UN SOLO GRIDO: SALVEZZA!

Salvezza, salvezza, salvezza: dovremo ripetere questa parola milioni di volte. E’ la sola parola, l’unico obiettivo che conta per il Verona che ritorna in serie A. Capisco il tifoso: Cassano e Cerci sono nomi che fanno veleggiare il pensiero, ma dopo che il primo è caduto in depressione lasciando il calcio, dobbiamo essere sempre più convinti: noi dobbiamo pensare solo a salvarci.

Uscito il calendario di serie A, ci siamo resi conto del cammino che ci attende. Duro, durissimo, più di quello che immaginate. Perchè è vero che prima o poi si affrontano tutte, ma è anche vero che dipende molto da quando le affronti. Giocare con il Napoli alla prima giornata, per esempio, può essere un piccolo vantaggio. Giocare con la Juventus all’ultima può esserlo se i bianconeri avranno già vinto il tricolore, oppure no se lo scudetto sarà assegnato in volata. Ricordate Bagnoli? Ha sempre detto che il cammino del Verona dello scudetto poteva essere diverso se i due risultati con il Torino si fossero capovolti.

Cassano ha assorbito tempo, energia, forza mentale. Era una bella idea, rischiosa ma bella. La società era pronta a gestire varie mattane, ma non questa. Cassano aveva giurato sulle sue motivazioni, voleva Verona, aveva forzato la mano. Il suo procuratore aveva spinto, persino Toni si era esposto. Fusco era convinto, Setti convintissimo. Pecchia, il più scettico, si era convinto alla prima partitella. Ma ora Cassano non c’è più e non ci sarà. Il Verona si dovrà salvare con altri mezzi, altre caratteristiche. La squadra è forte da metà in campo in su. In tutti noi c’è la sensazione che si stia oltremodo sottovalutando il reparto difensivo. Dove sono arrivati Alex Ferrari, Felicioli e Heurtaux, ma dove servirebbe altro. Il problema non sono gli infortuni: il problema è che i giocatori infortunati sono proprio quelli che avevano convinto meno. Per carità: non è che a Benevento sia arrivato Beckenbauer, nè alla Spal Baresi. Non ci sono in giro Tricella e Scirea. Tutte le squadre che lottano per salvarsi hanno problemi in difesa. Il Chievo stesso che ha fondato la squadra su principi diversi al Verona, dietro continua a dare fiducia a giocatori vecchi perché di meglio non trova. Se Atene piange, insomma, Sparta non ride.

Ho parlato con Fusco e mi ha assicurato che non sta sottovalutando il problema difesa e infortunati. La società vuole solo vedere se e quanto hanno recuperato Cherubin e Brosco. Il limite temporale per verificare le loro condizioni è metà agosto. Non dessero garanzie, si va sul mercato. Bianchetti invece sarà aspettato. Su di lui la società continua ad avere cieca fiducia. Il mercato non è finito, ma a mio avviso c’è una deriva mentale forse provocata dai giochi manageriali, in cui ogni tifoso si sente un po’ ds, un po’ presidente. Il mercato è visto come panacea di ogni male, i nuovi arrivati che sono sempre migliori di quelli che ci sono già, il continuo eterno mugugnare su ogni operazione, mentre il vero valore aggiunto è il lavoro sul campo, la pazienza, la lungimiranza di una società. Cassano ci ha distratto, ci siamo dimenticati tutti per quindici giorni che cosa siamo e cosa vogliamo. Ora piedi per terra, please. Salvezza, salvezza, salvezza…

CASSANO E LE RESPONSABILITA’ DELLA SOCIETA’

Quando prendi uno come Cassano sai a cosa vai incontro. Lo sai e basta. Quindi ci devi pensare bene prima. Nel momento in cui l’hai preso ti infili in un ottovolante da cui non puoi più scendere. Ecco l’unico errore che ha fatto la società in questa grottesca situazione. Un errore fatto in buona fede. Valutati i pro e i contro s’era deciso di puntare su un giocatore che da un anno e mezzo non giocava e le cui pazzie sono notissime.

