TROPPO BELLO PER ESSERE VERO

 Se fosse vero, il Verona potrebbe chiedere una deroga alla Figc e venire iscritto d’ufficio al prossimo campionato di serie B.

Tanta la supremazia, la forza, la padronanza nella gara di Piacenza, che, appunto, se fosse tutto vero, il nostro Hellas non avrebbe nessuna difficoltà a superare a piè pari il campionato di Lega Pro e approdare, finalmente, al campionato cadetto.

Purtroppo, è evidente, non è così. Il calcio d’agosto è quanto di più effimero ci sia in campo sportivo. Solo una settimana fa, lo Spezia, appena ripescato dalla serie D, con pochi allenamenti sulle gambe e quindi più fresco, aveva reso complicatissima la vita al Verona. Una settimana dopo l’Hellas assomigliava al Real di Kakà contro una formazione di categoria superiore. E’ insito in questa considerazione la poca attendibilità dei test affrontati.

Il campionato sarà ben altra cosa. Le mille trasferte al Sud, le partite inevitabilmente incarognite dal risultato a tutti i costi, gli infortuni, le squalifiche, i momenti d’appannamento della forma. Abbiamo imparato alla perfezione in questi due anni, quanto sia strana, dura e difficile la Lega Pro Prima Divisione per alzare già oggi peana di vittoria.

Ma qualcosa dai primi due turni di questa Coppa Italia, comunque resta. Nella prima gara il Verona ha dimostrato di saper soffrire. E questa è una grande dote. Strappare un umile risultato di 1-0, pur giocando male e non convincendo è la prima prerogativa di una squadra vincente. Nella seconda gara, viceversa, il Verona non ha mai sofferto. Nemmeno quando il Piacenza ha prodotto il massimo sforzo per raggiungere il pareggio, la squadra gialloblù è andata in difficoltà. E questa è un’altra qualità di chi vuol restare al vertice in campionato: saper gestire le gare e i risultati.

Non mi soffermo più di tanto sui singoli, ma una parola su un personaggio in particolare la voglio spendere. Personalmente il giocatore che più mi ha impressionato è Andy Selva. La "belva" gialloblù è una vera sorpresa per me e credo anche per molti tifosi. Nelle movenze e nell’intelligenza tattica ricorda il miglior Totò De Vitis e francamente mi chiedo (e ho chiesto oggi a Bonato), come sia possibile che la sua carriera non abbia conosciuto vette più alte. Se questo è Selva e Bonato, come mi ha ribadito nel pomeriggio, vuole prendere anche un altro attaccante, allora possiamo dormire sogni tranquilli. Non sarà tutto vero questo calcio d’agosto, però è bello pensarlo…

IL BRAVO GIORNALISTA SPORTIVO

Qualche giorno fa Silvio Berlusconi ha fatto una lezione di giornalismo ai giornalisti…sportivi.

