PATTI CHIARI, AMICIZIA LUNGA

 Non m’interessa discutere di Pensalfini (buon giocatore) o Selva (mi dice Tiboni che ci ha giocato assieme, ottimo bomber). So che questo è quello a cui i tifosi tengono di più e so che le cinque X sullo schema di Bonato, sono la differenza tra una discreta campagna acquisti e una ottima.

Ma sinceramente adesso mi interessa di più il corso che questa società ha inaugurato, dopo un avvio, diciamolo francamente, in mezzo alle nebbie. Quel "mai dire mai" di Martinelli alla fusione con il Chievo, l’addio di Bovo e di Ficcadenti in circostanze "misteriose", non sono stati il miglior biglietto da visita.

Oggi però, fugati i dubbi sulla fusione (speriamo…) il nuovo Verona di Martinelli e Bonato  è uno spettacolo che assistiamo dietro ad un vetro cristallino.

Mai, francamente, mi era successo in molti anni di lavoro e di calciomercato, di vedere un ds aprire un foglio e pubblicamente spiegare come sarà la prossima squadra. Lo ha fatto Nereo Bonato e a lui va un sincero applauso.

Primo, perchè ha dimostrato di essere veramente convinto del proprio lavoro, secondo perchè ha spiegato con chiarezza il perchè delle sue mosse, terzo perchè questo riporta il Verona tra le società "normali". Anzi no: perchè nessuno ha mai fatto una cosa del genere e c’è sempre chi depista, chi nega l’evidenza, chi nasconde. Ed invece Bonato ha inaugurato un nuovo modo di fare calcio, diverso da tutti gli altri. Un modo di fare che potremo chiamare "patti chiari, amicizia lunga". Secondo me, un bel modo per tornare a vincere. In questo, almeno, il Verona è già un esempio da seguire.

IL VERONA GLOCAL

 Il mondo del calcio sta cambiando. C’è la crisi che martella duro (Kakà ieri ha detto di essere stato venduto per quello), soldi non ce ne sono più. Inter, Milan e Juve hanno cambiato strategie. La Juventus non arriva a D’Agostino dell’Udinese perchè costa troppo. Il Milan fa passare per due colpi di mercato l’acquisto di due bravi giovani come Zigoni e Beretta. L’Inter vorrebbe disfarsi di Ibrahimovic perchè costa troppo ma non trova nessuno nel mondo disposto a pagare quelle cifre allo svedese.

Parlo delle grandissime per arrivare a noi. Bisogna ripensare al modello calcistico, lontani i tempi in cui due società si scambiavano sette volte un giocatore aumentando ogni volta il suo valore nel bilancio.

Oggi bisogna stare attenti ad ogni euro che esce dalle casse. Ci sono una valanga di squadre che non si iscriveranno al prossimo campionato con gli attuali parametri.

Il nuovo modello può essere quello indicato dal Verona di Martinelli. Un Verona "glocal" fortemente radicato sul territorio, con dirigenti veronesi, un Verona a chilometri zero.

E’ una vecchia via, se volete, ma può essere molto efficace. Non serve spiegare a Bonato cosa voglia dire essere il ds del Verona. E neanche a Fattori. E nemmeno a Terracciano. Tantomeno di deve spiegare a Martinelli che valenza ha essere il presidente del Verona.

Un team di questo tipo sebbene con risorse finanziarie non eccezionali (ma chi ce le ha ora?) può fare la differenza. Bonato sta lavorando 15 ore al giorno. Terracciano ha la tenda canadese in sede. Fattori mangia pane e Hellas da una vita. Sanno benissimo che responsabilità c’è sulle loro spalle, sanno perfettamente che non si può prendere in giro nessuno. Per questo, fino ad oggi, hanno parlato chiaro e venduto poco fumo. Secondo me bisogna apprezzare questo cambio di rotta. Non hanno preso scorciatoie ma alla fine arriveranno a destinazione. Meritano fiducia, se non altro perchè sono veronesi. Come noi.

