SIAMO TUTTI BEARZOTTI

Segnatevelo questo nome. Sicuramente ce ne ricorderemo. Chissà come sarà la carriera di Bearzotti Enrico nato a Palmanova il 29 ottobre 1996. Magari si dipanerà in serie C, magari sarà un buon giocatore di serie A o in serie B. Non lo sappiamo adesso e neanche lui lo sa. Quello che sappiamo è che Bearzotti è un ragazzo che ha giocato la sua prima gara in serie A contro la Sampdoria, il 20 settembre 2017 ed è stato l’eroe della serata. Eroe perché non doveva giocare e ha giocato solo perchè Caceres si è chiamato fuori al mattino. Eroe perchè ha giocato in un ruolo non suo. Eroe perchè ha fatto tutto quello che un tifoso del Verona chiede ad un suo giocatore. Ha corso tantissimo. Si è buttato su ogni pallone. E’ uscito stremato.

Bearzotti non è un fenomeno. Ma è un ragazzo serio che ama il suo lavoro. La differenza nel calcio la fa proprio la testa. Era un fenomeno Damiano Tommasi, giusto per citare uno che era allo stadio a vedere il Verona stasera? No, ma era un giocatore straordinario per serietà applicazione, determinazione, maturità. Prendo Bearzotti, evidentemente, come un pretesto per spiegare a suocera ciò che nuora non ha inteso. Nessuno a Verona vuole il male della squadra. Solo che ci incazziamo da morire se chi gioca nel Verona non la prende seriamente. Certo, per carità a volte ci sfiniamo con le bottigliate sugli zebedei in stile Tafazzi, ma solo per un atto estremo d’amore. E siamo pronti ad apprezzare chi ha voglia di farci cambiare idea. Nicola Ferrari potrebbe scrivere un libro sulla sua gita all’inferno e il ritorno in paradiso. Stiano sereni Fusco e Pecchia: qui nessuno rema contro il Verona. Solo che non ci piace essere presi in giro e non ci piacciono le frottole.

Finalmente quel segnale che chiedevamo è arrivato. Non la prova perfetta, per carità. Siamo lontanissimi da uno standard accettabile. Ma almeno siamo vivi. E su questa prestazione possiamo adesso aggrapparci per costruire un po’ di autostima.     E’ bastato fare due cose due di logica e buon senso e la squadra ha ritrovato un suo filo conduttore. Impossibile non guardare al centrocampo dove Fossati ha imposto ordine e intensità. Facendo crescere di conseguenza il rendimento di Bessa e di Bruno Zuculini. E quindi proteggendo la difesa che fino al finale in apnea ha retto l’urto sampdoriano. E’ mancato, è vero, il guizzo in avanti. E qui va fatto un ragionamento. E’ proprio impossibile affiancare Pazzini e Kean, piazzare Bessa alle loro spalle e mettere qualche muscolo a centrocampo?

Mi è capitato di rileggere in questi giorni una frase di Aristotele che secondo me calza a pennello per il Verona di Pecchia. Il filosofo greco diceva: “Uno stato è governato meglio da un uomo ottimo che da una ottima legge”. Se la legge è paragonabile al modulo, preferisco di gran lunga un allenatore di buon senso.

PAROLE VUOTE SE NON SEGUONO I FATTI

Mi era piaciuto Pecchia venerdì. Cazzuto al punto giusto. Speravo che quella conferenza stampa fosse l’inizio della riscossa. Di un Verona lottatore, di una squadra che rendesse la vita difficile alla Roma. Allora le sue parole, la sua faccia da duro, il suo sguardo risoluto avrebbero avuto un senso. E avrebbero avuto un senso anche le critiche post Fiorentina, perché è giusto che ci sia una critica che metta in discussione e faccia crescere.

