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LA RIVOLTA DEI SINDACI VENETI

 La rivolta dei sindaci veneti muove all’insegna del federalismo fiscale: trattenersi alla fonte (o comunque vedersi riconsegnato dallo Stato) il 20% del gettito Irpef raccolto nel proprio territorio.

Richiesta legittima perchè rapportata alla ricchezza che i cittadini di ciascun territorio producono col loro lavoro; mentre gli attuali trasferimento dallo Stato ai comuni prescindono da questo criterio e generano palesi ingiustizie: comuni come Napoli ottengono procapite, cioè per ciascun cittadino amministrato, trasferimenti doppi rispetto a Padova e a Verona. E ci sono differenze anche tra città della stessa regione.

C’è però un nodo di fondo da sciogliere sia che si parli di questa che di una qualunque altra forma di federalismo fiscale. Il nodo si chiama conto della serva: se do più soldi a uno bisogna necessariamente che ne dia meno a un altro. Se ne do di più a Verona e Padova, devo toglierli a Napoli e a Palermo. Il governo Berlusconi-Maroni è pronto a farlo e a fronteggiare la rivolta del Mezzogiorno e delle stesse Regioni a statuto speciale del Nord?

Fingiamo che il nodo gordiano sia già sciolto e poniamoci l’interrogativo successivo: queste risorse in più che abbiamo garantito al territorio a chi le facciamo gestire, ai singoli comuni come vorrebbero i sindaci o alla Regione? L’Italia è l’Italia dei Comuni e quindi viene quasi naturale immaginare un federalismo fiscale su base municipale (la Regione è quasi un’astrazione disegnata a tavolino: quando andiamo in vacanza e conosciamo altre persone viene più immediato presentarci a loro dicendo “sono veronese, sono padovano, sono trevigiano” che non dicendo “sono veneto”…)

Un conto però è lasciare il 20% dell’Irpef ai comuni grossi, che si troverebbero con una massa finanziaria in grado di attivare diversi investimenti e servizi, mentre se la lasciamo ai tanti comunelli veneti da qualche migliaio di abitanti cosa faranno mai con quel 20% di irpef? Forse una rotonda in più (anche dove non serve)?… Penso cioè che se vogliamo programmare interventi economici di un certo respiro per il territorio, dobbiamo lasciare l’Irpef dove genera massa critica e non disperderla in mille rivoli. Dobbiamo lasciarla alla Regione o, come minimo, a quelle Provincie che oggi molti dichiarano di voler abolire e che potrebbero invece assumere un ruolo simile alle contee statunitensi.

Proviamo a ragionarci. Ed ecco anche il senso del sondaggio che proponiamo nella pagina Web. La scelta immediata sarebbe quella di lasciare i soldi del federalismo fiscale ai comuni ma se pensiamo ai compiti fondanti del sistema federalista – deve essere il territorio a gestire come minimo scuola, sanità e sicurezza – diventa arduo pensare di espletare questi compiti disperdendo le risorse tra i 581 municipi della nostra Regione.


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