FINALMENTE LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Non abbiamo fatto ancora niente. La classifica resta deficitaria, la strada da percorrere lunga e tortuosa.

Ma se oggi non fosse arrivata una vittoria contro il Novara, il Padova poteva con ogni probabilità ritenere conclusa l’esperienza in serie B con largo anticipo sulla fine del campionato. Essere riusciti a battere una diretta concorrente, scollandoci finalmente dai maledetti 18 punti, è un passo avanti non di poco conto. Anche perché, successo a parte, la squadra ha mostrato ulteriori segnali di risveglio sul piano del gioco e soprattutto di avere una gran voglia di tirarsi fuori da queste sabbie mobili, seguendo i consigli e la via indicata dal suo nuovo condottiero, Michele Serena.

Il pubblico ha poi fatto il resto, rispondendo presente all’iniziativa del biglietto d’ingresso ad 1 euro.

Gli ingredienti perché questo finale di stagione non si trasformi in una Caporetto ci sono. Ora sta al Padova continuare a crederci. E a far credere ai suoi tifosi che la salvezza è davvero possibile.

SEGNALI DI RISVEGLIO

Il Padova ha perso. E fin qui niente di nuovo.

Aldilà della sconfitta, su un calcio di rigore che ci poteva pure stare ma che l’arbitro è stato molto fiscale a dare contro il Padova, c’è però di buono che i biancoscudati hanno finalmente ridato la parvenza di una squadra. Nelle ultime uscite ognuno andava per conto suo, nessuno si sacrificava per l’altro, non si tirava in porta, in difesa succedevano cose turche. Oggi invece, a parte i primi dieci minuti di partita in cui il Palermo poteva tranquillamente portarsi in vantaggio, Cuffa e compagni hanno tenuto testa alla capolista. E pure bene, visto che se Osuji indovinava quel destro a tu per tu con Sorrentino, ci si poteva pure portare in vantaggio!

Se Pasquato riesce a rientrare appieno nel suo naturale ruolo di trequartista e ad essere un po’ più continuo nella prestazione, Rocchi comincia a segnare e a centrocampo si recupera a pieno servizio Iori credo che non potrà che andare meglio. L’unica cosa che si deve fare adesso è VINCERE contro il Novara sabato prossimo per poter dare seguito al cammino di risalita. E’ lo scontro salvezza più importante di tutto il campionato. Non si può perderlo. Per nessuna ragione al mondo. E con la cura Serena possiamo farcela.

PER FAVORE PIETA’

A distanza di qualche ora dall’ultimo scempio consumato allo stadio Euganeo, sto ridendo in modo nervoso e isterico. E mi sto dando della cretina non una ma cento volte.

E sapete perché? Perché, per un attimo, quando l’arbitro ha dato il secondo rigore al Padova, mi sono illusa di avere di nuovo di fronte una squadra con un pizzico di carattere e orgoglio, un gruppo di giocatori con la voglia di mettere almeno il naso fuori dal tunnel nero della crisi. Dopo il rigore dato al Carpi ho visto una reazione, ho visto Di Matteo andarsi a riprendere il penalty che gli era stato fischiato contro solo pochi minuti prima, ho visto Musacci tirare con precisione ed esultare con foga e gli altri andargli incontro. Come fanno le squadre vere insomma.

E invece… E’ bastato sbagliare il secondo tiro dal dischetto (cosa che peraltro può succedere e non per questo si dà dell’incapace a chi l’ha sbagliato) per passare, in una frazione di secondo, dallo stato solido allo stato… LIQUIDO. Basta. Chiuso. Stop. Il Padova è scomparso. Si è confuso con la pioggia delle pozzanghere del campo e si è fatto massacrare dal Carpi che ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Questa totale e incondizionata resa è stata una delle cose più brutte che ho visto nell’ultimo decennio, calcisticamente parlando. E sì che ne abbiamo passate tante. Anche quando credevamo di stare peggio (con Cestaro) e invece stavamo decisamente meglio.

Non riesco a dire niente se non “PER FAVORE PIETA'”.

Per quanto riguarda l’allenatore, non cambio idea rispetto al mio post precedente. Non avrà tutte le colpe ma non ha più in mano questa squadra. Ribadisco: a mali estremi, estremi rimedi.

Perché qui, ragazzi, siamo con un piede in Lega Pro. E guai a non prendere provvedimenti per evitare che in Lega Pro ci cada anche l’altro. Con tutta la fatica fatta per abbandonare quell’inferno.

A MALI ESTREMI, ESTREMI RIMEDI

Non ho mai tollerato l’insana abitudine del calcio di far pagare agli allenatori colpe non loro.

Dopo aver visto il Padova di questa sera a Trapani, però, mi son convinta che, colpe o non colpe, a mali estremi (e la squadra mandata in campo stasera è un male estremo!) ci vogliono estremi rimedi.

