MA VERONA DOV’E’?

 Non conosco e non so chi sia il signor Parentela. Mi dicono sia nato a Catanzaro, che sia un broker, che viva a Bologna. Mi è parso un signore colorito e appassionato di calcio. Pare sia stato presentato a Martinelli da Gigi Busatta. In società non è ancora entrato. Ma entrerà presto ci ha detto e non è escluso che prenderà la maggioranza.

Mi perdoni Parentela se, dopo quello che ho visto in questi anni, affronto la faccenda con un pizzico di scetticismo. Capisco che il mondo è sempre più la nostra città, che parlare ancora di steccati e di "territorialità" sia forse fuori dal tempo.

Non capisco, però, perchè ancora una volta accanto a un imprenditore veronese (continuo a dire: "Teniamocelo stretto") non ci sia stato oggi un imprenditore di Verona e non un broker di Catanzaro. Non me lo spiego. Martinelli è una persona affabile, seria, onesta. Un interlocutore privilegiato per chiunque voglia entrare in questo mondo. Eppure nessuno si è mosso, nessuno lo ha avvicinato. Molti quaquaraquà, nessun uomo di spessore e di concretezza. Verona città, ancora una volta, appare ferma, immobile, incapace di fare sistema attorno alla sua squadra di calcio che solo la retorica e la facile demagogia continua a definire "la prima squadra della città, quella dei veronesi".

La verità, cruda e forse dura da accettare, non è ahinoi questa. E il signor Parentela ce l’ha svelata con sorprendente facilità.

CAPOLINEA

 L’encefalogramma è piatto. Le idee poche ma confuse. Per essere chiari: dopo la gara di oggi Giannini sembra essere arrivato al capolinea. Non credo che tutta la responsabilità sia del tecnico. Molta colpa ricade anche sui giocatori e indubbiamente, sulle scelte societarie. Dodici gare, tredici punti sono un bottino francamente penoso. Giannini però ci ha messo del suo ed essendo lui il “comandante in capo”la responsabilità è evidentemente sua. Purtroppo quanto voluto e soprattutto predicato dal tecnico non diventa pratica. Dividerei in quattro fasi la storia di Giannini a Verona. La prima fase: il precampionato e il mercato. Giannini non ha avuto a disposizione dall’inizio la rosa e gli uomini che aspettava per praticare un certo modulo. Uomini che sono arrivati tardi, modulo che non è mai decollato. Giannini ha cercato di portare avanti lo stesso la sua idea anche a costo di scelte assolutamente cervellotiche (Russo centrale di difesa, per esempio). L’impressione è che abbia sprecato il precampionato e il ritiro alla ricerca del sacro Graal che in realtà non è mai arrivato.

La seconda fase, la fase che definirei dell’equilibrio e delle scelte. Fase che si è aperta a Reggio Emilia. Giannini ha fatto scelte forti nello spogliatoio e dato un equilibrio alla squadra. Dopo il pareggio con gli emiliani è arrivato quello in casa con la Cremonese, ma soprattutto la vittoria con il Ravenna e il successo casalingo con l’Alessandria.

La terza fase, quella della sfiga. Non saremo obiettivi se non parlassimo della sfortuna che ha colpito Giannini e il Verona da La Spezia in poi. Infortuni a catena e tutti nei ruoli chiave. Il gol di Le Noci sbagliato in Liguria in una gara che il Verona non avrebbe meritato di perdere e il pareggio con il Bassano, frutto sì di un secondo tempo inguardabile, ma anche di un colpo, l’unico, da otto in buca al centro di Crocetti.

La quarta fase, la fase della confusione. Nel tentativo anche logico di rivitalizzare una squadra ormai morta, Giannini arriva alla gara con la Salernitana dove compie altre scelte che danno l’idea, però di una confusione generale. Vriz a destra, Ferrari e Pichlmann in attacco, Cangi, Garzon e Selva in panchina un 4-2-4 con l’inutile Le Noci a sinistra. Il Verona si squaglia al cospetto di una modestissima Salernitana. Anche se Giannini dice che lui non si arrenderà, in verità è la sua squadra che ha alzato bandiera bianca. Una squadra che, dopo la gara di oggi, non riesce più a seguire il suo allenatore, o viceversa. E sarà lui a pagare per cercare di salvare una stagione che ora si fa veramente in salita.

