TROPPA FATICA E TROPPA SOFFERENZA

Rocchi oggi ha fatto una partita incredibile. Non avrei mai pensato che avrebbe retto 90 minuti con quell’energia e quello spirito di sacrificio. Anche perché, parliamoci chiaro: sono stati pochissimi i palloni che gli sono arrivati in area comodi comodi. La maggior parte ha dovuto andarseli a prendere a centrocampo, raddoppiando gli sforzi. E poi su di lui i rigori erano due: cominciassero a fischiarceli a favore tutti quelli che ci sono, forse, la prospettiva diventerebbe un filo più rosea.

Mazzoni ormai è sulla lunghezza d’onda del “Santo subito”: con i suoi interventi provvidenziali ci sta facendo sempre più pensare che, con lui tra i pali, finalmente abbiamo un portiere sicuro e affidabile.

Musacci è stato bravissimo a mantenere il sangue freddo del rigorista e a salvare la barca che stava naufragando.

Eppure, eppure non basta. Il punticino raschiato via dal fondo del barile contro il Siena sarà anche un toccasana dal punto di vista del morale, visto che si è rischiato seriamente di perdere e alla fine è arrivato il pari, ma sotto il profilo della classifica vale poco più di niente. C’è poco da fare: i punti oggi dovevano essere tre, in qualunque modo.

Sono due gli aspetti che mi preoccupano: 1) l’uscita dal campo di Iori per infortunio (e teniamo le dita incrociate che non sia grave!) ha come spento la luce. Senza di lui il gioco diventa un illustre sconosciuto. 2) Non tutti quelli che oggi sono stati chiamati in causa dopo tanta panchina hanno risposto presente. Parlo di Celjak, ad esempio, ma soprattutto di Feczesin. Per carità non è facile essere gettati nella mischia dal primo minuto dopo 13 partite passate a guardare, ma forse un po’ di “aiutati che il ciel ti aiuta” in più non guasterebbe. Almeno Radrezza ce l’ha messa tutta, ha procurato un po’ di punizioni e ha tentato qualche appoggio di prima intenzione prima di essere sostituito. Musacci non ha brillato nell’impostazione del gioco ma almeno ha avuto gli attributi di andare a battere un rigore tra i più difficili da battere. E l’ungherese? Credo che certe valutazioni debbano essere fatte con molta accuratezza dalla società, visto che tra pochi giorni, riapre il mercato.

Domenica si gioca l’ultima giornata di andata. Siamo ormai al giro di boa. Di tempo da perdere ce n’è sempre meno.

CHE BRUTTI SEGNALI…

Il Padova perde non meritando di perdere. Per l’ennesima volta non gli viene fischiato un rigore a favore che c’era tutta la vita (anzi, per la verità ce n’erano due nella stessa azione, bastava sceglierne uno). Lotta, corre, soffre, regge l’onda d’urto del Pescara. Mazzoni para un rigore a Maniero dimostrando una volta di più quanto è forte, Rocchi entra e in dieci minuti si rende assoluto protagonista, sfiorando il gol e dimostrando così che qui è venuto per far bene e non per svernare.

Eppure, il bello del Padova non basta mai a sconfiggere il brutto, né a tirare un calcio in faccia alla sfortuna, né a sopravvivere agli errori arbitrali che purtroppo ci sono e sono tanti. Se poi è Cuffa, uno che di solito è sempre tra i migliori, a condannare i biancoscudati alla sconfitta con un errore difensivo da principiante, vien proprio da dire che i segnali che ci sta lanciando il cielo non sono buoni.

Ci sarà da soffrire, tanto, troppo. Dopo esserci fatti andare di traverso il panettone di Natale, speriamo almeno di stappare una bottiglia per festeggiare con qualche punto in più il nuovo anno. Il che significa che bisogna fare punti contro Siena e Avellino prima della lunga sosta. Assolutamente.

E LA NEBBIA SCENDERA’

Sinceramente faccio fatica a dare un voto al Padova di oggi.

La nebbia mi ha fatto vedere sì e no 30 minuti in tutto: troppo pochi per un giudizio obbiettivo e complessivo.

L’unica cosa che mi sento di dire è che, per come si era messa (sotto di un gol e di un uomo), il pareggio è un risultato che va apprezzato. E che forse più avanti apprezzeremo ancora di più.

