Premessa: usciamo immediatamente dal classico dilemma sul bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Oggi il bicchiere è pieno e basta. Il punto con il Brescia è un ottimo punto perché accorciamo sulla vetta e allunghiamo su chi ci insegue, e soprattutto perché il Brescia, ad oggi, è squadra con caratteristiche tali da poter rompere certi consolidati equilibri del calcio di Pecchia. Il Verona, tra svariati pregi, infatti ha un limite su cui l’allenatore sta tuttavia lavorando: è squadra forte ma poco versatile da un punto di vista tecnico (per le caratteristiche dei suoi giocatori più importanti, specialisti e non universali, e per la mentalità di Pecchia). Una squadra bravissima, anzi sontuosa, nel fare un tipo solo di calcio: quello della ricerca spasmodica – a volte financo accademica – del gioco con la palla a terra, senza “mezzucci” come seconde palle, o atteggiamenti sornioni e attendisti, un calcio più propenso alla costruzione tecnica che alla bagarre fisica.
Brocchi ha studiato i nostri limiti e nel primo tempo (anche nei nostri primi venti minuti di grande calcio) è riuscito a spegnere Siligardi e Luppi, a bloccare con tanto di marcatura a uomo Valoti e – di conseguenza – a togliere rifornimenti a Pazzini. Il Verona, poi, una volta in svantaggio ha perso le misure e le geometrie per tutto il resto del tempo, fino alla svolta di Pecchia – che, fateci caso, si sta gradualmente “stalebanizzando” (mettendo così ancor più in risalto le sue doti tattiche) -, che di rimando nella ripresa ha cambiato assetto, schierato Ganz (che deve recuperare serenità) – liberando così dal giogo delle marcature Pazzini – e cominciato anche a “sporcare” il suo calcio per renderlo adatto al contesto. Dunque ha ragione Brocchi: “È stata una bellissima partita sul piano tecnico, ma soprattutto tattico e agonistico”. E il Verona ha mostrato carattere e capacità di andarsela a riprendere.
Cinque vittorie, due pareggi e una sconfitta sinora sono un buon ruolino di marcia (ci mancano i due punti di Salerno, il resto rispecchia quanto accaduto in campo), ma occorre crescere sul piano della versatilità. Siamo bravissimi a cantare, meno a portare la croce. Ma il Verona ha identità, carattere, qualità e organizzazione. La strada è giusta.
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