ATTENZIONE A NON STUFARE MARTINELLI

 Poche righe, indirizzate al ragionier Macalli. Dopo quello che ha combinato oggi il signor Bietolini, c’è il serio rischio che il signor Martinelli, presidente dell’Hellas Verona, molli tutto, magari stanco di quasi tre anni di torti e prese in giro. Esiste una questione arbitrale che riguarda il Verona, la sua dirigenza e forse l’intera città. Martinelli è uno dei pochi imprenditori della Lega Pro che immette denaro fresco nel sistema. In mezzo a Irpef non pagata, tasse evase, stipendi a "canguro" e liberatorie strappate con le buone o con le cattive ai giocatori, mi pare che meriti di essere un presidente ammirato e tenuto in altissima considerazione. O forse si preferisce aver a che fare con quei dirigenti che lasciano le squadre in braghe di tela a fine stagione, fallite, piene di debiti e senza futuro?

Ps: detto questo, il Verona non meritava di perdere a La Spezia.

Ps2: pensavo di aver visto tutto. Invece Le Noci mi ha smentito. Ora tocca a lui l’oscar della mia personale cineteca degli errori/orrori. Con il suo gol il Verona avrebbe vinto. Nonostante Bietolini.

L’INIZIO DEL TUNNEL

 E’ iniziato tutto là. Ma forse era giusto che andasse così. Il Verona di Peppe Cannella e di Piero Arvedi crollò, dopo una disperata rincorsa. Il Verona, che prima di allora era stato solo una volta in serie C, conosceva l’onta della retrocessione. Quel Verona, è bene dirlo, era figlio di Giambattista Pastorello che lo aveva abbandonato a se stesso e sull’orlo del fallimento. Arvedi si affidò a Cannella, che era l’uomo di don Pasquale Casillo. 

A La Spezia, il sogno si infranse sull’occasione sciupata di Cutolo. Al Bentegodi non si riuscì a segnare. Il Verona retrocesse tra gli applausi di un’intera città. Una lezione di civiltà sportiva che viene frettolosamente dimenticata da chi riesce a strumentalizzare anche un coro di un paio di deficienti.

Da quattro anni l’Hellas Verona e i suoi tifosi sono dentro un incubo. L’incubo che nel frattempo ha cambiato nome ed è diventata la Lega Pro è una palude che ti tira giù e dove il blasone diventa un macigno e non una forza propulsiva. 

Il Verona domenica torna sul luogo del delitto. Giannini e i suoi ragazzi con quella storia non c’entrano nulla. Ma è giusto che la conoscano e sappiano che quella contro lo Spezia non è una gara normale per noi. 

UNA SERA CON LA MAGLIA DEL VERONA ADDOSSO…

 Ma se a qualsiasi di noi, uno a caso che scrive in questo blog, magari fuori forma, con i suoi venti… (diciamo trenta, forse) chili in più, dicessero: "Stasera giochi con la maglia dell’Hellas Verona al Bentegodi", come si comporterebbe? Come minimo, ma proprio minimo, rischierebbe l’infarto per cercare di onorare quell’impegno.

E allora, perchè questi "signori nessuno" che hanno avuto la fortuna di giocare ieri sera al Bentegodi e con la maglia dell’Hellas Verona, hanno invece danzato sulle punte come ballerine della Scala? Quali risposte in termini di rosa e di scelte alternative può aver avuto mister Giannini da una serata così? Parlare di motivazioni è ridicolo: il bravissimo Brighenti della Sambo correva come Speedy Gonzales, mentre Vergini e Malomo (due nomi a caso) gli arrancavano dietro, capaci solo di prendergli la targa. Hanno forse giocato nell’Inter o nel Milan Vergini e Malomo? Non era la serata in cui potevano far capire a Giannini di essere due valide alternative? Che motivazioni in più aveva Brighenti rispetto a loro?

