LA SCELTA PIU’ LOGICA

 Credo che in questo momento ci sia bisogno in casa del Verona di un po’ di logica e di buon senso. Non mi sembra di dire una bestemmia se affermo che questa squadra non è adeguata a fare il 4-3-3. Mancano esterni in grado di saltare l’uomo, ed è evidente che nonostante le correzioni e gli aggiustamenti tattici Pichlmann non può giocare al fianco di una punta centrale (non voglio dire largo a destra, perchè non sarebbe corretto).

E’ anche vero che i moduli, spesso, lasciano il tempo che trovano e che in realtà Pichlmann parte solo da destra per tagliare verso l’area e quindi in posizione più centrale. Ma, per esempio, domenica Mandorlini per lasciare invariato il modulo, ha fatto giocare in avanti Ferrari, in evidente stato di disagio anche mentale, quando aveva magari una soluzione più logica a portata di mano. 

Il commentatore tecnico di Telenuovo e di Tuttocalcio, l’apprezzato Gigi Purgato, mi ha appena chiamato riferendomi che Mandorlini nella seduta di oggi (a cui Purgato ha presenziato personalmente) ha giocato con tre centrocampisti (Russo, Esposito e Hallfredsson) , con un rifinitore (Mancini) dietro alle due punte (appunto Pichlmann e Le Noci). Mi sembra questa la scelta migliore visto il materiale a disposizione, forse quella che doveva essere praticata anche a Como domenica scorsa.

A volte, il calcio sa essere molto più semplice di come lo si vuole vedere.

LA PARTITA DEL PRESIDENTE

 Ci sono dei momenti nella vita in cui ti rendi conto che il calcio, la tua passione, le arrabbiature, sono in realtà delle quisquilie a cui probabilmente diamo un eccessivo ed enfatico valore.

Oggi è un giorno di questi.

Oggi infatti Giovanni Martinelli subirà un delicatissimo intervento chirurgico. Il presidente del Verona ha parlato qualche settimana fa del suo stato di salute e questo  ci induce a superare una doverosa barriera sulla privacy che avevamo eretto nei mesi scorsi.

Ieri tra l’altro anche il sito del Verona ha voluto essere vicino al presidente gialloblù.

Ma c’è un aspetto fantastico dello sport e del calcio in particolare. La capacità aggregante, quella che ti fa sentire "fratello" il tuo vicino di posto allo stadio, quello che ci unisce al di là delle opinioni diverse e delle giuste rivendicazioni sulla propria passione.

Per questo non ci sono dubbi che Martinelli oggi non sarà solo in questa importante partita. Al suo fianco, come sempre, avrà tutto il popolo gialloblù.

L’ULTIMO TRENO

 Credo che il Verona abbia visto sfilare a Como l’ultimo treno per dare un senso a questa stagione. Sarò pessimista, ma l’impressione è questa. Quando sprechi un rigore, quando nonostante una gara brutta vai in vantaggio, quando non sei in grado di gestire questo vantaggio, vuol dire che sei incapace di "girare" la stagione. Il Verona il suo "bonus" lo ha già sprecato nel girone d’andata. Adesso non doveva sbagliare più niente. E invece ha sbagliato ancora, incapace persino di cogliere quei segnali che la buonasorte gli ha dispensato a piene mani in queste ultime gare.

C’è da chiedersi allora, perchè il Verona non sia diventato una vera squadra. Analizziamo punto per punto gli alibi (perchè ragazzi di alibi si tratta…) che di volta in volta vengono usati per sottrarre questi giocatori alle loro responsabilità.

1) ALIBI NUMERO 1: E’ COLPA DI GIANNINI. Sicuri? Magari può essere vero, però Giannini nelle interviste non ha mai accusato la squadra e ha sempre detto: "E’ colpa mia". Non ha mai risparmiato nulla d’altro canto ai giocatori nel chiuso dello spogliatoio tanto che quando se n’è andato abbiamo sentito dire che i suoi modi alla "romana" non sono stati capiti da qualcuno del gruppo particolarmente sensibile. S’è detto che ha fatto tanta confusione, anche tattica. In realtà forse ha solo cercato un bandolo della matassa, quando ha capito che il materiale a disposizione non era granchè, soprattutto dal punto di vista della personalità. Con Mandorlini qualcosa è migliorato dal punto di vista dell’impegno, ma la squadra non è decollata. Anzi, dopo sette gare a Como è di nuovo planata nella mediocrità.

