Anche il più ottimista tra gli ottimisti deve alzare bandiera bianca al cospetto di questo Verona. Il pareggio di Como ha il sapore odioso della sconfitta, ed è l’ennesima occasione buttata nel cesso. La verità è che questa squadra è senza spina dorsale, incapace di gestire un risultato, incapace persino di battere un calcio di rigore. Una squadra senza personalità, costruita male, con giocatori che vagano per il campo senza arte nè parte. Siamo stufi. Stanchi. Esasperati. Non ne possiamo più di una formazione che non sa gestire una vittoria, dove il pallone scotta sotto i piedi, dove non c’è nemmeno l’amor proprio, dove si tira a campare in attesa di chissà cosa e chissà chi. Stanchi di vedere uscite sbagliate al novantesimo, stufi di calci di rigore, fuori, parati, alti. Non se ne può davvero più. E’ ovvio e banale che in questa squadra urgono subito, adesso, rinforzi che siano rinforzi veri, uomini con le palle e non donnicciole che non sanno giocare a calcio. Per favore, lo chiediamo senza mezze misure: pietà.
IL PUBBLICO FISCHIANTE
Non ho mai sopportato i "fischianti". Mi danno fastidio. Amo il Verona perchè i suoi tifosi non si sono mai "adeguati" al resto d’Italia, dove lo "spettatore", come se fosse al cinema o al circo, fischia lo "spettacolo". A Verona si sostiene, non si fischia. Questo ci ha differenziato e continuerà a differenziarci, spero. Anche se, sempre più spesso, sento discorsi del tipo: "La pazienza è finita, bisogna capire chi fischia". No, io non capisco. Credo che sia una "mutazione" negativa del nostro essere dell’Hellas Verona. A Verona sono passati giocatori che nulla avevano a che spartire con noi e con la nostra storia. Ma con grande coerenza, soprattutto durante i novanta minuti, non abbiamo mai fischiato nessuno. Nè Paolo Rossi che era il simbolo del Real Vicenza, nè Alessandro Renica che aveva le stimmate del Napoli di Maradona attaccate addosso.
L’orgoglio più grande di questi ultimi anni è aver applaudito dopo la tremenda retrocessione in C1. Credo che quella sera non abbiamo applaudito Ventura, nè la squadra retrocessa, ma abbiamo applaudito il nostro stesso essere dell’Hellas Verona. Una dimostrazione di sportività mai sufficientemente messa in risalto dai cantastorie nazionali, più propensi a contare quante volte un deficiente fa uh uh, che non a elogiare, uno stadio e una città che scendono di categoria in quel modo.
Ecco perchè spero di non sentire più nessun fischio, durante la partita, a nessun giocatore del Verona. Il fischio ferisce, fa male, non crea nessuna atmosfera giusta, più in generale non migliora la prestazione di un giocatore ma semmai la peggiora. A fine gara, naturalmente, è un’altra cosa: ognuno farà le sue considerazioni sull’impegno messo in campo dai nostri e sulla prestazione. Ma, per favore: non diventiamo uno dei tanti "pubblici fischianti" d’Italia.
MANDORLINI, LO SGUARDO CHE “UCCIDE”
Mi piace scrutare l’animo della gente. E’ una specie di deformazione professionale. Mi piace guardare anche il sopraciglio che si alza dopo una domanda. Sfumature che mi danno l’idea di chi ho davanti. Pastorello poteva essere invitato al tavolo del poker. Avrebbe bluffato anche con una coppia in mano, facendo credere di avere quattro assi. Lo guardavo quando faceva le conferenze stampa. Sicuramente preparate e mandate a memoria il giorno prima e la notte, davanti allo specchio del bagno. Un attore consumato.
Arvedi era un libro aperto. Faceva casino, sempre. Un vulcano. A suo modo, anche lui un consumato attore, ma alla Totò e alla Peppino, capace di improvvisare quando andava in scena.
Malesani era un veronese vero. Una vena di follia ne percorreva sempre le interviste. Un cavallo di razza, che non amava le banalità, anche quando cercava di darsi un contegno.