Durante la conferenza stampa a Milanello, il presidente del consiglio (e del Milan) ha fatto sapere che "i tifosi leggono solo gli articoli sulla propria squadra e vogliono avere conferme, non critiche. Se qualcuno continua a criticare troppo va a finire che i tifosi non lo leggono più e smettono anche di comprare quei giornali dove appaiono articoli per cui, dopo averli letti, bisogna fare gli scongiuri". Berlusconi ha anche elogiato i giornalisti sportivi che a suo dire sono bravi perchè fanno meno domande rispetto a quelli politici. Sicuramente Berlusconi ha detto la verità, una volta tanto. E’ vero: i giornalisti sportivi non fanno più domande. Registrano quello che avviene in stantie conferenze stampa, non approfondiscono più, non hanno più il gusto del dibattito e della scoperta. La professione, a causa di uffici stampa sempre più zelanti e appiattiti sulle società, e a causa di un business sempre più esasperato sta decadendo. La colpa, naturalmente non è solo degli uffici stampa ma di quanti si stanno adeguando a questo trend e parlo di noi giornalisti sportivi, ridotti a registratori umani di banalissime dichiarazioni. E’ ormai impossibile, anche a Verona chiedere di intervistare un giocatore. La decisione cade dall’alto e solitamente è tesa ad evitare imbarazzi e domande scomode. Qualche anno fa c’era almeno il tentativo di dibattere su chi portare in sala stampa, ora è un argomento chiuso. Se un giocatore ha fatto un errore alla domenica, una papera, è impossibile intervistarlo. La farsa raggiunge il suo apice quando l’allenatore di turno decreta l’allenamento a porte chiuse. Piacerebbe sapere cosa fanno in questi segretissimi allenamenti visti i risultati sul campo. Ma soprassediamo. Sempre più spesso si vietano le interviste telefoniche. Si teme che il giornalista instauri un rapporto fiduciario con il giocatore. Le conferenza stampa (non a Verona, per fortuna…) domenicali sono dei lunghi monologhi in cui intervenire è quasi vietato. Invece di dibattere su questi temi la categoria (la mia categoria…) spedisce a casa degli iscritti all’Ordine un decalogo di autocensura: vietato criticare, per il rischio di aizzare le folle. Le folle in realtà non credono più al calcio non per colpa di chi critica ma di una masnada di imbroglioni che hanno falsificato gli andamenti dei campionati creando una dietrologia continua in ogni partita, essendo sparita quasi del tutto la buona fede. Non uno dei giornalisti coinvolti nelle intercettazioni di Moggiopoli è stato radiato dall’Albo. Ricordo che nel 1986 intervistai Michel Platini nello spogliatoio del Bentegodi, mentre si infilava i calzini e si metteva le scarpe. Oggi la società evita di presentare ufficialmente Bertolucci a tutta la stampa, affidando la presentazione a poche banali domande pubblicate in un video apparso sul sito ufficiale, riprese puntualmente da noi umani registratori. Mi chiedo se servano ancora i giornalisti sportivi. O basti Berlusconi che si intervista da solo…

IN PERENNE TRASFERTA

 Inizio subito col dire, per anticipare inevitabili commenti, che l’argomento non è di "scottante" attualità, nè di straordinaria importanza.

Oggi sono andato per la prima volta al campo d’allenamento di Sandrà.

Senza giri di parole: non m’è sembrato adatto per il Verona. Se questa è la squadra che rappresenta la città, come ha detto il sindaco Tosi, non si può allenare così lontano dalla città.

Il campo di Sandrà non è un centro sportivo, ma semplicemente un campo di provincia. Capisco l’affetto che il presidente Martinelli, che proviene da questo paese, prova per il "suo" ambiente, ma francamente mi pare assurdo che l’Hellas venga sottratto all’affetto dei suoi tifosi solo perchè l’affitto dell’antistadio è eccessivo.

Capirei se la scelta fosse stata fatta in virtù di un grande progetto: un impianto a tutti gli effetti di proprietà dell’Hellas con tutte le comodità che una struttura di questo tipo può offrire.

Così però, c’è la sensazione di qualcosa di precario, di una trasferta perenne, come se l’Hellas cercasse una "casa" senza averla ancora trovata e nel frattempo venisse ospitato da un buon amico.

Credo che abbiamo un po’ tutti sottovalutato l’impatto di questa scelta. Dettata (giustamente) da una logica economica.

Ma la faccenda non può dirsi chiusa qui. L’assessore allo sport Sboarina, il presidente Martinelli e l’amministratore Siciliano hanno il dovere di ritrovarsi attorno ad un tavolo per arrivare ad un accordo.

Altrimenti tutti i discorsi ascoltati in queste settimane sul "Verona patrimonio della città e dei veronesi" rischiano di diventare già ora aria fritta. L’Hellas deve tornare ad allenarsi in città, al Bentegodi o lì vicino. Di trasferte, lunghe e difficili, quest’anno, ce ne saranno già a sufficienza.

CHI BEN COMINCIA…

 Luci e ombre. Come è giusto che sia in questo periodo. Il Verona ha passato il turno, faticando, contro la bestia nera Spezia.

Dentro la prestazione, da valutare comunque in relazione al periodo e allo stato di forma, alcuni buoni segnali e altri che devono servire a Remondina per sistemare le cose fin da subito.