2) ALIBI NUMERO 2: E’ COLPA DELLA SOCIETA’. Se ci riferiamo alle scelte può essere vero. La società è responsabile di aver scelto Giannini, questi giocatori e poi Mandorlini. Ma se la guardiamo dal punto di vista strettamente professionale (rapporto società-giocatori), il Verona è una società modello. Stipendi pagati regolarmente, squadra messa sempre nelle migliori condizioni organizzative per allenarsi al meglio. Altre squadre (vedi Bologna) si sono cementate in mezzo a disastrose condizioni societarie. Al Verona, dove non esiste nessun problema economico, sembra che questa condizione sia diventata quasi un handicap. Assurdo in tempi in cui metà della società non sa se finirà il campionato e dove ci sono giocatori che non prendono gli stipendi da mesi.

3) ALIBI NUMERO 3: E’ COLPA DELL’ASSENZA DEL PRESIDENTE. Martinelli non sta bene (in bocca al lupo presidente) e per forza di cose non può essere presente con assiduità nelle scelte societarie. Quindi si imputa a questa forzata assenza i risultati scarsi. In realtà questo dovrebbe essere, in una squadra appena dignitosa, un collante eccezionale. Quale miglior molla, quale miglior stimolo, di giocare per il presidente, per ripagare la sua passione, per compensare i suoi sforzi? Anche questo dunque è un alibi che non regge.

Questo per dire, che spesso, troppo spesso, un po’ tutti ci dimentichiamo che ad andare in campo sono i giocatori, non gli amministratori delegati, i direttori sportivi, gli allenatori. E che tante volte, troppo spesso i giocatori vengono "salvaguardati", come se la colpa non fosse mai loro. Scrivo questo, nella speranza che questa squadra si guardi finalmente allo specchio, capendo che la dignità è un requisito minimo per ogni professionista. Qualsiasi lavoro faccia. A maggior ragione se fa il calciatore e rappresenta l’Hellas Verona.

PER FAVORE, PIETA’

 Anche il più ottimista tra gli ottimisti deve alzare bandiera bianca al cospetto di questo Verona. Il pareggio di Como ha il sapore odioso della sconfitta, ed è l’ennesima occasione buttata nel cesso. La verità è che questa squadra è senza spina dorsale, incapace di gestire un risultato, incapace persino di battere un calcio di rigore. Una squadra senza personalità, costruita male, con giocatori che vagano per il campo senza arte nè parte. Siamo stufi. Stanchi. Esasperati. Non ne possiamo più di una formazione che non sa gestire una vittoria, dove il pallone scotta sotto i piedi, dove non c’è nemmeno l’amor proprio, dove si tira a campare in attesa di chissà cosa e chissà chi. Stanchi di vedere uscite sbagliate al novantesimo, stufi di calci di rigore, fuori, parati, alti. Non se ne può davvero più. E’ ovvio e banale che in questa squadra urgono subito, adesso, rinforzi che siano rinforzi veri, uomini con le palle e non donnicciole che non sanno giocare a calcio. Per favore, lo chiediamo senza mezze misure: pietà.

IL PUBBLICO FISCHIANTE

 Non ho mai sopportato i "fischianti". Mi danno fastidio. Amo il Verona perchè i suoi tifosi non si sono mai "adeguati" al resto d’Italia, dove lo "spettatore", come se fosse al cinema o al circo, fischia lo "spettacolo". A Verona si sostiene, non si fischia. Questo ci ha differenziato e continuerà a differenziarci, spero. Anche se, sempre più spesso, sento discorsi del tipo: "La pazienza è finita, bisogna capire chi fischia". No, io non capisco. Credo che sia una "mutazione" negativa del nostro essere dell’Hellas Verona. A Verona sono passati giocatori che nulla avevano a che spartire con noi e con la nostra storia. Ma con grande coerenza, soprattutto durante i novanta minuti, non abbiamo mai fischiato nessuno. Nè Paolo Rossi che era il simbolo del Real Vicenza, nè Alessandro Renica che aveva le stimmate del Napoli di Maradona attaccate addosso. 