IL PDP

 

 C’è un partito silenzioso a Verona che è sempre in ebollizione, 365 giorni all’anno, anche quando non lo vedete e non lo sentite. E’ il partito che vorrebbe unire la storia delle due squadre di calcio della città. Per comodità lo chiamerei il Partito della porcheria, il Pdp. Questo partito è molto forte, ma anche molto debole al tempo stesso. E’ un partito che ha “sostenitori” ovunque. Tra i politici, tra i banchieri, tra gli imprenditori fino ad arrivare dentro le redazioni dei giornali. Il principale problema del Pdp è far digerire questa porcheria alla gente. Ecco perchè sono sempre al lavoro. A questo partito non piace chi fa “rumore”, chi racconta la verità, chi fa le domande scomode. Pensate un po’ che tra loro ci sono gli stessi che ancora oggi offrono vetrine televisive ai loro amici, dove entrano solo telefonate amiche, nessuna reale, altrimenti i “capi” del Partito potrebbero irritarsi e loro perderebbero il ruolo che gli è stato assegnato.

La Storia per questa gente è solo una “gabbia” da cui liberarsi, perchè “tiene prigionieri” i tifosi. Prigionieri di un’idea assurda (secondo loro): essere tifosi per sempre, nel bene e nel male, di una sola squadra di calcio. Argomenti ne hanno per carità: ad iniziare da quei contributi televisivi che lieviterebbero fino a garantire un futuro “radioso”. E poi ci sono le esposizioni bancarie che verrebbero “anestetizzate”, il futuro stadio, il marketing, gli abbonamenti… Il problema però resta: come far digerire la porcheria? Ed allora ci provano: gli argomenti usati ormai li conoscete. Partono da lontano, prendendo in esame la storia del Verona: in fondo, dicono, questa squadra ha già avuto delle fusioni. Sperando in questo modo di “minare” la nostra resistenza. Poi creano confusione: parlano di un giocatore del Chievo e lo paragonano ad uno del Verona del passato, come se fosse la stessa cosa. Fanno circolare l’idea che “il problema del Verona siano i suoi tifosi”, ghetizzando così i supporters più appassionati, quelli cioè che potrebbero opporsi fortemente alla loro porcheria. Teorizzano infine “alleanze” strategiche per creare quel clima di amicizia che potrebbe sbocciare nel fine ultimo da loro desiderato.

Quello che manca al Partito della porcheria è lo stessa qualità che mancava a Don Abbondio. Il coraggio. Tirano il sasso e nascondono la mano. Hanno paura. Paura della reazione della gente e paura dei tifosi. Per questo non sono rispettati da nessuno. Uscissero allo scoperto e dicessero: noi la pensiamo così: e voi? Magari aprirebbero un dibattito. Invece no. Agiscono nell’ombra, subdolamente, colorano le loro dichiarazioni di ambiguità, zone grigie in cui poter agire. Appaiono e scompaiono velocemente. Ma ci sono, credetemi, ci sono. E continuano incessantemente a scavare. Non sapendo, poveri loro, che le radici profonde non gelano. Mai.

SERVE UN ATTACCANTE CHE FACCIA LA DIFFERENZA

 Sarà anche l’uovo di Colombo. Ma da qui non ci si scappa. Per puntare a vincere, in qualsiasi categoria, bisogna avere un attaccante forte. Un bomber che faccia la differenza. Se ce l’hai hai già fatto il salto di qualità. Perchè poi, diciamocelo francamente, il resto può anche essere sufficiente. . Ecco perchè la questione della punta diventa di vitale importanza per il Verona.

Io credo che tanto più si spenderà in questo settore, tanto più il Verona avrà chance di salire in serie B. Non penso che "basti una punta di categoria". E credo che per quanto riguarda la punta centrale non si possano fare scommesse.

Almeno qui Bonato e Martinelli non dovrebbero badare a spese a mio avviso. Insomma, secondo me, se un colpo va fatto, va fatto proprio qui. E per colpo penso a quei nomi di categoria superiore che si sono letti. Bruno, Sforzini ma anche Varricchio, che non farebbe schifo…

A guardare bene anche Bonato, che ha portato a Sassuolo Zampagna nella scorsa stagione, la pensa così. Una squadra affidabile dalla difesa in su e una garanzia in fatto di gol là davanti.

Per anni Verona non ha avuto un bomber degno di questo nome. Per questo mi aspetto tanto da Martinelli: anche per far capire (con i fatti, mica con le parole…) che l’Hellas ora punta veramente in alto.

