiboni verrà a Verona. Francamente spero di sì. Negli ultimi anni il “Tibo” è quello che ha acceso di più il mio entusiasmo. E’ un puledro di razza, uno che quando era alle giovanili dell’Atalanta figurava nell’elenco dei talenti cristallini.

A Verona ha fatto otto reti (partendo spesso dalla panchina) ed è il capocannoniere gialloblù degli ultimi anni. Mi fece impazzire quando tirò il rigore col cucchiaio. Una lucida follia che appartiene solo a chi sa di avere qualità superiori. In questi anni mi sono sentito spesso con lui.

Beh, vi dico la verità: non ho mai sentito uno così tanto attaccato alla maglia del Verona. Così attaccato da rinunciare ad una carriolata di soldi pur di tornare qui. Non so se posso svelare un piccolo retroscena… Ma lo faccio lo stesso, perchè forse spiega chi è Tiboni più di centomila parole.

L’anno scorso l’Atalanta voleva mandarlo in una squadra veneta, una società seria, dove gli attaccanti fanno sempre bene. Tiboni ha rifiutato perchè quella squadra ha poco pubblico e lui, amante della Curva Sud come pochi, non riesce a giocare se lassù non vede tifosi “accesi” come quelli gialloblù. Tutti gli dissero che era matto. Il procuratore, l’Atalanta, i suoi amici. Tibo tirò su le spalle e disse: “Si sono matto come i veronesi”. Esattamente uno di noi.

LA PAREGGITE

 Non si può essere contenti di un pareggio come questo. Ripetiamo: il Verona ha già sprecato tanti punti all’andata e ora, deve fare qualcosa di straordinario se vuole veramente ritornare dentro al discorso play-off. Al Druso è stato buttato via un tempo con somma gioia dei padroni di casa che pensavano ad un Verona all’assalto e hanno fronteggiato invece una squadra che si è limitata per 45′ a fare il compitino.

Mandorlini ha messo in campo la formazione più logica visti gli infortuni. Unico dubbio: ma Torregrossa (vista l’epidemia che ha colpito il reparto d’attacco) non si poteva portare via, anche per avere un’alternativa a Scapini?

Una cosa è certa: con i pareggi non vai ai play-off. E se da una parte ci teniamo stretta la striscia positiva di Mandorlini che non ha mai perso, dall’altra, dopo la sosta è necessario un cambio di marcia. 

E ADESSO…

La cosa incredibile è che il campionato ci sta aspettando. Nonostante i treni persi, i punti buttati, i rigori sbagliati. Le penalizzazioni che hanno ridisegnato la classifica ci dicono due cose.

La prima è che il Verona ha una dirigenza d’oro, da tenersi strettissima, che paga tutti gli stipendi, le tasse, che ottempera, nonostante sacrifici enormi a tutti gli impegni. E credetemi, di questi tempi è cosa rara. Poco importa che altri acquistino se poi non pagano. Le penalizzazioni sono la livella che riporta la competizione alla pari.

La seconda è che non possiamo buttare via questa campionato. Oggi il Verona torna in corsa per i play-off. Play-off che ora si deve meritare. A partire dalla prossima gara contro il Sudtirol.

PRIMA UN GRANDE HELLAS, POI LO STADIO

 Non sono contro il nuovo stadio. Anzi: negli ultimi anni mi sono sempre più convinto che è l’unico modo per restituire veramente il calcio alla gente, togliendolo dagli artigli a spirale delle tivù a pagamento che hanno desertificato gli spalti e alterato le competizioni, facendo vivere realtà da play-station solo per il fatto di sborsare valanghe di denaro garantito.

Per questo mi è piaciuto moltissimo il progetto di Martinelli, così come ero affascinato da quello di Arvedi.

Si dice: è un’utopia. Ma a Verona è anche un’utopia costruire una piccola metropolitana leggera che ci tolga l’inquinamento e lo smog, quindi figurarsi un impianto di questo tipo. Detto questo ed elevandoci, solo per un istante a livello delle più moderne città del mondo, fare uno stadio, anzi una cittadella dello sport, non è un’utopia. E’ solo una bella idea.

Il problema, il più evidente, è che è assurdo oggi pensare ad uno stadio per l’Hellas quando alla domenica ci si scontra contro (con tutto il rispetto) il Pergocrema, Il Sudtirol, il Bassano. La vera utopia è solo questa. Quindi, è evidente, che chiunque voglia confrontarsi con questa "utopia" dovrà giocoforza prima di tutto pensare ad un Verona in serie A, ad un Verona che torni a combattere con le grandi, insomma ad un Verona pienamente competitivo.

E dovrà farlo senza "scorciatoie" (per essere chiari, l’idea di squadra unica che è tornata ad "aleggiare" in certi ambienti) e senza personaggi scomodi o indesiderati alla guida (devo fare i nomi o avete capito?).

Per tutti questi motivi, dopo questo avvio del progetto che avviene in una fase delicata e drammatica della vita di Giovanni Martinelli, spero che la prossima volta in cui parleremo di stadio sarà dopo la promozione in serie A.

LA SCELTA PIU’ LOGICA

 Credo che in questo momento ci sia bisogno in casa del Verona di un po’ di logica e di buon senso. Non mi sembra di dire una bestemmia se affermo che questa squadra non è adeguata a fare il 4-3-3. Mancano esterni in grado di saltare l’uomo, ed è evidente che nonostante le correzioni e gli aggiustamenti tattici Pichlmann non può giocare al fianco di una punta centrale (non voglio dire largo a destra, perchè non sarebbe corretto).