Dunque, le note positive. Andy Selva è un ottimo attaccante. Perfetto nel fare sponda, ha messo lo zampino in tutte le azioni d’attacco del Verona. Furbo, cattivo, e spietato al punto giusto è stata la nota migliora della serata. Per venti minuti hanno funzionato alla parfezione anche Cangi e Pugliese. Due stantuffi che, finchè sorretti dai polmoni, hanno fatto capire che quest’anno sulle corsie laterali del Verona si suonerà un’altra musica. Molto bene anche Ciotola (poco fa Bonato ha confermato che l’infortunio al ginocchio non è grave…), già in forma (data anche la costituzione), fantasioso e abile nel creare la superiorità numerica.

Non m’è piaciuto il centrocampo che evidentemente non può prescindere, con questo modulo, dai tre nuovi acquisti, Pensalfini, Esposito e Russo, tutti e tre in ritardo di condizione, tutti e tre tenuti fuori inizialmente da Remondina (Pensalfini è entrato nel finale). Campisi e Garzon volenterosi e generosi, non hanno nei piedi la qualità sufficiente per impostare l’azione. E il giovane Burato ha pagato inesperienza, emozione e ritmi alti. Mancando il play, il Verona ha faticato oltre misura, palesando le stesse identiche difficoltà della scorsa stagione.

Da brividi la difesa. Sibilano e Ceccarelli parlano ancora due lingue diverse e troppo spesso si sono fatti sorprendere dai modesti ma volenterosi attaccanti dello Spezia. Se davanti ci fossero state altre punte più forti e smaliziate sarebbero stati dolori seri. Anche Rafael ha pagato questa insicurezza. Come sempre il portiere brasiliano ha fatto due grandi parate tra i pali, ma ha rischiato in un paio di uscite. Troppo altalenante Berrettoni in evidente ritardo di forma. Sbagliato il gol nel primo tempo è precipitato nell’anonimato, tranne poi uscire a fine gare con alcune deliziose giocate. Rantier, mi pare, di un altro pianeta quando tornerà al cento per cento (speriamo…).

M’è piaciuta la dedizione, la grinta e il carattere. La gara è stata giocata con ritmi importanti dato il periodo e il Verona non si è sottratto, mettendo in campo molta personalità. E poi, come si dice, che ben comincia è a metà dell’opera. E le vittorie sono sempre un ottimo cemento per ogni gruppo in via di formazione.

HA VINTO L’ILLEGALITA’

Una follia senza senso. L’ennesima protervia di una Lega ormai anacronistica e priva di ogni collegamento con la realtà.

Immagino la logica che ha reso possibile lo scandalo della suddivisione dei due gironi di Lega Pro. Una logica sussurata e che nessuno ha il coraggio di ammettere. Ci sono zone di questo paese in cui è impossibile ripristinare un minimo di legalità. E queste zone "ricattano" sia politicamente, sia in questo caso "sportivamente", il resto del paese.

Il Verona è vittima "cornuta e mazziata" di questo vergognoso modo di organizzare il campionato. Se pensiamo che nell’ultima stagione è stata vietata ai tifosi dell’Hellas la trasferta a Padova e quella di Venezia, ci sarebbe da chiedere danni morali e civili a chi ha preso questa decisione. Costringere una società virtuosa e grande come quella gialloblù a una serie infinita di gare al sud, in impianti  fatiscenti, dove i margini di sicurezza sono pari a zero, ha lo stesso effetto di una sberla e di uno sputo in faccia.

Mi chiedo anche dove sia in questo momento Roberto, Bobo, Maroni, ministro dell’interno della Lega (Nord). Forse anche lui ha ceduto alle logiche "ricattatorie" di certe regioni? E il sindaco di Verona Tosi non ha nulla da dire su questo ennesimo affronto alla sua città?