LA PAZIENZA DEL RAGNO

 Non sono mai stato una persona paziente. Chi mi conosce sa benissimo che questa virtù non mi appartiene. Ma nel corso degli anni ho voluto "sforzarmi" e ho apprezzato questa dote. La pazienza è uno stato d’animo che ti permette di assaporare le cose. E’ anche una "tattica". Paziento prima di attaccare, paziento invece di buttarmi a capofitto. La radice della parola riporta al latino patire e al greco pathos che vuol dire "soffrire". In quanto a sofferenza credo che come tifosi del Verona ne abbiamo "patita" fin troppa. Quando parlo con Nereo Bonato, ds del Verona, la parola "pazienza" viene abbondantemente usata. "Ci vuole pazienza" mi dice Nereo "perchè non possiamo sbagliare niente". Vorrei dirgli che di pazienza qui non ne abbiamo più, che ci siamo rotti le scatole di avere "pazienza" con tutte le dirigenze che si sono succedute, vorrei anche spiegargli che abbiamo avuto "pazienza" con Cannella e con Arvedi e prima ancora con Pastorello e abbiamo avuto "pazienza" quando siamo finiti in B dopo aver assaporato l’Europa e abbiamo avuto anche pazienza quando Remondina ha buttato via i play-off in questo finale di stagione. Ma capisco Nereo e capisco che ha ragione lui. Questo è un mercato dove serve pazienza, bisogna saper attendere il momento giusto, "puntare" un giocatore senza farlo sapere in giro e portarlo al momento giusto. Oltre tutto non possiamo far ricadere su Martinelli e il suo ds Bonato quanto è disgraziatamente successo al Verona sino ad oggi. Francamente loro di colpe non hanno, se non quella di aver acquistato il Verona salvandolo dal fallimento. Quindi prometto: sarò paziente, aspetterò di vedere la squadra di Remondina, Bonato e Martinelli, non griderò allo scandalo se perderemo una gara tra le prime tre o quattro. Pazienterò almeno dieci gare prima di dare giudizi definitivi ma sia chiaro che in quel momento guarderò la classifica. E quando la guarderò vorrò vedere un Verona tra le prime due, tre della graduatoria. Vediamo se la pazienza stavolta sarà premiata.

IL PRIMATO DEI SOLDI (E DELLE IDEE)

Il Cesena e il Padova vanno in serie B. Può avere questo risultato una valenza per il Verona? Sì, a mio avviso. Il Cesena e il Padova erano le due squadre favorite dai pronostici dopo l’ultimo mercato e alla fine sono state promosse.

Hanno speso, investito e sebbene con percorsi diversi sono arrivati all’obiettivo. Diversamente dagli altri anni in cui erano state premiate squadre che "venivano da lontano" (Sassuolo su tutte, ma con la multinazionale Mapei alle spalle…), questa volta il primato dei soldi (come sempre più spesso succede in serie A e in serie B, guardare le classifiche per credere) è uguale al primato sportivo.

Certo, il calcio è ancora fatto di idee, di buoni propositi e di progetti seri. Ma, ugualmente, è fatto di investimenti e di forza economica. E’ fatto anche da gente che sa spendere i soldi che ha a disposizione. Che senso hanno a Cremona le operazioni Morfeo e Riganò? Mentre a Padova Cesar, Patrascu e Jidayi alla fine hanno fatto la differenza.

Il nuovo Verona dovrà essere un impasto di tutto questo. Idee, ma appunto anche un bel po’ di soldi. Per essere vincenti subito come hanno spiegato Bonato e Martinelli.

COLLABORAZIONE NON SUBALTERNITA’

 Non credo che il Verona possa o voglia diventare subalterno di nessuno. Si chiami Mantova, Sassuolo o Chievo.

Capisco i giri di mercato (vedi blog di Rasulo) e mi piace pensare che Nereo Bonato sfrutti le sue amicizie-conoscenze per portare il meglio per l’Hellas.

Quello che non accetterei mai e credo con me anche i tifosi del Verona sarebbe un’Hellas ridotto ad un parcheggio dove una squadra oggi in una categoria maggiore (il Chievo di Campedelli e Sartori) piazzasse alcuni suoi giocatori tranne poi riprenderseli dopo adeguata valorizzazione a fine stagione.