L’orgoglio più grande di questi ultimi anni è aver applaudito dopo la tremenda retrocessione in C1. Credo che quella sera non abbiamo applaudito Ventura, nè la squadra retrocessa, ma abbiamo applaudito il nostro stesso essere dell’Hellas Verona. Una dimostrazione di sportività mai sufficientemente messa in risalto dai cantastorie nazionali, più propensi a contare quante volte un deficiente fa uh uh, che non a elogiare, uno stadio e una città che scendono di categoria in quel modo.

Ecco perchè spero di non sentire più nessun fischio, durante la partita, a nessun giocatore del Verona. Il fischio ferisce, fa male, non crea nessuna atmosfera giusta, più in generale non migliora la prestazione di un giocatore ma semmai la peggiora. A fine gara, naturalmente, è un’altra cosa: ognuno farà le sue considerazioni sull’impegno messo in campo dai nostri e sulla prestazione. Ma, per favore: non diventiamo uno dei tanti "pubblici fischianti" d’Italia. 

MANDORLINI, LO SGUARDO CHE “UCCIDE”

Mi piace scrutare l’animo della gente. E’ una specie di deformazione professionale. Mi piace guardare anche il sopraciglio che si alza dopo una domanda. Sfumature che mi danno l’idea di chi ho davanti. Pastorello poteva essere invitato al tavolo del poker. Avrebbe bluffato anche con una coppia in mano, facendo credere di avere quattro assi. Lo guardavo quando faceva le conferenze stampa. Sicuramente preparate e mandate a memoria il giorno prima e la notte, davanti allo specchio del bagno. Un attore consumato.

Arvedi era un libro aperto. Faceva casino, sempre. Un vulcano. A suo modo, anche lui un consumato attore, ma alla Totò e alla Peppino, capace di improvvisare quando andava in scena.

Malesani era un veronese vero. Una vena di follia ne percorreva sempre le interviste. Un cavallo di razza, che non amava le banalità, anche quando cercava di darsi un contegno.

Ficcadenti è un "vincente" nato. Uno che le sconfitte proprio non le tollera. Massimo vive malissimo quando perde. Tanto da mettersi il mondo contro. Ma è un ragazzo onesto, a suo modo "puro" e per certi versi un "idealista". Dio solo sa quanto gli sia dispiaciuto lasciare Verona senza aver avuto la possibilità di tornare in serie A.

Giannini mi piaceva. Umanamente il "Principe" lo catalogo tra le persone "vere" che ho conosciuto nel mondo del calcio. Fin troppo. Purtroppo a volte l’ipocrisia paga di più. Giannini non era ruffiano. Ha accettato il dialogo con tutti, a mio avviso anche troppo. Credo si sia inimicato lo spogliatoio e soprattutto quelli che dovevano essere i "suoi" uomini. Ma lo ha fatto a fin di bene, proprio per dimostrare che non c’erano figli e figliastri.

Mandorlini ha lo sguardo "tagliente" come la lama del rasoio. Non le manda a dire. Ha attaccato i rumeni per averlo cacciato. Non gli è piaciuto il paragone che abbiamo fatto con il Verona di Remondina. "Ci rivediamo tra due anni e poi potete fare il paragone" ha sibilato. Nelle interviste è insofferente verso chi lo provoca con il modulo tattico. Ha personalità da vendere e mi pare che sia un vincente. Ora il Verona pare avere una spina dorsale. Non solo tattica ma anche morale. In cuor suo, sono certo, medita una clamorosa rimonta. Non lo dice, ma la rabbia che si percepisce dietro le sue dichiarazioni mi pare una sfumatura da non sottovalutare. Se riesce a far decollare il feeling con la piazza, può essere l’allenatore che il Verona cerca da anni.

ALLA FIERA DEL WEST…

 E’ il momento del mercato di gennaio: un momento delicato, da sempre. Ci sono stati degli anni, in cui a gennaio, si giocava il tutto per tutto. Cannella prese 8 da Ventura e da molti aedi che ne tessevano le lodi, tranne poi a fine campionato, dire che Ventura aveva allenato la stessa squadra di Ficcadenti. Venne Ferrante, un gol all’attivo fino a quel momento e molti tifosi erano convinti che quello bastasse per salvarsi. Acqua passata, non macina più. Anche se ogni tanto ricordarsi da dove si viene e perchè si è qui oggi non fa male.