Ficcadenti è un "vincente" nato. Uno che le sconfitte proprio non le tollera. Massimo vive malissimo quando perde. Tanto da mettersi il mondo contro. Ma è un ragazzo onesto, a suo modo "puro" e per certi versi un "idealista". Dio solo sa quanto gli sia dispiaciuto lasciare Verona senza aver avuto la possibilità di tornare in serie A.
Giannini mi piaceva. Umanamente il "Principe" lo catalogo tra le persone "vere" che ho conosciuto nel mondo del calcio. Fin troppo. Purtroppo a volte l’ipocrisia paga di più. Giannini non era ruffiano. Ha accettato il dialogo con tutti, a mio avviso anche troppo. Credo si sia inimicato lo spogliatoio e soprattutto quelli che dovevano essere i "suoi" uomini. Ma lo ha fatto a fin di bene, proprio per dimostrare che non c’erano figli e figliastri.
Mandorlini ha lo sguardo "tagliente" come la lama del rasoio. Non le manda a dire. Ha attaccato i rumeni per averlo cacciato. Non gli è piaciuto il paragone che abbiamo fatto con il Verona di Remondina. "Ci rivediamo tra due anni e poi potete fare il paragone" ha sibilato. Nelle interviste è insofferente verso chi lo provoca con il modulo tattico. Ha personalità da vendere e mi pare che sia un vincente. Ora il Verona pare avere una spina dorsale. Non solo tattica ma anche morale. In cuor suo, sono certo, medita una clamorosa rimonta. Non lo dice, ma la rabbia che si percepisce dietro le sue dichiarazioni mi pare una sfumatura da non sottovalutare. Se riesce a far decollare il feeling con la piazza, può essere l’allenatore che il Verona cerca da anni.
ALLA FIERA DEL WEST…
E’ il momento del mercato di gennaio: un momento delicato, da sempre. Ci sono stati degli anni, in cui a gennaio, si giocava il tutto per tutto. Cannella prese 8 da Ventura e da molti aedi che ne tessevano le lodi, tranne poi a fine campionato, dire che Ventura aveva allenato la stessa squadra di Ficcadenti. Venne Ferrante, un gol all’attivo fino a quel momento e molti tifosi erano convinti che quello bastasse per salvarsi. Acqua passata, non macina più. Anche se ogni tanto ricordarsi da dove si viene e perchè si è qui oggi non fa male.
Oggi c’è un Verona da ritoccare, non da stravolgere. Guardavo a qualche numero dei giocatori che Gibellini ha mandato via e che qualcuno avrebbe voluto qui per ritentare la scalata alla B. Rantier: gol 2. Pensalfini minuti giocati 462, 10 presenze, 0 gol. Ciotola, reti segnate 1, minuti giocati 826. A Taranto, si dice, farebbero un bel pacchetto con il fiocco pur di rispedirli al mittente. Solo Pugliese, in serie B, a Varese, sta facendo la sua strada e risulta tra i più presenti della squadra di Sannino. Ma di lui abbiamo detto e scritto. Aggiungerei Di Gennaro (quattro reti a Lanciano) e Colombo (15 presenze, una rete a La Spezia). Se questa è la rivoluzione che ha stravolto il Verona, beh, allora meglio dire e ripetere che forse è stata una rivoluzione incompleta.
In realtà Gibellini ha fatto affidamento sugli uomini della scorsa stagione che parevano migliori degli altri. Ed infatti ha tenuto Rafael, Cangi, Campagna, Ceccarelli, Esposito, Russo, Berrettoni. Ha aggiunto Le Noci, Hallfredsson e Pichlmann, non tre "mona". Paghera, Martina Rini e Torregrossa sono i tre giovani sui cui ha puntato. Alzi la mano che pensa che abbia sbagliato. L’attacco del Verona (Pichlmann-Le Noci) sulla carta è forte di 28 reti a stagione (10 di Piki, 18 di Beppe). E fino ad oggi, i due hanno segnato dieci reti, pur in questa disgraziata prima parte di stagione. Dico questo perchè prima di buttare tutto a mare è meglio fare un serio pensierino.
Forse è stato sbagliato il tecnico. Giannini dava l’idea di essere l’uomo giusto nel posto sbagliato o viceversa.