Credo per esempio che Bonato faccia bene ad insistere (anche se non troppo…) per trattenere Girardi ma credo anche che il giocatore quest’anno debba venire a Verona almeno in comproprietà per dare il senso che esiste davvero un progetto. Altrimenti… Beh, insomma basta guardarsi in giro per vedere che c’è pieno di buoni attaccanti da acquistare e quando leggiamo che il Pescara si butta su Soncin o su Mastronunzio, non possiamo non pensare che questi non possano essere obiettivi anche dell’Hellas Verona di Giovanni Martinelli.

Stesso discorso per Burato, giovane e promettente centrocampista della Primavera del Chievo che interessa al Verona. Ottimo affare ma a quale titolo? Il Chievo e Sartori lo cederanno a Bonato, oppure anche qui si tratta solo di un prestito e quindi solo di un parcheggio? Il discorso in questo caso si fa ancora più delicato trattandosi di un giovane.

E si potrebbe continuare parlando di Garzon (è già in comproprietà, sarà acquistato?) e Parolo. La questione non è "filosofica", ma molto concreta perchè è proprio attraverso queste operazioni che possiamo capire, meglio di miliardi di dichiarazioni se c’è finalmente questo benedetto progetto che da anni aspettiamo. Un progetto vuol dire investimenti per costruire una solida squadra che vada appunto nella direzione indicata molto bene da Bonato il giorno della presentazione: creare un gruppo che sappia aprire un ciclo virtuoso. 

 

 

NON E’ ODIO E’ SOLO IL CALCIO

"Metaforicamente, ogni settimana, i tifosi uccidono una grande preda e il momento dell’uccisione è rappresentato dal goal. Quando la palla colpisce la rete, è come se la tribù avesse ucciso un temibile animale e tutti allora possono festeggiare l’avvenimento".

Non so se il mio collega Luca Fioravanti ha mai letto Desmond Morris e il suo libro "La Tribù del calcio".

L’antropologo inglese, famoso per aver scritto "La scimmia nuda", paragonava il "rito" calcistico ad un rito tribale, in cui appunto due opposte fazioni si contendevano una preda e in cui la sublimazione dell’uccisione era rappresentata da un gol.

Il calcio, dunque, è un rito antico, una sorta di "messa", dilatando il concetto, è qualcosa di magico che appartiene alla stessa socialità dell’uomo. Ci sono due squadre, una vince, l’altra perde. Questo è il concetto che mi affascina del calcio. Ed è per questo che non capisco francamente quando recentemente Fioravanti in un suo topic ha parlato di odio nei confronti del Chievo (o del Verona), odio che sarebbe stemperato da chi come Luca segue con simpatia entrambe le squadre.

Fatto salvo che ognuno è libero di fare quello che vuole (quindi anche di tifare due, tre, quattro persino cinque squadre), l’analisi che faccio io parte da presupposti diversi da quelli di Fioravanti.

Il calcio è lotta, battaglia, "caccia" come dice Morris. Dentro quel campo, all’interno di regole predefinite e seguendo un fair-play non scritto, io "appartengo" ad una delle due tribù, o se volete delle due fazioni. Si vince e si perde. Questo è il senso più alto del calcio e dello sport in genere. Ma se accettiamo l’idea che si può "appartenere" a più fazioni, a più tribù, si rifiuta l’idea che esiste una sconfitta che è l’esatto contraltare di un successo, anzi è persino il suo stesso essere. Mi spiego meglio: non c’è vittoria se non c’è sconfitta. Non esiste squadra al mondo che non conosca le sconfitte e tutti i cicli, anche i più lunghi e gloriosi sono per definizione destinati a chiudersi. E’ finita la Juve, l’Inter, il Real Madrid, il Milan. Ma poi tutti si sono ripresi e sono ripartiti. E i tifosi del Milan ricorderanno sì le vittorie in Champions ma al contempo si ricorderanno la serie B, così come quelli della Juve, mai così uniti da quella retrocessione a tavolino e via discorrendo.

