ASPETTANDO BONATO…

 

Nereo Bonato diventerà il direttore sportivo del Verona la prossima settimana. Appena chiusa la pratica Sassuolo, ormai quasi fuori (a meno di miracoli) dalla lotta play-off. Bonato ha già un accordo con Martinelli ma potrebbe non trovare la via d’uscita con Squinzi, il patron della Mapei che anche recentemente gli ha spiegato che: "Se va via lei, vado via anch’io". Un’evidente forzatura per costringere Bonato a restare a Sassuolo. In realtà l’ex portiere veronese ha già deciso. Troppo allettante venire a Verona per dire no alla proposta di Martinelli.

Subito dopo l’accordo, Bonato convocherà una conferenza stampa per spiegare il suo progetto. In realtà Bonato sta già lavorando per il Verona e ha già un’idea di come puntare subito alla serie B. L’idea è quella di fare una squadra forte ma non in stile Cremonese. E’ necessario creare un gruppo forte con giocatori motivati senza scialacquare denaro. Bonato parla di "ciclo virtuoso" in modo da dare alla squadra e alla società basi solide. Si scontrerà con la realtà veronese che chiede risultati immediati dopo anni di vacche magre. Farà parlare i fatti, come piace a Martinelli.

Con lui ci sarà Remondina. Il lavoro del tecnico è stato giudicato buono. Le sue lacune sono note. Remondina non sa leggere le partite e ha bisogno di avere accanto uomini fidati che lo consiglino al meglio. Bonato e Remondina si conoscono perfettamente e Bonato conta su questo feeling per "tenere" in carreggiata il tecnico di Rovato.

Ho già espresso al mister durante l’intervista di venerdì qual è il mio pensiero: il rischio (per lui e per l’Hellas) è che l’ambiente non abbia (nei suoi confronti e nei confronti della squadra) la stessa pazienza di quest’anno. In pratica è come se il bonus fosse stato consumato. Cosa succederà se il Verona perdesse una gara come quella con il Venezia? Remondina mi ha risposto tranquillo. "Nessun problema. Sono conscio di questo. E sono conscio che il prossimo anno il Verona dovrà guardare come obiettivo stagionale solo al primo posto". Bene, questo è già molto.

Il resto lo dovrà fare il presidente Martinelli. Ma sinceramente su questo punto mi sento sicurissimo. Se guardate alle notizie che arrivano in questi giorni da via Torricelli c’è da stropicciarsi gli occhi. Chiuso il contenzioso con l’Agenzia delle entrate, già firmate tutte le liberatorie. Cose "normali" che a Verona erano diventate "straordinarie".

IL MIO AMICO SAVERIO

Incredibile. Elena Fraccaroli, dolcissima impiegata del Verona mi ha appena chiamato. "Gianluca, ha sentito?". "No, Elena cos’è successo?". "Saverio Guette è morto stamattina".

Improvvisamente il telefono è diventato un pezzo di ghiaccio. Saverio è stato uno dei miei più grandi amici nel mondo del calcio. L’ho conosciuto tanti anni fa (lo portò a Verona Paolo Giuliani, all’epoca di Mazzi e Ferretto). Lui era tifoso dell’Inter, entrò nel Verona come manager del settore marketing. Ho passato ore nel suo ufficio. Saverio aveva una cultura eccezionale, parlavamo di tutto: dalla politica alla filosofia.

Nell’epoca Pastorello ha tirato fuori il sangue dalle rape. Verona gli era entrata nel sangue. Quando fu costretto ad andarsene, soffrì come un cane.

Andò a Domegliara e portò la sua professionalità in quell’ambiente. Non posso pensare che non ci sia più. So che avrebbe voluto finire la carriera all’Hellas, magari in serie A. Mi mancherà. Tantissimo.

CIFRE SPAVENTOSE, ORA VEDIAMO CHI AIUTA MARTINELLI

Le cifre riportare dall’amministratore delegato del Verona Benito Siciliano sono da pelle d’oca. Acquistare il Verona, come avevamo raccontato durante la trattativa, è stata un’autentica follia. Ci sarebbe (c’è) da chiedersi che razza di proprietà abbiamo avuto in questi ultimi anni per creare una situazione così drammatica, ma purtroppo per noi, ha già risposto la storia: pessime. Verona ha subito un trattamento da orda barbarica o, se volete, ha subito lo stesso trattamento di Cartagine quando Scipione, dopo averla sconfitta, ci gettò sopra, affinchè non crescesse più nulla, pure il sale.

