SCOMMESSE, MA LA QUALITA’ FA SEMPRE LA DIFFERENZA

I napalm 51 hanno già caricato le loro argomentazioni: il Verona ha preso due falliti, due giocatori finiti, due schifezze. L’avrebbero detto anche se il Verona avesse preso Paloschi e Viviani, zero gol il primo da 18 mesi, due fallimenti il secondo, quindi non c’è da stupirsi.

E’ ovvio che se Alessio Cerci e Antonio Cassano non fossero due giocatori che per vari motivi sono usciti dalla giostra, non sarebbero venuti a Verona. Quindi, sono due scommesse. I napalm 51 sanno già tutto: come sapevano tutto su Luca Toni. La bellezza del calcio sta appunto nello smentire gli scettici.

Vediamo di sbilanciarci: Cerci non gioca da due anni ha dentro motivazioni da vendere. Ha appena 29 anni, può tornare grande o anche grandissimo. Tatticamente è perfetto per Pecchia. Mettetelo sull’esterno e farà la differenza. Deve ritrovare passo e continuità. Non deve pensare di fare il fenomeno ma solo le cose che gli riescono meglio. Può essere un grande acquisto.

Anche Cassano arriva pieno di motivazioni. Ma con lui andrà usata una buona dose di pazienza. Sarà l’alternativa a Pazzini e solo in alcune gare o spezzoni di gara potrà essere usato contemporaneamente. Può essere il nostro Altafini, l’uomo che scompagina i piani. In attesa che ritorni al cento per cento di condizione. Pecchia dovrà toccare le corde giuste tatticamente e naturalmente sapere gestire moralmente un uomo che è un vulcano, capace anche di essere generoso e trascinante.

Credo che Setti abbia fatto due ottime mosse. Oggi il Verona è la squadra del giorno, l’entusiasmo, al di là dei napalm 51, è palpabile. Cerci e Cassano sono due scommesse. Ma la qualità fa sempre la differenza. Ne sono convinto.

MAGLIE SEMPLICI, COLORI DISPERSI E UN OBBROBRIO

Prime impressioni sulle nuove maglie: apprezzabile lo sforzo di semplificare. Dopo le versioni “ape maia” e “Alcatraz”, almeno siamo tornati ad avere delle maglie normali. Restano dispersi i nostri colori originali (ripeto, sono quelli del gonfalone di Verona e non quelli che la Nike ha in catalogo). Lo stemma dell’Hellas è troppo piccolo, anche questa una scelta che non si comprende, ma è pur sempre meglio di quello monocromatico di due anni fa. Evito di parlare della terza maglia che non merita commenti con quella striscia di quadratini che fanno tanto tovagliolo da trattoria. E’ la terza maglia, quindi speriamo di non metterla mai. Sogno il giorno in cui torneremo a vestire il nostro vero giallo e blu.

MA AL VERONA NON CI PENSA MAI NESSUNO?

Dice: passerano i giocatori, i presidenti, gli allenatori… E’ per dire che il Verona dovrebbe essere più forte di tutto. Invece qui ogni volta c’è qualcuno che diventa più forte del Verona, inteso come Istituzione (volutamente maiuscolo). E’ una vita che faccio questo lavoro, è una vita che vedo la piazza dividersi in fazioni. Mandorliniani, Toniani, Fuschiani, Settiani. Mancano solo i marziani e poi ci sono tutti. Francamente non se ne può più.

Credo che sia colpa della debolezza intrinseca della società che negli anni si è esposta a figuracce (e non parlo dell’attuale, che probabilmente ha le colpe minori). Le nostre memorie sono piene di colpi di scena, di personaggi turpi che ci propinavano “progetti”, di finte vendite, di fallimenti dietro l’angolo.

A chi credere? Siamo stati costretti a cercare l’uomo della provvidenza, spesso incarnato dagli allenatori, qualche volta dai giocatori. Professionisti ben pagati, qualche volta ottimamente pagati, che cercavano di sfruttare la situazione a loro favore e poi se ne andavano, mentre noi qui a leccarci le ferite, a raccogliere i cocci, a cercare di ripartire. E’ successo a tutti noi, mille volte e non è colpa di nessuno. Tutti strumentalizzati, diciamoci la verità una volta tanto.

L’amarezza mi arriva perché nessuno mai pensa al Verona. Tutti si lavano la bocca, sparano sull’Istituzione, danno lezioni di vita e di tifo. E poi se ne vanno. Con i loro conti in banca un po’ più pingui. Buone vacanze.

