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MALATTIA DELLA CHIESA E DEL PAESE

Papa Francesco ha usato parole così dure da lasciare allibiti i suoi interlocutori – vescovi, cardinali, alti prelati – ha parlato di “alzheimer spirituale”, “terrorismo delle chiacchiere”, “carrierismo”, “intrighi di potere”.
I media dicono che ha denunciato le 15 malattie o i 15 peccati della Curia. Il realtà la malattia è una sola: la burocrazia vaticana che gli impedisce di attuare le riforme e portare la Chiesa dove vorrebbe.
Lo stesso motivo per cui il suo predecessore, Papa Ratzinger, ha gettato la spugna: non riusciva a governare. Direzioni opposte: il Papa tedesco puntava sul rigore dottrinale, quello argentino sull’apertura al mondo. Ma nessuno dei due riesce a procedere. Burocrazia e intrighi bloccano tutto.
E dire che il Papa ha un potere assoluto: eletto a vita; nomina lui cardinali, vescovi, vertici della Curia. In poche parole è un dittatore. Ma capita che nemmeno i dittatori riescano a comandare. (Ricordate Mussolini? “Non è difficile, è inutile provare a governare gli italiani”…)
Se non riesce a governare la Chiesa il dittatore “arrivato dalla fine del mondo”, figurarsi se può governare il nostro Paese un qualunque povero presidente del consiglio! Che non ha neanche lontanamente i poteri di un Papa, che non può nominarsi i ministri né sciogliere le Camere; in balia non solo della burocrazia ministeriale, ma di tutte le varie corporazioni la cui parola d’ordine è una sola: nessuno ci tolga i privilegi acquisiti.
Malattia mille volte più grave di quella della Chiesa, malattia incurabile: se vuoi superare il bicameralismo perfetto è un “vulnus alla democrazia”, se parli di presidenzialismo è la “svolta autoritaria”.
Quando solo l’elezione diretta del capo del governo gli darebbe la forza di un consenso popolare che (forse) potrebbe servire a smuovere qualcosa. Non vogliamo nemmeno provarci? E allora teniamoci presidenti del consiglio devitalizzati: da Berlusconi a Prodi, da Letta a Renzi.
Il punto non è condividere o meno la direzione in cui avrebbero voluto portare il Paese. Il punto è capire che sono rimasti tutti fermi ai blocchi di partenza.

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