Ora Martinelli ha un compito durissimo. Deve spazzare via il sale e far germogliare nuove piante. Parallelamente deve garantire a noi tifosi di tornare subito alla vittoria. Per farlo deve investire pesantemente. A occhio e croce almeno un’altra decina di milioni di euro. Lo deve fare subito perchè nel frattempo il mondo va avanti e Verona non può stare così indietro. Ma è altrettanto evidente che se un uomo, un imprenditore come Martinelli, ha fatto questo passo, vuol dire che ha intenzione di far tornare grande il Verona e ritagliarsi, per sempre, un posto nella storia.

C’è un punto su cui bisogna battersi, anche per impedire che alcune sirene "tentatrici" possano indurre Martinelli ad accettare la fusione con il Chievo. Questa sarebbe la "scorciatoia" imprenditoriale per trovarsi una società in serie A o B, senza fare fatica. Ma è una scorciatoia, appunto. E per di più vomitevole dal punto di vista morale-sportivo. E’ necessario, quindi, creare attorno alla società un clima sereno affinchè altri imprenditori possano discutere ed entrare in società con Martinelli, allargando la base e vincendo gli egoismi tipici della nostra classe imprenditoriale veronese.

Mi pare che gli "alibi" che hanno retto fino a qualche mese fa siano caduti. E’ chiaro che nessuno sarebbe stato disposto ad entrare in società con Pastorello o con Arvedi, per diversi aspetti ritenuti "poco affidabili". Martinelli rappresenta invece una garanzia. Anche se il momento economico è durissimo e molti dei nostri imprenditori sono in "tutt’altre faccende affacendati", credo che ci sia lo spazio per un impegno concreto nell’Hellas Verona.

Il sogno sarebbe avere un gruppo di soci che affianca Martinelli per il bene dello sport e dell’Hellas Verona. Quattro, cinque imprenditori che avrebbero immediato beneficio dal punto di vista dell’immagine e che permetterebbero anche all’imprenditore di Castelnuovo di guardare avanti con più ottimismo.

Il fatto che Massimiliano Andreoli si sia già approcciato è positivo. Ma non basta. Lui come altri devono tangibilmente e concretamente far vedere che vogliono bene al Verona. Il tempo delle parole è finito. Vediamo adesso chi veramente è pronto a far partire un "new deal" gialloblù.

ORA MARTINELLI SCENDA FINALMENTE IN CAMPO

Tocca a lui. Il campionato è finito, il Verona è finito a sei punti dai play-off, tanti per un certo punto di vista, un’inezia da un altro.

Martinelli ha rimandato ogni mossa e ogni parola a dopo la conclusione del campionato per non "turbare" l’ambiente. Una mossa che è servita a poco. Il Verona nelle ultime tre gare, quelle "tutte da vincere", quelle che "facciamo nove punti e poi vediamo" ha messo assieme la miseria di tre pareggi.

Ora però Martinelli "deve" agire. Lo faccia come meglio crede, ma agisca. Il Verona affronta per il terzo anno consecutivo la Prima Divisione e quello che ha meno "colpe" è sicuramente il nuovo presidente. Ma sicuramente la prossima stagione sarà la prima per l’imprenditore di Castelnuovo. Il quale sa meglio di ogni altro quanto importante sarà per la rinascita dell’Hellas.

Per questo è opportuno non perdere altro tempo. Il progetto deve essere chiaro e da oggi deve materializzarsi. Bonato (o chi per lui). Allenatore (Remondina o chi per lui). E poi la squadra. Siamo qui, presidente che pendiamo dalle sue labbra. Non ci deluda.

UN VERONA INGLESE

 Domenica il Verona giocherà una gara inutile ai fini dell’esito del proprio campionato. Quello che leggerete nelle prossime righe è solo una speranza. O se volete una provocazione.

Arriva il Cesena, che ha bisogno di punti per la serie B. Il Verona è tranquillo. Trattandosi di campionati italiani, il risultato è già scritto. Si giocherà con le radioline accese sul campo di Padova dove c’è Padova-Pro Patria e a seconda di come andranno le cose là qui al Bentegodi ci si adeguerà. Il campionato italiano è pieno di quello che ormai nella consuetudine chiamiamo "tacito accordo". Su questi "taciti accordi" esiste un’omertà pari a quella usata dai mafiosi siciliani. Tutti smentiscono che ci sia un "tacito-accordo". Ci sarebbe anche da obiettare su quel termine: tacito. A mio avviso qualcosa in certe partite si dicono. Forse anche prima. Ma di sicuro a fine gara tutti sono poi sicuri: ce l’abbiamo messa tutta, purtroppo non ce l’abbiamo fatta, ma sul nostro impegno non si può discutere.

