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IL BIVIO

Che vogliamo dire? Attaccarci all’arbitro, o magari al campo e parlare d’altro? Rimestare la solita minestra del destino cinico e baro? Alibi alibi alibi, cantava il Vasco più corrosivo. Scusate, tutto ciò mi sembra quasi surreale e invece è vero. Per carità, Paloschi è in fuorigioco e senza quel gol sarebbe finita 0-0. Non è un dettaglio, certo, ma sarebbe cambiato poco nell’analisi, perché non si può affrontare una stracittadina con un atteggiamento così rinunciatario e indisponente. E non si può, dopo un derby perso, minimizzare come se non fosse successo nulla. Lo stesso atteggiamento di Napoli. Udine appare ora un’effimera illusione; forse – come avevo avuto modo di scrivere in un commento – nata anche per demerito dell’Udinese. Ma lì per lì non avevo sottilizzato troppo, quell’exploit poteva essere la medicina e occorreva distribuire fiducia, specie prima del derby (a proposito finiamola di dire che non lo è!).

Avessimo almeno un gioco, invece alla mancanza di furore si aggiunge una confusione di idee. Perché Nenè per Lopez? Perché soprattutto proporre ancora, sempre e comunque Tachtsidis, che aveva sfigurato pure al Friuli ed è tutto dire? Mandorlini sulla sua scommessa greca sta andando a sbattere con una testardaggine stucchevole e trovo strano che un allenatore bravo ed esperto come lui e così attento alle dinamiche dello spogliatoio s’incarti su un singolo, specie in un ruolo così determinante. Pare essere tornati ai tempi di Bjelanovic, ricordate? Il tutto corroborato dai soliti alibi nelle dichiarazioni. E hai voglia di raccontarla che “semo scarsi”, refrain padre di tutte le scuse. Come se il Chievo fosse più forte. Non lo è, anzi. Come se l’Empoli che rischia di espugnare Firenze fosse più forte. Non lo è, anzi.

Ma quelle squadre sono scarse e “ignoranti” e sanno fieramente di esserlo e questa è la loro forza; noi invece ci ritroviamo a lottare per la salvezza e non lo immaginavamo. La squadra è stata costruita per un campionato da metà classifica e adesso si ritrova inopinatamente nelle retrovie. Non è una sottigliezza, l’abitudine a lottare, a compattarti con l’acqua alla gola, non la impari da un giorno all’altro. I giocatori del Verona hanno un pedigree più importante e sono professionisti disciplinati e inappuntabili, ma forse c’è troppo freddezza in quello spogliatoio e mani troppo pulite. E lo stesso mister è poco abituato a lottare per certi traguardi. Per questo hanno ragione Gianluca Vighini e Matteo Fontana quando scrivono che bisogna riaprire le porte degli allenamenti alla città e alla tifoseria. I giocatori hanno bisogno di capire  per chi giocano e quale maglia indossano.

La situazione non è (ancora) drammatica, ma questa sosta giunge a proposito. Società e allenatore in questi giorni devono fare una riflessione e confrontarsi con schiettezza. Entrambi sono a un bivio ed entrambi devono fare un passo indietro se vogliono poi farne due avanti. In attesa di Sala e Obbadi la società deve dare un’aggiustatina alla fasce laterali e alla cabina di regia. Credo lo farà, perché ad agosto non si potevano prevedere i malanni di Sala e il cattivo ambientamento di Brivio. E Tachtsidis sappiamo chi l’ha voluto. D’altro canto l’allenatore deve smetterla con i figli e figliastri e cominci a considerare Tachtsidis non più un intoccabile. Con il rientro di Obbadi e l’ingaggio di un altro centrocampista centrale le alternative non mancheranno. Se c’è collaborazione la nave arriverà al porto senza problemi ed è la strada più auspicabile. Altrimenti è chiaro che si aprono altri scenari. Forza Verona e buon Natale a tutti.

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