BASTA SPRECARE PUNTI AL BENTEGODI

 Per tre volte su sette il Verona ha pareggiato al Bentegodi. E’ successo alla prima giornata con il Foggia, è successo alla terza con la Cavese, è successo due settimane fa con la Spal. 

In tutte e tre le gare, il Verona ha sprecato ottime occasioni per "strappare" il campionato. Sia con il Foggia, che con la Cavese e poi con la Spal, l’Hellas ha buttato alle ortiche delle facili vittorie. Pensate che spessore avrebbe oggi la nostra classifica con sei punti in più!

Ogni pareggio casalingo è in fondo una grande occasione sprecata. Non so perchè questa squadra, sebbene così matura, solida e forte, viva la gara al Bentegodi con una certa tensione emotiva. Non va sottovalutato il fatto che in due di queste tre gare pareggiate a condizionare il match sono state le espulsioni di Rafael. 

Forse la partita al Bentegodi è attesa come un esame, forse l’obbligo di vincere gioca brutti scherzi, forse succede il contrario e "tanto giochiamo in casa nostra" e quindi si abbassa inconsciamente il livello di attenzione. Comunque sia, quello che sappiamo noi che stiamo dall’altra parte è che il Bentegodi dovrebbe essere un formidabile moltiplicatore di forze, un prezioso alleato, uno spauracchio per gli avversari, un dodicesimo uomo in campo.

Da qui a Natale, l’Hellas giocherà una volta in casa (Rimini, domenica prossima) e due volte fuori (Portogruaro e poi Foggia). La gara con il Rimini, dunque, riveste importanza determinante. Il ritorno al successo, quasi un obbligo. Il Bentegodi, come sempre, ci sarà. L’Hellas, stavolta, non può mancare.

TRAVERSA A TEMPO SCADUTO

Ci sono segnali che a volte la dicono lunga sul destino di un campionato. Se pensiamo alla testata che Colombo ha rifilato ad un avversario a Pescara e che poteva essere punita con il rosso, se pensiamo alla gara con la Spal, con l’Hellas in nove, se pensiamo al gol di oggi di Scarpa in fuorigioco e la traversa a tempo scaduto, che ci permette di uscire con un punticino d’oro anche da Taranto, allora è proprio il caso di dirlo: questo è l’anno buono.

I segnali sono confortanti, la solidità del Verona evidente, anche la fortuna ci aiuta. Ma la fortuna, lo sanno gli audaci e i vincenti va aiutata. Il Verona deve osare di più, anche in un momento di difficoltà come questo, deve essere più spavaldo, più cinico.

Nelle ultime sette gare, il segno X è uscito cinque volte, e questo permette all’Hellas di allungare in classifica. La sensazione di un Verona con il fiato lungo è sempre più evidente. C’è qualcosa che non va in attacco, mi pare fuori di dubbio. Colombo, Rantier e Berrettoni, il trio che solo qualche settimana fa in molti indicavano come l’ideale si è inceppato. I perchè sono di diversa natura. Vediamo di analizzarli.

Rantier non è al cento per cento e a mio avviso sta pagando la lunga rincorsa al posto da titolare. Giulio ha saltato la preparazione, impegnato a curarsi la pubalgia. Quando è guarito, faticosamente, ha dovuto iniziare un percorso verso la forma migliore. Ora sarà al massimo al sessanta per cento non di più. Il lavoro fatto con i pesi, sul suo fisico agile e scattante, lo hanno rallentato. Niente di peggio per chi, come Rantier è abituato a lasciarsi gli avversari dietro ad ogni scatto.

Berrettoni, il più in palla dei tre, tira ormai la carretta da solo da troppo tempo. Nonostante ottime giocate, Berrettoni arriva spesso poco lucido in zona gol.

Colombo si è giocato una chance importante per diventare titolare. Il problema è che anche lui è diventato tiolare non essendo al meglio della condizione. Prima l’influenza, poi qualche guaio muscolare gli hanno impedito di essere al cento per cento in un momento topico.

A mio avviso il nervosismo che è affiorato è proprio figlio di questa situazione. La voglia di spaccare il mondo di Colombo e Rantier, unita ad un impedimento oggettivo ha creato un piccolo cortocircuito.

E’ chiaro che in questa ottica si attende il ritorno di Selva come manna dal cielo. Ma, è meglio dirlo subito, anche Selva, se non sarà in piena condizione, non potrà diventare il salvatore della patria.