Questo è possibile solo ed esclusivamente perchè c’è un senso di appartenenza e nessun tifoso del Milan si sognerebbe di tifare Juve così come nessun interista penserebbe mai di passare sulla sponda rossonera solo perchè il Milan ha vinto tanto e per tanto tempo.

Ora perchè questo è valido ovunque e non a Verona? E perchè una semplice e sana rivalità come quella tra Verona e Chievo deve essere per forza innondata di odio? Chi come il sottoscritto è andato dicendo in questi anni che era assurdo tifare per due squadre, sebbene della propria città è stato descritto come "fomentatore", "pianta-grane", "giornalista-ultras". Cioè il mio discorso che è di altissimo livello "sportivo" è stato visto e letto come un discorso "antisportivo".

Capisco che forse questo (il fatto di avere un "pubblico mobile"… un po’ di qua, un po’ di là) era il "disegno" di qualche "genio" (che qualcuno continua a descrivere come "potere forte"…)  e che devo in qualche modo aver rotto le scatole a chi pensava che l’amore per una squadra fosse intercambiabile come il pezzo di plastica di una costruzione Lego.

Per adesso ho avuto ragione io. L’amore per una squadra di calcio non è intercambiabile. E il calcio non è a

METTI UNA SERA A CENA…

Ha detto Nereo Bonato: voglio costruire una squadra che apra un ciclo virtuoso. Il ciclo virtuoso, l’abbiamo sempre sostenuto, parte innanzitutto dalla società. Se andate sul sito del Verona in questi giorni, troverete le foto di una cena che il presidente Martinelli ha tenuto a Sega di Cavaion venerdì scorso. Una cena con venti imprenditori veronesi.

Un’idea venuta al bravissimo Benito Siciliano l’uomo dei conti di Martinelli, uno che vede cifre ovunque, come il John Nash di "A beautiful mind". Una cena può voler dire poco o anche tanto. Perchè è importante chiedersi come mai sino ad oggi nessuno si è approcciato al Verona e perchè un importante istituto bancario radicato nel territorio ha preferito appoggiare il Chievo rispetto al Verona. In questa domanda e nelle conseguenti risposte, forse c’è anche la recente storia del pallone scaligero, con l’Hellas crollato in Prima divisione e il Chievo che veleggia magistralmente in serie A.

Io una mia idea ce l’ho e la spiego subito. A Verona hanno bazzicato persone e dirigenti che non offrivano garanzie, più abili nel gioco d’azzardo che imprenditori. Gente che ha ridotto il Verona sul lastrico. Logico che nessuno si avvicinasse all’Hellas. E il peggio è che questi signori, abili nelle parole come nei giochetti sotterranei sono persino riusciti a ribaltare la realtà addossando al pubblico di Verona, o almeno ad una parte di questo, cioè al principale patrimonio della società, la colpa del loro isolamento.

Ora con Martinelli questo falso storico che ha provocato danni a ripetizione nel Verona, è smascherato. Ogni venerdì a Sega di Cavaion, Martinelli incontrerà venti imprenditori e parlerà con loro dell’Hellas e dei suoi progetti. Ne basteranno molti meno come supporto alla società scaligera, ma l’importante è ricostruire quel tessuto che orde di fameliche cavallette sono riuscite a distruggere in questi anni.

Per questo l’idea di Benito Siciliano è da Oscar. Come lo è stato il film di Ron Howard…

 

LE NOSTRE RICHIESTE A NEREO BONATO

 Ora è ufficiale. Nereo Bonato è il nuovo direttore generale dell’Hellas Verona.

Come sempre nel calcio saranno i risultati a dire se il suo lavoro a Verona sarà stato buono o no.

Credo però che non sia sufficiente questo. Dopo anni di disastri societari è anche tempo di avere gente onesta che guida il Verona.

E’ questo che personalmente chiedo al nuovo direttore generale. Onestà. Che poi significa chiarezza sui programmi, moralità, e tutto quello che ne consegue. Arriveranno anche i risultati, ne sono certo se le premesse saranno queste.

Di tutto abbiamo bisogno, caro Nereo, qui a Verona meno che di venditori di fumo e di macchiavellici personaggi. In questo senso abbiamo già dato.

Conoscendo le tue doti morali, sono certo che non ci tradirai. Buon lavoro e forza Hellas.