Non è una partita di Coppa Italia Lega Pro che fa primavera (o inverno, visto com’è finita…), ci mancherebbe. Ma se a rimetterci è lo spirito generale della squadra, proprio nella settimana in cui si vedeva un raggio di sole, beh, insomma… sarebbe da prendere a calci nel sedere un bel po’ di gente.

E speriamo che questo serva a un bel bagno di umiltà in vista di La Spezia.

Remare, gente, remare che ancora non s’è fatto nulla…

E’ IL VERONA DEI NORDICI

 Non vi sembri una provocazione: è solo una constatazione. Il Verona, questo Verona-caterpillar è soprattutto  l’Hellas di Halfredsson e di Pichlmann. Un Verona cioè che ha nei due giocatori nordici la sua anima e il suo carattere. E noi sappiamo bene, cosa ci possono dare giocatori di questo tipo…

Disciplinati, ordinati, grandi professionisti sono uno stimolo per lo spogliatoio e un esempio per i compagni. Halfredsson con la sua impressionante forza, Pichlmann con la sua rigorosa disciplina tattica e le sue doti, hanno pian pianino mutato la fisionomia della squadra. Fino a incarnarne lo stesso spirito. E’ stata una metamorfosi lenta. Perchè i due non sono tipi da sbraitare nello spogliatoio. Ma solo due che lavorano a testa bassa e diventano leader a fatti e non a parole.

Ora tutto gira di conseguenza. Mister Giannini esce vincitore dopo le scelte forti di sette giorni fa a Ravenna, e persino Esposito, in tribuna domenica scorsa,  sfodera la sua miglior prestazione da quando è in gialloblù. Un circolo virtuoso? Diciamo che è la strada giusta è stata presa. E il Bentegodi di oggi è roba da brividi alti mezzo metro. Sembra incredibile che solo un mese fa stavamo raccontando la panzana della troppa pressione…

TUTTI INSIEME

 Dice Giannini: "Sogno una grande partita contro l’Alessandria, una partita in cui pubblico e squadra diventino una cosa sola".

Il campionato del Verona è al primo bivio stagionale. Domenica contro i "grigi" di Sarri si vedrà se questa squadra è destinata ad un campionato anonimo o se può coltivare qualche ambizione. Il test è difficile. L’Alessandria è una squadra in forma, gioca su ritmi alti, non concede tregua, segna con facilità. D’altro canto, non ha un difesa irresistibile e domenica, in vantaggio per 2-0 con il Sorrento non è riuscita a chiudere la partita.

L’occasione per il Verona è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Tutti aspettano solo un segnale, una scintilla per scatenare un tifo incontenibile. Ma, e qui ha ancora ragione Giannini, tocca alla squadra accendere questa scintilla. Aspettiamo un segnale. Per tornare a gioire tutti insieme. Come una volta, tanto tempo fa…