Oggi c’è un Verona da ritoccare, non da stravolgere. Guardavo a qualche numero dei giocatori che Gibellini ha mandato via e che qualcuno avrebbe voluto qui per ritentare la scalata alla B. Rantier: gol 2. Pensalfini minuti giocati 462, 10 presenze, 0 gol. Ciotola, reti segnate 1, minuti giocati 826. A Taranto, si dice, farebbero un bel pacchetto con il fiocco pur di rispedirli al mittente. Solo Pugliese, in serie B, a Varese, sta facendo la sua strada e risulta tra i più presenti della squadra di Sannino. Ma di lui abbiamo detto e scritto. Aggiungerei Di Gennaro (quattro reti a Lanciano) e Colombo (15 presenze, una rete a La Spezia). Se questa è la rivoluzione che ha stravolto il Verona, beh, allora meglio dire e ripetere che forse è stata una rivoluzione incompleta.

In realtà Gibellini ha fatto affidamento sugli uomini della scorsa stagione che parevano migliori degli altri. Ed infatti ha tenuto Rafael, Cangi, Campagna, Ceccarelli, Esposito, Russo, Berrettoni. Ha aggiunto Le Noci,  Hallfredsson e Pichlmann, non tre "mona". Paghera, Martina Rini e Torregrossa sono i tre giovani sui cui ha puntato. Alzi la mano che pensa che abbia sbagliato. L’attacco del Verona (Pichlmann-Le Noci) sulla carta è forte di 28 reti a stagione (10 di Piki, 18 di Beppe). E fino ad oggi, i due hanno segnato dieci reti, pur in questa disgraziata prima parte di stagione. Dico questo perchè prima di buttare tutto a mare è meglio fare un serio pensierino.

Forse è stato sbagliato il tecnico. Giannini dava l’idea di essere l’uomo giusto nel posto sbagliato o viceversa.

Al Verona serve soprattutto un po’ di carattere, perchè ciò ha fatto difetto alla squadra. Molto ha fatto in questo senso l’arrivo di Mandorlini. L’allenatore ha dato quelle certezze che prima sembrava mancassero. Anche in assenza di risultati, il Verona si è aggrappato al galleggiante del gioco per venire fuori dalla delicata situazione. E’ chiaro a tutti che se si sbloccherà anche la testa, il girone di ritorno potrà portare a delle sorprese. Senza rivoluzioni, solo con un paio di acquisti azzeccati.

PERCHE’ IL VERONA PIACE “DEBOLE”

 Ho sempre detto, scritto e pensato che un Verona forte, un Verona vincente, un Verona autorevole non piaccia a molti. Un Verona forte può diventare un pericoloso “competitor” sul piano degli sponsor ma può persino dettare l’agenda politica.

Ho avuto spesso la sensazione ahimè poi suffragata dai fatti, che qualcuno abbia spesso “tagliato” l’erba sotto i piedi del Verona. Da una parte ci si “ciba” dell’Hellas, succhiando consensi. Dall’altra c’è un gioco continuo al massacro. Quasi a voler indebolire la società, quasi che destabilizzandola, la si rendesse più plasmabile.

Parlo in senso generale e non faccio accuse specifiche. Mi riferisco anche al continuo “stillicidio” di notizie “esclusive” sulla proprietà. Un giorno sì e un giorno no esce una notizia su possibili cordate, su fantasiose ipotesi, su Pastorello che pare essere presente in ogni trattativa, addirittura investito di un possibile ruolo di consigliere delegato.

Archiviata in fretta e furia la poco credibile pratica Parentela (peraltro alimentata da un’inopportuna presentazione da parte del presidente…), è partita immediatamente la nuova entusiasmante telenovela: Pastorello 2, la vendetta. Il tutto è sempre suffragato da mille “potrebbe”, “sarebbe”, il condizionale quasi un obbligo, visto che alla fine non vi è nessuna notizia vera e accertata.

Eppure fiumi di parole, d’inchiostro, chilometri di titoli vengono stesi per ipotizzare un futuro che in realtà resta ancora nelle mani del presidente Martinelli. Ed allora mi chiedo, e non senza malizia: a chi giova questo gioco al massacro? Perchè continua a fare paura un Verona forte? Qual è la necessità di destabilizzare in questo modo la società? C’entra per caso la presentazione del nuovo stadio alla Marangona e l’appoggio che il sindaco Tosi ha già dato a Martinelli?