Sono piccoli ostacoli, naturali in una stagione come questa. L’importante è sapere che nonostante questa situazione il Verona sta limitando i danni, anzi: pur in questa situazione ha allungato in classifica. Anche le altre squadre, infatti, stanno subendo il logorio del campionato. Per questo bollerei come assolute sciocchezze le voci di clan, di gruppetti, di nervi a fior di pelle che ho sentito e letto anche in questo blog. Mai squadra è stata più sana e più unita di questa. E chi dice il contrario, scusatemi, è solo un’inutile masochista e forse non un vero tifoso del Verona.

 

 

ATTENZIONE, IL MOMENTO E’ DELICATISSIMO

 Trovo un amico sui campi di tennis: "Scrivilo pure. Se non perdi quando resti in nove, vuol dire che è l’anno giusto".

Un altro amico mi ferma al bar e mi spiega: "Queste partite le devi vincere, non puoi sprecare occasioni così clamorose. Bisogna mettere via punti per quando arriveranno i tempi peggiori".

Dove sta la verità a tre giornate dalla fine del girone d’andata?

Io dico che il momento è delicato. Il Verona è una buona squadra, probabilmente superiore alle altre, forse anche al Pescara che a mio avviso resta l’unica vera avversaria. Ma non vincerà nulla se non farà seguire alle parole, i fatti. Fino ad oggi il cammino è stato ineccepibile. Sono fioccate vittorie esaltanti e la crescita anche mentale è stata costante. Ma adesso, dopo tanti step superati, il Verona si gioca il proprio campionato.

La gara di domenica scorsa può aver lasciato sul terreno qualche scoria di troppo che è meglio spazzare via immediatamente. Quell’inspiegabile nervosismo affiorato non è stato un bel segnale. C’è una sottile ma sostanziale differenza tra la personalità e lo spirito vincente e la sterile e inutile polemica che sconfina nell’isteria. Il vincente sa infatti canalizzare la sua rabbia agonistica nel gesto sportivo e cambia grazie a questo il corso della partita.

L’isterico deborda in inutili scenate che alla fine penalizzano la squadra. Quando il Verona è rimasto in nove, Cangi, Berrettoni, Pugliese hanno canalizzato la loro rabbia e cambiato il corso del match. Questa è la mentalità vincente. Prima, Ceccarelli, Rantier e Rafael hanno solamente deragliato, pur animati da sicura buonafede.

Dicevo che il momento è delicatissimo perchè ancora una volta domenica i gialloblù troveranno un avversario che legherà il destino del proprio torneo ad una prestigiosa vittoria contro il Verona, blasonato e capolista. In più mancheranno uomini fondamentali come Rafael, Comazzi, forse Anselmi oltre naturalmente a Andy Selva che resta un po’ l’anima di questa squadra. Il tutto al termine di questa settimana in cui si è reduci da un pareggio casalingo che è sempre un risultato deludente. L’attenzione quindi deve restare massima. Ma senza tanti condizionamenti: il Verona deve riacquistare a mio avviso il gusto di giocare per vincere, magari rischiando di più, soprattutto fuori casa. Anche qui, una questione di mentalità.

E ALLA FINE DICO GRAZIE A RAFAEL

 Rafael ha fatto una cavolata gigantesca, ha sbagliato, pagherà. Le sue dichiarazioni non mi hanno convinto. Ma le ho apprezzate. Pur nel torto, Rafael ha dimostrato di avere un carattere di ferro. Ha avuto il coraggio di spiegare davanti ad un microfono le sue ragioni, senza nascondersi, senza paura e senza timore.

Poteva arrivare nello spogliatoio e rifiutare di parlare. Non sarebbe stato nè il primo nè l’ultimo in questo calcio fotocopiato, scontato e banale. Invece ha accettato il dialogo, non scappando davanti alle proprie responsabilità, anche di uomo pubblico.

Dico a bravo Rafael, perchè so quanto ormai nel calcio sia praticamente impossibile avere un’intervista come quella che ho fatto oggi, dove i giocatori scelti dalla società per parlare erano Cangi e Pensalfini.

Rafael ci ha restituito il gusto di fare un’intervista non banale, un’intervista che magari dividerà sui contenuti, ma che sicuramente abbiamo ascoltato tutti (io per primo) con interesse. Dovrebbe essere la normalità, invece siamo qui a celebrare questo momento il che ci fa anche capire in quale baratro sia sprofondato il giornalismo sportivo e il calcio più in generale. Doveva essere un brasiliano, ancora poco avvezzo alle malizie del pallone italiano (spinta domenicale compresa…) a ricordarci quanto in fondo sia semplice: io faccio le domande, tu dai le risposte, la gente giudica.

