CAMPIONI D’INVERNO

I risultati sono l’unico dato oggettivo che ci permettono di giudicare il lavoro di un gruppo. E i risultati ci dicono che alla fine del girone d’andata il Verona è primo in classifica, cioè campione d’inverno.

Dobbiamo però ricordare che il titolo di campione d’inverno è un titolo puramente platonico. Solo a fine stagione, il 9 maggio, si potrà dire se il lavoro della società, dell’allenatore, della squadra è stato buono o no.

Oggi, quindi, non possiamo far finta che il Verona sia una squadra in salute. La partita con il Portogruaro è stata la sintesi di una fase involutiva che ormai dura da tanto tempo, troppo. Nelle ultime cinque gare il Verona ha segnato solo un gol. E l’ultima vittoria risale addirittura alla partita con il Real Marcianise, l’otto novembre scorso, cioè più di un mese fa. Su diciassette gare del girone d’andata lo 0-0 è uscito ben otto volte. Un cammino che non legittima i sogni di promozione. A Portogruaro il Verona ha sofferto, sebbene la squadra di Calori abbia giocato in inferiorità numerica e solo le parate di Rafael (bentornato!) hanno salvato porta e risultato.

La frenata dell’Hellas, anche se resta il primo posto in classifica, permette di rientrare nella corsa a squadre che solo un mese fa erano lontanissime. La graduatoria, infatti si sta accorciando sempre di più: sono appena quindici i punti che dividono l’Hellas dall’ultima in classifica. In serie A tra Inter e Catania i punti di distacco sono 27, in serie B tra Lecce e Salernitana sono 23, nel girone A della Prima Divisione tra Novara e Paganese sono 28. In una manciata di punti, appena quattro, sono racchiuse sette squadre. Ben altro passo dovrà tenere il Verona, se vorrà evitare la canea dei play off. Se è giusto, come ha detto Bonato, non ragionare sull’onda emotiva, è anche giusto pensare a qualche importante rinforzo al mercato di gennaio. E comunque la si pensi e analizzi, resta sempre quello del gol il problema numero uno da affrontare e risolvere.

RANTIER, IL TESORO NASCOSTO

 Problema numero uno: Rantier ha avuto un pessimo malanno. La pubalgia è altamente condizionante per un giocatore. Per guarire Rantier è stato mandato in un centro specializzato dove ha pensato solo a fare esercizi specifici.

Problema numero due: ha saltato perciò l’intera preparazione. Quando è tornato in squadra ha svolto, parallelamente un duro lavoro di potenziamento. In pratica ha fatto molti pesi per creare "fondo". In un giocatore agile come lui questo ha provocato un appesantimento.

Problema numero tre: Rantier è un mancino che ha sempre ha giocato nella fascia mancina. Remondina quest’anno preferisce metterlo a destra per poi farlo convergere e andare al tiro. Un mancino che gioca a destra, secondo me, non ha molto senso se non in alcuni frangenti della partita, o in alcune gare magari fuori casa. Rantier deve dare profondità alla squadra e sveltire la manovra. Quando è costretto a controllare il pallone con il destro rallenta e perde anche i riferimenti. Stiamo parlando di un giocatore che non è che sa usare bene tutti e due i piedi, ma di uno che ha un sinistro nettamente migliore dell’altro piede. 

Solo alcune osservazioni per dire: Rantier non è, evidentemente lo stesso giocatore dell’ultima stagione. Ma Rantier è il tesoro del Verona, uno dei pochi che ha il guizzo per cambiare le partite. Non è giusto alimentare dei processi, magari tirando in ballo scarsa concentrazione o presunta superbia. Rantier è nervoso perchè vuole fare tanto, a volte troppo e non ci riesce. E’ tantissima roba per la categoria, bisogna recuperarlo perfettamente dal punto di vista fisico e sfruttarlo al meglio tatticamente.

 

 

SENTO NELL’ARIA TROPPA FIBRILLAZIONE…

La prima sconfitta di questo campionato ha portato ad un’immotivata ed eccessiva fibrillazione in casa Verona. Immotivata per quanto di buono ha fatto questa società fino ad oggi, eccessiva perchè più di così (non mi riferisco alla gara con il Rimini ma a tutto il girone d’andata…) la squadra, francamente non può dare/fare.

