BALOTELLI: IL CHIEVO SULLA STESSA BARCA DEL VERONA

Pensiero numero uno dopo le dichiarazioni di Balotelli. Il ragazzo farebbe bene a stare zitto, soprattutto quando apre la bocca per dire scemenze.

Pensiero numero due: dopo aver per anni appiccicato addosso l’etichetta di razzisti ai tifosi del Verona, ora anche quelli del Chievo hanno scoperto quanto ingiuste, odiose, veementi, siano queste campagne mediatiche. Come abbiamo sempre sostenuto da questo blog: ci sono degli imbecilli e vanno isolati.

Ma non si può parlare generalmente di "tifoserie" se non di "intera città" quando si affrontano questi argomenti. Molti del Chievo che in questi anni hanno accusato quelli del Verona di essere "razzisti", scopriranno in queste ore in cui la stessa cosa succede a loro, quanto queste accuse facciano salire la rabbia e quanto dura sarà lavarle e toglierle di dosso.

Il terzo pensiero va a Campedelli: bravissimo nel difendere squadra, società e città davanti ai microfoni. Facendo giustamente distinguo, spalleggiato in questo dal sindaco Tosi. 

Ultima considerazione: l’episodio deve servire a tutti per chiuderla con il "buonismo" da una parte  e il "cattivismo" dall’altra. Su questi argomenti siamo tutti sulla stessa barca. E in quanto veronesi, difendere la nostra città da stereotipi e attacchi strumentali è un obbligo.

MARGINI DI MIGLIORAMENTO

Ha dato il massimo il Verona in questa prima fase del campionato? Secondo me no. Nel girone di ritorno l’Hellas può ancora migliorare il suo rendimento.

Ci sono dei giocatori che hanno reso meno di quanto ci si aspettava da loro. Rantier è il primo. Il francese, recuperato dopo la pubalgia, può essere l’uomo in più da qui a maggio.

Lo stesso vale per Ciotola. Non credo che Bonato sia contento del suo rendimento. Ciotola che ha fatto la differenza in serie B, la deve fare anche in Lega Pro. 

Penso che anche Pensalfini che ha viaggiato a sprazzi, possa essere molto più incisivo e continuo nella seconda parte della stagione.

E Colombo? Probabilmente lo abbiamo visto al 50, 60 per cento della condizione.

Questi quattro uomini possono essere i primi acquisti di gennaio del Verona.

Aspettando Di Gennaro, naturalmente.