QUANDO UNA FOTO DIVENTA UN MACIGNO MEDIATICO

 Internet con il suo effetto "virale" sta facendo girare una foto con due giocatori del Verona ripresi con una bottiglia di vino in mano (aperta? vuota?) e due sigarette spente in bocca. Una foto innocua, che appartiene comunque alla sfera privata dei due giocatori. Ma che nel momento in cui è stata pubblicata su Facebook, è diventata automaticamente di dominio pubblico. Giusto parlarne? Boh, francamente a me potrebbe anche non fregare nulla. Se non fosse che proprio in questi giorni si parla di gruppo, di spogliatoio, di impegno, di squadra che sta con Giannini e di giocatori che remano a favore e altri che non lo fanno. I due ragazzotti domenica non hanno giocato. Uno è andato in tribuna, l’altro in panchina. E qui la faccenda si fa un pochino più seria. Perchè significa che il loro allenatore non li ha ritenuti idonei a scendere in campo. Ed è a questo punto che la foto "innocua" diventa un macigno mediatico. Giannini domenica scorsa si è giocato la panchina. Se perdeva era esonerato. Pensate che rabbia deve avere adesso il mister guardando quella foto. E la società? Siciliano è venuto a Tuttocalcio prendendosi tutte le responsabilità per il Verona ultimo in classifica. Ha difeso strenuamente la sua squadra, compresi i due "boys". Ci ha messo la faccia. Si prende gli insulti dei tifosi e le critiche della stampa. Cosa avrà detto vedendo quei due ragazzi così agghindati? Gibellini è venuto a Verona per giocarsi la grande chance della sua carriera. Anche lui non si è mai tirato indietro, quando s’è trattato di accollarsi responsabilità e critiche. Anche a lui devono essere girate parecchio gli zebedei. E i tifosi? Quelli che partono alle tre di notte per vedere il Verona giocare a Pagani, che non sono pagati, che usano i giorni di ferie per seguire la squadra, che ci rimettono soldi e tempo, che si fanno venire il fegato amaro? Credo che solo per rispetto non si debba vedere un giocatore con in mano una bottiglia su Facebook. Detto questo: non mi sono mai piaciuti i moralismi. I moralisti, di solito, sono persone che non stanno bene. Hanno problemi enormi da risolvere. E molto spesso sono loro i primi "peccatori". Confinerei quindi questa foto nell’ambito delle cazzate innocue. Invito i due "fenomeni" a diventare più furbi e a correre di più in campo. Io li giudico lì. Così come sono impazzito da ragazzino per Zigoni che distruggeva le auto e per Elkjaer che andava di "Coca Cola". Il resto, francamente è affare loro. 

LA VITTORIA DI GIANNINI

 Se perdeva era "fired" bruciato, licenziato, esonerato. Ma prima di andare a fondo Giuseppe Giannini ha voluto mandare un messaggio a tutti: se perdo e me ne devo andare, lo farò con onore e con coerenza.. E ha fatto delle scelte di conseguenza. Scelte di personalità. Ceccarelli in panchina, Esposito in tribuna, dentro i ragazzini Campagna, Martina Rini, Paghera: niente male per uno che si giocava la panchina e una fetta di carriera. Ha avuto ragione lui. E ora il "Principe" è un allenatore più forte al cospetto dello spogliatoio. Il gruppo a cui ha affidato il suo destino ha remato compatto dalla sua parte. La scelta di "giocarsela" con personalità ha pagato. In quanti avrebbero avuto le palle di farlo? Ora è facile parlare. Ma Giannini ha dimostrato a Ravenna, per la prima volta in questa stagione, il suo spessore da allenatore. Credo che questo, con onestà, gli vada riconosciuto, così come non gli sono state risparmiate le critiche nelle settimane passate. Sia ben chiaro: è solo un segnale. Tanta, tantissima strada va fatta e percorsa. Ma credo che Giannini abbia finalmente trovato quel bandolo della matassa che sembrava continuamente sfuggirgli. Lo ha fatto senza timori e ora può tessere la sua tela. Partendo dallo spogliatoio, prima ancora che dalle questioni tecnico-tattiche. Laddove forse andava ricercato il male oscuro di questo Verona. Uno spogliatoio dove da oggi si può tornare a guardarsi in faccia con durezza ma anche con sincerità. Perchè qui c’è bisogno di tutti. Di Paghera e di Martina Rini. Ma anche di Ceccarelli e di Esposito.

BASTA CON LA STORIA DELLA RIVOLUZIONE

 E’ un vecchio postulato di chi lavora nel campo dei media. Basta dire tre volte una cosa falsa e questa cosa, come per magia, diventa vera. I politici lo sanno benissimo. S’inventano una formula facile per il popolo, la ripetono tre volte e quella è la verità. Adesso qualcuno la sta adottando anche per il Verona. Vediamo il postulato (falso ma destinato a diventare vero perchè ripetutamente enunciato): la società ha sbagliato a fare una rivoluzione, si doveva continuare sulla strada intrapresa da Bonato, semmai con qualche piccolo ritocco. E su questo si costruisce la tesi che gli attuali dirigenti siano una mandria di incapaci. Dimenticandosi (probabilmente in malafede) che a non andare in serie B, sciupando un vantaggio abissale e facendo ridere l’intera Italia calcistica, è stata un’altra gestione. Ma veniamo al postulato (falso) della rivoluzione.