La società ha provato in qualche modo a blindare l’allenatore, a far capire alla squadra che deve seguirlo, che episodi come quello della delegazione di giocatori andata dal presidente a chiedere di allontanare Mutti non devono più succedere. Ha provato ad instaurare il silenzio stampa, come se, peraltro, il problema fosse quello che i giocatori dicono in intervista e non invece, come succede, quello che trapela sotto banco dallo spogliatoio di Bresseo con una disarmante facilità! Penocchio e Valentini hanno tentato di risolvere i problemi con una sorta di rivoluzione sul mercato (stasera i nuovissimi acquisti Improta, Moretti e Almici sono stati tutti e tre titolari) ma la mossa non ha sortito l’effetto sperato. Anche tenere fuori i cosiddetti “dissidenti” (su tutti il capitano, Cuffa) non ha prodotto risultati positivi.

Niente da fare, tutto inutile. Abbiamo iniziato il girone di ritorno peggio di come abbiamo terminato quello d’andata, da non credere che fosse possibile!

La classifica dice però che non siamo ancora il Grosseto dell’anno scorso, retrocesso in Lega Pro già a Natale. Nonostante la situazione disastrosa e le vittorie ormai illustri sconosciute, abbiamo ancora due formazioni sotto di noi (Juve Stabia e Reggina) e quelle sopra di noi non sono troppo lontane.

Proprio perché non siamo assolutamente ancora spacciati, la società non può lasciare nulla di intentato e deve, a mio avviso, provare anche l’ultima carta che le resta, giusta o sbagliata che sia. Si è visto chiaramente stasera che questa squadra l’allenatore non lo segue più ed è finito il tempo di aggrapparsi alle questioni di principio. A mio avviso, bisogna cambiare. E farlo anche in fretta. Perché così non abbiamo nè capo nè coda e non andiamo da nessuna parte.

Poi se la società decide di prendersi altro tempo e la squadra sabato contro il Carpi all’Euganeo mi fa capire che mi sono sbagliata io e che vuole proseguire il suo cammino verso la salvezza con Mutti sono pronta a rimangiarmi le mie parole e a chiedere scusa per averle anche solo pensate. Mi deve però dare un segnale bello forte. E non solo a me: anche e anzi soprattutto ai tifosi. In particolare a quei 50 eroi che si sono avventurati fino a Trapani per assistere, sotto una pioggia battente e un vento gelido, ad uno spettacolo a dir poco indecoroso.

TONI TROPPO ESASPERATI

Capisco la preoccupazione dei tifosi per la situazione difficile del Padova. E’ anche la mia.

Capisco il rammarico dei tifosi per i punti gettati al vento fino a questo momento a causa di prestazioni non all’altezza. E’ anche il mio.

Capisco la rabbia dei tifosi per le, purtroppo tante, scelte avventate e, diciamolo pure, sbagliate di questa nuova proprietà che ha prima sposato un progetto e poi lo ha buttato a mare, ha portato giocatori non all’altezza e ora si trova nella situazione di dover operare una rivoluzione bella e buona. E’ anche la mia.

Le scritte con le minacce di morte però, onestamente, non le capisco e non le condivido. Nella maniera più assoluta.

Che questi nuovi dirigenti del Padova abbiano commesso degli errori, in qualche caso anche gravi, è una pura constatazione. Loro per primi lo hanno ammesso nelle ultime interviste rilasciate anche a noi di Telenuovo. Ricordo un Andrea Valentini alla cena di Natale. “Quando ci siamo insediati erano i primi di luglio. Ci siamo ritrovati con talmente tante cose da fare che senz’altro abbiamo commesso degli errori. Siamo qui per porvi rimedio”, sono state più o meno le parole dell’amministratore delegato. Ora che si è aperta la finestra di mercato di gennaio, finalmente capiremo quanto ha intenzione di spendere la nuova proprietà e come ha intenzione di mettere mano alla rosa dei giocatori.

Loro per primi sanno che sono sotto osservazione e che non possono più permettersi di sbagliare. Le minacce di morte sono francamente eccessive e fuori luogo.

 

LA RIVOLUZIONE DI GENNAIO

Scusate il ritardo nel post ma, per un improrogabile impegno personale, domenica non ho visto Avellino-Padova e ieri, tanto per cambiare, sono stata vittima di un attacco batterico/virulento, credo il quinto-sesto nell’ultimo bimestre (passerà anche questo periodaccio, no?).

Bando alle ciance. Sono sempre stata contraria alle rivoluzioni nel mercato di riparazione. Le squadre si costruiscono a giugno-luglio non a gennaio, in corsa si devono fare pochi e mirati correttivi, un po’ come ha detto anche il direttore sportivo del Padova, Alessio Secco, ospite all’ultima puntata del 2013 di “Biancoscudati channel” lo scorso 23 dicembre.

