ORE DECISIVE

Torno operativa oggi dopo una settimana di vacanza a Rodi (bellissima: ve la consiglio, se non sapete dove andare!).

Sapevo ancor prima di imbarcarmi nell’aereo che al mio ritorno Fabrizio De Poli non sarebbe più stato il direttore sportivo del Padova. Lo avevo capito guardandolo negli occhi la sera della festa del club degli Amissi biancoscudati due martedì fa, cena in cui ha accettato di alzarsi in piedi per parlare al microfono (lui che di solito invece evita queste cose come la peste!) e ha pronunciato un discorso che ai presenti è suonato subito come un malinconico addio. Fabrizio, che dal punto di vista umano è una delle persone più simpatiche e schiette che abbia mai conosciuto, ha così pagato a caro prezzo alcuni errori commessi durante il campionato, sia in fase di campagna acquisti estiva (la riconferma di Amirante col suo ginocchio ballerino, la riconferma di Aperi che usciva da un infortunio importante e non poteva essere pronto fin da subito a ritmi importanti, l’ingaggio di Gorzelewski poi mai tesserato, l’acquisto di Ramadani tanto per citare i più importanti…) sia successivamente (su tutti il cosiddetto “caso Amirante” che lo ha fatto traballare a novembre qualche settimana prima dell’esonero di Carmine Parlato).

A quanto pare il suo successore sarà Zamuner ma per l’ufficializzazione si deve attendere qualche giorno ancora. Personalmente non lo conosco e quindi non sono in grado di dire adesso se la scelta è azzeccata oppure no. Una parola in piazza l’avrei spesa volentieri per Mauro Meluso che ad un certo punto era rientrato in pista dopo la sua esperienza qui conclusa a gennaio del 2009. Sarebbe stato l’uomo giusto al momento giusto, secondo me: nel torneo 2008-2009 fu lui a costruire la squadra che andò poi in B con Sabatini in panchina, ma non si godette la festa finale per via di un esonero che arrivò a gennaio, dopo che era stato proprio lui a gestire anche il mercato di riparazione. Avrebbe messo qualcosa in più di chiunque altro, se non altro per la voglia di festeggiare qualcosa di importante stavolta sul campo, insieme ai tifosi. Ma tant’è, quell’ipotesi è sfumata.

Staremo a vedere. La scelta è fondamentale perché da essa dipende poi anche quella dell’allenatore. Mica uno qualunque!

UN SEGNALE DI COMPATTEZZA E LUCIDITA’

Il Padova ha chiuso il suo primo campionato da professionista dopo la rinascita dell’estate 2014 al quinto posto. Un buon piazzamento se si va a vedere cosa hanno fatto le altre neopromosse negli altri gironi e se si considera che si era partiti per disputare una stagione di transizione e si sono addirittura sfiorati i playoff.

Non è però tutto oro quel che luccica. Fosse davvero tutto così lineare, non ci sarebbero dubbi sulla riconferma della coppia direttore sportivo-allenatore, ovvero Fabrizio De Poli e Giuseppe Pillon, tenendo conto dei risultati ottenuti dal secondo una volta arrivato sulla panchina del Padova e del mercato di riparazione effettuato dal primo a gennaio dopo aver commesso più di un errore l’estate scorsa nella costruzione del gruppo.

Invece, come è peraltro giusto che sia visto che non c’è un’unità di vedute, ci sono dubbi, incertezze e la società sta attentamente valutando la situazione senza farsi prendere dalla fretta che è una cattiva consigliera. I dirigenti hanno incontrato altri direttori sportivi, sondando il terreno qua e là e va da sé che se non sarà De Poli il diesse della prossima stagione (nonostante abbia in mano un altro anno di contratto) anche l’allenatore cambierà perché il nuovo direttore si porterà un proprio uomo di fiducia.

Sono giorni decisivi quelli che sta vivendo il Padova insomma, di quelli che porteranno conseguenze a lungo termine. Meglio prendersi qualche ora in più e dare un segnale di compattezza e lucidità, piuttosto che decidere in poche ore e poi ritrovarsi ad aver effettuato una scelta sbagliata. Anche l’anno scorso i biancoscudati hanno chiuso presto la stagione (addirittura il 18 aprile grazie alla vittoria a Legnago che ha sancito la promozione con tre giornate d’anticipo) ma le scelte fatte sull’onda dell’entusiasmo e del “facciamo presto così guadagniamo tempo prezioso in vista della costruzione della rosa” sono poi state riviste a novembre, con l’esonero di Carmine Parlato, e a dicembre, con scelte importanti nel mercato di riparazione.