Il problema è che a Roma il Verona ha continuato sulla falsariga della gara con i viola. La sensazione di imbarazzante inadeguatezza alla categoria sta diventando un’idea concreta. Il Verona non lotta, è in balia dell’avversario, non ha idea. E’ finita 3-0 ma con onestà dobbiamo ammettere che poteva finire 6/7 a zero e non ci sarebbe stato nulla da ridire. Ora ce lo dicono anche gli osservatori esterni che il Verona non è adeguato e Di Francesco ha persino avuto il pudore di non parlare di un avversario impotente.

Si può uscire da questa situazione? Questa è la domanda che Fusco e Pecchia si devono seriamente fare. Perché non possono essere felici di come si stanno mettendo le cose e perchè dare la colpa ai mugugni del Bentegodi e alla (terribile) critica veronese rischia di generare una situazione ridicola.

A Roma osservatori neutrali hanno detto esattamente quello che è stato detto una settimana fa qui in città. E cioè che il Verona, questo Verona sprofonda diretto in serie b senza lottare. Il campionato è lungo, ma quattro giornate ci hanno detto qualcosa. E cioè che la squadra di Pecchia non ha nemmeno una delle caratteristiche che deve avere una squadra che vuole la salvezza. Tutti noi abbiamo visto Crotone e Benevento lottare e sputare sangue. Il Verona non lo fa. Ma non fa nemmeno quello che speravamo: cioè giocare con un’idea di gioco che non sia la palla lunga. Troppo poco per parlare di crescita.

Fabio, così non va, te lo dico sinceramente e lo sai anche tu. Qui serve una scossa, una scintilla, un segnale per poterci credere per accendere una piazza facile alla depressione ma generosa come poche. Altrimenti restano solo parole vuote.

 

MANITA GRACE

Iniziamo col dire che una partita così indecente non si vedeva da anni al Bentegodi. Al solito, come succede in queste occasioni, si cercherà il colpevole. Setti, Fusco, Pecchia, Nicolas. Ho esperienza per dirvi che la colpa è di tutti quando succede una cosa del genere. Inutile cercare un capro espiatorio. Era colpa di tutti quando il Verona retrocesse in B all’ultima giornata a Piacenza, era colpa di tutti quando non salimmo in B perdendo in casa con il Portogruaro. E’ colpa di tutti se il Verona di due anni fa è precipitato in B arrivando ultimo.

La verità è che Setti non appare più adeguato a sostenere un impegno come lo è il Verona. Questo lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Questa squadra sarà pure una solida realtà e non un sogno come ha detto il d.o. (direttore operativo) Barresi al collega Fontana del Corriere di Verona, ma non è adeguata alla serie A. E’ una specie di gioco d’azzardo dove il banco vince sempre o quasi. Ma se il mercato ci ha dato questo, il resto ce lo hanno messo Pecchia e i giocatori. Scarsi va bene, ci può anche stare. Indolenti, incapaci di reagire, abulici, disastrati, senza orgoglio, no, non ci sta.

Ci sono squadre mediocri che si sono salvate con altre armi. Questo Verona è invece figlio di ragionamenti presuntuosi e poco aderente alla realtà di un campionato duro come la serie A. Se non si cambierà pensiero l’impressione è che si vada incontro ad una disfatta memorabile.

Inutile chiedere ai tifosi sostegno quando poi dal campo partono segnali di queste proporzioni. Possiamo stare uniti attorno ad una formazione che abbia cuore non ad uno zombie putrescente.

Pecchia si è messo a petto in fuori a prendersi le colpe. Un atteggiamento che gli fa onore ma che serve a poco se dietro alle parole non si vede un po’ di lavoro. Il suo Verona continua ad offrire gli stessi difetti mentre i pregi proprio non si intravvedono neanche più. Se l’anno scorso in serie B per la prima parte della stagione il Verona aveva un’identità (palla a terra, geometrie, riconquista del pallone nella metà campo) oggi tutto questo è diventato solo un ricordo pallidissimo. Il Verona non è muscolare ma non è neanche tecnico, aspetta l’avversario ma non sa ripartire, non lavora con gli esterni e non c’è un inserimento di un centrocampista. Nicolas è solo l’ultimo anello di una catena che dal punto di vista tattico è un disastro. Non si riesce mai ad assorbire una ripartenza di un avversario. Ogni calcio piazzato è una specie di salita al Monte Calvario, il lancio in mezzo ai due centrali una sentenza di gol. Intensità e ritmo sono rari come il Gronchi rosa.

