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BOBO E BOSSI LADRI DI PISA IN VENETO

La sostanza di mosse e mossette con cui Bossi e il cosiddetto “Cerchio Magico”, tentano di fare lo sgambetto alla riconferma di Flavio Tosi a sindaco di Verona – non posso impedire di ricondidarti, ma almeno cerco di vietarti la presentazione della tua lista civica – sono riconducibili ad un obiettivo evidente a chiunque capisca l’abc dei giochi politici: mantenere la colonizzazione della Lega Lombarda sulla Lega Veneta; garantisi che i leghisti veneti restino ciò che sono diventati dopo l’eliminazione di Franco Rocchetta e Fabrizio Comencini (con la conseguente ascesa di Paolo Gobbo): ascari silenti dei lumbard.
Rispetto a questo obiettivo è fondamentale che i leghisti veneti non abbiano un loro leader degno di tale nome. Quindi si cerca di ostacolare la riconferma di Tosi a sindaco di Verona e – soprattutto – si impedisce con ogni mezzo (e stuolo di commissari) la celebrazione del congresso “nazionale” della Lega del Veneto. Spazio, credito ed investitura invece a chi ha consensi risibili nella base del partito e tra gli elettori veneti, ma può vantare un pedigree da “Lumbard Servant”: la Martini, i Bricolo, i Gobbo.
A conferma del teorema il fatto che l’unico altro legista veneto di razza (Piave) che gode di un consenso autentico, nonno Giancarlo Gentilini, ha anche lui le palle piene della colonizzazione lombarda, ed ha già annunciato una “Lista Gentilini” a Treviso sull’esempio della “Lista Tosi” a Verona.
La questione interessa i leghisti e non solo, perchè mai prima si era visto realizzare nella politica italiana un simile progetto di riduzione ad ascari dei veneti o di un grande partito di una qualsiasi altra regione italiana. Pensiamo a quanto era autenticamente federalista la vecchia Dc: Bisaglia, Rumor e Fracanzani comandavano in Veneto, Marcora e Mazzotta il Lombardia, Andreotti in Lazio, De Mita e Gava e Pomicino in Campania…
Poi c’era la direzione nazionale dove si componevano gli equilibri. Ma serebbe stato impensabile che Mazzotta andasse da Bisaglia e dirgli e imporgli chi in Veneto andava candidato al Parlamento o in Regione. Cosa che invece, tramite il Gobbo compiacente, Bossi e i lombardi hanno fatto e vogliono continuare a fare.
Penso alla Dc, ma con il Pci era la stessa cosa. E perfino i comunisti veneti, che poco contavano nel loro partito, mai avrebbero accettato di farsi “ascarizzare”. Pensiamo oggi agli equilibri interni al Pd, e alle due regioni chiave Emilia e Toscana, paragonabili per peso partitico alla Lombardia e al Veneto della Lega. Ve lo vedete l’emiliano Bersani che va a spiegare a Renzi che non può presentare una sua lista civica? Otterebbe solo un tso firmato dal sindaco di Firenze…
Tornando alla Lega oggi il vero nodo da sciogliere si chiama Roberto Maroni che, sulla carta, guida l’alternativa al “Cerchio Magico”, pur continuando a proclamare che Bossi non si tocca. Non si tocca perchè, per quanto in disarmo, potrebbe sempre servire? Magari servire a liberare il campo dai rivali in vista della sucessione…
Maroni non è un cuor di leone, questo è certo. Però è navigato, ed è anche lui un lombardo. E’ certo anche che non sta spendendosi per difendere a spada tratta quel Tosi che – tra l’altro – ha anche una ventina d’anni meno di lui…Il sospetto è che Bobo e Bossi facciano come i ladri di Pisa: di giorno fingono di litigare, ma di notte vanno assieme a rubare lo spazio politico autonomo della Lega del Veneto.
Sempre viva il federalismo! Purchè i leghisti veneti non osino rivendicarlo nei confronti dei lombardi…

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