Ci sono palesi differenze tra Remondina e Vavassori. E sebbene sia passata una ventina di giorni da quando il bergamasco è arrivato a Verona, molto è cambiato nell’Hellas. Vavassori intanto ha dimostrato dimestichezza con questo tipo di situazioni. Ha rivoltato la squadra come un calzino anche se apparentemente la sua è stata una “rivoluzione morbida”. Ha motivato i giocatori, giocando su orgoglio e ironia. Domenica dopo Rimini è salito sul pullman e ha esclamato: “Abbiamo fatto schifo”. Non era vero, la squadra lo sapeva, ma il “Vava” ci teneva a tenere alta l’attenzione. La “sensazione” di ragazzi in gita che si aveva prima è così sparita.
Anche i complimenti ai giovani che hanno giocato (bene) a Rimini è stato un tentativo (riuscito) di riportare tutti dentro al gruppo. Campagna e Bertolucci, due baby bravissimi e con grande futuro, ora sono nuovamente riacquistati alla causa. E con loro Garzon, capitano “accantonato” senza logica nella gestione precedente.
Anche le gerarchie sono state ridisegnate. E il fatto che tutti si siano sentiti in discussione ha aumentato l’attenzione e ha stimolato il gruppo. Il risultato è che il Verona, sbandato e in caduta libera, ha aperto il paracadute, tirato il freno e riaperto la speranza. Ben altro servirà per andare in serie B, ma certamente non è possibile non pensare al fatto che se Vavassori fosse arrivato prima, forse il Verona sarebbe salito direttamente. Resta da chiedersi perchè chi aveva in mano la situazione nella stanza dei bottoni, chi sapeva realmente dello spogliatoio e vedeva l’andamento delle cose a 360°, non sia arrivato alla conclusione che era bene cambiare. A volte anche ammettere un errore è un segnale di forza. Mentre perseverare è solo diabolico. Oltre che stupido.