L’impressione è che se il Verona vince, deve in realtà stra-vincere.Ma non funziona così. Nel calcio ci sono tante variabili, mille problemi ed episodi e solo alla fine del campionato si possono tirare le somme. Tante squadre che hanno affrontato la categoria pur con tutto il loro blasone, la forza dei loro tifosi e milioni di euro spesi, hanno trovato difficoltà immani nel vincere i campionati.

Martinelli, Bonato e il loro team hanno portato a Verona serenità e tranquillità. Ricordare quello che è stato il passato prima di loro può aiutare a capire quello che vado dicendo. L’Hellas è stato costruito seguendo un progetto ben preciso che parte da Remondina e finisce agli attori che vanno in campo. Poichè siamo primi (ma direi la stessa cosa anche se fossimo secondi…), significa che Bonato ha lavorato bene. Creare un progetto, dando solide basi ad una squadra di calcio non è lavoro di poco conto. Anzi: è un miracolo. Martinelli e Bonato lo hanno fatto e fino ad oggi meritano solo applausi.

Un momento d’appannamento in un campionato come questo ci sta. Il Verona ha limitato i danni e può ancora finire primo il girone d’andata. Se lo farà sarà un bene, se non lo farà non cambia nulla. L’importante è essere primi il 9 maggio 2010.

Continuo a respirare in casa scaligera, tra noi tifosi quest’atmosfera da "o si va su quest’anno oppure sarà un disastro". Più di un tifoso mi chiede: "Ma se il Verona non salirà, Martinelli farà la fusione?". E’ un’atmosfera che non emerge, ma che crea danni incalcolabili al Verona.

L’obbligo di vincere assolutamente, pena l’annullamento della nostra società, non deve diventare una spada di Damocle, quasi se questo campionato fosse l’ultima spiaggia. Visto che non lo dice nessuno, lo dico io: questo Verona è costruito per continuare l’avventura, a prescindere da come andrà questo campionato. La società continuerà il suo progetto, i contratti sono tutti pluriennali, il settore giovanile è stato rifondato, l’ipotesi è scartata.

Certo, il Verona DEVE vincere. Ma non perchè ci sarà la fusione (che non si farà MAI). Deve farlo per i suoi tifosi amareggiati da anni tristissimi, per la società che ha costruito una squadra da categoria superiore, per il presidente che si è impegnato come mai nessuno ha fatto negli ultimi 15 anni.

Scommettiamo che se vinciamo a Portogruaro questi discorsi spariranno come la neve nel Sahara?

 

 

NESSUN DRAMMA, MA QUALCHE RIFLESSIONE

E’ arrivata la sconfitta nella partita che meno ti aspettavi.

Il Verona non meritava di perdere con il Rimini. Forse poteva perdere altre gare (Taranto?), ma non questa passata quasi al novanta per cento nella metà campo avversaria. Questo è il calcio. Se non segni, non vai da nessuna parte.

Oggi la croce la devono portare gli attaccanti anche se non è tutta colpa loro. Il Chievo vince a Livorno con i gol di due centrocampisti, perfetti nell’inserimento. Il Verona sbaglia gol incredibili con Pensalfini e Russo e un po’ di differenza la fanno anche queste cose.

Il resto l’ha fatto il nervosismo e la frenesia. Berrettoni, Ciotola, Rantier, Farias, Selva e Colombo man mano che passavano i minuti diventavano sempre più imprecisi.

Non si deve far drammi dopo una sconfitta come questa. E’ mancato il gol, non la prestazione.

Però qualche riflessione è doverosa. Come mai, ad esempio, ad una mole così imponente di occasioni create, non corrisponde un’identico numero di gol fatti? Questione di modulo o solo di episodi negativi?

Come mai il Verona spesso spara tutte le sue cartucce nel primo tempo e poi parte male nella ripresa, finendo poi all’assalto nel finale? Questione di condizione fisica, o di atteggiamento psicologico?

Le risposte le troverete tutte domenica prossima a Portogruaro. Quando il Verona dovrà per forza riprendere la marcia verso la serie B.

 

 

IL VIAGGIO DI COLOMBO

 Selva è tornato ed è una buona notizia. Non so quale sia la sua condizione generale, ma Andy è merce preziosa per il Verona.

Io credo però che la promozione passi di più dai piedi di un altro giocatore: Corrado Colombo. Ho una simpatia istintiva per Corrado che pure ho accolto con un filo di scetticismo per quel curriculum che non è da grande bomber.