Meglio dimostrare di aver imparato la lezione, per non peccare più d’inesperienza.

L’EMBLEMA DI UNA STAGIONE

Il tiro di Petrilli al 92′ che finisce in bocca al portiere del Bassano Rossi per il possibile 2-1 del Padova. Il Bassano che poco dopo realizza il 2-1 al posto dei biancoscudati, condannandoli ad una sconfitta immeritata. L’Alessandria che perde in casa con la Reggiana. Ecco gli ingredienti dell’ennesima delusione in salsa biancoscudata. La squadra oggi ha dato tutto, ma si è divorata i playoff domenica scorsa facendo quella figura barbina contro la Giana Erminio.

Spesso capita così. Questa squadra è capace di cavalcate impossibili, in cui non sbaglia niente, ma anche, purtroppo, di rincorse in cui inciampa in una buccia di banana a pochi metri dal traguardo. Nel 2005, inseguendo i playoff, andammo a fare un partitone allo stadio San Paolo di Napoli per poi perdere malamente in casa contro il Benevento la sfida che contava veramente. Nel 2007 eravamo ad un passo dal paradiso e ci siamo fatti battere in casa dal Pizzighettone già retrocesso.

Va così purtroppo da queste parti. Amen. Facciamocene una ragione. E speriamo che l’anno prossimo sia l’anno “sì”, cercando almeno di chiudere in bellezza contro un’Alessandria che, in quest’ultimo periodo, mi sembra tutto fuorché irresistibile…

ERA NELL’ARIA…

Premesso che il Padova ha fatto un campionato nel complesso più che positivo per essere una neopromossa e che 51 punti al primo anno di Lega Pro sono un buon bottino specialmente dopo un quasi fallimento e una rinascita partendo dalla serie D…

Mi sento di dire che la sconfitta di oggi contro la Giana Erminio ha dimostrato in maniera chiara e quasi raggelante che non tutti al Padova credevano con la stessa intensità a questa rincorsa verso i playoff. Erano settimane che avvertivo che c’era aria da “sbaraccata”: nel 2009, ribadisco, quando nelle ultime giornate siamo andati a prenderci prima gli spareggi e poi la serie B partendo da 6 punti di ritardo sul quinto posto, si è capito fin da subito che la squadra voleva quel traguardo con tutta sè stessa. Stavolta no: mi spiace doverlo riscrivere ma è così.

Aldilà della soddisfazione per la salvezza raggiunta con largo anticipo, che resta molta, il retrogusto è amaro. E pieno di rammarico. Bastava davvero poco. L’Alessandria aveva perfino pareggiato a Bolzano. Purtroppo il Padova è stato battuto da una squadra, la Giana Erminio, che oggi ha avuto più fame di arrivare al risultato. I biancoscudati, evidentemente, avevano già la pancia piena.

Meglio archiviare e iniziare a pensare al futuro a questo punto. Farlo fin da ora, per non perdere tempo prezioso. Mi fermo qui. Perché un po’ amareggiata, in questa fredda domenica di fine aprile, lo sono anche io. Insieme ai tifosi che oggi, presentandosi all’Euganeo, hanno dimostrato di crederci più di qualcuno dei signori che sono scesi in campo.

Nessun dramma. Ma che peccato…

PENSANDO A UN ANNO FA

Il Padova ieri sera ha vinto 4-2 in casa dell’AlbinoLeffe, approfittando, come doveva fare, del pareggio dell’Alessandria col Mantova e della sconfitta del Pordenone col Cittadella. Ora i punti di distacco dal quarto posto sono 5, a tre partite dalla fine. Restano sempre basse le possibilità di agguantare i playoff, visti anche gli impegni dell’Alessandria prima dello scontro diretto col Padova dell’ultima giornata, ma sono sempre più di quelle che c’erano quando i punti da recuperare erano 7. Avanti dunque, con la sfida di domenica contro la Giana Erminio all’Euganeo.