UN ANNO DOPO…

Un anno fa, e sembra un secolo, il Verona era sull’orlo del baratro. Arvedi era ricoverato in prognosi riservata all’ospedale dopo il tragico schianto, la società era retta dal duo buona-volontà Previdi-Prisciantelli. Martinelli era sull’uscio. Ricordo perfettamente tutti coloro, molti dei quali oggi siedono felici e contenti sul predellino vicino al nuovo presidente, alimentavano dubbi, addirittura sul preliminare firmato dal povero Piero, prima dell’incidente. Gli stessi che per anni avevano megafonato Pastorello e dato sponda a mister "8-in-pagella". Il Verona aveva poco futuro. Ed una delle poche cose che teneva il Verona in vita era proprio quel documento. Minarne l’esistenza era come sparare sull’Hellas. Per vederlo morto. Ho sempre avuto l’impressione, dettata anche da elementi più concreti, che a qualcuno, piacesse quell’ipotesi. Avrebbe voluto dire semplificare lo scenario, eliminare un problema, togliere di mezzo un ostacolo. Una sola squadra, magari in serie A, era dal punto di vista imprenditoriale uno sbocco logico. Si sommavano algebricamente diritti televisivi, proventi del marketing, indotto. Una sola cosa non si poteva sommare. La tifoseria dell’Hellas riluttante da sempre a questa ipotesi. Al termine di un’estenuante e drammatica trattativa, Martinelli riuscì ad acquistare la società. Spendendo una cifra esagerata, pronto a gettare sul piatto altri milioni di euro. Martinelli non riuscì subito a fugare il dubbio che la sua azione imprenditoriale fosse scevra dall’obiettivo di fondere il Verona. Le prime mosse non furono brillanti. Uno stretto collaboratore del presidente alimentava tale dubbio con frasi gianiche che lasciavano aperte porte e finestre. "Fusione? Mai dire mai" era la dichiarazione più abusata. Si cercò anche di cambiare il lessico per addolcire la pillola. E la parola fusione venne cambiata con "acquisizione". Come se fosse una cosa più digeribile. Qualche settimana più tardi quell’incauto collaboratore, scivolato su una buccia di banana, fu smascherato e poi rimosso.Martinelli probabilmente aveva capito, subito dopo aver acquisito la società e salito sul ponte di comando, che non vi poteva essere futuro a quell’ipotesi che qualcuno gli aveva prospettato. Il cerino in mano sarebbe rimasto a lui, destinato a passare alla storia come il presidente della "fusione". Anzi della "porcheria". E da lì in poi Martinelli ha gettato nel Verona ogni possibile energia. Pochi proprietari del Verona hanno portato in società tanto stile, tanti soldi, tante idee, tanti uomini. Ma soprattutto tanti fatti. Questa gestione è la miglior risposta possibile ai venditori di fumo e agli affossatori del Verona. Martinelli è esattamente il colore bianco che fa risaltare il buco nero di gestioni scellerate che pure in molti avevano difeso se non protetto. Martinelli è il futuro dell’Hellas. Non è un mecenate, non lo potrà essere, data la forte impronta imprenditoriale. Ma la logica che lo anima è appunto l’investimento, il far crescere la società, quindi riportarla in serie A. Sarà opportuno ora che la città non lo abbandoni. Al di là della retorica e della parole. E’ giusto anche creare una forma di business (lo stadio?) che lo accompagni nella crescita del Verona. Non ci trovo nulla di scandaloso in questo e solo una società (città) arretrata può pensare al business come al diavolo. Martinelli ha dato tanto e darà ancora molto. Un anno è sufficiente per capire che se il Verona creerà ricchezza, questa stessa ricchezza finirà nel Verona e non a Montecarlo.

BUON NATALE GIALLOBLU’

Il Verona è una squadre con le palle. Non quelle che si attaccano al’albero di Natale, ma proprio con gli attributi. Cioè è una squadra che reagisce, di carattere, che nei momenti più difficili dà il meglio di sè.

Una squadra che a volte si complica la vita da sola, ma altrettanto da sola si sa tirare fuori dai guai. Questa vittoria di Foggia, risicata solo nel risultato, è un messaggio che il Verona manda a tutto il campionato. Signore e signori, noi ci siamo, siamo vivi e vegeti e siamo sempre noi la capolista. Rispetto al girone d’andata, il Verona ha adesso due punti in più. E poichè la prima di ritorno è stata fuori casa, direi che si parte proprio con il piede giusto. A patto però che al Bentegodi non si concedano altri regali. Bisogna saper sfruttare al meglio il nostro stadio, l’aiuto del pubblico e il vantaggio di giocare tra le mura amiche.

Un piccolo pensiero per Selva: fuori anche oggi per il solito problema al polpaccio. E’ un infortunio serio? Può capitare ancora da qui a maggio? E soprattutto quanto condiziona il giocatore?

Bonato e Martinelli hanno tempo per dare le risposte che non necessariamente devono portare al mercato. Deve essere una valutazione serena, da società responsabile che sa di non dover sbagliare ma che sa anche di non avere la pressione della piazza addosso.

Una volta tanto, dopo tanti anni sono felice di dire che bisogna lasciare lavorare in pace la società. Se lo meritano per la fiducia acquisita con i fatti. Che sia, come è, un buon Natale Gialloblù…

CARO ANDY SELVA…

 Caro Andy Selva, ho ascoltato ieri le tue parole e vorrei scambiare con te qualche idea.

Intanto dico subito che quelli che hai detto è apprezzabile. Ormai credo che tu sappia come la penso: un giocatore che dice cose non scontate e che ha una grande personalità finisce inevitabilmente per starmi molto simpatico.

E’ evidente che la tua presa di posizione non può e non potrà non essere corrisposta da un’identica presa di responsabilità. Altrimenti sarebbero solo parole buttate al vento.