Al Verona serve soprattutto un po’ di carattere, perchè ciò ha fatto difetto alla squadra. Molto ha fatto in questo senso l’arrivo di Mandorlini. L’allenatore ha dato quelle certezze che prima sembrava mancassero. Anche in assenza di risultati, il Verona si è aggrappato al galleggiante del gioco per venire fuori dalla delicata situazione. E’ chiaro a tutti che se si sbloccherà anche la testa, il girone di ritorno potrà portare a delle sorprese. Senza rivoluzioni, solo con un paio di acquisti azzeccati.
PERCHE’ IL VERONA PIACE “DEBOLE”
Ho sempre detto, scritto e pensato che un Verona forte, un Verona vincente, un Verona autorevole non piaccia a molti. Un Verona forte può diventare un pericoloso “competitor” sul piano degli sponsor ma può persino dettare l’agenda politica.
Ho avuto spesso la sensazione ahimè poi suffragata dai fatti, che qualcuno abbia spesso “tagliato” l’erba sotto i piedi del Verona. Da una parte ci si “ciba” dell’Hellas, succhiando consensi. Dall’altra c’è un gioco continuo al massacro. Quasi a voler indebolire la società, quasi che destabilizzandola, la si rendesse più plasmabile.
Parlo in senso generale e non faccio accuse specifiche. Mi riferisco anche al continuo “stillicidio” di notizie “esclusive” sulla proprietà. Un giorno sì e un giorno no esce una notizia su possibili cordate, su fantasiose ipotesi, su Pastorello che pare essere presente in ogni trattativa, addirittura investito di un possibile ruolo di consigliere delegato.
Archiviata in fretta e furia la poco credibile pratica Parentela (peraltro alimentata da un’inopportuna presentazione da parte del presidente…), è partita immediatamente la nuova entusiasmante telenovela: Pastorello 2, la vendetta. Il tutto è sempre suffragato da mille “potrebbe”, “sarebbe”, il condizionale quasi un obbligo, visto che alla fine non vi è nessuna notizia vera e accertata.
Eppure fiumi di parole, d’inchiostro, chilometri di titoli vengono stesi per ipotizzare un futuro che in realtà resta ancora nelle mani del presidente Martinelli. Ed allora mi chiedo, e non senza malizia: a chi giova questo gioco al massacro? Perchè continua a fare paura un Verona forte? Qual è la necessità di destabilizzare in questo modo la società? C’entra per caso la presentazione del nuovo stadio alla Marangona e l’appoggio che il sindaco Tosi ha già dato a Martinelli?
Il ds Prisciantelli, qualche settimana fa, ha raccontato a Tuttocalcio, come vanno le cose altrove. A Bergamo per esempio. Parlando della cessione dell’Atalanta ha spiegato: “E’ avvenuto tutto in quindici giorni. I commercialisti e gli avvocati si sono ritirati a Bergamo alta e hanno fatto il cambio di consegne. Nessuno sapeva niente. Nemmeno noi. Percassi si è presentato una mattina in sede, ci ha detto che non rientravamo più nei suoi piani e ci ha liquidato”. Tutto qui. Senza fiumi di inchiostro. E senza raccontare un mucchio di frottole alla gente.
PROVIAMOCI
Ci costa qualcosa? No. Provoca effetti spiacevoli? Nemmeno. Ha controindicazioni? Assolutamente no. Ed allora perchè non si può seriamente pensare ad una clamorosa rimonta, ad una seconda parte di campionato esaltante, ad un Verona double-face capace di ribaltare le sorti di questa stagione?
Mi direte: caro Vigo, hai la febbre alta e forse hai visto male quello che è successo contro la derelitta Paganese. Esaltarsi per questo 4-0 è assolutamente fuorviante tanto era di basso livello l’avversario.