 

RAFAEL: CHIAMATE LA NEURODELIRI

 Che cosa sia successo a Rafael in quei venti secondi è da trattato di psichiatria. Il nostro portiere, umile e timido durante le interviste, con quella sua voce sempre sussurata e gentile, è diventato una bestia dopo aver preso il gol su rigore. In questi casi si dice che ti si chiuda la vena che porta il sangue al cervello e che non ragioni più.

Chi ha giocato a calcio sa che sono cose che possono capitare, quando sei in campo e la tensione agonistica è al massimo e l’adrenalina ti scarica addosso la sua energia. E’ successo a tutti, campioni e no. Altrimenti non si spiegherebbe la testata di Zidane a Materazzi durante una finale mondiale. Rafael è impazzito per venti secondi, la stessa follia che lo aveva portato a uscire dalla porta durante la gara con la Ternana, facendoci impazzire (a nostra volta) di gioia. 

E’ un episodio come ha detto Remondina, ne possiamo parlare se volete, ma secondo me, non ne caveremo un ragno dal buco. Piuttosto è più utile analizzare che cosa sia successo al Verona in quei quindici minuti del secondo tempo, in cui i giocatori dell’Hellas sembravano essere parenti lontani di quelli che aveva dominato il primo tempo.  E’ in questo lasso di tempo che si è creata la situazione che poi ha compromesso il match.

Mi chiedo se in quel frangente di difficoltà, anche per stemperare un po’ il nervosismo che iniziava ad affluire, Remondina non potesse fare qualcosa dalla panca. Un segnale, magari, per far capire ai suoi ragazzi che la gara era sempre nelle nostre mani.

Non avrei visto male un cambio di modulo, un passaggio al 4-4-2, togliendo Rantier (il più nervoso, tanto è vero che la rissa è stata innescata da lui) e inserendo Garzon, più abile anche nel gestire questi momenti di difficoltà.

E’ un peccato che il Verona non abbia vinto questa gara che era già nelle sue mani. Stasera saremo qui a parlare di un unico e solitario protagonista del torneo e di squadra in fuga. Poichè amiamo la sofferenza come essenza del nostro stesso essere dell’Hellas Verona, continuiamo invece il nostro cammino di espiazione verso la serie B.

Convinti comunque, che con tre giocatori come Cangi, Berrettoni e Pugliese, quelli visti quando siamo rimasti in nove, nessun traguardo ci è precluso. Anzi, se proprio questa partita ci doveva dire qualcosa di buono, adesso sappiamo anche che questa squadra, oltre a qualche matto, può contare su gente con attributi grandi così.

VALUTAZIONI PER IL MERCATO DI GENNAIO

Il 20 dicembre (trasferta a Foggia) il Verona ricomincia il girone di ritorno. Dopo questa gara ci sarà una lunga sosta (sino al 10 gennaio) in cui il ds Bonato dovrà, assieme a Remondina e al presidente Martinelli, fare le opportune valutazioni per quanto riguarda il mercato di gennaio. La premessa da fare è che quest’anno l’Hellas parte notevolmente avvantaggiata. L’ottimo lavoro fatto dalla società in estate permette a Bonato di non dover stravolgere l’assetto della squadra nè, tantomeno, di ricorrere al mercato con la disperazione delle ultime stagioni. Il passaggio, sarà però ugualmente importante. E’ ovvio che quest’anno il Verona non può sbagliare nulla. Pertanto, il mercato di gennaio servirà per sistemare ulteriormente la rosa. Ecco a mio avviso dove si deve concentrare l’attenzione di Bonato.

1) L’attacco. Ancora una volta è in questo settore dove bisogna fare una seria riflessione. Niente da dire su Colombo e Selva. Il primo è un giocatore di grande classe, quasi un lusso per la categoria, il secondo un marpione che colpisce implacabile anche quando la sua giornata è stortissima. Il problema sono gli infortuni. Si sapeva che Selva e Colombo fanno fatica a garantire la regolarità nelle presenze. Infatti Selva è fermo addirittura dalla gara con l’Andria ed ora è in cura in un centro specializzato. Senza Selva, il peso ricade sulle spalle di Colombo che però dà sempre questa sensazione di fragilità. L’alternativa ai due, in pratica, non esiste. Gomez è un ripiego inventato da Remondina e nessuno della rosa sembra in grado di rivestire quel ruolo. Bonato allora potrebbe inventarsi un cambio. Magari cedendo proprio Gomez e cercando un giovane che sia una vera e propria prima punta. Oppure la società potrebbe decidere di investire ancora pesantemente per non incorrere in nessun rischio. Ed allora in questo caso i nomi che sono circolati sono due. Di Gennaro, che il Verona voleva ad agosto e Tiboni che a Bergamo non trova spazio e che sogna sempre un ritorno in gialloblù.