Se avete dubbi su quello che dico e avete due ore da buttare via della vostra vita vi invito a rivedervi Monza-Verona di domenica scorsa e poi ascoltare le registrazioni delle interviste ai giocatori che troverete sul sito Tggialloblu.it. 

E’ una vergognosa consuetudine a cui anche noi (giornalisti per primi, eh…) ci siamo abituati. Ed è la testimonianza più grande che in Italia la cosa che manca di più a tutti noi è la cultura sportiva. Per cultura sportiva s’intende la cultura della sconfitta che nello sport è fondamentale. Perchè nello sport si vince o si perde. Ma quando si perde questa sconfitta va accettata. Per questo non ho mai tollerato chi si imbarca sempre sulla nave dei vincitori. Tutti con l’Hellas quando si vinceva lo scudetto e poi…

Eh no, bisogna saper accettare anche le sconfitte e le retrocessioni. Il popolo di Verona raggiunse apici incredibili di commozione quando dopo la gara interna con lo Spezia applaudì e intonò cori orgogliosi. Quella è stata una volta in cui mi sono sentito veramente fiero di essere dell’Hellas.

Sto andando lontano ma torno al discorso iniziale. Mi piacerebbe vedere che anche la nostra squadra ha questo spirito e che facesse di tutto per battere il Cesena, un vero spirito all’inglese, una cultura anglosassone che onora qualsiasi impegno sportivo al di là di come sia andato il campionato. La storia di quei tornei è piena di squadre appagate che hanno battuto squadre sull’orlo della disperazione buttandole nel baratro. Eppure là, in Inghilterra nessuno ha mai fatto drammi, nessuno si è mai sognato di scatenare risse in campo e fuori, anzi, l’impegno degli avversari è considerato quasi come un onore.

Purtroppo però, so già come andrà a finire. Felice di essere smentito…

 

NEREO BONATO, LA MAPEI E MARTINELLI

Nereo Bonato l’ho conosciuto qualche anno fa a margine di un convegno sul calcio giovanile. Me lo fece conoscere Antonio Terraciano, suo grande amico. Bonato è stato portiere del Verona Primavera e terzo portiere dell’Hellas.

Ieri mattina Osvaldo Bagnoli m’ha detto che non se lo ricordava bene anche se ogni tanto lo convocava in prima squadra. Bonato è attualmente al Sassuolo, la società che ha alle spalle l’azienda Mapei. Squinzi, il patron dell’enorme azienda modenese, deluso dal ciclismo si è innamorato del calcio qualche anno fa. Ed ha deciso che un giorno avrebbe portato a giocare il Sassuolo contro il Milan, la sua squadra del cuore.

Per farlo la Mapei non ha lesinato investimenti. Tra i giocatori che sono arrivati a Sassuolo per fare la differenza e portare la squadra in serie A dopo il salto in B, ci sono Zampagna e l’ex del Verona Salvetti. Giocatori con contratti importanti, onerosi e lunghi. Insomma solo ad un osservatore superficiale può sfuggire che il Sassuolo non è lassù per caso. La solidità economica di Squinzi e della sua Mapei pongono il Sassuolo in vantaggio rispetto a molte blasonate squadre di B.

Ed arriviamo al Verona, visto che Nereo Bonato dovrebbe essere il prossimo direttore sportivo della società scaligera già contattato da Martinelli qualche settimana fa (è stato anche più volte spettatore al Bentegodi). Il fatto che Bonato si sia affidato a giocatori come Zampagna e Salvetti è una garanzia sul suo modo di lavorare.

Vuol dire che anche a Verona arriveranno questi giocatori (non Zampagna e Salvetti, ma di questa tipologia…) per fare subito il salto di categoria come impone la piazza. Ma vuol dire anche che Martinelli deve dare la stessa copertura finanziaria a Bonato che fino ad oggi gli è stata garantita da Squinzi. A meno che non si voglia proseguire con una "lenta" costruzione di un progetto ancora affidato a giovani e con bassi ingaggi. Una strada, francamente, che i tifosi quest’anno non accetteranno.

NOI CAMPIONI D’ITALIA

 C’è chi ha da raccontare una favola vera ai propri figli. E io sono fortunato perchè lo posso fare. Esattamente ventiquattro anni fa, il 12 maggio 1985, una squadra di provincia vinse lo scudetto.

Quella squadra era la mia squadra. Era l’Hellas Verona. Vincere uno scudetto non è normale. E’ un’impresa, è una storia mitica, è leggenda. Verona divenne la capitale d’Italia nel maggio del 1985. Ovunque c’erano bandiere dell’Hellas. Ogni balcone, ogni casa ne aveva una. L’Hellas pareggiò a Bergamo e salì più in alto di tutti. 