Insomma questo Verona è una squadra che vorrebbe “essere” ma che non ha le doti per “esserlo”. E neppure però la capacità  di poter cambiare, perchè il mercato ha portato un 17 enne talentuoso e un coreano che prima di dicembre non sarà inserito a meno di non buttarlo allo sbaraglio.

Il guazzabuglio è veramente preoccupante e riporta direttamente a Setti e alla sua incapacità di agire sul mercato per strutturare nuovamente il Verona dopo gli errori gestionali del passato. Comunque la si mette, ci aspettano tempi duri. L’unica piccola buona notizia è che siamo appena alla terza giornata. E i conti si fanno alla fine. Ecco, speriamo solo che non sia troppo tardi.

 

SOSTENIAMOLI

Sono di questo avviso: nessuna squadra deve pagare per la propria dirigenza. Terrei molto separate le due cose. Un conto è essere critici nei confronti di Setti, un conto è sfogare la propria frustrazione sulla squadra. Non è giusto ed è contrario ai doveri di una tifoseria, oltre che un oltraggio alla storia stessa del Verona.

Sperare che la squadra vada male per dare forza alle proprie tesi contrarie alla dirigenza mi sembra veramente un’assurdità. Ma, complici i social, sento questi pensieri aleggiare nell’aria. E per quanto mi riguarda mi ribellerò alla morte, fatto salvo, per carità, il legittimo diritto di critica.

Due anni fa, il refrain era “bisogna cantar” con la squadra che affondava penosamente nella melma. Cos’è cambiato da allora? Forse i protagonisti che sono in panchina e che scendono in campo, ma il Verona è sempre il Verona. Qualcuno se n’è clamorosamente dimenticato.

Questo è un campionato tutto da giocare e le griglie che ognuno di noi si è fatto nella sua testa sono solamente dei giochetti estivi. Sarà il campo, come al solito, il giudice supremo. Ma partire rassegnati e battuti altro non provoca che pessimismo e risultati negativi. Vi sembra giusto? A me no. E’ un incredibile autolesionismo che non porta da nessuna parte. Se non nel baratro. Abbiamo preso atto che Setti non ha soldi da investire nel Verona. Ma siamo in serie A e non è successo tante volte negli ultimi 25 anni. Tra l’altro la maggior parte delle volte in cui abbiamo giocato nella massima serie dal ’91 ad oggi (quando siamo falliti…) lo abbiamo fatto con questo presidente. La squadra è fatta male, incompleta, andava rafforzata. Sono d’accordissimo. Ma è questa. Magari ci sorprenderà, magari usciranno valori che oggi ci sono nascosti. Provarci non costa niente e per quanto mi riguarda è un dovere.

IL VERONA ADESSO E’ VENDIBILE

Ad riascoltare bene le parole del direttore sportivo Fusco dopo il mercato del Verona, una buona notizia c’è. Con la cura di cavallo che Setti (e lo stesso Fusco) hanno fatto sui conti della squadra, ora il Verona è una società vendibile.

La più vendibile tra le società in vendita. Sia chiaro: per una logica di mercato nessuno dirà mai quella parola. Ma il fatto che i conti ora siano a posto (e si spera vista la totale incapacità di agire sul mercato con un minimo di investimenti) e l’abbassamento del monte ingaggi (che resta sempre il nodo principale di chiunque voglia fare calcio) pongono l’Hellas in una situazione privilegiata rispetto a società come Genoa e Palermo i cui conti sono fuori controllo.