Purtroppo il Padova di quest’anno fa alla grande eccezione con questo mio, e non solo mio, pensiero. Qui la rivoluzione, purtroppo, ci vuole e dovrà essere una rivoluzione che non dovrà guardare in faccia a nessuno. A centrocampo ci vogliono innesti di qualità, a maggior ragione ora che Iori si è infortunato al ginocchio, in difesa anche. Pure l’attacco che sembrava poter essere risparmiato da questa “super operazione simpatia”, secondo me, necessita di più qualità: Pasquato, Melchiorri e tutto sommato anche Vantaggiato un certo apporto lo garantiscono, i vari Ciano e Feczesin, secondo me, hanno un po’ deluso. E per arrivare alla salvezza occorre che anche le cosiddette “seconde linee” siano all’altezza delle prime quando vengono chiamate in causa.

Mi fermo qui nei consigli per gli acquisti. Chi di dovere farà quello che ritiene giusto e, alla fine, vedremo cosa ne verrà fuori. Un’ultima cosa però mi sento di suggerirla alla proprietà che proprio oggi vive l’uscita di scena ufficiale e definitiva del cavaliere Marcello Cestaro dal consiglio d’amministrazione. Per quanto sarà possibile, meno prestiti e più acquisti. Perché di gente che va e viene e non si affeziona alla maglia la piazza ha le scatole piene. E infine: pensiamo già alla costruzione di una sorta di “zoccolo duro” che possa durare negli anni, non a farci rifilare gente che magari passa di qui solo 6 mesi giusto perché da altre parti non trova spazio.

Il tifoso ha bisogno di ricominciare a riflettersi in questo Padova. Di sentirlo suo. Di conoscere i giocatori e farsi conoscere da loro. Per creare un ambiente vincente e positivo i dirigenti non possono prescindere da queste fondamentali valutazioni.

TROPPA FATICA E TROPPA SOFFERENZA

Rocchi oggi ha fatto una partita incredibile. Non avrei mai pensato che avrebbe retto 90 minuti con quell’energia e quello spirito di sacrificio. Anche perché, parliamoci chiaro: sono stati pochissimi i palloni che gli sono arrivati in area comodi comodi. La maggior parte ha dovuto andarseli a prendere a centrocampo, raddoppiando gli sforzi. E poi su di lui i rigori erano due: cominciassero a fischiarceli a favore tutti quelli che ci sono, forse, la prospettiva diventerebbe un filo più rosea.

Mazzoni ormai è sulla lunghezza d’onda del “Santo subito”: con i suoi interventi provvidenziali ci sta facendo sempre più pensare che, con lui tra i pali, finalmente abbiamo un portiere sicuro e affidabile.

Musacci è stato bravissimo a mantenere il sangue freddo del rigorista e a salvare la barca che stava naufragando.

Eppure, eppure non basta. Il punticino raschiato via dal fondo del barile contro il Siena sarà anche un toccasana dal punto di vista del morale, visto che si è rischiato seriamente di perdere e alla fine è arrivato il pari, ma sotto il profilo della classifica vale poco più di niente. C’è poco da fare: i punti oggi dovevano essere tre, in qualunque modo.

Sono due gli aspetti che mi preoccupano: 1) l’uscita dal campo di Iori per infortunio (e teniamo le dita incrociate che non sia grave!) ha come spento la luce. Senza di lui il gioco diventa un illustre sconosciuto. 2) Non tutti quelli che oggi sono stati chiamati in causa dopo tanta panchina hanno risposto presente. Parlo di Celjak, ad esempio, ma soprattutto di Feczesin. Per carità non è facile essere gettati nella mischia dal primo minuto dopo 13 partite passate a guardare, ma forse un po’ di “aiutati che il ciel ti aiuta” in più non guasterebbe. Almeno Radrezza ce l’ha messa tutta, ha procurato un po’ di punizioni e ha tentato qualche appoggio di prima intenzione prima di essere sostituito. Musacci non ha brillato nell’impostazione del gioco ma almeno ha avuto gli attributi di andare a battere un rigore tra i più difficili da battere. E l’ungherese? Credo che certe valutazioni debbano essere fatte con molta accuratezza dalla società, visto che tra pochi giorni, riapre il mercato.

Domenica si gioca l’ultima giornata di andata. Siamo ormai al giro di boa. Di tempo da perdere ce n’è sempre meno.

CHE BRUTTI SEGNALI…

Il Padova perde non meritando di perdere. Per l’ennesima volta non gli viene fischiato un rigore a favore che c’era tutta la vita (anzi, per la verità ce n’erano due nella stessa azione, bastava sceglierne uno). Lotta, corre, soffre, regge l’onda d’urto del Pescara. Mazzoni para un rigore a Maniero dimostrando una volta di più quanto è forte, Rocchi entra e in dieci minuti si rende assoluto protagonista, sfiorando il gol e dimostrando così che qui è venuto per far bene e non per svernare.