In piazza Bra scoppiò la festa. Un delirio di bandiere, la sana provincia italiana, quella più lontana dalle mafie e dai poteri, aveva per un giorno vinto la sua battaglia contro le metropoli entrando a pieno titolo dentro la storia, non solo calcistica.

Ventiquattro anni dopo quello scudetto è ancora maledettamente d’attualità. E’ una pietra di paragone a cui nessuno osa accostarsi perchè nessuno può lontanamente confrontarsi con un successo simile. Solo chi ha l’Hellas Verona nel sangue riesce a trasmettere questo sentimento. 

Mi fa rabbia pensare che qualcuno possa anche solo ipotizzare di cancellare questa storia. Una rabbia forte, devastante, lacerante. "Non si può vivere solo di ricordi" sento spesso dire a chi come me è orgoglioso di tifare Hellas anche in C1/Prima Divisione. 

Come può un simile essere non capire che il calcio è bello anche e forse solo per questo? Come si può non comprendere che proprio grazie a quella straordinaria vittoria oggi viviamo il nostro triste presente con una dignità assoluta che ci porta a riempire gli stadi siano essi quelli di Busto Arsizio o di Lecco? Come può capire chi pensa al calcio come a "uno spettacolo" che si può gioire per la vittoria di un tricolore e applaudire una retrocessione in C1/Prima divisione? A qualcuno farà rabbia vedere i nostri figli con le magliettine dell’Hellas, andare al Bentegodi, anche se si gioca contro il Portogruaro e non con Milaninterjuventus, fieri di urlare la nostra-loro passione?

Non possiamo metterci lì a spiegare loro che poco ci importa se non abbiamo visto Beckham ma Bertani, non Ibrahimovic ma Scantamburlo, perchè in realtà a noi importa solo la nostra squadra e i nostri colori (quelli sì nostri e basta). 

Noi siamo campioni d’Italia anche per questo. E nessuno, ma proprio nessuno riuscirà mai a toglierci la nostra storia, la nostra dignità, il nostro orgoglio e i nostri ricordi. 

IL FALLIMENTO DI REMONDINA

Il nuovo Verona nasce adesso. I giochi sono fatti e l’Hellas è fuori dai play-off. La gara con il Monza che il Verona non ha voluto/saputo giocare ha messo definitivamente la parola fine sul nostro campionato. E’ stata una stagione strana. L’estate scorsa il Verona era ad un passo dal fallimento. I conti erano fuori controllo, il patrimonio giocatori azzerato. Arvedi, disperato, si era affidato a Previdi e a Prisciantelli che hanno sottoposto il Verona ad una cura da cavallo.

La squadra costruita non era da ultimi posti. Ma neanche da primi. Era semplicemente l’unica alternativa alla fine della società. Previdi si è affidato a mister Remondina, un aziendalista convinto, uno yes-man fedele. Toccava a lui portare il Verona in alto, alla pari delle proprie ambizioni. Arvedi voleva cacciare Remondina ad un certo punto e richiamare Davide Pellegrini. Una pazzia del conte che aveva rotto anche con Previdi e Prisciantelli dopo aver parlato con Foschi, presentatogli da un amico.

Alla fine, il Conte decise di cedere il Verona a Martinelli. Anche se non era pienamente convinto. Pensava che Martinelli avrebbe fatto un giorno la fusione con il Chievo, un’ipotesi che lui non voleva prendere in considerazione nemmeno lontanamente.

Martinelli è entrato nel Verona come salvatore della patria. I suoi "mai dire mai" sulla questione fusione hanno raffreddato gli entusiasmi. Affidandosi a Massimo Ficcadenti per il mercato ha preso i due migliori giocatori dell’attuale rosa: Rantier-Pugliese. Il Verona è stato tenuto a galla da questi due giocatori, ma nelle partite chiave non è mai riuscito a fare il salto di qualità. L’impressione è che ci sia un deficit di personalità che parte dalla panchina.

E qui il discorso porta a Remondina. Sono chiaro su questo punto: per me Remondina non va confermato per la prossima stagione. Il campionato di quest’anno era mediocre e un allenatore con più personalità poteva fare la differenza, dare al Verona quei cinque, sei punti che mancano alla classifica per centrare i play-off. Quindi a mio avviso Remondina ha fallito. Purtroppo questo è il calcio. Quando vieni ad allenare in una piazza come la nostra in Prima Divisione l’obiettivo minimo sono i play-off. Se non li raggiungi hai sbagliato stagione. Credo sia questo il succo del discorso dopo la gara con il Monza. Dispiace per mister Remondina con cui c’è stato un onesto e correttissimo rapporto professionale. Anche per questo voglio usare chiarezza. Per me il Verona deve tentare il salto in serie B con un altro tecnico.