E’ vero: ho la febbre alta e la tosse non mi dà tregua. Ma il mio discorso vale più per le cinque partite precedenti che per questa larga vittoria. Il trend che Mandorlini ha dato alla squadra è di grande equilibrio. Pur, come spesso sostenuto, senza uomini adeguati al modulo, il tecnico romagnolo ha inculcato concetti chiari e compiti specifici. Solo il gol (prima della Paganese) era il grande assente. Per di più, dopo settimane di lavoro, Mandorlini ha iniziato a variare sul tema. Così il Verona che ha giocato contro i campani era solo virtualmente una squadra legata al 4-3-3. In realtà Le Noci ha giocato dietro le punte, alternandosi intelligentemente con Mancini, diventato a sua volta l’anima del gioco.
A gennaio Mandorlini recupererà uomini preziosi per il suo modo di giocare: Berrettoni sopra tutti. Ma anche Campagna, sebbene il Cangi visto con la Paganese, non credo tema rivali, nonostante le solite amnesie di tanto in tanto. Ma soprattutto toccherà a Gibellini ritoccare in modo intelligente la squadra dopo un’attenta , precisa, valutazione con il tecnico.
Al Verona non manca la classe. Nè i piedi buoni che per la categoria, sono eccellenti. Fa difetto la grinta, la continuità, la personalità. Troppi giocatori risentono della pressione di essere in una grande piazza, poco abituati a critiche e al calore del pubblico. Incapaci di gestire sia i momenti negativi, ma anche quelli positivi. Non credo, comunque, al mercato come panacea di ogni male. A gennaio le squadre si limano, si ritoccano non si rivoluzionano.
La classifica non bisognerà guardarla. Ne adesso, nè tra un mese. E se proprio fosse un’operazione necessaria, beh, allora è sempre meglio dare una sbirciatina dietro. I conti, come insegna il campionato scorso si fanno solo alla fine. Ecco perchè sarebbe veramente stupido abbandonare adesso la competizione e rassegnarsi alla mediocrità.
NO, NON SIAMO A “SCHERZI A PARTE”
Non ho guardato Le Noci tirare. Mi sono buttato sulle scalette esterne del Bentegodi. Ho sentito lo stadio dire "nooooooooo".
Quando sono tornato avrei voluto che comparisse qualcuno dello staff della fortunata trasmissione "Scherzi a parte" che alla fine di atroci scherzi, svela la messinscena srotolando un cartellone. Invece purtroppo è tutto vero.
Come dicevo la settimana scorsa, il Verona è mediocre perchè mediocre è la classifica. Dopo un girone d’andata è giusto tirare dei bilanci e il bilancio è che la squadra andrà fortemente puntellata e corretta a gennaio. Se il Verona ha vinto una sola volta al Bentegodi, un motivo ci deve pur essere.
Soprattutto dal punto di vista caratteriale: mancano giocatori-uomini che sappiano navigare nelle difficoltà e che non si sciolgano davanti ad un rigore da tirare. E poi si deve ripartire da un progetto tattico che in realtà non c’è mai stato o se c’è stato è stato abortito già due volte (prima con Giannini che non è mai riuscito a fare il 3-5-2 e poi con Mandorlini che è tornato al 4-3-3 di Remondina, senza avere gli uomini di Remondina).
IL MIO ELENCO
Guardavo Vieni via con me. E l’idea degli elenchi mi è piaciuta molto. Mi sono chiesto: perchè sono dell’Hellas? E ho buttato giù il mio elenco personale. Mi piacerebbe che anche voi scriveste il vostro… I migliori li leggerò domenica prossima a Tuttocalcio
Sono dell’Hellas perchè…
Perchè sono nato in Corso Porta Nuova e dalla mia cameretta si vedeva il “vecio Bentegodi”
Perchè dal balcone di casa urlavo “è lui, è lui è Gianni Bui” quando il Verona si allenava al “vecio Bentegodi”
Perchè i miei amici erano tutti juventini.
Perchè Bettega segnò con la mano. E Valentino Fioravanti scrisse “furto” sull’Arena.
Perchè una volta venne Zigo a giocare a Parona e io scappai di casa per andare a vederlo.
Perchè Zigo parcheggiava la Porsche sotto casa di una “signora” che lo accoglieva con generosità. E io lo aspettavo anche due ore per vederlo salire sulla Porsche e andare via. Ma non capivo perchè Zigo andasse sempre da quella “signora” che era anche sposata e i suoi figli giocavano con me a calcio
Perchè non trovavo la figurina di Ginulfi e non riuscivo a completare l’album Panini.