A MESSAGE IN A BOTTLE

 Sono su un motoscafo e un romano mi avvicina: "Sei dell’Hellas?". La maglietta tradisce il mio pensiero. E il tatuaggio sul braccio destro non lascia spazio a dubbi. "Certo" gli dico. Il romano mi guarda e chiede ancora: "”Ndo giocate adesso? Me mancano le partite al Bentegodi…". "Siamo in Lega Pro" dico con aria schifata. "Pensa un po’…" mi dice il cittadino della capitale. "Roma o Lazio?" chiedo io. "Solo la maggica" risponde. "Ma com’è che siete finiti così giù?" mi tortura il tifoso giallorosso. La semplice domanda, fatta così da uno che non conosce le vicende dell’Hellas e quante ne abbiamo passate in questi anni mi mette in crisi. "Da dove parto a raccontargli?" mi interrogo. "Da Pastorello? Dal Verona di Malesani? Dalla retrocessione per un punto? Dalla più grande campagna cessioni mai allestita a Verona? Da Cannella?". "Sai com’è" cerco di spiegargli "succede. Di certo" mi faccio forza "non ci manca la passione". "Ah, a me lo dici?" mi fa il romano "io credo che la più grossa sfiga che mi sia capitata nella vita sia tifare Roma. Pensa che l’anno che vincevamo facile, non mi divertivo neanche. Se noi non soffriamo non se godemo". "Pensa un po’" dico io "che i tifosi del Verona erano in cinquemila a Busto Arsizio per salvarsi dalla C2". "Sempre detto io" mi ribatte "che quelli del Verona so’ ggente che merita rispetto. So’ proprio come noi, come i bergamaschi: con questi c’è rivalità ma tanta stima".

"Ma scusa" gli faccio "ma prima mi hai detto che ti manca il Bentegodi. Guarda che comunque adesso ci gioca un’altra squadra di Verona, puoi venirci lo stesso". "Te riferisci al Chievo?". "Sì, a loro". "Sai che diciamo a Roma? Che almeno il Chievo è un quartiere de Verona, ma la Lazio un quartiere manco ce l’ha…. E comunque per me il Chievo non ha lo stesso sapore del Verona. Me pare che dormano lì dentro. Me ricordo dell’81 quando ce siamo giocati il primato, che squadra quella. Fantastica… Me ricordo de Briegel, de Elkjaer, de Garella, de Di Gennaro… Mamma mia che forti… Spero proprio che torniate su, così me rifaccio ‘sta bella trasferta". "Lo spero anch’io" gli dico. E ripenso alla serie A, alle sfide con la Roma, con il Milan, con l’Inter e all’anno che ci aspetta: a Lecco, o forse a Pagani, e magari anche a Foligno. Ti prego Remondina, fa che la prossima volta che vedo un romano in vacanza, il Verona sia almeno in serie B…

IN POLE POSITION

 Non ce l’ho fatta. Ho sbirciato il sito e che mi trovo? Due acquisti! E che acquisti! Due obiettivi primari che, prima di partire, credevo fossero ormai sfuggiti a Bonato. Ed invece eccoli. Russo ed Esposito mettono il Verona in pole-position e confermano che la società non vendeva fumo quando diceva di voler costruire una squadra di vertice. Ora manca solo l’ultima ciliegina sulla torta. E lo sapete a chi mi riferisco. Spero arrivi alla prossima sbirciatina… Intanto mi godo questo primato conquistato sul mercato…

PANE ED HELLAS (ANCHE IN FERIE)

 Cari amici, sono in ferie e solo ora riesco a connettermi. 

Per quindici giorni vorrei staccare la spina ma so che sarà praticamente impossibile. Troppo grande la mia passione per la nostra squadra del cuore per non "cibarmi" della mia dose quotidiana di pane e Hellas.

Lo farò di nascosto dalla mia famiglia a cui ho assicurato: "Niente calcio per le prossime due settimane". Ogni tanto mi troverò un internet point per leggere i vostri commenti e per sapere tutto sui gialloblù. Devo dire che da lontano apprezzi un casino quello che abbiamo creato con Tggialloblu.it. Uno strumento eccezionale, lasciatemelo dire per chi è lontano dalla nostra città.