Eppure, il bello del Padova non basta mai a sconfiggere il brutto, né a tirare un calcio in faccia alla sfortuna, né a sopravvivere agli errori arbitrali che purtroppo ci sono e sono tanti. Se poi è Cuffa, uno che di solito è sempre tra i migliori, a condannare i biancoscudati alla sconfitta con un errore difensivo da principiante, vien proprio da dire che i segnali che ci sta lanciando il cielo non sono buoni.

Ci sarà da soffrire, tanto, troppo. Dopo esserci fatti andare di traverso il panettone di Natale, speriamo almeno di stappare una bottiglia per festeggiare con qualche punto in più il nuovo anno. Il che significa che bisogna fare punti contro Siena e Avellino prima della lunga sosta. Assolutamente.

E LA NEBBIA SCENDERA’

Sinceramente faccio fatica a dare un voto al Padova di oggi.

La nebbia mi ha fatto vedere sì e no 30 minuti in tutto: troppo pochi per un giudizio obbiettivo e complessivo.

L’unica cosa che mi sento di dire è che, per come si era messa (sotto di un gol e di un uomo), il pareggio è un risultato che va apprezzato. E che forse più avanti apprezzeremo ancora di più.

Certo abbiamo mancato l’appuntamento con la svolta, per l’ennesima volta, ma oggi non era davvero facile l’impegno: la Ternana l’ha messa subito in rissa, Iori è stato azzoppato al primo fallo, c’erano altre pesanti assenze, per squalifica e infortun e la nebbia è stata il secondo avversario della giornata. Teniamoci stretto il pari e guardiamo avanti.

LA TEORIA DEI PICCOLI PASSI FUNZIONA

Una difesa blindata, un portiere che non sbaglia un’uscita e si va a prendere con personalità anche palloni in mezzo all’area che non sarebbero di sua competenza e una serenità d’animo di fondo impartita con costanza dall’allenatore. Il segreto della prima vittoria fuori casa del Padova, arrivata a coronamento di altri tre risultati utili consecutivi, sta tutto qui. E finalmente anche il presidente Diego Penocchio, che ha masticato nervosamente la gomma americana per tutti e novanta i minuti, a fine gara ha potuto lasciarsi andare ad un sorriso liberatorio per il primo successo esterno della sua era, successo esterno che mancava da ben otto mesi, ovvero da quando lo scorso 20 aprile il Padova di Pea aveva battuto l’Ascoli 1-0 con gol di Ze’ Eduardo. I meriti principali vanno senz’ombra di dubbio a Bortolo Mutti, tecnico concreto e navigato, che, subentrato al giovane Marcolin, è stato bravissimo a fare da scudo tra la squadra e la piazza nei momenti più difficili, a trasmettere fiducia ai giocatori e a organizzare un passo alla volta il gioco, iniziando appunto dalla difesa, dove Benedetti, Carini e Santacroce sono diventati i perni insostituibili e l’avvicendamento in porta, non senza dolore, tra il giovane Colombi e l’esperto Mazzoni ha prodotto effetti immediati. E poi c’è lui, Cristian Pasquato da Vigonza: non è un caso che sia stato scoccato dal suo piede il tiro vincente, quello che ha portato al gol vittoria. E’ il quinto sigillo personale da parte del padovano che si erge sempre più a leader di un gruppo che sta piano piano assumendo le sembianze di una squadra vera.

Certo i limiti ci sono, in questo Padova, e continuano ad essere evidenti: col centrocampo a 3 a Cesena è andata molto meglio, grazie all’inserimento contemporaneo di Cuffa e Osuji a dare manforte a Iori, ma in attacco la parola concretezza è ancora un’illustre sconosciuta. Non si può arrivare davanti alla porta avversaria così tante volte prima di buttarla dentro. E bisogna sfruttare di più le occasioni da palla inattiva, su punizione e calcio d’angolo, che di tante squadre sono la fortuna e invece dei biancoscudati rappresentano la nota dolente. Se il Padova riuscirà a fare qualche piccolo ma costante balzo in avanti anche in questo senso forse la parola salvezza potrà entrare a far parte del vocabolario biancoscudato ben prima della fine del campionato, evitando ai tifosi un’infinita sofferenza. Chissà se la teoria dei piccoli passi continuerà a funzionare. Intanto sotto con la Ternana sabato prossimo: mai avversario fu più azzeccato per cercare di uscire per la prima volta del tutto dalla zona retrocessione. La boccata di ossigeno sarebbe di quelle che aiutano e non poco.