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SE PAPA FRANCESCO VA IN R4

Papa Francesco è salito sulla R4. L’erre cosa? Capito di che stiamo parlando? Ma della mitica Renault R4! Io lo so bene perchè è stata la prima auto che mi comprò mio padre. Era il 1969. Pensavo fossero ormai estinte, confinate in qualche museo dell’automobile. Invece abbiamo scoperta che una è ancora in uso in Vaticano. Ci è salito sopra Papa Francesco, con grande risalto mediatico e scatenando molta sobria commozione…
Non pretendo che un Papa viaggi in Rolls Royces. Anche se lo fa abitualmente la Regina Elisabetta, senza che nessuno si scandalizzi; e quindi potrebbe forse usarla anche il Vicario di Cristo in terra. Mansione che – se ci crediamo – è un tantino più importante di quella regale.
Ma potrebbe usare una Lancia Delta, una Fiat Bravo, la cui manutenzione costa meno di un’auto da museo. Se non che la R4 fa più sobrio. Sempre ammesso di crederci, ed escludere lo sconfinamento nella sceneggiata populista. Nemmeno il padre fondatore del populismo italiano, Sandro Pertini, si sognava di girare in Renault…
Oltre un certo limite la sobrietà non è credibile. Così come non lo è l’afflato umanitario, senza spiegare chi paga il conto.
Il Papa chiede che i conventi dismessi non vengano più trasformati in alberghi ma destinati ad accogliere i rifugiati. Splendido, di un’umanità commovente. Ma poi il costo del mantenimento chi lo paga? Lo Ior, la banca vaticana, o lo Stato italiano cioè noi con le tasse? E i conseguenti problemi di ordine pubblico? Manda le guardie svizzere a vigilare gli ex conventi o deve pensarci la nostra polizia?
Susanna Tamaro ha scritto che oggi la Chiesa è emarginata. Emarginata e polverizzata. Alla Dottrina cattolica è successo qualcosa di molto simile alla laica Pubblica istruzione.
Un tempo c’erano i programmi ministeriali, che tutti i docenti erano tenuti a svolgere e rispettare. Si sapeva cosa veniva insegnato nelle scuole. Poi si decise di cambiare, magari in nome della libertà di insegnamento. Proliferarono i corsi sperimentali: ogni docente prese a svolgere il programma che voleva lui. Non si sa più cosa si insegna nelle nostre scuole.
Tali e quali i sacerdoti. Basta con la dottrina che dal Papa discendeva attraverso i vescovi (provveditori dell’insegnamento religioso). Oggi ogni prete predica e si occupa di quello che vuole: uno fa il digiuno per
la tutela dell’ambiente, l’altro si improvvisa teologo, un terzo dice che loro, i preti, potrebbero anche sposarsi.
Non c’è più una linea, una dottrina, una certezza della fede.
E se questo polverizzazione ha preso piede qui da noi, figurarsi altri Paesi, come quelli di provenienza del Papa, dove il Cattolicesimo da tempo è “contaminato” con altre credenze, con chiese para protestanti, con riti Vudù e non Vudù…
Mi pare che il primo obiettivo dovrebbe essere quello di contrastare e contenere le spinte centrifughe. Come? Con la sobrietà, dicendo all’Angelus “buon giorno, buon appetito”? O tornando a sentire tutta la sacralità (che implica distanza) del Vicario di Cristo? Serve un Papa di fronte al quale inginocchiarsi con rispetto e devozione, oppure uno che dia l’impressione di poterci giocare a briscola al bar?
Papa Francesco l’ha detto subito: “Vengo dalla fine del mondo”. Speriamo non ci porti alla fine di quel mondo cattolico che è il nostro mondo.

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