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LA “METAMORFOSI” DI SOGLIANO

 

Non sarà un mago della sintassi, Sean Sogliano, anzi.  Spesso il ds baruffa coi congiuntivi, si scontra con la grammatica, s’arrampica affannosamente sui soliti aggettivi, figuriamoci quando s’avventura negli inglesismi (auzzider, rimarrà sempre una perla). Ma se la forma lascia a desiderare (ahimè, ci sono affezionato), lo stesso non si può dire della sostanza. Il direttore sportivo del Verona, infatti, ha due pregi (rari dato il ruolo che ricopre): non dice grandi bugie (piuttosto omette) e parla chiaro arrivando al cuore del problema. “Il mercato della serie A è più difficile perché non puoi prendere tutti i giocatori che vorresti” ha detto ai cronisti prima di partire per il Sudamerica. Tradotto: se sei più povero, devi essere più bravo e scaltro. Hai detto poco.  

Ed è questo il punto. Sogliano dovrà dimostrare di essere un manager da serie A. Nella stagione appena conclusa il ds figlio d’arte ha svolto egregiamente il compito assegnatogli. Ma in serie B. La proprietà gli aveva chiesto di portare a Verona il meglio della cadetteria e lui c’è riuscito, contenendo (cosa non da poco) il più possibile i costi con operazioni intelligenti, tra svincolati (Rivas, Moras e Laner), prestiti con diritto di riscatto (Martinho e Cacciatore) e giocatori in offerta (Cacia). E’ stato bravo il ds, perché – checché ne dicano i soloni che stupidamente credono che al mondo tutti possano fare tutto e che coi soldi è facile di default  – a certi giocatori ci arrivi anche con le relazioni e il tempismo giusti. E poi per costruire una squadra non basta comprare il meglio, ma anche metterlo al posto giusto, senza doppioni, o ruoli mancanti. Sogliano, dicevo, in tutto ciò è stato bravo. Ma non bravissimo, perché il presidente Setti offriva i migliori ingaggi su piazza a quei livelli e i giocatori che giravano erano, tutto sommato, i soliti noti. In A, al contrario, serve fantasia, intuito, conoscenza del mercato internazionale e giovanile. Occorre ampliare il raggio delle relazioni (il mondo non si ferma a Varese) e dei contatti. Occorre (il Chievo insegna, lasciando stare l’inarrivabile Udinese) creare anche una struttura di collaboratori che battano i campi minori (ma un Prisciantelli o un Gibellini come capo degli osservatori sono di troppo?) e internazionali.

In buona sostanza se “la serie A è un altro sport” (copyright Setti), essere ds in una neopromossa è un altro mestiere (copyright mio). Sogliano avrà carta bianca, si consulterà con Mandorlini, ma deciderà lui. E, statene certi, non costruirà una squadra a immagine e somiglianza dell’allenatore. E’ la strategia societaria che lo impone e poi non è più il calcio di una volta. Setti vuole patrimonializzare (legittimo, lo fa per business mica per passione, l’importante è che il business sia conciliabile con le ambizioni sportive, quindi non pastorelliano) e gli allenatori – al contrario – sono razza precaria per vocazione. Da qui le  nette parole di Sogliano: “Non lavoro su giocatori che non sono nostri”. Quindi niente prestiti, possibilmente (l’eccezione sarebbe il fenomeno di turno). I nomi che circolano, se veri (il calciomercato è di per sé civettuolo e falso), sono promettenti, staremo a vedere. Quello che è certo è che il giovane e ambizioso Sean adesso si gioca la credibilità (in sintesi “sono bravo, non mi manda papà”) e la carriera. “Non riesco mai a godermi i risultati raggiunti, penso sempre allo step successivo. Sono un irrequieto”, mi ha confidato il giorno dopo la promozione. E’ una buona premessa, in bocca al lupo.  

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