Visto l’entusiasmo che si era creato attorno a Cassano puntare oggi i fucili contro la società pare davvero sbagliato. Si voleva regalare un giocatore dalle qualità eccelse ad una tifoseria che va pazza per questo tipo di giocatori. Il costo economico era sostenibilissimo, l’ingaggio basso, le motivazioni del giocatore (a parole) enormi. Cassano era stato sponsorizzato da Toni e prima dal suo procuratore Tinti. Si era proposto al Verona con una serie di interviste molto “pilotate”. Aveva parlato bene della città, della squadra, di Setti.

Fusco era stato prudentissimo. Aveva voluto incontrare Cassano più volte, lo aveva “testato” a fondo, aveva cercato un punto di contatto, convinto di poterne accendere l’anima e di poterlo domare. Forse anche questo un errore, sempre in buona fede: Cassano è un dissipatore di talento, un egoista. Ora con il senno del poi è facile inveire. Contro Cassano e contro chi lo ha voluto a Verona.

Cassano lascia dietro di sé un fallimento. Umano e sportivo. Ne ha lasciati altri nella sua carriera. Aveva mandato a quel paese il presidente che più di tutti lo aveva amato e strapagato: Garrone.

Avesse smesso con il calcio avrebbe dimostrato almeno un po’ di dignità. Così invece dimostra solo di essere un opportunista. Se ne va lasciando dei cocci, ma per fortuna tutto è avvenuto in un lampo di luglio. Se vogliamo l’unico dato positivo di tutta questa vicenda.

 

CASSANATA, ANZI NO

In due ore abbiamo vissuto due colpi di scena. Prima la notizia shock del ritiro di Cassano, poi quando tutti eravamo pronti a prendere atto di questa decisione che avrebbe avuto ripercussioni comunque limitate sul Verona, Antonio ci ha infilato con un tunnel dei suoi. Non è vero, resto, non vado via, mi hanno fatto cambiare idea, scusatemi, stavo facendo la più grande cazzata della mia vita.

Ha chiesto scusa cento volte, ha promesso una grande stagione. Il problema è che a Cassano ogni tanto si chiude la vena e invece di pensare e di ragionare agisce. Tante volte nella sua vita ha spezzato rapporti e non è riuscito a incollare i cocci, nessuno alla fine è riuscito a limitarlo.

Così gli è successo ieri sera: era stanco, gli mancavano i figli, ha avuto un terribile momento di depressione. Invece di pensare ha convocato la squadra e ha comunicato a tutti che si sarebbe ritirato.

Poi è arrivata Carolina a Antonio si è placato. Ha visto i suoi bimbi e ha sorriso.

Cassano è un ragazzo buono. E’ sincero. La conferenza stampa di oggi è stata uno spaccato di verità, di sentimenti contrastanti che fanno a pugni con la plastica del mondo del calcio moderno. Cassano ha sbagliato, dobbiamo imparare a perdonare queste sue cazzate. Ne farà altre, quasi certamente. Ma poi basta vederlo cinque minuti in partitella e vi assicuro che ogni moralismo va a farsi benedire.

Ha promesso che sarà una grande stagione, ha perso già sette chili, è pieno di voglia di riscatto. Credo sia ancora una scommessa vincente. Mi smentirà, ne sono sicuro. Ma gli voglio bene lo stesso.

SCOMMESSE, MA LA QUALITA’ FA SEMPRE LA DIFFERENZA

I napalm 51 hanno già caricato le loro argomentazioni: il Verona ha preso due falliti, due giocatori finiti, due schifezze. L’avrebbero detto anche se il Verona avesse preso Paloschi e Viviani, zero gol il primo da 18 mesi, due fallimenti il secondo, quindi non c’è da stupirsi.