E’ anche vero che i moduli, spesso, lasciano il tempo che trovano e che in realtà Pichlmann parte solo da destra per tagliare verso l’area e quindi in posizione più centrale. Ma, per esempio, domenica Mandorlini per lasciare invariato il modulo, ha fatto giocare in avanti Ferrari, in evidente stato di disagio anche mentale, quando aveva magari una soluzione più logica a portata di mano. 

Il commentatore tecnico di Telenuovo e di Tuttocalcio, l’apprezzato Gigi Purgato, mi ha appena chiamato riferendomi che Mandorlini nella seduta di oggi (a cui Purgato ha presenziato personalmente) ha giocato con tre centrocampisti (Russo, Esposito e Hallfredsson) , con un rifinitore (Mancini) dietro alle due punte (appunto Pichlmann e Le Noci). Mi sembra questa la scelta migliore visto il materiale a disposizione, forse quella che doveva essere praticata anche a Como domenica scorsa.

A volte, il calcio sa essere molto più semplice di come lo si vuole vedere.

LA PARTITA DEL PRESIDENTE

 Ci sono dei momenti nella vita in cui ti rendi conto che il calcio, la tua passione, le arrabbiature, sono in realtà delle quisquilie a cui probabilmente diamo un eccessivo ed enfatico valore.

Oggi è un giorno di questi.

Oggi infatti Giovanni Martinelli subirà un delicatissimo intervento chirurgico. Il presidente del Verona ha parlato qualche settimana fa del suo stato di salute e questo  ci induce a superare una doverosa barriera sulla privacy che avevamo eretto nei mesi scorsi.

Ieri tra l’altro anche il sito del Verona ha voluto essere vicino al presidente gialloblù.

Ma c’è un aspetto fantastico dello sport e del calcio in particolare. La capacità aggregante, quella che ti fa sentire "fratello" il tuo vicino di posto allo stadio, quello che ci unisce al di là delle opinioni diverse e delle giuste rivendicazioni sulla propria passione.

Per questo non ci sono dubbi che Martinelli oggi non sarà solo in questa importante partita. Al suo fianco, come sempre, avrà tutto il popolo gialloblù.

L’ULTIMO TRENO

 Credo che il Verona abbia visto sfilare a Como l’ultimo treno per dare un senso a questa stagione. Sarò pessimista, ma l’impressione è questa. Quando sprechi un rigore, quando nonostante una gara brutta vai in vantaggio, quando non sei in grado di gestire questo vantaggio, vuol dire che sei incapace di "girare" la stagione. Il Verona il suo "bonus" lo ha già sprecato nel girone d’andata. Adesso non doveva sbagliare più niente. E invece ha sbagliato ancora, incapace persino di cogliere quei segnali che la buonasorte gli ha dispensato a piene mani in queste ultime gare.

C’è da chiedersi allora, perchè il Verona non sia diventato una vera squadra. Analizziamo punto per punto gli alibi (perchè ragazzi di alibi si tratta…) che di volta in volta vengono usati per sottrarre questi giocatori alle loro responsabilità.

1) ALIBI NUMERO 1: E’ COLPA DI GIANNINI. Sicuri? Magari può essere vero, però Giannini nelle interviste non ha mai accusato la squadra e ha sempre detto: "E’ colpa mia". Non ha mai risparmiato nulla d’altro canto ai giocatori nel chiuso dello spogliatoio tanto che quando se n’è andato abbiamo sentito dire che i suoi modi alla "romana" non sono stati capiti da qualcuno del gruppo particolarmente sensibile. S’è detto che ha fatto tanta confusione, anche tattica. In realtà forse ha solo cercato un bandolo della matassa, quando ha capito che il materiale a disposizione non era granchè, soprattutto dal punto di vista della personalità. Con Mandorlini qualcosa è migliorato dal punto di vista dell’impegno, ma la squadra non è decollata. Anzi, dopo sette gare a Como è di nuovo planata nella mediocrità.

2) ALIBI NUMERO 2: E’ COLPA DELLA SOCIETA’. Se ci riferiamo alle scelte può essere vero. La società è responsabile di aver scelto Giannini, questi giocatori e poi Mandorlini. Ma se la guardiamo dal punto di vista strettamente professionale (rapporto società-giocatori), il Verona è una società modello. Stipendi pagati regolarmente, squadra messa sempre nelle migliori condizioni organizzative per allenarsi al meglio. Altre squadre (vedi Bologna) si sono cementate in mezzo a disastrose condizioni societarie. Al Verona, dove non esiste nessun problema economico, sembra che questa condizione sia diventata quasi un handicap. Assurdo in tempi in cui metà della società non sa se finirà il campionato e dove ci sono giocatori che non prendono gli stipendi da mesi.

3) ALIBI NUMERO 3: E’ COLPA DELL’ASSENZA DEL PRESIDENTE. Martinelli non sta bene (in bocca al lupo presidente) e per forza di cose non può essere presente con assiduità nelle scelte societarie. Quindi si imputa a questa forzata assenza i risultati scarsi. In realtà questo dovrebbe essere, in una squadra appena dignitosa, un collante eccezionale. Quale miglior molla, quale miglior stimolo, di giocare per il presidente, per ripagare la sua passione, per compensare i suoi sforzi? Anche questo dunque è un alibi che non regge.

Questo per dire, che spesso, troppo spesso, un po’ tutti ci dimentichiamo che ad andare in campo sono i giocatori, non gli amministratori delegati, i direttori sportivi, gli allenatori. E che tante volte, troppo spesso i giocatori vengono "salvaguardati", come se la colpa non fosse mai loro. Scrivo questo, nella speranza che questa squadra si guardi finalmente allo specchio, capendo che la dignità è un requisito minimo per ogni professionista. Qualsiasi lavoro faccia. A maggior ragione se fa il calciatore e rappresenta l’Hellas Verona.