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COL GENOA VIETATO DISTRARSI

E poi ci sono quelle serate epiche, in cui ti riappropri dell’unico senso del calcio, che è passione non spettacolo. Un carico di sentimenti. Speranza è il Verona del primo tempo, che superiore al Torino regalava dolci presagi. Preoccupazione i primi venti minuti del secondo, con la partita che sembrava girarsi. Euforia è Ionita (bravo), strattonato ma ancora in piedi e con la forza di concludere, capace di farci saltare sui tavoli dall’ebbrezza. Paura questa sconosciuta, se Rafael ci avesse avvisati prima: “In settimana come rigorista avevo studiato Quagliarella, ma El Kaddouri lo ricordavo dai tempi del Sud Tirol”, dirà il portiere negli spogliatoi. E poi dicono che l’esperienza è un sostantivo calcisticamente vuoto. Ansia nei minuti finali, ché sennò mica sarebbe stato così bello.

Sentimenti, solo sentimenti, quindi tutto. La bellissima dedica di Rafael ad Hallfredsson, il “sogno americano” di Ionita, il Verona là in alto che per quelli come me è come riprendersi l’infanzia.  E il lato tecnico? Crescerà con l’inserimento fisso di uno o due elementi davanti in grado di aiutare Toni e piazzare il colpo. Crescerà perché, a centrocampo, Ionita o Campanharo forse non sono solo rincalzi e Tachtsidis ha margini. Crescerà perché Mandorlini alla formazione e alla “quadra” ci sta ancora lavorando. Sì avete capito bene, sebbene da terzi in classifica e con sette punti in tre partite sembra strano dirlo: questa squadra tiene ancora qualcosa per sé ed è stata (riconosciamolo) anche un tantino fortunata. Però la fortuna te la cerchi e il Verona ha due grandi qualità: è forte e, nonostante i cambiamenti, non ha perso il marchio di fabbrica mandorliniano. Tuttavia, guardando il passato, un pericolo lo vogliamo sventare: i cali di tensione anch’essi mandorliniani. Godiamoci una classifica straordinaria, ma col Genoa vietato distrarsi.

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