E’ ovvio che se Alessio Cerci e Antonio Cassano non fossero due giocatori che per vari motivi sono usciti dalla giostra, non sarebbero venuti a Verona. Quindi, sono due scommesse. I napalm 51 sanno già tutto: come sapevano tutto su Luca Toni. La bellezza del calcio sta appunto nello smentire gli scettici.

Vediamo di sbilanciarci: Cerci non gioca da due anni ha dentro motivazioni da vendere. Ha appena 29 anni, può tornare grande o anche grandissimo. Tatticamente è perfetto per Pecchia. Mettetelo sull’esterno e farà la differenza. Deve ritrovare passo e continuità. Non deve pensare di fare il fenomeno ma solo le cose che gli riescono meglio. Può essere un grande acquisto.

Anche Cassano arriva pieno di motivazioni. Ma con lui andrà usata una buona dose di pazienza. Sarà l’alternativa a Pazzini e solo in alcune gare o spezzoni di gara potrà essere usato contemporaneamente. Può essere il nostro Altafini, l’uomo che scompagina i piani. In attesa che ritorni al cento per cento di condizione. Pecchia dovrà toccare le corde giuste tatticamente e naturalmente sapere gestire moralmente un uomo che è un vulcano, capace anche di essere generoso e trascinante.

Credo che Setti abbia fatto due ottime mosse. Oggi il Verona è la squadra del giorno, l’entusiasmo, al di là dei napalm 51, è palpabile. Cerci e Cassano sono due scommesse. Ma la qualità fa sempre la differenza. Ne sono convinto.

MAGLIE SEMPLICI, COLORI DISPERSI E UN OBBROBRIO

Prime impressioni sulle nuove maglie: apprezzabile lo sforzo di semplificare. Dopo le versioni “ape maia” e “Alcatraz”, almeno siamo tornati ad avere delle maglie normali. Restano dispersi i nostri colori originali (ripeto, sono quelli del gonfalone di Verona e non quelli che la Nike ha in catalogo). Lo stemma dell’Hellas è troppo piccolo, anche questa una scelta che non si comprende, ma è pur sempre meglio di quello monocromatico di due anni fa. Evito di parlare della terza maglia che non merita commenti con quella striscia di quadratini che fanno tanto tovagliolo da trattoria. E’ la terza maglia, quindi speriamo di non metterla mai. Sogno il giorno in cui torneremo a vestire il nostro vero giallo e blu.

MA AL VERONA NON CI PENSA MAI NESSUNO?

Dice: passerano i giocatori, i presidenti, gli allenatori… E’ per dire che il Verona dovrebbe essere più forte di tutto. Invece qui ogni volta c’è qualcuno che diventa più forte del Verona, inteso come Istituzione (volutamente maiuscolo). E’ una vita che faccio questo lavoro, è una vita che vedo la piazza dividersi in fazioni. Mandorliniani, Toniani, Fuschiani, Settiani. Mancano solo i marziani e poi ci sono tutti. Francamente non se ne può più.

Credo che sia colpa della debolezza intrinseca della società che negli anni si è esposta a figuracce (e non parlo dell’attuale, che probabilmente ha le colpe minori). Le nostre memorie sono piene di colpi di scena, di personaggi turpi che ci propinavano “progetti”, di finte vendite, di fallimenti dietro l’angolo.

A chi credere? Siamo stati costretti a cercare l’uomo della provvidenza, spesso incarnato dagli allenatori, qualche volta dai giocatori. Professionisti ben pagati, qualche volta ottimamente pagati, che cercavano di sfruttare la situazione a loro favore e poi se ne andavano, mentre noi qui a leccarci le ferite, a raccogliere i cocci, a cercare di ripartire. E’ successo a tutti noi, mille volte e non è colpa di nessuno. Tutti strumentalizzati, diciamoci la verità una volta tanto.