Vedi Andy, il problema è che qui a Verona di parole buttate al vento ne abbiamo sentite a bizzeffe. C’è stato un anno che il presidente di allora disse proprio alla vigilia di Santa Lucia: "Sarebbe da folli smembrare questa squadra". E a gennaio cedette il perno della nostra nostra manovra, rovinando irrimediabilmente il giocattolo.

Poi ci hanno chiesto pazienza nell’aspettare uno che non arrivava mai come Da Silva. Poi è arrivato Ferrante. Aveva segnato solo un gol su rigore a Pescara, prima di venire qui. Lo abbiamo salutato come salvatore della patria. Lui ci disse di stare tranquilli. Segnò un paio di gol e il Verona finì in questo inferno della C1.

Ferrante se n’è andato facendo anche causa alla società, noi siamo sempre qui a sorbirci questa categoria infame.

Sono solo degli esempi per spiegarti perchè a Verona non crediamo più a nessuno e non abbiamo nessuna voglia di aprire altre linee di credito. Siamo stufi. Stufi della categoria, stufi di presunte bandiere che poi alla prima offerta se ne sono andate, stufi di false promesse.

Crediamo solo ai fatti, ai gol, alle vittorie. Non è colpa tua, sia ben inteso se la situazione è questa. E’ solo che volevo spiegarti perchè dopo un gol in cinque partite l’attacco a Verona viene messo sotto accusa e perchè la piazza è sempre sovraeccitata,

Del resto tu stesso fai un’affermazione importante nell’intervista che ci hai dato ieri. Se non vinciamo, ci dispiace per il pubblico che ci segue: capirai che se duemila persone vengono a Portogruaro a vederti e soffrono come cani sugli spalti perchè il Verona in 11 contro 10 rischia di perdere, qualche piccola lamentela è comprensibile. Non esiste grande piazza senza grande passione, in ogni senso.

I fatti dicono: siamo primi. Questo è l’importante. Per ora è giusto che tu sappia che noi abbiamo molta fiducia nelle zanne della "Belva". L’intervista è perfetta, il gol che farai a Foggia la miglior firma in calce ai tuoi pensieri…

 

CAMPIONI D’INVERNO

I risultati sono l’unico dato oggettivo che ci permettono di giudicare il lavoro di un gruppo. E i risultati ci dicono che alla fine del girone d’andata il Verona è primo in classifica, cioè campione d’inverno.

Dobbiamo però ricordare che il titolo di campione d’inverno è un titolo puramente platonico. Solo a fine stagione, il 9 maggio, si potrà dire se il lavoro della società, dell’allenatore, della squadra è stato buono o no.

Oggi, quindi, non possiamo far finta che il Verona sia una squadra in salute. La partita con il Portogruaro è stata la sintesi di una fase involutiva che ormai dura da tanto tempo, troppo. Nelle ultime cinque gare il Verona ha segnato solo un gol. E l’ultima vittoria risale addirittura alla partita con il Real Marcianise, l’otto novembre scorso, cioè più di un mese fa. Su diciassette gare del girone d’andata lo 0-0 è uscito ben otto volte. Un cammino che non legittima i sogni di promozione. A Portogruaro il Verona ha sofferto, sebbene la squadra di Calori abbia giocato in inferiorità numerica e solo le parate di Rafael (bentornato!) hanno salvato porta e risultato.

La frenata dell’Hellas, anche se resta il primo posto in classifica, permette di rientrare nella corsa a squadre che solo un mese fa erano lontanissime. La graduatoria, infatti si sta accorciando sempre di più: sono appena quindici i punti che dividono l’Hellas dall’ultima in classifica. In serie A tra Inter e Catania i punti di distacco sono 27, in serie B tra Lecce e Salernitana sono 23, nel girone A della Prima Divisione tra Novara e Paganese sono 28. In una manciata di punti, appena quattro, sono racchiuse sette squadre. Ben altro passo dovrà tenere il Verona, se vorrà evitare la canea dei play off. Se è giusto, come ha detto Bonato, non ragionare sull’onda emotiva, è anche giusto pensare a qualche importante rinforzo al mercato di gennaio. E comunque la si pensi e analizzi, resta sempre quello del gol il problema numero uno da affrontare e risolvere.