PRIMO PUNTO: L’ALLENATORE

La prima grande decisione che Giovanni Martinelli e il suo staff (Ficcadenti? Bonato, Terraciano? Tutti e tre?) dovranno prendere dal punto di vista sportivo, sarà la scelta dell’allenatore. Una scelta da cui dipenderà il futuro del Verona e la costruzione della nuova squadra. E’ impossibile, infatti, agire sul mercato senza conoscere i desideri e i pensieri del nuovo mister.

Credo che a Verona serva un allenatore bravo, giovane, capace di impostare la squadra tatticamente, moderno, grintoso e di personalità. So che non è facile scovarlo. E per questo il compito di Martinelli non sarà semplice. Secondo me il presidente sino a qualche settimana fa, aveva pensato anche alla riconferma di Remondina. Ma gli errori seriali del tecnico bresciano uniti alla montante contestazione della piazza scaligera, mi pare, abbiano raffreddato di molto questa ipotesi.

Ed allora? Il presidente ha detto questa frase a Stefano Rasulo lunedì sera: "Ficcadenti ha una mezza idea di tornare ad allenare". E’ di questo che stanno parlando i due? Certamente Ficcadenti sarebbe il candidato ideale per il Verona. Se proprio devo dire la verità a me che Massimo facesse il dirigente metteva un po’ di tristezza. Pur avendo interpretato molto bene il ruolo da persona intelligente qual è, lui resta a mio avviso un uomo di campo ed è là che deve tornare. E perchè allora non puntare su Ficcadenti? Resta però da sciogliere il nodo delle competenze. Anche se Massimo accettasse, sicuramente sarebbe difficile per uno come lui avere intorno uno staff (parlo di ds e altri dirigenti) non in sintonia con le sue idee. Ed è per questo che la vedo dura. Se Ficcadenti non ha trovato l’accordo con Martinelli per fare il dirigente è quasi impossibile che lo trovi ora per fare l’allenatore che è un ruolo, per certi versi, ancora più delicato. Credo anche che le strade di Ficcadenti e del Verona si stiano ormai dividendo e forse stavolta per sempre.

Quindi a questo punto, serve un’idea, un nome: per una piazza come Verona non dovrebbe essere difficile convincere qualche giovane in rampa di lancio ad accettare un progetto serio. Ma da lì, inevitabilmente bisogna partire.

 

 

THE END

Siamo al capolinea. Il pareggio con il Venezia condito dagli errori incredibili di mister Remondina ha chiuso (quasi) ogni speranza di play-off.

Il Verona ha fallito l’ennesima prova di maturità e il suo allenatore ha purtroppo evidenziato limiti pazzeschi quando si tratta di intervenire direttamente dalla panchina per cambiare in corsa una gara.

L’aver lasciato negli spogliatoi Girardi, privandosi della possibilità di avere in campo per il secondo tempo più importante del campionato l’unica vera punta della squadra è stato un suicidio.

Remondina ha "scassato" Rantier (troppo solo il francese, già alle prese con la pubalgia si è "sfiancato in un lavoro immane) e poi si è smentito inserendo nuovamente per il finale le due punte (Gomez e Scapini) che nemmeno lontanamente valgono la coppia titolare Girardi-Rantier.

Era così evidente che sarebbe bastato togliere dal match l’inutile Parolo per ridare al Verona la possibilità di continuare ad attaccare e avere una minima chance di vincere, che fa quasi rabbia commentare le scelte del mister.

Come sempre, però, quando si arriva alla fine è tempo di bilanci. Il bilancio ci dice che il Verona giocherà per la terza stagione consecutiva in Prima Divisione (ex serie C1). Una bestemmia. Un inferno in cui gestioni sciagurate ci hanno condannato e da cui ora Martinelli ha il dovere di portarci fuori. Per questo da domani il presidente dovrà affrontare la questione futuro. Prima di tutto facendo un’analisi di quello che c’è da salvare di quest’anno e poi pianificando un progetto che sia di notevole rafforzamento perchè è assurdo che una squadra come l’Hellas giochi per il terzo anno consecutivo in questo campionato.

Bisogna programmare, investire, scegliere collaboratori, tecnici, allenatori. Questa stagione passerà alla storia come quella che ha permesso al Verona di salvare la sua storia centenaria e per aver trovato una persona di buona volontà che si è messa alla sua guida. La prossima dovrà essere, senza se e senza ma, quella della rinascita.