Ora vi dimostrerò la malafede di chi lo dice.

Tra i pali c’è sempre Rafael che è stato confermato. Rafael, fino a prova contraria c’era anche lo scorso anno: e rimane tra i più contestati. Forse, se c’è da fare un appunto, alla società è di averlo confermato. Alzi la mano che la pensa in modo contrario.

A destra l’anno scorso giocava Cangi. E anche lui c’è ancora. E anche lui è tra i più contestati quest’anno. Andiamo avanti: in mezzo alla difesa c’era Ceccarelli. Che c’è ancora, nonostante una partenza al rallentatore. Il secondo centrale: c’erano Anselmi (anche qui alzi la mano chi lo rimpiange…) e Comazzi. In questo caso il discorso è delicato: si poteva confermare, è vero. Ma lo poteva fare anche Bonato l’anno scorso. E non lo fece. La società quest’anno ha pensato di spendere i soldi per l’ingaggio di Comazzi in maniera diversa. Aggiungeteci che Comazzi allo Spezia non sta giocando, o gioca poco. Per sostituirli sono arrivati Maietta e Abbate. Sulla carta due giocatori che, come minimo, valgono quelli che sono partiti.

Arriviamo a sinistra: qui il discorso si fa delicato. C’era Pugliese, è arrivato Scaglia. Si poteva tenere probabilmente Gepy, che era chiuso e che comunque, nel finale della scorsa stagione, pur mettendoci tutto l’impegno possibile è stato tra i peggiori. La scelta della società è stata diversa, vedremo alla fine chi avrà avuto ragione.

Andiamo avanti: a destra si è confermato Campagna che tutti ritenevano uno dei migliori giovani in circolazione. C’è anche Russo, finito, guarda caso anche lui nel mirino della critica. Fin qui nessuna traccia di rivoluzione.

In mezzo c’è sempre Esposito: in realtà sono in molti a pensare che andava ceduto. La società ha fatto il diavolo a quattro per tenerlo. Ha sbagliato? Magari sì, però di sicuro non ha fatto rivoluzioni. Come seconda linea se n’è andato Burato ed è arrivato Paghera. Nel cambio ci abbiamo perso o guadagnato? Proseguiamo: interno era Pensalfini. Ragazzo bravissimo, ma il suo rendimento… Al suo posto sono arrivati Halfredsson e Mancini. Con tutto il rispetto: l’islandese mi pare di un altro pianeta. Mancini sta deludendo, ma le sue prestazioni non mi sembrano peggiori di quelle di Pensalfini. E arriviamo all’attacco: l’anno scorso c’erano Selva, Farias, Di Gennaro, Ciotola, Rantier e Colombo. La società ha ceduto Colombo, Rantier, Ciotola e Di Gennaro. Chi doveva tenere? Forse Rantier, dico io: che però è stato angustiato da un infortunio pazzesco come la pubalgia. Magari c’era il rischio che potesse vivere lo stesso calvario anche quest’anno. Credo che la società abbia pensato a questo. Gli altri mi pare che non abbiano lasciato grandi tracce. Se poi siamo qui a rimpiangere Farias, beh, insomma… con tutto il rispetto, mi pare c