 

TONI E L’IMPIETOSA LEGGE DELLA VITA

Nico Penzo, bomber del Verona e persona molto intelligente, mi raccontò di quanto sia difficile per un calciatore smettere di giocare a pallone. E’ un momento della vita che un atleta non vorrebbe mai affrontare. Penzo, diventato presidente dell’Associazione ex calciatori dell’Hellas Verona, mi dava alcune incredibili notizie: i calciatori che smettono di giocare sono i più colpiti dalla depressione. Senza parlare dei problemi finanziari per l’incapacità di gestire il patrimonio accumulato. Il fatto di essere improvvisamente una persona “normale” non sempre viene accettato.

Faccio questa premessa dopo che è stata data l’ufficialità dell’addio al Verona di Luca Toni. Non che questo sia il caso di Luca, sia ben chiaro. Ma è per spiegare quanto sia dura tornare sulla terra per chi è stato un marziano in campo.

Il fantastico bomber del Verona non è riuscito a inserirsi nell’organigramma del Verona. Scrissi qualche tempo fa che Toni aveva bisogno di un ruolo. Toni s’è pure arrabbiato e mi dispiace che non abbia capito il senso delle mie parole, forse mal consigliato da qualcuno che gli soffia nelle orecchie.

E’ una legge aziendale e di qualsiasi struttura organizzata dare alle persone i giusti ruoli. Ruolo vuol dire “chiarezza” e “responsabilità”. Toni non era un problema del Verona, ci mancherebbe. Anzi, poteva diventare un’eccezionale risorsa. Se solo avesse capito che accidente fare.

Essere il “nebuloso” consigliere di Setti, non faceva bene al Verona. Perché creava ambiguità. Cosa diceva Toni a Setti, quali consigli dava? Era d’accordo su Pecchia, la campagna acquisti, il modo di gestire il Verona? Ecco, questo noi non lo sappiamo, perché senza ruolo, Toni ufficialmente non si era mai esposto. Del resto lo stesso Fusco è stato recentemente molto chiaro: “Il ds sono io e tutto quello che vedete nel Verona dal punto di vista tecnico nel bene e nel male è frutto delle mie scelte”. Una bella assunzione di responsabilità e una chiarezza limpida.

Toni forse non aveva voglia di mettersi così tanto in discussione. Non aveva voglia di ripartire da zero. Gli va dato merito, di aver fatto una scelta di chiarezza. Ancora una volta, come quando era in campo, per il bene del Verona.

IMMOBILISMO O STRATEGIA?

Il mercato del Verona è fermo. I nomi usciti sono idee di mercato più che trattative. La sensazione che abbiamo è di un immobilismo preoccupante. Avverto i lettori: tra quello che apprendiamo, raccontiamo e leggiamo e il mercato reale c’è sempre di mezzo il mare. Non è che chi sta di più sui giornali alla fine avrà fatto il mercato migliore.

In questo momento quindi, l’atteggiamento migliore è quello della pazienza. Semplicemente non si può giudicare il mercato dell’Hellas. Detto questo, detto anche che Fusco mi pare tranquillo e con le idee chiare, dico anche che finora abbiamo appreso solo nomi di giovanissimi talenti che in serie A hanno tutto da dimostrare. E’ una direttiva di Setti ma anche un rischio enorme. I migliori Verona che abbiamo visto sono sempre stati un impasto perfetto tra giovani e vecchi. Ecco io sono preoccupato per questo.

C’è un asse da cui non si può prescindere: portiere, difensore centrale, centrocampista centrale e attaccante. Per ora all’altezza c’è solo l’attaccante. A cui peraltro va affiancato un forte sostituto. Sono i famosi tre/quattro rinforzi. Per come la vedo io: serve gente esperta, giocatori veri e formati. Tutto il resto rappresenta solo la ciliegina sulla torta, scommesse appunto. Abusarne sarebbe una follia. Non credo che in casa del Verona si voglia correre questo pericolo. Spero dunque che quello che interpretiamo come immobilismo sia invece una strategia. Ne sapremo di più l’otto luglio al raduno, ma tutta la verità la conosceremo solo alle 22.59 del 31 agosto.