Certo abbiamo mancato l’appuntamento con la svolta, per l’ennesima volta, ma oggi non era davvero facile l’impegno: la Ternana l’ha messa subito in rissa, Iori è stato azzoppato al primo fallo, c’erano altre pesanti assenze, per squalifica e infortun e la nebbia è stata il secondo avversario della giornata. Teniamoci stretto il pari e guardiamo avanti.

LA TEORIA DEI PICCOLI PASSI FUNZIONA

Una difesa blindata, un portiere che non sbaglia un’uscita e si va a prendere con personalità anche palloni in mezzo all’area che non sarebbero di sua competenza e una serenità d’animo di fondo impartita con costanza dall’allenatore. Il segreto della prima vittoria fuori casa del Padova, arrivata a coronamento di altri tre risultati utili consecutivi, sta tutto qui. E finalmente anche il presidente Diego Penocchio, che ha masticato nervosamente la gomma americana per tutti e novanta i minuti, a fine gara ha potuto lasciarsi andare ad un sorriso liberatorio per il primo successo esterno della sua era, successo esterno che mancava da ben otto mesi, ovvero da quando lo scorso 20 aprile il Padova di Pea aveva battuto l’Ascoli 1-0 con gol di Ze’ Eduardo. I meriti principali vanno senz’ombra di dubbio a Bortolo Mutti, tecnico concreto e navigato, che, subentrato al giovane Marcolin, è stato bravissimo a fare da scudo tra la squadra e la piazza nei momenti più difficili, a trasmettere fiducia ai giocatori e a organizzare un passo alla volta il gioco, iniziando appunto dalla difesa, dove Benedetti, Carini e Santacroce sono diventati i perni insostituibili e l’avvicendamento in porta, non senza dolore, tra il giovane Colombi e l’esperto Mazzoni ha prodotto effetti immediati. E poi c’è lui, Cristian Pasquato da Vigonza: non è un caso che sia stato scoccato dal suo piede il tiro vincente, quello che ha portato al gol vittoria. E’ il quinto sigillo personale da parte del padovano che si erge sempre più a leader di un gruppo che sta piano piano assumendo le sembianze di una squadra vera.

Certo i limiti ci sono, in questo Padova, e continuano ad essere evidenti: col centrocampo a 3 a Cesena è andata molto meglio, grazie all’inserimento contemporaneo di Cuffa e Osuji a dare manforte a Iori, ma in attacco la parola concretezza è ancora un’illustre sconosciuta. Non si può arrivare davanti alla porta avversaria così tante volte prima di buttarla dentro. E bisogna sfruttare di più le occasioni da palla inattiva, su punizione e calcio d’angolo, che di tante squadre sono la fortuna e invece dei biancoscudati rappresentano la nota dolente. Se il Padova riuscirà a fare qualche piccolo ma costante balzo in avanti anche in questo senso forse la parola salvezza potrà entrare a far parte del vocabolario biancoscudato ben prima della fine del campionato, evitando ai tifosi un’infinita sofferenza. Chissà se la teoria dei piccoli passi continuerà a funzionare. Intanto sotto con la Ternana sabato prossimo: mai avversario fu più azzeccato per cercare di uscire per la prima volta del tutto dalla zona retrocessione. La boccata di ossigeno sarebbe di quelle che aiutano e non poco.  

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Sentivo che sarebbe finita così. A forza di darli quasi per scontati e già acquisiti i tre punti col Carpi non sono arrivati. E mo’ che facciamo? Presentiamo ricorso al giudice di secondo grado, certo, ma chissà quando arriverà il verdetto e intanto quei tre punti non ci sono. E non ci daranno quella spinta psicologica di cui tanto avevamo bisogno.

Una volta di più dimentichiamoli quei tre punti, anzi facciamo proprio finta di averli persi. Pensiamo solo a salvarci sul campo, cercando con tutte le nostre forze di conquistare più punti possibile, soffrendo, sudando, correndo, segnando, vincendo, pareggiando.

La strada può essere solo questa.

SARA’ UNA LUNGA BATTAGLIA, METTIAMOCELO IN TESTA

Arrivare alla salvezza sarà dura. Durissima. Il Padova dovrà lottare con tutto se stesso e soprattutto calarsi nella mentalità di una squadra che lotta SOLO ed ESCLUSIVAMENTE per mantenere la categoria in cui sta giocando adesso. Lo dico anche a me stessa che, qualche settimana fa, sono caduta nella tentazione di pensare che, con un filotto di risultati e con la regola dei playoff allargati, il Padova potesse ancora sperare non solo di raddrizzare la barca che sta viaggiando storta ma anche di scalare la classifica fino a portarsi nella sua parte più nobile.