Oggi però è un giorno speciale e per tutta la giornata non sono riuscita a pensare ad altro che alle fortissime emozioni che ho provato l’anno scorso, 19 aprile 2015, insieme ai tifosi del Padova nel giorno del ritorno del nostro amato Biancoscudo tra i professionisti dopo la vittoria di Legnago. Era “solo” serie D mi sono sentita ripetere più volte durante quest’anno. Certo: era “solo” serie D. Ma come ho sentito battere il cuore di quella squadra e della città intera all’unisono col mio in quell’occasione, quest’anno mai. E come me tantissimi altri tifosi.

Mi rendo conto che, appunto, era “solo” serie D e che il quasi smantellamento di quella rosa fantastica è stato necessario per costruire un gruppo quanto più possibile competitivo, anche se di errori ne sono stati fatti: la Lega Pro, soprattutto nel girone A in cui è stato inserito il Padova, si è dimostrata un campionato ad alto tasso tecnico, di grandi difficoltà e con tante squadre allestite per stare nella parte alta della classifica. Mi chiedo però perché quest’anno non si è riusciti a creare tra città e tifosi quella vicinanza particolare, quell’empatia che l’anno scorso è stata una forza trascinatrice pazzesca. Probabilmente, semplicemente, perché non si è fatto un campionato di vertice… Ma forse non solo per questo. Lascio anche a voi una risposta in merito.

Spero solo che di questa “empatia” non smetta mai di tenere conto chi costruirà il Padova del prossimo anno, ripartendo, stavolta, da una base che c’è già. Chiunque esso sia. A Padova l’empatia può fare la differenza ben più di un giocatore forte…

 

 

UN FINALE CHE NON STA PIACENDO

Il Padova, battendo la Pro Patria, ha mantenuto acceso il lumicino dei playoff. Essendo sempre 7 i punti di distacco dalla quarta posizione a quattro giornate dal termine della stagione regolare, la luce è assai fioca ma c’è.

Detto questo, non di sola matematica dovrebbe vivere questo finale di stagione. Ad accompagnarla dovrebbero esserci entusiasmo, voglia di crederci, passione, tifosi che incitano. In questo momento tutto questo sta succedendo solo in piccola parte. Non occorre andare troppo indietro nel tempo per ricordare che razza di onda emotiva accompagnò la cavalcata del 2009, quella che portò il Padova ai playoff, agganciati all’ultima giornata, e poi in B grazie alle imprese di Ravenna e Busto Arsizio.

Mi spiace sottolinearlo ma stavolta ci si crede davvero poco alla riuscita dell’impresa: tira piuttosto una bella aria di smantellamento e di vacanze estive!

Il bello della faccenda è che, giocando come ha fatto ieri, il Padova per primo sta dimostrando di non volersi giocare fino in fondo le sue (poche, pochissime) chances. Pillon si è arrabbiato per la prestazione, soprattutto dei più giovani, ma probabilmente il problema dell’atteggiamento sbagliato è proprio legato al fatto che non c’è più convinzione in molti giocatori nelle possibilità di arrivare in fondo alla strada.

Non è un dramma, per carità. L’ho scritto mille volte e non solo io: i biancoscudati, conquistando la salvezza con mesi di anticipo, hanno già fatto il loro dovere. Hanno centrato l’obiettivo stagionale. Però, se ancora si parla di possibili playoff, diano almeno la parvenza di crederci. Perché qua pare che qualcuno abbia già le valige in mano e la testa proiettata alle più amene località di villeggiatura.

 

CREDO PROPRIO SIA FINITA

Il condizionale è ancora d’obbligo perché, di certo, a cinque giornate dalla fine del campionato, non c’è nulla.

Però credo che, giunti a questo punto, abbia gran poco senso mettersi a fare conti e calcoli. E’ come se mettessimo in dubbio la vittoria del girone da parte del Cittadella solo perché matematicamente, anche se domani sera batte il Bassano, non è ancora promosso. Dai, su. Il Cittadella andrà sicuramente in B (e merita di andarci) e il Padova non andrà ai playoff.

Certo se i biancoscudati vincono tutte e cinque le gare che rimangono possono ancora sperare, ma se fino a qui non siamo mai riusciti a fare un filotto convincente credo sia arrivato il momento di confermare quanto qui ho scritto decine di volte: che il Padova, cioè, non accederà agli spareggi promozione e tutto sommato è pure giusto così, perché davanti a lui altre squadre hanno mostrato più gioco e continuità.