2) Il centrocampo. Russo, Pensalfini ed Esposito non farebbero nessuna fatica a giocare in categorie superiori. Ma dietro di loro? L’impressione è che solo Garzon possa garantire in questo momento lo stesso rendimento di un titolare. Ma Garzon è un bravissimo portatore d’acqua e non si può farlo giocare come regista. Esposito, è insostituibile. Burato, ottimo ragazzino della Primavera del Chievo, è un giovane che va fatto crescere con pazienza. Il ruolo è delicato: servono personalità, esperienza e anche minuti di gioco che in questo momento Remondina non può garantire al giovane centrocampista. Anche qui la valutazione deve essere molto fredda. Può il Verona compromettere una stagione, nel caso Esposito non ci fosse? Credo che Bonato, come ha fatto ad agosto, risponderà con i fatti. Magari ingaggiando un centrocampista esperto, un jolly che sappia giocare un po’ ovunque.

3) Le conclusioni. Insomma, come si diceva, la squadra non deve essere stravolta. Bastano due, tre operazioni in uscita e un paio in entrata per affrontare con serenità la seconda parte della stagione.

IL RAMMARICO

 Il pareggio è da incartare e da portare a casa. Su questo, credo, siamo tutti d’accordo. L’orribile partita di Pescara, big-match della giornata si è chiusa sullo 0-0 e a sorridere un po’ di più è il Verona. Prima della gara le notizie che uscivano dallo spogliatoio dell’Hellas erano da bollettino di guerra. Rafael e Ceccarelli ko, Pensalfini  fuori, Rantier indisponibile, Anselmi fermo per un dolore muscolare. A cui si dovevano aggiungere le assenze di Garzon, Selva e Farias nemmeno convocati. Poi in qualche maniera Rafael e Ceccarelli si sono rimessi in piedi, Rantier ha giocato con il termometro, Campisi ha preso il posto di Pensalfini e in panchina c’erano due della Berretti (Jorginho e Viviani) più Burato, Gomez, Ciotola e Ingrassia. Il Pescara giocava la gara della vita. La sconfitta di Cosenza era onta da lavare rullando il Verona, o i poveri resti dei gialloblù.

Invece il match, qualche sussulto a parte, è filato via liscio. Un paio di occasioni le ha avute il Pescara, un paio il Verona. Al 18′ del secondo tempo nebbia e fumogeni hanno abbassato il sipario e la gara è finita in pratica lì. 

Il Verona ha pensato solo a tornare in riva all’Adige, il Pescara, molto deludente, a non subire beffe. L’Hellas resta primo al comando (con la Ternana), il Pescara è dietro staccato di tre punti. Il Portogruaro è a quattro.

Il pareggio dunque è stato ottima cosa, viste le premesse. Ma… Beh, insomma un po’ di amarezza resta. Perchè se questo Verona, così incerottato, così debilitato e raffazzonato ha retto tutto sommato bene all’onda d’urto pescarese, viene da chiedersi cosa avrebbe potuto fare un Verona appena appena in palla. Con un Rantier decente, un Colombo meno rissoso e più tonico, con Esposito supportato da Pensalfini e Russo, e magari in panca Garzon, Campisi, Selva più Ciotola e Anselmi. Insomma il solito Verona. Ecco questo è l’unico piccolo rammarico di una serata in cui un punticino è comunque tanta roba.

ANDIAMO A VINCERE

 Poche ciance: se il Verona vince con il Pescara mette mezzo piede in serie B. La gara di lunedì sera, ha ragione Rafael, vale sei punti. Il segnale che l’Hellas darebbe incamerando la vittoria sarebbe da vero padrone del campionato. Immaginatevi quali processi si aprirerebbero in casa Cuccureddu se il Pescara dovesse perdere: dopo Cosenza, anche Verona. Per il Pescara sarebbe crisi nera e il Verona scapperebbe in classifica. Certo, ha ragione pure Remondina quando dice che non c’è solo il Pescara in questo campionato. Ma francamente se la seconda attuale forza è la Ternana, spazzata via al Bentegodi, il Verona avrebbe davanti un sentiero cosparso di petali di rosa.

