In molti in queste ore mi avete chiesto di scrivere un post dedicato a Piermario Morosini. Vi chiedo scusa se non l’ho fatto prima, ma davvero non riuscivo a trovare le parole. Avevo troppa paura di cadere nella retorica, di dire cose scontate. E di certo Piermario era troppo speciale per meritarsi le solite frasi di circostanza.
Sì, senza dubbio Piermario era un ragazzo speciale. E quando è arrivato a Padova, a gennaio del 2010, insieme a Giacomo Bonaventura, per aiutare i suoi nuovi compagni a dirigersi verso il porto della salvezza, lo abbiamo capito subito tutti. Sarei ipocrita se dicessi di averlo conosciuto a fondo, perché si è fermato qui solo 6 mesi, ma, sapendo la storia drammatica della sua famiglia, mi ha sempre colpito la serenità del suo volto, in ogni circostanza, in ogni partita, in ogni intervista. Della serie: “I problemi veri sono altri e io ne so qualcosa, inutile perdersi d’animo per cose che sono risolvibili”. Sì, lui che ha perso mamma e papà nel giro di due anni quando era a malapena un adolescente e ha poi perso anche un fratello, sapeva benissimo distinguere le cose per cui valeva la pena prendersela davvero da quelle che invece non meritavano lamentele ma solo un po’ di impegno in più per essere brillantemente risolte. E in questo credo possa essere da esempio per tutti.
Chiudo qui, perché queste son le uniche cose che mi sento di dire. Spero che il destino gli abbia riservato una morte così prematura e triste solo per farlo incontrare di nuovo con i suoi genitori, lassù, dove, forse, esiste una spiegazione a tutto quello che qui fatichiamo a capire.
Ciao Piermario! E’ giusto che oggi il calcio si sia fermato per onorare la tua memoria. Ad maiora.
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