Ciò premesso, va benissimo così. La società aveva parlato, ad inizio anno, di un campionato di transizione. Di un campionato tranquillo. Tranquillità è stata perché da mesi la squadra viaggia tra il nono e l’ottavo posto, lontano dalla zona calda. L’obiettivo è stato raggiunto e pure con largo anticipo. Spero che, d’ora in avanti, si cominci a costruire qualcosa anche in vista del prossimo campionato. Che si comincino a buttare le basi per la stagione in cui il Padova, a differenza di quest’anno, partirà con il vento in poppa per puntare dritto ai playoff come traguardo primario. Che queste ultime 5 gare, a meno di un miracolo dell’ultima ora, possano almeno essere un trampolino di lancio per il torneo 2016-2017. L’inizio di un nuovo percorso. Solo così a rammarico non si aggiungerà rammarico. O no?

SI RIACCENDE LA FIAMMA

La sfida di stasera con la Cremonese era fondamentale. Non fosse arrivata la vittoria il Padova avrebbe detto addio al sogno playoff con 6 giornate di anticipo. Condannandosi a giocare le ultime gare della stagione probabilmente in mezzo ad una buona dose di indifferenza o perlomeno in un clima di poco entusiasmo (che, si sa, nella piazza biancoscudata si accende solo se c’è da gioire per un traguardo importante o se c’è da inveire contro squadra e società per una posizione in classifica vicina alla zona retrocessione).

Così non è. Sbraga e Baldassin hanno segnato due bellissimi gol, Favaro ha fatto una splendida parata quando c’era da tenere in piedi la baracca e la Cremonese, anche se ha riaperto i giochi a fine primo tempo, non è riuscita nell’intento di rovinare la serata al Padova, anche se ci ha provato in tutti i modi, provando perfino a buttarla sul nervosismo spinto ad un certo punto.

A parte qualche momento di ansia, il risultato è stato portato al sicuro e la fiammella della speranza playoff è stata riaccesa. Questo era l’obiettivo di stasera. Avanti col prossimo: vincere a Cuneo. Senza “se” e senza “ma”. E’ l’unica strada per ritrovarci, tra due lunedì, a parlare ancora di spareggi promozione.

Intanto, buona Pasqua a tutti!

E’ ANDATA COSI’

E’ andata così. Tutto si può dire fuorché che il Padova non ci abbia provato a raddrizzare il pomeriggio di Pordenone. Il gol a freddo di Pederzoli (l’ex che temevo più di tutti perché so quanto può essere trascinatore specie quando sente la partita lui per primo in modo particolare) ha messo la gara esattamente come volevano i ramarri. Ramarri che, dal 4′ del primo tempo in poi, hanno alzato le barricate impedendo ai biancoscudati di trovare qualunque varco. Di esprimere le loro qualità.

Se il Padova meritava di perdere? Forse anche no, perché ha colpito una traversa, ha sfiorato il palo e la traversa con Altinier e, probabilmente, il raddoppio di Buratto è viziato da un fallo su Fabiano, ma tant’è, appunto, è andata così.

Il sogno playoff si allontana, ma non si esaurisce del tutto. Io son la prima a dire da mesi che davanti al Padova ci sono squadre più attrezzate per salire di categoria. Ma finché qualcuno non ci risveglia del tutto da questo sogno, è comunque giusto continuare a cavalcarlo. Tornando innanzitutto a vincere mercoledì contro la Cremonese all’Euganeo.

Per tirare somme definitive c’è ancora tempo.

AVANTI VERSO I PLAYOFF

Il sogno continua ad avvicinarsi. Dopo aver visto il Padova oggi umiliare il Pavia, dopo che all’andata erano stati  i lombardi a condannare i biancoscudati ad una pesante sconfitta, penso che sia giusto, di più sacrosanto, continuare a cavalcare la speranza di raggiungere gli spareggi per la B. Restano sempre difficili da agguantare, le squadre davanti sono sempre attrezzate, ma, arrivati a questo punto, non provarci è un delitto.

E’ un delitto perché il Padova è cresciuto tantissimo. E’ maturato e, utilizzando un aggettivo che ha pronunciato lo stesso Pillon in sala stampa, è diventato più “sbarazzino”. Oggi mi è piaciuto tantissimo il centrocampo, da Mazzocco e De Risio a Ilari e Finocchio che, sulle fasce, permettono ora alla squadra di “osare” di più. Osando di più i gol arrivano. E con essi le vittorie.

Avanti così, verso i playoff che son sempre un po’ lontani, ma non certo lontanissimi come poteva essere un mese fa.