LE BANDIERE NON ESISTONO PIU’. MA LE MAGLIE SI’

Fa un po’ sorridere che i milanisti ora piangano sul latte versato. Cioè su Gigio Donnarumma che se ne va. Fa ridere perchè nessuno più del Milan e di Berlusconi hanno creato questo calcio. Lo chiamano calcio moderno, cioè il calcio dello show business dove un attaccante si sposa sotto gli ombrellini bianchi per non farsi vedere dai fotografi (pare che si sia lo zampino della signora Pazzini dietro la trovata…). Raiola per anni ha fatto affari con il geometra Galliani e finchè portava Ibrahimovic era un santo. Oggi è il male del calcio. Cioè dello stesso calcio s-venduto alle televisioni a pagamento che ha svuotato gli stadi. Le bandiere non esistono più, s’è detto per anni. E’ lo show business, bellezza.

A Verona lo sappiamo da tempo. Passati i tempi di Zigo e Elkjaer, ma anche di Chiampan che non volle vendere Di Gennaro al Milan, le bandiere le abbiamo ammainate. I giocatori fanno i loro interessi, è legittimo, dovrebbero solamente evitare di baciare maglie o fare proclami di amore eterno. E i tifosi (così come i giornalisti, il sottoscritto in primis…) dovrebbero imparare a farsi prendere un po’ meno in giro.

Se non esistono più i giocatori-bandiera, dunque, cos’è una squadra di calcio? Un circo ambulante che allestisce uno spettacolo quindicinale in una città o c’è ancora un trasporto romantico, un’Idea che va al di là del puro show? Io credo che la squadra sia l’espressione di una comunità. E che come tale vada tutelata e rispettata. Niente e nessuno come noi veronesi, conosce il valore della nostra squadra dove si esprime il nostro essere, dove tutti i tifosi sono uguali, dove si azzerano le differenze di classe e di reddito. Un grande gioco popolare che poi non è solo un gioco. I calciatori sono professionisti che, pagati, devono, nel periodo in cui giocano per il Verona, mettere in campo tutta la loro professionalità. Mentre la società è quella che maggiormente deve “tutelare” l’identità dei suoi tifosi.

A iniziare dal simbolo per antonomasia: la maglietta, la divisa, o se volete il “jersey” come addetti al marketing inglesizzati da un corso al Cepu, le chiamano. Nulla dovrebbe essere più tutelato, amato, custodito, curato di quel simbolo. Che invece, purtroppo negli ultimi anni ha subito da questo punto di vista una vera e propria “profanazione” fino a mutare il colore autentico del gonfalone in un arancione-nero che ha tramutato i nostri calciatori “non bandiera” in carnevalesche api. Ecco: le bandiere non esistono più, ma le maglie sì. Salviamo almeno quelle…

PREPARATEVI, SARA’ UN CAMPIONATO DURISSIMO

Nessuna illusione: il prossimo sarà un campionato durissimo. In cui il Verona dovrà fare il Crotone. La semplificazione, fino quasi al paradosso, usata da Fusco e poi da Setti ci annuncia che l’Hellas dovrà lottare come un ossesso per restare in serie A.

Il prossimo sarà un campionato pazzesco. Ci saranno molte squadre che tenteranno di non retrocedere. E salvarsi sarà fondamentale anche perchè adesso l’Hellas ha esaurito il bonus dei 25 milioni di paracadute. Quindi cadere in B nuovamente sarebbe una sciagura.

Dobbiamo essere pronti alla sofferenza, semmai qualcuno si illudesse. Ci potranno capitare filotti negativi in cui farsi prendere dallo sconforto, dalla rabbia e dalla delusione sarà facilissimo. Al confronto, il cammino di questa stagione verrà ricordato come un sentiero cosparso di rose.

Scordiamoci anche il campionato di quest’anno dove tre formazioni hanno giocato al “ciapanò”, virtualmente retrocesse a gennaio, tranne poi cedere (l’Empoli) alla clamorosa rimonta proprio del Crotone, nostro punto di riferimento.

La speranza è che la società allestisca una rosa competitiva che possa raggiungere l’agognata salvezza. Chi saranno le avversarie? Beh, le solite: le tre neopromosse (Verona, Spal e Benevento), a cui si aggiunge un lotto di formazioni che solitamente stazionano da quelle parti della classifica. Chievo, Bologna, Genoa e Crotone che però francamente partono adesso un gradino se non due sopra al Verona. Per salvarsi è necessario che una di queste venga tirata dentro la bagarre. E non sarà per niente facile. Anzi: sarà durissima. Toccherà soprattutto a Setti rendere meno perigliosa questa navigazione.