UNA SOCIETA’ SERIA

 Gli stessi che sostengono in questi giorni che il Verona ha cambiato troppo, auspicano un’altra rivoluzione: via Giannini, Gibellini, Siciliano e forse anche Martinelli che avrebbe già fatto il suo tempo. Meglio magari un ritorno di Pastorello, che ha lasciato, incredibili a dirsi, molti nostalgici, più di quelli che in realtà hanno il coraggio di dichiararsi. In realtà le notizie di possibili cambi societari non hanno nè capo nè coda. Sempre smentite da Martinelli e Siciliano che pure dovrebbero sapere qualcosa su questo argomento. Eppure il pettegolezzo assurge a notizia, così giusto per destabilizzare ancora un po’ di più l’ambiente. A chi giova? Io un’ideina ce l’ho, ma me la tengo per me. La dirò al momento giusto, sperando di sbagliarmi. Del resto in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori. Ho sentito una sera per radio parlare persino i fratelli Carino, i due righeira dei poveri. Quindi non mi scandalizzo. Vi racconto, invece, quello che ho visto ieri mattina nella sede del Verona, cioè vi racconto fatti e non "menate". Ho visto Martinelli operare laboriosamente in amministrazione. Prima in riunione con Gibellini, poi con l’amministratore Marzola. Un presidente presente, a dispetto delle voci di abbandono. Ho visto lo stesso presidente firmare un pacco alto così di nuove affiliazioni di calci club, alla faccia di chi parla di disaffezione dei tifosi. Ho visto le impiegate dell’Hellas, Elena e Nicoletta, sbrogliare da par loro una decina di casi intricati. Una professionalità senza pari. Questi dipendenti lavorano da anni in mezzo a bufere di ogni tipo, eppure sono sempre lì al loro posto. Ho visto l’allenatore della Berretti Colella al computer che insieme ad un tecnico che ha lavorato anche per il Milan e per Ancelotti,  faceva uno screening dell’ultima gara dei ragazzi gialloblù. Si analizzavano tutte le azioni, si catalogavano, si inserivano i dati nel computer. Un lavoro di grandissima professionalità, che naturalmente viene fatto anche da Giannini per la prima squadra. Insomma ho visto una società fortemente strutturata, organizzata, motivata. Una società seria. Francamente indispettita davanti alle notizie che stava leggendo nella rassegna stampa. Una società, conscia che solo i risultati possono portare alla serenità. Ma allo stesso tempo convinta che solo attraverso questa serietà si possa arrivare ai risultati. Frequento la sede del Verona dal 1986. Posso dirvi che il Verona ha una delle migliori dirigenze che sono passate di qui.

STESSO FILM, SOLITA PARTITA, STESSO CORO…

 Se Le Noci, se Pichlmann, se il Bassano… Se, se, se: il calcio è questo. Segna Le Noci a La Spezia, segna Pichlmann con il Bassano, il Verona avrebbe cinque punti in più e stasera saremmo qui a fare altri discorsi. Ma l’irrazionalità del calcio, fortuna e sfortuna, devono, per forza trovare delle spiegazioni, invece, attinenti e razionali. Anche se, lo dico chiaramente, è dura e difficile. Partiamo da questo dato. Il Verona merita la posizione in classifica. E forse merita anche di aver pareggiato con il Bassano. E la sconfitta di La Spezia. Quindi, ci sarebbe poco da dire. Invece qualcosa si può aggiungere. Giannini ha giocato senza sette giocatori “titolari”, assenze strategiche in ruoli chiave. Nonostante questo il Verona poteva vincere con lo Spezia e poteva vincere oggi con il Bassano. Il pareggio di oggi però ha il sapore di una sconfitta. Mi permettano i ragazzi gialloblù: ma perchè quel secondo tempo? La sensazione, dagli spalti, era che volessero ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Un calcolo sbagliato. Quella di oggi è una gara il cui copione in questi anni si sta ripresentando con terribile puntualità. Non è forse stata uguale a tante partite già viste al Bentegodi? Quella con il Cittadella, quella con il Portogruaro, quella con il Potenza? E’ impressionante ormai la sequenzialità e il ripetersi dello stesso film. C’è una squadra che gioca (la nostra), anche bene per una parte di partita, che però non ha la rabbia agonistica di chiudere il match. E una impassibile (gli altri) che aspetta solo di colpire. Spesso la pugnalata arriva all’ultimo minuto, quando la reazione è impossibile. Come risollevarsi? Non lo so, francamente. Non penso, neanche che un esonero di Giannini possa portare qualcosa di buono oggi come oggi. Temo, lo dico con onestà, che questo pareggio abbia fatto più danni della grandine su un vigneto di Amarone. Per alzare la testa serve gente vera, lottatori e guerrieri. Non la squadra spenta, stanca e demotivata del secondo tempo di oggi. Salerno ci aspetta. Se abbiamo i coglioni, tiriamoli fuori.

NON E’ COLPA DI TAFAZZI SE PENSIAMO SEMPRE MALE

 E’ da un po’ di tempo che credo che a qualche tifoso piaccia darsi delle tremende botte sugli zebedei, come faceva il buon tafazzi qualche anno fa in televisione.