Il risultato sportivo a questo punto è una faccenda secondaria. Il Verona se si salva fa un miracolo e tutti sono felici e contenti. Se retrocede non provoca un disastro finanziario. E soprattutto, nel caso arrivasse un acquirente può presentare bilanci a posto, poco indebitamento e una plusvalenza certa come quella di Bessa.

In attesa dell’ennesimo uomo della provvidenza che dia una prospettiva al vecchio Hellas Verona diversa da questa gestione, non ci resta che tifare per la nostra squadra del cuore.

NON SON DEGNO DI TE

Il Verona è una roba seria. E non si scherza con le robe serie. Il Verona è una società nobile, con un blasone unico. Rappresenta una città e non si scherza con le città nè con i popoli. Il Verona vale trenta milioni di euro all’anno per i motivi sopra elencati e per mille altri. È una società unica che va rispettata e amata. È una società che ha conosciuto alti (altissimi) e bassi (bassissimi). Ma in entrambe le situazioni ha sempre avuto la sua gente accanto. Gente affidabile, che non molla mai. Che mugugna magari ma che ama. E chi ama non va preso in giro. Verona merita di più di questo Setti al risparmio e di due primavera di belle speranze. Il voto a questo mercato è semplicemente impossibile da dare perchè fare mercato non significa fare scommesse. Le scommese sono pericolosissime e rischiose. Il Verona oggi è una scommessa. Non è più tempo di scherzare. Il presidente Setti, che pure qualche merito ce l’ha nell’aver riportato il Verona ai livelli che merita ci deve dire se è ancora in grado di essere il gestore di questa società perché francamente a parte lacrime sudore e sangue facciamo fatica a intravvedere un barlume di idea dietro questo mercato al risparmio. Ed è per questo che anche le domande a Fusco in un simile  contesto diventano inutili. Solo il presidente ci può dare risposta.

PAZZI-NO

Delle due l’una: o Pazzini non ha giocato perchè non è in condizione (e mi pare che questa sia stata la spiegazione di Pecchia), o non ha giocato perchè non fa più parte dell’idea della società. E quindi è sul mercato. Ne sapremo di più il 31 agosto quando le trattative si chiuderanno e vedremo che squadra avrà in mano Pecchia.

Dando buona la prima tesi, Pecchia ha dimostrato comunque un coraggio da leone. Sinceramente: chi glielo fa fare di fare la figura dell’imbelle creando un caso che fino a quindici giorni fa non esisteva? E allora si dirà: Pecchia è un aziendalista e prende ordini da Setti che vuole cedere Pazzini perchè la società non ha più soldi. Va bene: ammettiamo sia così. Ma Pecchia rischia del suo, rischia di bruciarsi la carriera, in sostanza rischia di trovarsi il cerino in mano. Non ho ma trovato un allenatore tanto autolesionista.

E allora dobbiamo per forza credere che oggi come oggi Pazzini non sia in condizione, o quantomeno che Pecchia non lo ritenga in condizione di giocare l’intera partita. Se il mercato fosse chiuso, non ci sarebbero dubbi. Invece il fatto che l’entourage di Pazzini abbia fatto trapelare sui giornali l’idea che l’attaccante abbia un mercato ha sollevato un polverone.

Facendoci perdere di vista tra l’altro ciò che sarebbe più importante sapere oggi: è il Verona una squadra che può lottare per salvarsi? Quello che Pecchia ha cercato di spiegare con tatto e diplomazia questa sera, o almeno che credo di aver capito è che più di così il Verona non ce la fa. E’ il massimo che si possa chiedere in questo momento alla sua squadra. Per una serie di motivi (anche per sfiga) il precampionato è stato un disastro. Infortuni, contrattempi, il famigerato caso Cassano, hanno di fatto impedito al tecnico di lavorare per essere pronto al via del torneo come avrebbe voluto. Così Pecchia ha cercato di fare necessità virtù. Ha cercato di non prendere un’imbarcata con il Napoli (che stasera ha battuto l’Atalanta con lo stesso punteggio del Bentegodi) e ha portato a casa un punto da Crotone. Al ritorno, in caso di vittoria al Bentegodi, potremo anche definirlo d’oro. Ora è ovvio che il tecnico si aspetta di vedere la rosa completata con giocatori che possano realmente essere un valore aggiunto.