Non succederà niente di tutto questo. Dobbiamo quindi smetterla di aggrapparci ai tre punti di Carpi come alla manna dal cielo perché, anche se ci verranno dati, non saranno decisivi per farci cambiare improvvisamente obiettivi e strategie.

Una volta in più ho capito questo guardando oggi la sfida col Crotone. Certo, il Padova ha avuto le sue occasioni e poteva anche portarsi in vantaggio, specie nel primo tempo, ma non l’ha fatto. E alla fin fine è stato il portiere Mazzoni il migliore in campo, impedendo al Crotone di farci la festa. Quindi è inutile dire “se Melchiorri segnava”, “se Pasquato tirava meglio”, “se Cuffa ne approfittava”. Questi siamo e i nostri limiti, a volte tecnici a volte anche caratteriali, sono ormai evidenti. La salvezza sarà un traguardo da costruire con pazienza e forza mattoncino dopo mattoncino. Il punto di oggi rappresenta proprio uno di questi mattoncini ma il muro da alzare è alto e noi siamo appena alla base.

Mettiamocelo nella zucca. Che forse vivremo con maggior serenità il percorso tortuoso e difficilissimo che ci attende da qui alla fine.

ALMENO ABBIAMO UN PO’ DI CORAGGIO

Non siamo una squadra di fenomeni. I nomi, in rosa, ci sono ma gli errori commessi quest’estate nell’assemblaggio di questa squadra sono stati fatti e la classifica, all’alba della quindicesima giornata, non mente ed è anzi la migliore delle cartine al tornasole: se siamo penultimi non può più essere un caso. Bisognerà dunque vendere cara la pelle per salvarsi, punto e basta.

Detto questo, però, oggi a Bari il Padova ha dimostrato un po’ di quell’umanità e di quel carattere che sembravano smarriti. Un pizzico di coraggio, di voglia di non mollare che, come abbiamo visto, hanno fatto eccome la differenza. Non è un caso che il gol che ci ha fatto rimettere almeno la testa fuori dall’inferno, dopo il 2-0 del Bari, lo abbia segnato Matias Cuffa, uno che tiene a questa maglia come nessun altro. Quel suo colpo di “cabezon” ha come risvegliato tutti gli altri dall’incubo e ha poi ispirato anche il ritorno alla rete, dopo due anni e otto mesi, di Daniele Vantaggiato.

Allora, anche se non siamo uno squadrone, possiamo senz’altro fare un po’ più di strada rispetto a quella percorsa fino ad adesso se ci mettiamo questo cuore anche da qui in avanti. Poi se Iori continua a crescere e torna il giocatore che tutti noi adoriamo, la difesa si dà una registrata, Vantaggiato prosegue nella strada tracciata oggi, Pasquato viene rimesso a fare il trequartista, Rocchi raggiunge la condizione e a gennaio poniamo qualche correttivo grazie alla riapertura del mercato le cose possono anche migliorare. E di molto.

Ma ripartiamo dal coraggio mostrato oggi. Se c’è quello i punti si possono portare a casa anche si è ancora una squadra un po’ sgangherata e alla ricerca di equilibrio. Solo mettendocelo sempre tutti gli altri elementi che ho elencato dopo possono arricchire e avere un senso. Se invece non c’è, allora possiamo anche mettere Mourinho in panchina e Cristiano Ronaldo in attacco. Non cambierà mai niente.

A QUANDO UNA VERA REAZIONE?

Capisco le assenze. Erano pesanti soprattutto a centrocampo, dove mancavano sia Osuji che Cuffa, e sulla corsia di sinistra, in cui non c’erano Modesto e Jelenic. Ma anche al Brescia mancavano 9 titolari e, paradossalmente, è stato più pericoloso del Padova.

Non mi sento dunque di trovare altri alibi o giustificazioni alla prestazione di stasera. In cui, peraltro, in dieci il Padova ci è rimasto per un’ingenuità terribile di Legati e non perché, per la troppa voglia di vincere, il giocatore è andato con troppa irruenza sull’avversario.

A quando la vera reazione, Padova? I tifosi sono stanchi di salire sull’altalena e di scendere dopo appena un giro. E, soprattutto, sono delusi di non vedere il fuoco negli occhi dei giocatori. O si accende questo fuoco o la classifica non potrà mai migliorare.

CHI E’ CHE E’ ALTALENANTE?