Poi l’ho visto giocare e sono convinto che in Italia ce ne siano pochi come lui. Il fatto di non vederlo ad alti livelli, in qualche squadra di serie A, per me è un cruccio. Le storie tormentate però mi sono sempre piaciute. E in quel cigno dalle lunghe leve e dall’eleganza (calcistica) innata, c’è qualcosa che non riesco a capire. Dicono sia un fatto di testa. Può darsi. Colombo ha avuto per anni l’etichetta di promessa appiccicata addosso, ha giocato nell’Inter e nella Sampdoria, è stato in grandi spogliatoi e in grandi squadre. Ne ha cambiate tante, troppe. Non si è mai fermato per lungo tempo. Ora è approdato a Verona in tempi in cui esiste finalmente un grande progetto di rinascita e in cui lui ne può far parte. Da leader, da uomo gol, da giocatore fondamentale. In pochi barlumi, Colombo ha fatto capire che quando gira lui, il Verona diventa un orologio svizzero. Tempi di gioco, visione, capacità di far salire la squadra. L’importante è che lui stia bene, che sia in forma, che venga anche un po’… coccolato.

Ecco, la prima cosa che ho capito di Corrado è che un ragazzone simpaticissimo ma che ha molto bisogno del nostro affetto. Al contrario di Selva, che magari si carica anche con le critiche (essendo lui la "Belva…), Corrado ha il bisogno di sentire la gente al suo fianco. E’ sensibile all’onda emotiva che gli arriva dalla Curva, dai tifosi e forse ha scelto di venire a Verona perchè certo di trovare queste componenti.

Sa anche che basta un nulla per accendere questa piazza. Ora tocca a lui mettere fine a questo viaggio. E scoprire che l’America è a Verona…

BASTA SPRECARE PUNTI AL BENTEGODI

 Per tre volte su sette il Verona ha pareggiato al Bentegodi. E’ successo alla prima giornata con il Foggia, è successo alla terza con la Cavese, è successo due settimane fa con la Spal. 

In tutte e tre le gare, il Verona ha sprecato ottime occasioni per "strappare" il campionato. Sia con il Foggia, che con la Cavese e poi con la Spal, l’Hellas ha buttato alle ortiche delle facili vittorie. Pensate che spessore avrebbe oggi la nostra classifica con sei punti in più!

Ogni pareggio casalingo è in fondo una grande occasione sprecata. Non so perchè questa squadra, sebbene così matura, solida e forte, viva la gara al Bentegodi con una certa tensione emotiva. Non va sottovalutato il fatto che in due di queste tre gare pareggiate a condizionare il match sono state le espulsioni di Rafael. 

Forse la partita al Bentegodi è attesa come un esame, forse l’obbligo di vincere gioca brutti scherzi, forse succede il contrario e "tanto giochiamo in casa nostra" e quindi si abbassa inconsciamente il livello di attenzione. Comunque sia, quello che sappiamo noi che stiamo dall’altra parte è che il Bentegodi dovrebbe essere un formidabile moltiplicatore di forze, un prezioso alleato, uno spauracchio per gli avversari, un dodicesimo uomo in campo.

Da qui a Natale, l’Hellas giocherà una volta in casa (Rimini, domenica prossima) e due volte fuori (Portogruaro e poi Foggia). La gara con il Rimini, dunque, riveste importanza determinante. Il ritorno al successo, quasi un obbligo. Il Bentegodi, come sempre, ci sarà. L’Hellas, stavolta, non può mancare.

TRAVERSA A TEMPO SCADUTO

Ci sono segnali che a volte la dicono lunga sul destino di un campionato. Se pensiamo alla testata che Colombo ha rifilato ad un avversario a Pescara e che poteva essere punita con il rosso, se pensiamo alla gara con la Spal, con l’Hellas in nove, se pensiamo al gol di oggi di Scarpa in fuorigioco e la traversa a tempo scaduto, che ci permette di uscire con un punticino d’oro anche da Taranto, allora è proprio il caso di dirlo: questo è l’anno buono.

I segnali sono confortanti, la solidità del Verona evidente, anche la fortuna ci aiuta. Ma la fortuna, lo sanno gli audaci e i vincenti va aiutata. Il Verona deve osare di più, anche in un momento di difficoltà come questo, deve essere più spavaldo, più cinico.

Nelle ultime sette gare, il segno X è uscito cinque volte, e questo permette all’Hellas di allungare in classifica. La sensazione di un Verona con il fiato lungo è sempre più evidente. C’è qualcosa che non va in attacco, mi pare fuori di dubbio. Colombo, Rantier e Berrettoni, il trio che solo qualche settimana fa in molti indicavano come l’ideale si è inceppato. I perchè sono di diversa natura. Vediamo di analizzarli.