Non mi sento di seguire l’onda negativa e pessimista che ha colto improvvisamente una parte della tifoseria. Ma non perché questa società o questa squadra mi facciano impazzire. Ma relativamente a ciò che vedo da altre parti. Il Verona non è né meglio né peggio della altre squadre che lottano per la salvezza. E che sarà durissima non lo scopriamo di certo oggi. Del resto cosa si può chiedere ad una squadra che è appena tornata in serie A se non la salvezza anche soffertissima, anche all’ultimo secondo dell’ultima giornata come successe a Reggio Calabria con il gol di Michele Cossato nello spareggio del 2001? Sparare sentenze oggi è profondamente sbagliato. Abbiamo giocato con il Napoli in forma Champions e abbiamo perso. Abbiamo giocato con il Crotone fuori casa una sfida salvezza e non siamo stati sconfitti.

TANTE DOMANDE SENZA RISPOSTA

Domande, dubbi che non trovano risposta. Partivamo da una certezza: il Napoli è una squadra superiore al Verona. Quindi nessun scandalo se avesse vinto. La salvezza si dovrà conquistare su altri campi. Ma il Verona del debutto al Bentegodi resta un mistero. Pecchia ha rinunciato ad essere Pecchia. Ha avuto paura, ha snaturato prima se stesso e poi il Verona. Sono deluso: avrei preferito perdere cinque a zero ma vedendo un Verona diverso. Perché è successo?

Tenere fuori Pazzini è stata una scelta sbagliata. Il mister se n’è assunto la responsabilità, ma di certo questo non allevia la sua posizione. Partendo da questa scelta primaria, Pecchia ha dato al Verona le sembianze di un essere informe. Un centrocampo incomprensibile dove anche un bambino ha visto che Buchel non ha nè passo nè condizione. E nessuna idea. Nessuna. Se non quella di palleggiare per non dare al Napoli profondità. No, così non mi piace. Se Pecchia diventa un allenatore “speculativo” allora in giro ce ne sono di migliori di lui per fare quel tipo di gioco.

Saremo pronti per Crotone? Ecco la seconda domanda, il secondo dubbio che questa gara non ha sciolto. Il Verona è incompleto, al più presto Fusco e Setti devono andare a prendere quei giocatori che mancano. E ne mancano. A parte un altro attaccante, serve un esterno, serve un altro centrocampista. Non credo al mercato come panacea di tutti i mali. Ma in questo momento il Verona ha una rosa cortissima, impossibile affrontare un torneo così lungo e duro senza alternative. E’ un rischio pericolosissimo. Sperando che le valutazioni fatte su alcuni giocatori non siano clamorosamente sbagliate. Dopo il caso Cassano il Verona si è bloccato. E’ arrivata l’occasione di Caceres la cui valutazione dipende tutta da quanto resterà qui. Se il Verona se lo gode fino a giugno e portasse Kishna allora chapeau. Ma se a gennaio andrà via, con Kishna al Torino allora sarà stata solo una mossa da disperati.

Non serve oggi affliggersi. Nè usare toni drammatici. Questo campionato sarà aperto per tanto tempo. Ma non siamo partiti bene. Le risposte che cerchiamo speriamo di trovarle a Crotone.

 

 

BENE MA NON BENISSIMO

Corroborante come un caffè espresso bevuto alla mattina, è arrivato il primo successo stagionale: il Verona ha liquidato per 3-1 l’Avellino. Bene, il risultato, bene la prima vittoria, bene lavorare con entusiasmo, ma non benissimo, come ha cantato uno dei tormentoni estivi.