MISTER GIANNINI, PURTROPPO GLI ALIBI SONO FINITI

 Un passo avanti e due indietro. Questo è il cammino del Verona, squadra ancora alla ricerca di un’identità, molle e triste nel primo tempo, almeno un po’ volenterosa nel secondo. No, signori, mi dispiace, ma non ci siamo. Avevo intravisto qualche aspetto positivo a Reggio Emilia, confidavo in un’altro passo in avanti e nella definitiva esplosione di questa squadra, invece ho assistito ad un penoso primo tempo, uno dei peggiori degli ultimi anni. Colpisce l’involuzione di alcuni uomini, che solo qualche settimana fa sembravano devastanti. Il gioco scorre lezioso, un tran tran che fa venire il latte alle ginocchia. E poi c’è questa sensazione di pochezza caratteriale che è l’aspetto decisivo nel giudizio. Cosa salvare? Qualche spunto di Le Noci, il colpo di testa di Pichlmann, un minimo di freschezza atletica portata da Martina Rini. Ma è nulla in confronto alla delusione. C’è poco da fare. A questo punto, esaurita abbondantemente la scorta della pazienza bisogna affrontare i punti chiave: Giannini non riesce ad incidere e non c’è seguito alle sue buone intenzioni enunciate durante la settimana. Non so se il mister sia stato troppo ambizioso, se la squadra gli sia sfuggita di mano, se non riesca più a trovare il bandolo della matassa. Però così non si può andare avanti. Se Giannini arriverà alla gara con il Ravenna (e pare di sì secondo quanto ci ha detto la società), dovrà far parlare i fatti. Che poi sono i punti. Ovvero le vittorie. 

UN PO’ DI SERENO ALL’ORIZZONTE

 La delusione resta cocente. L’ultimo posto in classifica uno schiaffo in faccia. Eppure, qualche motivo per essere ottimisti, dopo il pareggio con la Reggiana, esiste. Vediamo allora quali sono i punti che rendono questo grigio lunedì un po’ più sereno.

1) FINE DEGLI EQUIVOCI. La squadra è stata disposta in campo con un senso logico. Ogni uomo all’interno del 3-5-2 aveva un suo ruolo e un suo significato. Le linee, di conseguenza sono rimaste molto più unite. la squadra non si è sfilacciata. La compattezza ha permesso alla difesa di svolgere un lavoro egregio (Cecca finalmente ai livelli che conosciamo…) limitando quello che era uno dei migliori attacchi della Lega Pro. Anche le scalature, a destra (Campagna) e a sinistra (Scaglia) hanno funzionato molto meglio. Per la prima volta in questa stagione possiamo parlare di vera e propria "fase difensiva" e non di estemporanea difesa.

2) PRESSING QUESTO SCONOSCIUTO. Il Verona di Giannini non conosceva, fino ad ieri, questo basilare concetto del calcio. Quando non hai il pallone devi andartelo a riprendere se vuoi fare tu la partita. La squadra era compassata proprio perchè "assisteva" immobile alle ripartenze degli avversari. Ieri invece, grazie ad Halfredsson (Indiavolato) e Russo (bentornato) il Verona ha finalmente "alitato" sul collo e sulle caviglie degli avversari. A questi due aggiungetevi pure Paghera, che ha addirittura fatto meglio in questa fase che in quella di costruzione del gioco. Il risultato è che il Verona ha fatto sempre la gara, non ha concesso tregua agli avversari, ha tenuto alto il ritmo. Si può migliorare, ma la strada è quella giusta,

3) CAPACI DI ASPETTARE. La dote che si deve avere in questa categoria è anche quella dell’attesa. Basta pensare alla partita che fece il Portogruaro al Bentegodi nell’ultima giornata della scorsa stagione. Si aspetta, ci si difende con ordine, e poi si assesta il kappaò decisivo. Ecco, il Verona ieri ha dimostrato più maturità anche da questo punto di vista. Ha aspettato, non ha avuto frenesia e ha cercato di colpire. Se Ceccarelli avesse avuto buona mira e Ferrari riflessi migliori, la gara sarebbe stata vinta. E oggi i giudizi di tutti, spesso ahinoi condizionati dai risultati, sarebbero stati molto diversi.

L’errore che si può commettere adesso è di pensare che tutto sia risolto. In realtà la linea di annegamento resta stabile e a Reggio è stato solo tracciato un percorso che dovrebbe portare a respirare più agevolmente in superficie. La vera settimana decisiva inizierà domani a Sandrà. Servirà ancora più rabbia, attenzione e concentrazione. La vera gara della svolta, c’è poco da fare, è quella di lunedì sera con la Cremonese.