RANTIER, IL TESORO NASCOSTO

 Problema numero uno: Rantier ha avuto un pessimo malanno. La pubalgia è altamente condizionante per un giocatore. Per guarire Rantier è stato mandato in un centro specializzato dove ha pensato solo a fare esercizi specifici.

Problema numero due: ha saltato perciò l’intera preparazione. Quando è tornato in squadra ha svolto, parallelamente un duro lavoro di potenziamento. In pratica ha fatto molti pesi per creare "fondo". In un giocatore agile come lui questo ha provocato un appesantimento.

Problema numero tre: Rantier è un mancino che ha sempre ha giocato nella fascia mancina. Remondina quest’anno preferisce metterlo a destra per poi farlo convergere e andare al tiro. Un mancino che gioca a destra, secondo me, non ha molto senso se non in alcuni frangenti della partita, o in alcune gare magari fuori casa. Rantier deve dare profondità alla squadra e sveltire la manovra. Quando è costretto a controllare il pallone con il destro rallenta e perde anche i riferimenti. Stiamo parlando di un giocatore che non è che sa usare bene tutti e due i piedi, ma di uno che ha un sinistro nettamente migliore dell’altro piede. 

Solo alcune osservazioni per dire: Rantier non è, evidentemente lo stesso giocatore dell’ultima stagione. Ma Rantier è il tesoro del Verona, uno dei pochi che ha il guizzo per cambiare le partite. Non è giusto alimentare dei processi, magari tirando in ballo scarsa concentrazione o presunta superbia. Rantier è nervoso perchè vuole fare tanto, a volte troppo e non ci riesce. E’ tantissima roba per la categoria, bisogna recuperarlo perfettamente dal punto di vista fisico e sfruttarlo al meglio tatticamente.

 

 

SENTO NELL’ARIA TROPPA FIBRILLAZIONE…

La prima sconfitta di questo campionato ha portato ad un’immotivata ed eccessiva fibrillazione in casa Verona. Immotivata per quanto di buono ha fatto questa società fino ad oggi, eccessiva perchè più di così (non mi riferisco alla gara con il Rimini ma a tutto il girone d’andata…) la squadra, francamente non può dare/fare.

L’impressione è che se il Verona vince, deve in realtà stra-vincere.Ma non funziona così. Nel calcio ci sono tante variabili, mille problemi ed episodi e solo alla fine del campionato si possono tirare le somme. Tante squadre che hanno affrontato la categoria pur con tutto il loro blasone, la forza dei loro tifosi e milioni di euro spesi, hanno trovato difficoltà immani nel vincere i campionati.

Martinelli, Bonato e il loro team hanno portato a Verona serenità e tranquillità. Ricordare quello che è stato il passato prima di loro può aiutare a capire quello che vado dicendo. L’Hellas è stato costruito seguendo un progetto ben preciso che parte da Remondina e finisce agli attori che vanno in campo. Poichè siamo primi (ma direi la stessa cosa anche se fossimo secondi…), significa che Bonato ha lavorato bene. Creare un progetto, dando solide basi ad una squadra di calcio non è lavoro di poco conto. Anzi: è un miracolo. Martinelli e Bonato lo hanno fatto e fino ad oggi meritano solo applausi.

Un momento d’appannamento in un campionato come questo ci sta. Il Verona ha limitato i danni e può ancora finire primo il girone d’andata. Se lo farà sarà un bene, se non lo farà non cambia nulla. L’importante è essere primi il 9 maggio 2010.

Continuo a respirare in casa scaligera, tra noi tifosi quest’atmosfera da "o si va su quest’anno oppure sarà un disastro". Più di un tifoso mi chiede: "Ma se il Verona non salirà, Martinelli farà la fusione?". E’ un’atmosfera che non emerge, ma che crea danni incalcolabili al Verona.

L’obbligo di vincere assolutamente, pena l’annullamento della nostra società, non deve diventare una spada di Damocle, quasi se questo campionato fosse l’ultima spiaggia. Visto che non lo dice nessuno, lo dico io: questo Verona è costruito per continuare l’avventura, a prescindere da come andrà questo campionato. La società continuerà il suo progetto, i contratti sono tutti pluriennali, il settore giovanile è stato rifondato, l’ipotesi è scartata.