SQUADRA CHE VINCE… SI RAFFORZA

La grande domanda dell’estate: quanto bisogna rafforzare il Verona in serie A? Le risposte fluttuano da: a)moltissimo perchè con la squadra della B in A fai poca strada. b) tanto, soprattutto in alcuni ruoli chiave. c) poco. Basta tenere l’intelaiatura e avere un’idea di gioco. Mia idea: tanto, non moltissimo, non poco. Esperienze del passato: il Verona di Bagnoli cambiò molti giocatori compresi alcuni che pareva fossero insostituibili. Se ne andarono giocatori che avevano fatto la differenza in B come Odorizzi e Guidolin. Arrivarono Fanna, Di Gennaro, Dirceu, Marangon. Il resto lo sapete. Recentemente il Verona di Mandorlini ha immesso nel motore tre giocatori di questo calibro: Iturbe, Toni  e Romulo. Anche qui il resto lo sapete. Vuol dire che bisogna fare una sana e onesta valutazione. Aumentare la qualità. Non con una rivoluzione ma con un giocatore per reparto. Tre, quattro innesti sono il 30, 40 per cento della formazione titolare, non è poco, non è moltissimo. Con quattro innesti azzeccati, portando il monte ingaggi a 20, 21 milioni di euro, il Verona può salvarsi tranquillamente, rischiando anche meno del Crotone. Fusco non dovrà sbagliare una mossa, non avendo molti colpi da sparare. Ogni rinforzo dovrà essere valutato attentamente. Sarà un’estate calda. Non bollente.

QUELLO CHE LA CITTA’ CHIEDE A SETTI

Caro presidente c’è stato un momento di questo campionato in cui s’è capito che il Verona per lei adesso è qualcosa in più di un semplice business. Il momento esatto in cui c’è stato il fischio finale nel derby contro il Vicenza e lei s’è abbracciato con Luca Toni, liberando finalmente quei sentimenti che qualcuno, (sospetto chi…), le ha detto di reprimere. Un volta lei mi disse che non è una sciarpa a fare un presidente. Vero, verissimo. Ma mi creda è anche quello. Un gesto, spontaneo come il suo urlo liberatorio ha fatto più di tremila uomini del marketing.

La sua evoluzione a Verona è stata piuttosto un’involuzione (e non sia detto con tono spregiativo, anzi). Dovuta a processi che solo lei conosce e che da parte mia posso solo immaginare. Lei si era presentato ritenendo Verona una piazza da sprovincializzare e il Verona un marchio da internazionalizzare. S’è accorto ultimamente, invece, che il bello di Verona è proprio il fatto di essere una squadra che rappresenta una città, un popolo, una bandiera e una maglia. Nei momenti di difficoltà lei ha chiesto aiuto ai tifosi, ha addirittura scritto o fatto scrivere in un paio di comunicati, quel “soli contro tutti” che fu il manifesto di una curva illuminata nell’anno dello scudetto quando s’avvertiva che il Palazzo remava contro il Verona di Bagnoli.

Ora che è tornato in serie A e apparentemente con molti meno soldi o finanziamenti rispetto a quando lei arrivò qui, c’è una strada da prendere. E non è quella del brand da portare in giro per il mondo, ma semmai l’esatto contrario. Visto che soldi non ce ne saranno moltissimi, se non quelli che arriveranno proprio grazie alla gente che continua a sostenere il Verona, lei ha il dovere di avvicinare il Verona a questa gente.

La prima cosa che farei al suo posto sarebbe un restyling completo di maglie e magliette. La questione non è banale. Da quattro anni, il Verona non ha più i colori originali. Non c’è niente da fare e se il primo e il secondo anno concedemmo alla Nike e a lei il beneficio del dubbio, questo dubbio s’è tramutato successivamente in una presa per i fondelli che non è più tollerabile. Le magliette sono brutte, poco curate, sono maglie omologate e da catalogo a cui si attacca una banale personalizzazione. E soprattutto non hanno il colore del gonfalone di Verona che è il riferimento per il nostro gialloblù, come ci insegnava un grande storico come Adriano Paganella (e le assicuro che se fosse in vita questo grande giornalista l’avrebbe “rivoltata” come un calzino per quegli scempi…).

Se la Nike non è in grado di assicurarle questo semplice cambiamento, smettiamola con la Nike. Tanto non è che le magliette del Verona le abbiamo trovate nei Nike Store in giro per il mondo. Il business mi sembra solo locale e siccome le magliette fanno generalmente schifo, le posso assicurare che se, appena appena, avessimo qualcosa di decente le vendite si moltiplicherebbero. Affidiamoci a qualche piccola azienda che sia molto più vicina al Verona e a alla sua gente.