Poichè il calcio è maligno e traditore c’è anche da mettere in conto che il Verona non vinca. Un pareggio lascerebbe le cose inalterate e francamente andrebbe meglio a noi che a loro. Una sconfitta permetterebbe al Pescara di riprendere l’Hellas, che dovrebbe ripartire praticamente da zero. Ma senza drammi. Basta andare a Pescare per vincere e non per gestire il risultato. L’unica ipotesi che tutti in casa scaligera, dicono di non voler fare. Ed allora godiamoci questa sfida. E vinca il migliore (cioè l’Hellas…)

DECISIONE SCANDALOSA

Dicono che a pensar male a volte ci si azzecca. Non mi piace e non mi sono mai piaciuti i piagnistei e i piangini che attribuiscono al Palazzo le loro sfortune. Ma qui ragazzi c’è qualcosa che non quadra. Il Verona è primo in classifica, ha trovato una società seria, ha messo i presupposti per una risalita nel calcio importante. Ha costruito una squadra fortissima con grande dispendio di denaro, ha una grande tifoseria che guardando i numeri è appena inferiore (in Lega Pro…) a quella delle squadre metropolitane, eppure c’è sempre la sensazione che qualcuno o qualche cosa voglia frenare questa rinascita.

La vergognosa e immotivata decisione del Casms di vietare la trasferta ai veronesi nel big-match di Pescara, su un campo dove non sono mai avvenute violenze di nessun tipo e dove le tifoserie non hanno mai avuto screzi ha il sapore di un pretesto.

Un pretesto bello e buono per fermare una grande tifoseria che era pronta a sostenere in massa la squadra in questo big-match di lunedì sera. Comunque andrà, non sarà la stessa storia. Il Verona non riuscirà ad avere quel sostegno e il campionato, questo brutissimo campionato di Lega Pro, già azzoppato dalla cervellotica idea di spaccare l’Italia a metà inserendo il Verona nel girone del Sud, sarà falsato. Non è la stessa cosa giocare con duemila tifosi al seguito e giocare solo con il pubblico di casa.

E’ l’ennesima brutta pagina del calcio italiano dove il piccolo Verona continua a subire le angherie di burocrati ottusi e ignoranti. Si sta facendo di tutto per disamorare la gente e i tifosi e alla fine il risultato sono i desolanti stadi della serie A, deserti e muti. Non so se ci sia dietro qualche disegno ma a furia di indizi mi viene da pensare di sì. Ebbene sappiano lor signori che saremo più forti di tutto questo, dei loro complotti e del loro desiderio di liberarsi di noi. E al presidente Martinelli, un forte abbraccio. Tenga duro, presidente. Con noi a fianco vincerà la sua battaglia.

L’IMPORTANZA DEL SETTORE GIOVANILE

 In Coppa Italia hanno giocato alcuni ragazzi che stanno crescendo nel settore giovanile del Verona. Jorginho, un brasiliano che assomiglia a un tedesco, Viviani, Papa Kassum. E’ stato un bel segnale, al di là del risultato. Un segnale per dire che il settore giovanile del Verona c’è e lotta insieme a noi. 

Nulla è più importante nel calcio del prossimo futuro del settore giovanile. E nulla deve essere strutturato in una società come il settore giovanile. L’organizzazione che richiede l’attività dei ragazzi, gli osservatori, i tecnici, i massaggiatori, i medici, le società satelliti è uno sforzo immane. E’ un mondo che lavora nell’ombra, a parte, ma solo in apparenza perchè in realtà è il cuore stesso della società.

Un settore purtroppo desertificato dalle precedenti gestioni. Perso totalmente il controllo del territorio, il nuovo Verona di Giovanni Martinelli è ripartito praticamente da zero. Su poche basi lasciate (per fortuna) da Riccardo Prisciantelli il quale, dobbiamo dirlo, con un budget da bocciofila ha fatto comunque miracoli. Ora si è ripartiti di slancio. Antonio Terracciano, fidato collaboratore del presidente, sa benissimo cosa vuol dire lavorare a stretto contatto con le società del territorio. Facendo leva sull’enorme impatto che il nome Verona ha ancora sulla gente s’è iniziato a ricostruire sulle macerie.

E’ un lavoro paziente e certosino. Un lavoro che si misurerà solo con gli anni, solo investendo tanto, solo rendendosi seri interlocutori. Ma è un lavoro che alla fine pagherà. E permetterà al Verona di vivere in mezzo al calcio dei miliardari.