Ha voglia Elia Legati a dire che l’ambiente è “umorale” ed emotivamente altalenante. Che passa troppo facilmente dagli elogi alle critiche più feroci, dai sorrisi ai mugugni, dal sogno playoff all’incubo retrocessione.

Il Padova di adesso, lui compreso, non è assolutamente diverso dalla gente che lo circonda. Una giornata gioca bene, quella dopo no. Una giornata tiene il risultato fino alla fine stringendo i denti, quella dopo crolla sul più bello. Una giornata passa in vantaggio e porta a casa la vittoria, quella successiva, dopo essersi portato in vantaggio, si fa raggiungere e superare. Mi pare che anche la squadra sia emotivamente altalenante e rappresenti esattamente lo specchio dei giudizi di chi la va a vedere. Che, giustamente, una settimana vede cose belle e applaude, ma quella dopo vede cavolate a go go e fischia.

Certo, c’è una parte di pubblico che si lamenta a prescindere. Che non incoraggia i più giovani. Che parte prevenuta con quelli di maggiore anzianità. Che al primo passaggio sbagliato al 1′ del primo tempo già sbuffa, senza attendere il novantesimo. Ma non sono tutti così i tifosi padovani. E anche quelli più “equilibrati” non possono fare altro che constatare che in questo momento il Padova per primo è altalenante. Una squadra double-face, potente e rocciosa all’Euganeo, fragile come il tonno che si taglia con un grissino in trasferta.

Finché non saranno i giocatori a trovare un equilibrio sarà difficile che lo trovi il pubblico. E direi che gli alibi, a mano a mano che le giornate passano, si fanno più sottili. Soprattutto quello secondo cui questa squadra non trovava continuità perché ogni settimana Mutti era costretto a cambiare e rivedere la formazione per infortuni. Sono settimane che i prescelti sono gli stessi, in difesa, a centrocampo e in attacco. Eppure, a Reggio Calabria, è arrivata una sconfitta che per la modalità in cui è maturata lascia parecchio perplessi. Peraltro sarà sabato prossimo che l’allenatore biancoscudato sarà costretto a cambiare perché Cuffa e Osuji saranno entrambi squalificati. Due perdite molto pesanti.

L’avversario della quattordicesima giornata sarà il Brescia. All’Euganeo. Lì dove il Padova ha finora costruito le sue maggiori fortune. Si spera che l’andazzo casalingo continui ad essere quello delle ultime settimane se no la classifica tornerà ad essere più che preoccupante.

FINALMENTE UN GRUPPO

Non può piovere per sempre. E non c’è notte tanto lunga da impedire al sole di sorgere.

Ecco che quindi il Padova da quasi spacciato si trasforma perfino in una squadra che ha delle qualità. Già: le stesse che aveva qualche settimana fa quando si perdevano tutte le partite. Qualità che si faceva fatica a tirare fuori e che adesso Bortolo Mutti sta facendo snocciolare ai suoi un po’ alla volta. Giusto per non farsi venire un’indigestione… di entusiasmo! Ecco che la posizione in classifica non è più la penultima. Si sale verso la salvezza, un traguardo che si fa di settimana in settimana sempre più possibile.

Il Padova sta crescendo e, appunto, tirando fuori quel che prima non riusciva, bloccato da un freno a mano evidentemente più psicologico che tecnico. Ma aldilà di un Pasquato che segna sempre, di un Melchiorri che ci va sempre vicino, di un Vantaggiato che si fa un mazzo così anche se continua a vincere l’oscar della sfortuna, di un Iori che a centrocampo fa luce, di un Cuffa che non molla mai e di un Mazzoni che, in porta, ha dato, grazie all’esperienza, qualcosa in più, di questa squadra mi è piaciuto oggi soprattutto un aspetto: il gruppo.

Sì, il gruppo. Questo concetto che a volte qualcuno considera abusato e che invece è fondamentale per fare strada. Undici ottimi giocatori che non fanno gruppo non vanno più lontano di undici buoni giocatori che fanno gruppo. Oggi lo abbiamo capito una volta di più. E’ quando sai che il tuo compagno farà per te una corsa in più che vinci la partita. E’ quando tu fai lo stesso per lui che vinci la partita. E’ quando stringi i denti nonostante i crampi che vinci la partita. E’ quando raddoppi la marcatura per dare una mano al tuo compagno difensore che vinci la partita. E’ quando ci provi senza mollare mai che vinci la partita.

E vincerai con ogni probabilità anche quella che viene dopo.