La condizione di eterna “tregenda” in cui versa l’Hellas, pur poggiando su solide basi (spareggi persi, gol incredibili sbagliati, avventurieri e falsari che hanno bazzicato dalle nostre parti) ha trovato però un suo interprete nel tifoso perennemente insoddisfatto. Esempio: cosa veniva imputato l’anno scorso a Remondina? Di non cambiare mai modulo, di giocare sempre con il 4-3-3, di non sapere adattare la squadra quando ci sono le emergenze. Quest’anno c’è Giannini e l’accusa è esattamente l’opposto. Cambia troppo, non ha un modulo preciso, continua a cambiare gli uomini in campo.

Tornando alla scorsa stagione, se vi riguardate un po’ di post intorno a giugno-luglio, i commenti erano di questo tenore: “Via tutta questa masnada di traditori”. “Non ne voglio più vedere uno in campo”. “Mercenari, andatevene”. Giustamente la società ritiene che fare una certa “pulizia” possa essere un bene dopo quello che è capitato. Incredibilmente però, lo scontento di turno ribatte: “Si è cambiato troppo, non serviva una rivoluzione, ma solo dei ritocchi”. Gli stessi, magari sono poi quelli che danno addosso a Cangi-Esposito, cioè l’accoppiata facebook, a Rafael, a Ceccarelli e via discorrendo.

Non è finita. L’ultimo sport nazionale del tafazzi veronese è parlare per sentito dire. Appena finita la partita, ci sono dei commenti di questo tipo: “Io non ho visto la gara, ma secondo me Giannini è da cacciare”. Vivaddio, ma se non hai visto la partita come fai a dire una cosa del genere? Di più: ci sono quelli che parlano degli arbitri, degli schemi e solo perchè magari hanno guardato una sintesi o vista una clip.

Ora tutto questo sarebbe innocuo se non aumentasse un clima di assurdo pessimismo e di continuo affossamento delle speranze che è poi qualcosa da cui il calcio attinge per i suoi successi. La colpa, per carità, non è certo dei tifosi ma di chi in questi anni ha spezzato quel rapporto fiduciario che è indispenabile tra una società di calcio e il suo pubblico. E’  il danno più grande che hanno creato Pastorello, Cannella, Arvedi, Galli, Agnolin e via discorrendo. E se mi permettete a questo elenco ci aggiungo anche il dottor Nereo Bonato, sbarcato con un progetto biennale di rilancio e “scappato” dopo appena nove mesi, alla prima difficoltà della sua gestione. Così, mentre i tifosi del Verona si dividono e si arrabbiano tra di loro, qualcun altro… gode

ATTENZIONE A NON STUFARE MARTINELLI

 Poche righe, indirizzate al ragionier Macalli. Dopo quello che ha combinato oggi il signor Bietolini, c’è il serio rischio che il signor Martinelli, presidente dell’Hellas Verona, molli tutto, magari stanco di quasi tre anni di torti e prese in giro. Esiste una questione arbitrale che riguarda il Verona, la sua dirigenza e forse l’intera città. Martinelli è uno dei pochi imprenditori della Lega Pro che immette denaro fresco nel sistema. In mezzo a Irpef non pagata, tasse evase, stipendi a "canguro" e liberatorie strappate con le buone o con le cattive ai giocatori, mi pare che meriti di essere un presidente ammirato e tenuto in altissima considerazione. O forse si preferisce aver a che fare con quei dirigenti che lasciano le squadre in braghe di tela a fine stagione, fallite, piene di debiti e senza futuro?

Ps: detto questo, il Verona non meritava di perdere a La Spezia.

Ps2: pensavo di aver visto tutto. Invece Le Noci mi ha smentito. Ora tocca a lui l’oscar della mia personale cineteca degli errori/orrori. Con il suo gol il Verona avrebbe vinto. Nonostante Bietolini.

L’INIZIO DEL TUNNEL

 E’ iniziato tutto là. Ma forse era giusto che andasse così. Il Verona di Peppe Cannella e di Piero Arvedi crollò, dopo una disperata rincorsa. Il Verona, che prima di allora era stato solo una volta in serie C, conosceva l’onta della retrocessione. Quel Verona, è bene dirlo, era figlio di Giambattista Pastorello che lo aveva abbandonato a se stesso e sull’orlo del fallimento. Arvedi si affidò a Cannella, che era l’uomo di don Pasquale Casillo. 

A La Spezia, il sogno si infranse sull’occasione sciupata di Cutolo. Al Bentegodi non si riuscì a segnare. Il Verona retrocesse tra gli applausi di un’intera città. Una lezione di civiltà sportiva che viene frettolosamente dimenticata da chi riesce a strumentalizzare anche un coro di un paio di deficienti.

