Torna al blog

IL VILLAGGIO PARZIALE: QUANTA GLOBALITA’…

Il tono di voce di una persona amata, o a cui sei anche solo affezionato, sebbene distorto, non chiarissimo, a causa dello strumento telefonico, ti possono dire molte cose sul suo stato d’animo, anche se non esplicitate.

Le scelte di chi ascolta e conosca le caratteristiche di chi parla non poss0no essere molte, puoi sviare il “discorso”, ma non è una scelta da adulto e maturo, puoi restare in silenzio e far intendere che magari stai riflettendo, oppure la scelta, apparentemente, più consona è quella di incoraggiare a fornire ulteriori dettagli, quella sbagliata è quella di cominciare a parlare di qualcosa che è accaduta a te.

Quelle voci e quei toni non ti diranno un granchè se sei ancorato solo alla tua esistenza, se ti tocchi gli zebedei all’annuncio che qualcuno che hai conosciuto bene se n’è andato, cercando solo DOPO di sapere il quando e il come, elementi solo apparentemente inutili, e il chiedere e pensare su come ha lasciato i suoi cari, e alle sofferenze di varia “qualità e quantità” di chi sta elaborando il proprio lutto, farlo seriamente è un segno significativo e apprezzabile di distacco dall’appiccicosa esistenza solipsistica.

Nel corso degli anni ti accorgi che la sofferenza non è solo la tua, ma è globale e di fronte ad essa hai almeno due possibilità:

a) trovare un pretesto qualsiasi, magari con qualche elemento di veridicità documentabile, e startene nel tuo angolo a contare (inconsciamente) il tempo che ti rimane da vivere;

b) andare e vedere, cum grano salis, nell’autentica accezione della locuzione latina, sapendo che esiste un costo non quantificabile nè immediatamente visibile.

 

Sono stato ventun giorni in un piccolo villaggio montano-collinare del  Kenya Centrale a K.

Credo non occorra precisare che la voce e i toni cui facevo riferimento all’inizio erano, in questo caso, quelli di mia moglie.

Comunque per i primi due giorni le chiedo di seguire la mia curiosità, dopo aver visto un panorama di vegetazione pressochè sconosciuta e splendida nonostante le mie numerose visite in quel paese.

Campi e coltivazioni di un’incredibile ordine e precisione geometrici e, in questo caso, il paesaggio è la proiezione geofisica della personalità degli abitanti, muti e silenti che nemmeno i sardi o i siciliani.

Sempre celati nei loro rapporti dietro un termine che nell’ultima settimana avrei rotto come un vaso di coccio: “the Tradition/s” (la tradizione).

Uno dei peggiori trucchi, fasulli, per perpetrare le gerarchie di potere famigliare e sociale.

Infatti dopo una settimana di convesasioni bisbigliate, in casa mia?, faccio il primo assaggio a sorpresa nel mio “compound” che confina con quello della famiglia di mia moglie e con voce chiara (nella loro “tradition” è quasi urlata) chiarisco in inglese, compreso solo da mio suocero e cognato: ” First io qui non sono un “guest” (ospite), questa è casa mia, e se i tuoi genitori hanno qualcosa da dire devono chiedere di parlarmi e io ti dirò il quando e il dove farlo, quindi tu, mia moglie hai FINITO di fare la “postwoman” e domani preparo la lista dei parenti e delle persone che gradirei incontrare, that’s all”.

Credevo di travare mia moglie svenuta, ed invece sembrava cresciuta di dieci centimetri: nella loro “tradition” (…) era la prima volta che “un marito”, che ha la casa, qualche campo, qualche DISPONIBILITA’ economica imponeva, doverosamente, la propria “tradition” nella sua proprietà.

Il giorno dopo visita ad alcuni parenti, bravissime persone, sgraditi pertanto a mia suocera, inoltre chiedo attraverso Nancy di incontrare “il saggio” del villaggio, massima autorità, facendo precere il tutto con una modesta donazione in denaro per la comunità (?…)

Durante l’incontro con i parenti “sgraditi”, insisto con mia moglie che traduca in dialetto FEDELMENTE quello che le dirò e che mi riporti fedelmente le risposte:

Le domande furono solo due, premettendo che lo sport di moda e unico in pase è “the gossip” (il pettegolezzo):

1) è vero che si è fatta circolare in paese la chiacchera che Nancy non era sposata e per di più con un bianco (elemento di  prestigio)?

2) Cosa diceva mia suocera davanti a tali assurdi pettegolezzi?

Mezz’ora di loro conversazione dialettale con il sottoscritto che rompe l’ennesima “tradition” guardando diritta negli occhi la “zia acquisita”.

Alla fine cede e vengo a conoscenza di cio che era per me decisivo.

Lascio come da “tradition” qualcosa di significativo per lei e tre pacchetti di Marlboro ai miei giovani cugini che si erano dimostrati molto svegli e simpatici tanto da invitarli a casa mia il giorno dopo.

Capisco che la cosa possa apparire una “americanata”, ma in realtà io ho fatto un misto tra la loro “tradition” e la mia personalità.

Tralascio molto del villaggio parziale-globale perchè rimaneva l’ostacolo più grande, enorme, Nancy e sua madre che aveva capito tutto quello che avevo messo in atto e che non avrebbe mai più visto un centesimo delle mie tasche (la cosa assolutamente più importante per lei).

Esordisco con Nancy con una frase forte: “Your mother is a witch, i’m totally sure”.

Ho più di un amico con l’esistenza rovinata da una witch-mother, ci ho anche studiato su libri importanti di Sociologia della Famiglia, ma la cosa rimaneva di estrema delicatezza con una della sensibilità di Nancy dalla vita tribolatissima, in parte anche dopo avermi incontrato, ma penso di aver ben rimediato in parte.

Ma improvvisamente accade una cosa inaspettata: Nancy “rompe gli argini” e mi racconta tutte le vessazioni ricevute da sua madre fino a poco prima del mio arrivo.

Portare uno come me ai limiti della commozione irrefrenabile ce ne vuole, eppure…

A quel punto decido di usare una mia metafora ardita ma vera, più vera del vero e le dico:

Esistono sostanzialmente DUE tipi di MADRE:

– la madre che dopo nove mesi “espelle” dal suo ventre una figlia e la lascia al suo destino, spesso torturandola emotimavamente col ricatto;

– e la madre che dopo aver partorito segue con tutto l’amore possibile la propria figlia, al pumto che se c’è una sola ciotola di riso, quella è per la figlia.

Nancy pare capire tutto, ma alla fine mi chiede: MA PERCHE MI ODIA E MI FA DEL MALE…

Il lavoro non è ancora finito ma dalle ultime telefonate non l’avevo più sentita così decisa e felice.

Quanto durerà?

 

DOMANDA

Ma davvero sono tutte belle (e brave) le mamme del mondo?

 

 

73 commenti - 8.136 visite Commenta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

code