Certo, il Verona DEVE vincere. Ma non perchè ci sarà la fusione (che non si farà MAI). Deve farlo per i suoi tifosi amareggiati da anni tristissimi, per la società che ha costruito una squadra da categoria superiore, per il presidente che si è impegnato come mai nessuno ha fatto negli ultimi 15 anni.

Scommettiamo che se vinciamo a Portogruaro questi discorsi spariranno come la neve nel Sahara?

 

 

NESSUN DRAMMA, MA QUALCHE RIFLESSIONE

E’ arrivata la sconfitta nella partita che meno ti aspettavi.

Il Verona non meritava di perdere con il Rimini. Forse poteva perdere altre gare (Taranto?), ma non questa passata quasi al novanta per cento nella metà campo avversaria. Questo è il calcio. Se non segni, non vai da nessuna parte.

Oggi la croce la devono portare gli attaccanti anche se non è tutta colpa loro. Il Chievo vince a Livorno con i gol di due centrocampisti, perfetti nell’inserimento. Il Verona sbaglia gol incredibili con Pensalfini e Russo e un po’ di differenza la fanno anche queste cose.

Il resto l’ha fatto il nervosismo e la frenesia. Berrettoni, Ciotola, Rantier, Farias, Selva e Colombo man mano che passavano i minuti diventavano sempre più imprecisi.

Non si deve far drammi dopo una sconfitta come questa. E’ mancato il gol, non la prestazione.

Però qualche riflessione è doverosa. Come mai, ad esempio, ad una mole così imponente di occasioni create, non corrisponde un’identico numero di gol fatti? Questione di modulo o solo di episodi negativi?

Come mai il Verona spesso spara tutte le sue cartucce nel primo tempo e poi parte male nella ripresa, finendo poi all’assalto nel finale? Questione di condizione fisica, o di atteggiamento psicologico?

Le risposte le troverete tutte domenica prossima a Portogruaro. Quando il Verona dovrà per forza riprendere la marcia verso la serie B.

 

 

IL VIAGGIO DI COLOMBO

 Selva è tornato ed è una buona notizia. Non so quale sia la sua condizione generale, ma Andy è merce preziosa per il Verona.

Io credo però che la promozione passi di più dai piedi di un altro giocatore: Corrado Colombo. Ho una simpatia istintiva per Corrado che pure ho accolto con un filo di scetticismo per quel curriculum che non è da grande bomber.

Poi l’ho visto giocare e sono convinto che in Italia ce ne siano pochi come lui. Il fatto di non vederlo ad alti livelli, in qualche squadra di serie A, per me è un cruccio. Le storie tormentate però mi sono sempre piaciute. E in quel cigno dalle lunghe leve e dall’eleganza (calcistica) innata, c’è qualcosa che non riesco a capire. Dicono sia un fatto di testa. Può darsi. Colombo ha avuto per anni l’etichetta di promessa appiccicata addosso, ha giocato nell’Inter e nella Sampdoria, è stato in grandi spogliatoi e in grandi squadre. Ne ha cambiate tante, troppe. Non si è mai fermato per lungo tempo. Ora è approdato a Verona in tempi in cui esiste finalmente un grande progetto di rinascita e in cui lui ne può far parte. Da leader, da uomo gol, da giocatore fondamentale. In pochi barlumi, Colombo ha fatto capire che quando gira lui, il Verona diventa un orologio svizzero. Tempi di gioco, visione, capacità di far salire la squadra. L’importante è che lui stia bene, che sia in forma, che venga anche un po’… coccolato.

Ecco, la prima cosa che ho capito di Corrado è che un ragazzone simpaticissimo ma che ha molto bisogno del nostro affetto. Al contrario di Selva, che magari si carica anche con le critiche (essendo lui la "Belva…), Corrado ha il bisogno di sentire la gente al suo fianco. E’ sensibile all’onda emotiva che gli arriva dalla Curva, dai tifosi e forse ha scelto di venire a Verona perchè certo di trovare queste componenti.

Sa anche che basta un nulla per accendere questa piazza. Ora tocca a lui mettere fine a questo viaggio. E scoprire che l’America è a Verona…