Da quattro anni l’Hellas Verona e i suoi tifosi sono dentro un incubo. L’incubo che nel frattempo ha cambiato nome ed è diventata la Lega Pro è una palude che ti tira giù e dove il blasone diventa un macigno e non una forza propulsiva. 

Il Verona domenica torna sul luogo del delitto. Giannini e i suoi ragazzi con quella storia non c’entrano nulla. Ma è giusto che la conoscano e sappiano che quella contro lo Spezia non è una gara normale per noi. 

UNA SERA CON LA MAGLIA DEL VERONA ADDOSSO…

 Ma se a qualsiasi di noi, uno a caso che scrive in questo blog, magari fuori forma, con i suoi venti… (diciamo trenta, forse) chili in più, dicessero: "Stasera giochi con la maglia dell’Hellas Verona al Bentegodi", come si comporterebbe? Come minimo, ma proprio minimo, rischierebbe l’infarto per cercare di onorare quell’impegno.

E allora, perchè questi "signori nessuno" che hanno avuto la fortuna di giocare ieri sera al Bentegodi e con la maglia dell’Hellas Verona, hanno invece danzato sulle punte come ballerine della Scala? Quali risposte in termini di rosa e di scelte alternative può aver avuto mister Giannini da una serata così? Parlare di motivazioni è ridicolo: il bravissimo Brighenti della Sambo correva come Speedy Gonzales, mentre Vergini e Malomo (due nomi a caso) gli arrancavano dietro, capaci solo di prendergli la targa. Hanno forse giocato nell’Inter o nel Milan Vergini e Malomo? Non era la serata in cui potevano far capire a Giannini di essere due valide alternative? Che motivazioni in più aveva Brighenti rispetto a loro?

Non è una partita di Coppa Italia Lega Pro che fa primavera (o inverno, visto com’è finita…), ci mancherebbe. Ma se a rimetterci è lo spirito generale della squadra, proprio nella settimana in cui si vedeva un raggio di sole, beh, insomma… sarebbe da prendere a calci nel sedere un bel po’ di gente.

E speriamo che questo serva a un bel bagno di umiltà in vista di La Spezia.

Remare, gente, remare che ancora non s’è fatto nulla…

E’ IL VERONA DEI NORDICI

 Non vi sembri una provocazione: è solo una constatazione. Il Verona, questo Verona-caterpillar è soprattutto  l’Hellas di Halfredsson e di Pichlmann. Un Verona cioè che ha nei due giocatori nordici la sua anima e il suo carattere. E noi sappiamo bene, cosa ci possono dare giocatori di questo tipo…

Disciplinati, ordinati, grandi professionisti sono uno stimolo per lo spogliatoio e un esempio per i compagni. Halfredsson con la sua impressionante forza, Pichlmann con la sua rigorosa disciplina tattica e le sue doti, hanno pian pianino mutato la fisionomia della squadra. Fino a incarnarne lo stesso spirito. E’ stata una metamorfosi lenta. Perchè i due non sono tipi da sbraitare nello spogliatoio. Ma solo due che lavorano a testa bassa e diventano leader a fatti e non a parole.

Ora tutto gira di conseguenza. Mister Giannini esce vincitore dopo le scelte forti di sette giorni fa a Ravenna, e persino Esposito, in tribuna domenica scorsa,  sfodera la sua miglior prestazione da quando è in gialloblù. Un circolo virtuoso? Diciamo che è la strada giusta è stata presa. E il Bentegodi di oggi è roba da brividi alti mezzo metro. Sembra incredibile che solo un mese fa stavamo raccontando la panzana della troppa pressione…

TUTTI INSIEME

 Dice Giannini: "Sogno una grande partita contro l’Alessandria, una partita in cui pubblico e squadra diventino una cosa sola".

Il campionato del Verona è al primo bivio stagionale. Domenica contro i "grigi" di Sarri si vedrà se questa squadra è destinata ad un campionato anonimo o se può coltivare qualche ambizione. Il test è difficile. L’Alessandria è una squadra in forma, gioca su ritmi alti, non concede tregua, segna con facilità. D’altro canto, non ha un difesa irresistibile e domenica, in vantaggio per 2-0 con il Sorrento non è riuscita a chiudere la partita.

L’occasione per il Verona è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Tutti aspettano solo un segnale, una scintilla per scatenare un tifo incontenibile. Ma, e qui ha ancora ragione Giannini, tocca alla squadra accendere questa scintilla. Aspettiamo un segnale. Per tornare a gioire tutti insieme. Come una volta, tanto tempo fa…