La seconda cosa da fare assolutamente è il centro sportivo. Schettino Gardini, prima di abbandonarla per rendere grande l’Inter, aveva sbandierato ai quattro venti che il progetto era cosa fatta, ma non s’è n’è più saputo nulla. Anzi: da quello che abbiamo appreso, a Palazzo Barbieri sono piuttosto indispettiti dalla piega che ha preso la questione. Che fine ha fatto il progetto? Perché non se n’è più parlato? Se è stata la serie B a fermare tutto… beh dico che anche il Frosinone è finito in B, ma il progetto del nuovo stadio è andato avanti lo stesso. Solo attraverso un centro sportivo di proprietà dell’Hellas, lei potrà affrontare da presidente le sfide che l’attendono. Inutile parlare di progetto giovani o di altro se la società non è in grado di dotarsi di un proprio centro che sia il volano di tutta l’attività.

La terza cosa da fare è avvicinare imprenditori veronesi. Facile? Difficile? Non lo so: ma di certo lei non c’ha mai provato. Probabilmente non ne aveva bisogno perchè altrimenti si sarebbe comportato in maniera diversa. Io le posso dire che il Verona è una società amata, molto amata e ci sono una sacco di imprenditori che vorrebbero darle una mano. Si studi, per un attimo, quanto sta facendo la Bluvolley Verona, nella pallavolo e mi dica perchè non si riesce a costruire qualcosa di simile anche nel calcio.

Infine: in questi anni il Verona ha avuto diversi tipi di gestione. Io non giudico le persone, ma i fatti. Di certo quando nella sua società tutti avevano un ruolo e tutti lo rispettavano si sono avuti fantastici risultati. Direttore sportivo, direttore generale, addetto stampa, segretario e infine allenatore. Per due anni tutto è filato liscio: poi al terzo anno una di queste componenti ha avuto il sopravvento e il Verona ha conosciuto una stagione da incubo. C’è stato il suo avvallo in questo e ruoli non chiari.

Ora mi pare sia tornata la coerenza e la chiarezza, ma sarà necessario che un grande personaggio come Luca Toni trovi un suo ruolo preciso. E’ una questione spinosa, lo so, e non vorrei che qualcuno lo scambiasse per un attacco personale. Luca Toni, per me, e lo dico a scanso di equivoci, rappresenta una persona squisita, un ragazzo intelligente e buono, un giocatore che mi ha fatto esultare come tifoso come ai tempi dello scudetto. Ma Luca Toni merita e lo merita anche il Verona, un ruolo preciso che non crei mai confusione e che ci dia la possibilità a noi ma soprattutto a lei di giudicarlo per quello che fa. Alla vigilia di una stagione in cui servirà compattezza e incredibile forza societaria ogni piccolo cedimento può diventare un’insopportabile crepa le cui conseguenze si ripercuoteranno, come sempre accade nel calcio, sulla squadra.

In bocca al lupo, presidente, lo dico sinceramente perché sogno il mio Verona in A per dieci anni filati, l’unica grande richiesta che credo le faccia questa città sempre più follemente innamorata di quella squadra che lei ha l’onore di dirigere.

NOTTE INSONNE

Maledizione a voi… A tutti quelli che ci hanno fatto ricadere in serie B, a chi è fuggito dopo aver causato il disastro, a chi ha parlato di progetto, a chi ha detto di avere la maglia del Verona nel cuore… Mi ero ripromesso, dopo la scorsa vergognosa stagione che non avrei esultato per un’eventuale promozione in serie A. Era il minimo che ci dovevano per quel campionato putrido, per quelle partite gettate nel vento, per i loro finti alibi, per una masnada di dirigenti pessimi come poche volte ho visto a Verona. Gardini e company sono riusciti perfino nell’impresa di farmi riabilitare Pastorello a cui pochi giorni fa ho detto che con lui non saremmo mai finiti in B in quella maniera. E non è una provocazione, ma esattamente quello che penso e immagino anche molti di voi hanno pensato.

Un anno dopo, però, mi ritrovo qui a vivere questo strano pomeriggio di attesa e trepidazione. Sono teso, sì, molto teso. Come molti di voi. Perché questo strano mistero chiamato calcio, alla fine ci frega sempre. Al solito i dirigenti, soprattutto quelli pessimi, evaporano, il Verona rimane.

Non c’è niente da esultare, ma sono sicuro, dovesse andare bene, esulterò, esulteremo, perché l’Hellas alla fine è nostro, è un tatuaggio nei nostri cuori, è come la mamma, è il nostro bambino e un po’ nostro padre, è nostro nonno, è la nostra storia, è un ricordo, una lacrima. Siamo noi.