In realtà sotto il risultato si celano molti problemi. Di condizione, di alternative, di panchina corta, di mercato ancora da completare. A meno di una settimana dal debutto con il Napoli, ci sono molti campanelli d’allarme da non sottovalutare.

Diciamoci la verità: senza il miracolo di Nicolas (molto bravo, ammettiamolo, visto lo scetticismo che lo accompagna), questa serata poteva prendere una piega diversa. Là dietro ancora non ci siamo e quella sensazione di eterno precariato difensivo non accenna a diminuire. Buchel è apparso un Tachtsidis ma molto più lento, Pazzini non l’ha quasi mai beccata. E quando è uscito, al suo posto Pecchia ha messo Bessa, aspettando Godot, cioè la punta che deve assolutamente arrivare (e arriverà).

La nota lieta della serata sono stati gli esterni: ricordate cosa dicevamo a gennaio? Bisogna lavorare su quel settore. Dissero che bastavano Gomez e gli altri, alla fine sono bastati ma abbiamo sofferto come cani.

Ora, in A, sono arrivati Cerci e Verde. E si vede. La qualità è subito aumentata, le giocate e i gol potranno arrivare finalmente anche dalle fasce. Indispensabile visto il gioco di Pecchia e il rischio che l’allenatore si prende alzando il baricentro nella metà campo avversaria.

Verde è un’ottima intuizione di Fusco, Cerci una splendida scommessa. Vederlo così dentro al match ha riempito il cuore di speranza. Ma non sarà sufficiente: anche lì serve un supplemento di mercato, e si spera arrivi Kishna anche per giustificare il “parcheggio” laziale di Caceres. E’ ovvio che l’operazione prenderebbe tutto un altro sapore se arrivasse l’olandese volante.

WE ARE LATE

Tirare conclusioni dopo un’amichevole non mi piace. Però questa gara con il Newcastle di Benitez (non il Chelsea di Conte, nè il Manchester di Mourinho) ci lascia in bocca una sensazione non buona.

Fatte le debite proporzioni sul solito stato fisico che è per forza di cose diverso, il Verona non ha proprio convinto. Ci siamo presentati a questo primo vernissage di un certo spessore con una difesa che farebbe fatica in B. Con tutto il rispetto per Bearzotti, il giovanissimo Kumbulla, Souprayen e Fares, così rischiamo imbarcate su imbarcate non appena sarà calcio vero.

Certo: mancavano Heurtaux, Caracciolo, Bianchetti, Cherubin, Caceres e Brosco. Ed è una situazione che in campionato si spera non si debba ripetere. E’ un’emergenza contingente ma, ripeto alla nausea, non si possono sbagliare valutazioni. Abbiamo visto anche nella scorsa stagione che ogni scommessa rischia di essere pagata con gli interessi. E il fatto che sia andata bene una volta non deve farci sbagliare il tiro.

Cherubin non si vede ancora, Brosco è un’incognita, Caracciolo è al primo anno di serie A, Bianchetti un’eterna promessa, Souprayen non regala certezze. Al momento quelli più affidabili sono Heurtaux, Alex Ferrari (anche lui comunque un semidebuttante) e Caceres il cui stato di forma e il cui recupero è tutto da scrivere.

Insomma lì dietro, non dormiamo sonni tranquilli. E senza affidabilità difensiva anche il gioco di Pecchia fa fatica a scorrere.

Ripeto affinchè il concetto sia chiaro: non si vuole qui fare allarmismo, ma solo cercare di vedere le cose con sano realismo. E quello che abbiamo visto non è buono.

A Newcastle abbiamo verificato quanto questo progetto sia in ritardo. Con l’avvio durissimo del campionato è un ritardo da colmare in fretta. Diventasse un pesante ritardo, anche in classifica, sarebbero guai seri fin dall’inizio.