Rantier non è al cento per cento e a mio avviso sta pagando la lunga rincorsa al posto da titolare. Giulio ha saltato la preparazione, impegnato a curarsi la pubalgia. Quando è guarito, faticosamente, ha dovuto iniziare un percorso verso la forma migliore. Ora sarà al massimo al sessanta per cento non di più. Il lavoro fatto con i pesi, sul suo fisico agile e scattante, lo hanno rallentato. Niente di peggio per chi, come Rantier è abituato a lasciarsi gli avversari dietro ad ogni scatto.

Berrettoni, il più in palla dei tre, tira ormai la carretta da solo da troppo tempo. Nonostante ottime giocate, Berrettoni arriva spesso poco lucido in zona gol.

Colombo si è giocato una chance importante per diventare titolare. Il problema è che anche lui è diventato tiolare non essendo al meglio della condizione. Prima l’influenza, poi qualche guaio muscolare gli hanno impedito di essere al cento per cento in un momento topico.

A mio avviso il nervosismo che è affiorato è proprio figlio di questa situazione. La voglia di spaccare il mondo di Colombo e Rantier, unita ad un impedimento oggettivo ha creato un piccolo cortocircuito.

E’ chiaro che in questa ottica si attende il ritorno di Selva come manna dal cielo. Ma, è meglio dirlo subito, anche Selva, se non sarà in piena condizione, non potrà diventare il salvatore della patria.

Sono piccoli ostacoli, naturali in una stagione come questa. L’importante è sapere che nonostante questa situazione il Verona sta limitando i danni, anzi: pur in questa situazione ha allungato in classifica. Anche le altre squadre, infatti, stanno subendo il logorio del campionato. Per questo bollerei come assolute sciocchezze le voci di clan, di gruppetti, di nervi a fior di pelle che ho sentito e letto anche in questo blog. Mai squadra è stata più sana e più unita di questa. E chi dice il contrario, scusatemi, è solo un’inutile masochista e forse non un vero tifoso del Verona.

 

 

ATTENZIONE, IL MOMENTO E’ DELICATISSIMO

 Trovo un amico sui campi di tennis: "Scrivilo pure. Se non perdi quando resti in nove, vuol dire che è l’anno giusto".

Un altro amico mi ferma al bar e mi spiega: "Queste partite le devi vincere, non puoi sprecare occasioni così clamorose. Bisogna mettere via punti per quando arriveranno i tempi peggiori".

Dove sta la verità a tre giornate dalla fine del girone d’andata?

Io dico che il momento è delicato. Il Verona è una buona squadra, probabilmente superiore alle altre, forse anche al Pescara che a mio avviso resta l’unica vera avversaria. Ma non vincerà nulla se non farà seguire alle parole, i fatti. Fino ad oggi il cammino è stato ineccepibile. Sono fioccate vittorie esaltanti e la crescita anche mentale è stata costante. Ma adesso, dopo tanti step superati, il Verona si gioca il proprio campionato.

La gara di domenica scorsa può aver lasciato sul terreno qualche scoria di troppo che è meglio spazzare via immediatamente. Quell’inspiegabile nervosismo affiorato non è stato un bel segnale. C’è una sottile ma sostanziale differenza tra la personalità e lo spirito vincente e la sterile e inutile polemica che sconfina nell’isteria. Il vincente sa infatti canalizzare la sua rabbia agonistica nel gesto sportivo e cambia grazie a questo il corso della partita.

L’isterico deborda in inutili scenate che alla fine penalizzano la squadra. Quando il Verona è rimasto in nove, Cangi, Berrettoni, Pugliese hanno canalizzato la loro rabbia e cambiato il corso del match. Questa è la mentalità vincente. Prima, Ceccarelli, Rantier e Rafael hanno solamente deragliato, pur animati da sicura buonafede.

Dicevo che il momento è delicatissimo perchè ancora una volta domenica i gialloblù troveranno un avversario che legherà il destino del proprio torneo ad una prestigiosa vittoria contro il Verona, blasonato e capolista. In più mancheranno uomini fondamentali come Rafael, Comazzi, forse Anselmi oltre naturalmente a Andy Selva che resta un po’ l’anima di questa squadra. Il tutto al termine di questa settimana in cui si è reduci da un pareggio casalingo che è sempre un risultato deludente. L’attenzione quindi deve restare massima. Ma senza tanti condizionamenti: il Verona deve riacquistare a mio avviso il gusto di giocare per vincere, magari rischiando di più, soprattutto fuori casa. Anche qui, una questione di mentalità.