Quando tornerò mi piacerebbe trovare un Verona che ha già un’identità precisa, una squadra tosta, combattiva ma anche con qualche giocatore che sappia farci sognare. Ho visto che Carrus se n’è andato al Mantova: peccato. Ma il suo nome credo che sia servito a Bonato per far capire a che altezza posizionare l’asticella in quel ruolo. Insomma se non è Carrus sarà un "pari-valore" e quindi sto tranquillo. 

Mi piacerebbe vedere poi un sussulto dalla campagna abbonamenti. Il mio "sogno" personale è arrivare a quota dodicimila, una cifra raggiungibile con l’entusiasmo che registro tra i tifosi.

E’ bene sapere che questo dato è in realtà un dato che vale tantissimo: è il vero valore aggiunto di una società.

Dodicimila abbonamenti in Prima Divisione significano tante cose. Anche che il Verona in questa categoria non ci deve stare. Ma sarebbero una spinta a Martinelli, il suo primo vero socio e a mio avviso lo spingerebbero ancora di più a dare forza al suo progetto.

E diventerebbero un vincolo di sangue con la nuova squadra costruita da Bonato: noi ci siamo ora tocca a voi. 

Aspetto e vi leggerò appena possibile. Buone ferie a tutti

ORA C’E’ UNO STILE

 "Dillo, dillo". L’invocazione-invito del tifoso che ha chiesto a Remondina di abbandonare ogni cautela, anche se scaramatica, e la successiva ammissione del tecnico ("E va bene, abbiamo un sogno, andare in serie B"), è stato il riassunto della presentazione di questa mattina a Sandrà. Una presentazione sobria, ma carica di significati. Direi che se si cercava uno stile in questa società, lo stile è una delle caratteristiche che Bonato, Martinelli e Siciliano hanno portato.

Senza trionfalismi, consci che la concretezza è la base di tutto, il nuovo Verona è pronto a tuffare la propria prua nel mare. C’era emozione, sentimento nobilissimo, in molti dei presenti. Persino un navigato politico come il sindaco Tosi ha fatto fatica a parlare. Martinelli ha spiegato che lui era abituato a stare dall’altra parte, Pensalfini aveva quasi il magone.

A tutti brillavano gli occhi per l’opportunità di giocare in questa piazza. Semmai ce ne fosse bisogno, questa è la miglior prova che il Verona ha girato pagina. Ora, la parola al campo. Ma i segnali sono buoni (toh, una parola con la B…)

 

GLI ABBONATI DEL VERONA, FEDELI NEI SECOLI

 Come i carabinieri. C’eravamo, ci siamo, ci saremo. Per sempre. Fedeli nei secoli. Senza i tifosi, il Verona probabilmente sarebbe già polvere. Un baluardo contro qualsiasi tentativo di porcheria. Un freno alle speculazioni. Un muro invalicabile.

Non ho mai appoggiato, per principio, i boicotaggi degli abbonamenti. L’ho sempre considerato un dispetto fatto alla moglie. Un tagliarsi da soli gli attributi. Anche se ho capito che dietro al boicotaggio della scorsa stagione c’era solo un enorme, disperato e laconico grido d’amore.

Quest’anno per fortuna non siamo in quelle condizioni. Se Dio vuole, il buon Giovanni Martinelli ci sta facendo trascorrere un’estate tranquilla. Nessun problema d’iscrizione, solo polemiche da bar sport (Remondina sì, no, forse…etc). 

Ed allora, secondo me, quest’anno deve uscire la forza vera del popolo gialloblù. Dopo anni in cui farsi l’abbonamento è stato un vero e proprio atto di fede, quest’anno essere al Bentegodi è qualcosa in più.

Siamo alla vigilia di un anno zero, di una possibile rinascita. Certezze, è chiaro, non ce ne sono. Ma mille segnali ci fanno capire che l’aria è cambiata. Che è ora di tornare a prenderci delle soddisfazioni. E’ ora di tornare a vincere.

Io credo che dodicimila abbonamenti sarebbero un bel segnale. A Martinelli e a tutta la città. Un segnale importante: siamo qui. C’eravamo e ci saremo. A San Siro come a Busto. Scommettete che ci arriviamo?