Il ds Prisciantelli, qualche settimana fa, ha raccontato a Tuttocalcio, come vanno le cose altrove. A Bergamo per esempio. Parlando della cessione dell’Atalanta ha spiegato: “E’ avvenuto tutto in quindici giorni. I commercialisti e gli avvocati si sono ritirati a Bergamo alta e hanno fatto il cambio di consegne. Nessuno sapeva niente. Nemmeno noi. Percassi si è presentato una mattina in sede, ci ha detto che non rientravamo più nei suoi piani e ci ha liquidato”. Tutto qui. Senza fiumi di inchiostro. E senza raccontare un mucchio di frottole alla gente.

PROVIAMOCI

 Ci costa qualcosa? No. Provoca effetti spiacevoli? Nemmeno. Ha controindicazioni? Assolutamente no. Ed allora perchè non si può seriamente pensare ad una clamorosa rimonta, ad una seconda parte di campionato esaltante, ad un Verona double-face capace di ribaltare le sorti di questa stagione?

Mi direte: caro Vigo, hai la febbre alta e forse hai visto male quello che è successo contro la derelitta Paganese. Esaltarsi per questo 4-0 è assolutamente fuorviante tanto era di basso livello l’avversario.

E’ vero: ho la febbre alta e la tosse non mi dà tregua. Ma il mio discorso vale più per le cinque partite precedenti che per questa larga vittoria. Il trend che Mandorlini ha dato alla squadra è di grande equilibrio. Pur, come spesso sostenuto, senza uomini adeguati al modulo, il tecnico romagnolo ha inculcato concetti chiari e compiti specifici. Solo il gol (prima della Paganese) era il grande assente. Per di più, dopo settimane di lavoro, Mandorlini ha iniziato a variare sul tema. Così il Verona che ha giocato contro i campani era solo virtualmente una squadra legata al 4-3-3. In realtà Le Noci ha giocato dietro le punte, alternandosi intelligentemente con Mancini, diventato a sua volta l’anima del gioco.

A gennaio Mandorlini recupererà uomini preziosi per il suo modo di giocare: Berrettoni sopra tutti. Ma anche Campagna, sebbene il Cangi visto con la Paganese, non credo tema rivali, nonostante le solite amnesie di tanto in tanto. Ma soprattutto toccherà a Gibellini ritoccare in modo intelligente la squadra dopo un’attenta , precisa, valutazione con il tecnico.

Al Verona non manca la classe. Nè i piedi buoni che per la categoria, sono eccellenti. Fa difetto la grinta, la continuità, la personalità. Troppi giocatori risentono della pressione di essere in una grande piazza, poco abituati a critiche e al calore del pubblico. Incapaci di gestire sia i momenti negativi, ma anche quelli positivi. Non credo, comunque, al mercato come panacea di ogni male. A gennaio le squadre si limano, si ritoccano non si rivoluzionano. 

La classifica non bisognerà guardarla. Ne adesso, nè tra un mese. E se proprio fosse un’operazione necessaria, beh, allora è sempre meglio dare una sbirciatina dietro. I conti, come insegna il campionato scorso si fanno solo alla fine. Ecco perchè sarebbe veramente stupido abbandonare adesso la competizione e rassegnarsi alla mediocrità.

NO, NON SIAMO A “SCHERZI A PARTE”

 Non ho guardato Le Noci tirare. Mi sono buttato sulle scalette esterne del Bentegodi. Ho sentito lo stadio dire "nooooooooo".

Quando sono tornato avrei voluto che comparisse qualcuno dello staff della fortunata trasmissione "Scherzi a parte" che alla fine di atroci scherzi, svela la messinscena srotolando un cartellone. Invece purtroppo è tutto vero. 

Come dicevo la settimana scorsa, il Verona è mediocre perchè mediocre è la classifica. Dopo un girone d’andata è giusto tirare dei bilanci e il bilancio è che la squadra andrà fortemente puntellata e corretta a gennaio. Se il Verona ha vinto una sola volta al Bentegodi, un motivo ci deve pur essere. 

Soprattutto dal punto di vista caratteriale: mancano giocatori-uomini che sappiano navigare nelle difficoltà e che non si sciolgano davanti ad un rigore da tirare. E poi si deve ripartire da un progetto tattico che in realtà non c’è mai stato o se c’è stato è stato abortito già due volte (prima con Giannini che non è mai riuscito a fare il 3-5-2 e poi con Mandorlini che è tornato al 4-3-3 di Remondina, senza avere gli uomini di Remondina).