E ALLA FINE DICO GRAZIE A RAFAEL

 Rafael ha fatto una cavolata gigantesca, ha sbagliato, pagherà. Le sue dichiarazioni non mi hanno convinto. Ma le ho apprezzate. Pur nel torto, Rafael ha dimostrato di avere un carattere di ferro. Ha avuto il coraggio di spiegare davanti ad un microfono le sue ragioni, senza nascondersi, senza paura e senza timore.

Poteva arrivare nello spogliatoio e rifiutare di parlare. Non sarebbe stato nè il primo nè l’ultimo in questo calcio fotocopiato, scontato e banale. Invece ha accettato il dialogo, non scappando davanti alle proprie responsabilità, anche di uomo pubblico.

Dico a bravo Rafael, perchè so quanto ormai nel calcio sia praticamente impossibile avere un’intervista come quella che ho fatto oggi, dove i giocatori scelti dalla società per parlare erano Cangi e Pensalfini.

Rafael ci ha restituito il gusto di fare un’intervista non banale, un’intervista che magari dividerà sui contenuti, ma che sicuramente abbiamo ascoltato tutti (io per primo) con interesse. Dovrebbe essere la normalità, invece siamo qui a celebrare questo momento il che ci fa anche capire in quale baratro sia sprofondato il giornalismo sportivo e il calcio più in generale. Doveva essere un brasiliano, ancora poco avvezzo alle malizie del pallone italiano (spinta domenicale compresa…) a ricordarci quanto in fondo sia semplice: io faccio le domande, tu dai le risposte, la gente giudica.

 

RAFAEL: CHIAMATE LA NEURODELIRI

 Che cosa sia successo a Rafael in quei venti secondi è da trattato di psichiatria. Il nostro portiere, umile e timido durante le interviste, con quella sua voce sempre sussurata e gentile, è diventato una bestia dopo aver preso il gol su rigore. In questi casi si dice che ti si chiuda la vena che porta il sangue al cervello e che non ragioni più.

Chi ha giocato a calcio sa che sono cose che possono capitare, quando sei in campo e la tensione agonistica è al massimo e l’adrenalina ti scarica addosso la sua energia. E’ successo a tutti, campioni e no. Altrimenti non si spiegherebbe la testata di Zidane a Materazzi durante una finale mondiale. Rafael è impazzito per venti secondi, la stessa follia che lo aveva portato a uscire dalla porta durante la gara con la Ternana, facendoci impazzire (a nostra volta) di gioia. 

E’ un episodio come ha detto Remondina, ne possiamo parlare se volete, ma secondo me, non ne caveremo un ragno dal buco. Piuttosto è più utile analizzare che cosa sia successo al Verona in quei quindici minuti del secondo tempo, in cui i giocatori dell’Hellas sembravano essere parenti lontani di quelli che aveva dominato il primo tempo.  E’ in questo lasso di tempo che si è creata la situazione che poi ha compromesso il match.

Mi chiedo se in quel frangente di difficoltà, anche per stemperare un po’ il nervosismo che iniziava ad affluire, Remondina non potesse fare qualcosa dalla panca. Un segnale, magari, per far capire ai suoi ragazzi che la gara era sempre nelle nostre mani.

Non avrei visto male un cambio di modulo, un passaggio al 4-4-2, togliendo Rantier (il più nervoso, tanto è vero che la rissa è stata innescata da lui) e inserendo Garzon, più abile anche nel gestire questi momenti di difficoltà.

E’ un peccato che il Verona non abbia vinto questa gara che era già nelle sue mani. Stasera saremo qui a parlare di un unico e solitario protagonista del torneo e di squadra in fuga. Poichè amiamo la sofferenza come essenza del nostro stesso essere dell’Hellas Verona, continuiamo invece il nostro cammino di espiazione verso la serie B.

Convinti comunque, che con tre giocatori come Cangi, Berrettoni e Pugliese, quelli visti quando siamo rimasti in nove, nessun traguardo ci è precluso. Anzi, se proprio questa partita ci doveva dire qualcosa di buono, adesso sappiamo anche che questa squadra, oltre a qualche matto, può contare su gente con attributi grandi così.