Perchè avevo una maglietta a righe gialloblù con l’undici dietro anche se giocavo in porta. Il giallo era giallolimone e il blu quasi nero. Ma era bellissima. E l’undici me l’aveva attaccato con la macchina da cucire Singer la mia nonna.
Perchè ho visto Elkjaer segnare alla Juve senza scarpa.
Perchè quando segna il Verona abbraccio chi ho vicino di poltroncina anche se non so chi è.
Perchè mi danno fastidio quelli che mi danno del razzista.
Perchè ho sempre tifato per gli indiani e mi stanno sulle palle i cow-boy.
Perchè ho pianto a Piacenza.
Perchè non ho mai sopportato quelli che dicono di voler bene al Verona e fanno di tutto per affondarlo.
Perchè ho voluto bene ad Arvedi, anche se era un vecchio matto. Ma adesso sono sicuro: era un grande tifoso.
Perchè quando Russo ha segnato in rovesciata mi sono commosso.
Perchè quando mi dicono che un giornalista non può essere un tifoso mi incazzo.
Perchè la mamma e il tifo per il Verona sono le uniche cosa che non si possono cambiare
Perchè non si può sempre vincere. Ma non si può neanche sempre perdere
UNA SQUADRA MEDIOCRE
Che squadra è il Verona? Una squadra mediocre a vedere il supremo giudice che è la classifica. Quattro punti nelle ultime quattro gare, cinque nelle ultime sei, il quart’ultimo posto in classifica, gli stessi punti del Pergocrema. Il Verona sarebbe stasera ai play-out.
Una squadra che ha vinto la miseria di tre gare in 16 partite giocate, una sola al Bentegodi, che segna 17 gol contro le 28 della capolista Sorrento (appena sei le reti segnate in casa…), che non riesce a tramutare in rete nemmeno uno storico calcio di rigore assegnato oggi dall’arbitro Irrati, è una squadra che è stata evidentemente sopra valutata.
I motivi sono tanti. Ma la verità è che il progetto tattico, se mai è esistito, è stato abortito dopo poche giornate. E che, da Mandorlini in poi, la squadra è stata affidata ad un tecnico che ha dato un po’ di ordine tattico, ma che al contempo non ha dato l’impressione di usare il materiale umano in modo appropriato per applicare le sue idee. Per essere chiari: questa squadra c’entra poco o nulla con il 4-3-3 che Mandorlini ha in mente.
Il risultato, anche se non tutto è da buttare nelle ultime partite, dove la componente sfortuna ha giocato un fattore importante, è che il Verona realisticamente deve dimenticare adesso ogni sogno di gloria. Manca una gara alla fine dell’andata e, miracoli a parte, pensare ad un Verona che sconvolga quanto fatto in questa prima parte del campionato nel girone di ritorno, è quantomeno utopistico. Anzi: per essere ancora più realisti a questo punto è molto meglio iniziare a guardarsi alle spalle. Inutile cullare inutili sogni di rimonte o fantomatici discorsi che ripetutamente ascoltiamo ("Siamo qui per andare in B"). Per andare in B servono giocatori migliori di questi che hanno dimostrato di non meritare la maglia del Verona. O forse abbiamo solo bisogno di veri uomini. Merce rara di questi tempi.
IL BIVIO
La tentazione di mandare tutti al diavolo, lo ammetto, è forte. E capisco, comprendo e giustifico, i fischi di fine partita. Non puoi sbagliare certi gol. Non puoi continuare a sprecare occasioni simili. Siamo veramente stufi. Ma se non vogliamo mandare tutto a carte quarant’otto, se vogliamo dare ancora un senso a questa stagione che un senso non ce l’ha, allora dobbiamo, per forza, aggrapparci a quanto di buono abbiamo comunque visto nelle ultime tre gare di gestione Mandorlini. Teniamoci stretti questi Cangi, Esposito, Mancini e speriamo che là davanti le nostre timide punte vadano a lavarsi i piedi nell’acqua di Lourdes.