Un incubo. Della peggior specie. Di quelli da svegliarsi la notte urlando.
Il Padova oggi con la Pro Patria ha fatto esattamente la partita che non doveva fare. Giocando in maniera a dir poco terrificante. Lanci lunghi a cercare Neto, centrocampo costantemente scavalcato, esterni immobili e di conseguenza incapaci di saltare l’uomo e zero tiri in porta. L’anticalcio, insomma, per dirla con un’unica, efficace, parola.
Parlato ha provato a tornare al modulo 4-2-3-1 ma i risultati sono stati, appunto, tremendi.
La società domani si ritroverà e deciderà del futuro dell’allenatore, fortemente in discussione. Dalle poche frasi captate qua e là tra una telefonata e l’altra ai dirigenti, mi par di aver capito che il tecnico ha le ore contate. Sicuramente ha le sue colpe e ha un po’ perso la bussola (difficile non perderla in questa situazione). Ma se stasera mi sento di avere una certezza in più rispetto a sette giorni fa (momento in cui io per prima brancolavo nel buio), questa certezza è che la qualità di questa rosa è davvero bassa. A tratti tecnicamente, a tratti umanamente. Non ci sono gli uomini giusti per fare nessuno dei due moduli fin qui proposti da Parlato. E chi va in campo spesso, quel poco che ha, non lo mette nemmeno al servizio degli altri.
Detto questo, penso anche che qualcuno, in campo, oggi non si sia impegnato abbastanza, pur sapendo che il mister rischiava e di grosso. E Parlato, questo, non se lo merita.
Concludo con un pensiero dettato dalla profonda rabbia che provo per essermi dovuta risvegliare (insieme a centinaia di tifosi) da un bellissimo sogno durato quasi un anno e mezzo: bisognava davvero impegnarsi per fare così male in questo campionato. Forse davvero era meglio confermare in blocco i 24 dell’anno scorso. Magari, sulla qualità, tanti avrebbero avuto da ridire, visto che erano “da serie D”. Ma, quanto ad attributi e ad attaccamento alla maglia, quelli dell’anno scorso le partite le avrebbero vinte tutte 5-0. E oggi avrebbero vinto anche sul campo contro questa davvero modesta Pro Patria.
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