L’amarezza mi arriva perché nessuno mai pensa al Verona. Tutti si lavano la bocca, sparano sull’Istituzione, danno lezioni di vita e di tifo. E poi se ne vanno. Con i loro conti in banca un po’ più pingui. Buone vacanze.

 

TONI E L’IMPIETOSA LEGGE DELLA VITA

Nico Penzo, bomber del Verona e persona molto intelligente, mi raccontò di quanto sia difficile per un calciatore smettere di giocare a pallone. E’ un momento della vita che un atleta non vorrebbe mai affrontare. Penzo, diventato presidente dell’Associazione ex calciatori dell’Hellas Verona, mi dava alcune incredibili notizie: i calciatori che smettono di giocare sono i più colpiti dalla depressione. Senza parlare dei problemi finanziari per l’incapacità di gestire il patrimonio accumulato. Il fatto di essere improvvisamente una persona “normale” non sempre viene accettato.

Faccio questa premessa dopo che è stata data l’ufficialità dell’addio al Verona di Luca Toni. Non che questo sia il caso di Luca, sia ben chiaro. Ma è per spiegare quanto sia dura tornare sulla terra per chi è stato un marziano in campo.

Il fantastico bomber del Verona non è riuscito a inserirsi nell’organigramma del Verona. Scrissi qualche tempo fa che Toni aveva bisogno di un ruolo. Toni s’è pure arrabbiato e mi dispiace che non abbia capito il senso delle mie parole, forse mal consigliato da qualcuno che gli soffia nelle orecchie.

E’ una legge aziendale e di qualsiasi struttura organizzata dare alle persone i giusti ruoli. Ruolo vuol dire “chiarezza” e “responsabilità”. Toni non era un problema del Verona, ci mancherebbe. Anzi, poteva diventare un’eccezionale risorsa. Se solo avesse capito che accidente fare.

Essere il “nebuloso” consigliere di Setti, non faceva bene al Verona. Perché creava ambiguità. Cosa diceva Toni a Setti, quali consigli dava? Era d’accordo su Pecchia, la campagna acquisti, il modo di gestire il Verona? Ecco, questo noi non lo sappiamo, perché senza ruolo, Toni ufficialmente non si era mai esposto. Del resto lo stesso Fusco è stato recentemente molto chiaro: “Il ds sono io e tutto quello che vedete nel Verona dal punto di vista tecnico nel bene e nel male è frutto delle mie scelte”. Una bella assunzione di responsabilità e una chiarezza limpida.

Toni forse non aveva voglia di mettersi così tanto in discussione. Non aveva voglia di ripartire da zero. Gli va dato merito, di aver fatto una scelta di chiarezza. Ancora una volta, come quando era in campo, per il bene del Verona.

IMMOBILISMO O STRATEGIA?

Il mercato del Verona è fermo. I nomi usciti sono idee di mercato più che trattative. La sensazione che abbiamo è di un immobilismo preoccupante. Avverto i lettori: tra quello che apprendiamo, raccontiamo e leggiamo e il mercato reale c’è sempre di mezzo il mare. Non è che chi sta di più sui giornali alla fine avrà fatto il mercato migliore.

In questo momento quindi, l’atteggiamento migliore è quello della pazienza. Semplicemente non si può giudicare il mercato dell’Hellas. Detto questo, detto anche che Fusco mi pare tranquillo e con le idee chiare, dico anche che finora abbiamo appreso solo nomi di giovanissimi talenti che in serie A hanno tutto da dimostrare. E’ una direttiva di Setti ma anche un rischio enorme. I migliori Verona che abbiamo visto sono sempre stati un impasto perfetto tra giovani e vecchi. Ecco io sono preoccupato per questo.

C’è un asse da cui non si può prescindere: portiere, difensore centrale, centrocampista centrale e attaccante. Per ora all’altezza c’è solo l’attaccante. A cui peraltro va affiancato un forte sostituto. Sono i famosi tre/quattro rinforzi. Per come la vedo io: serve gente esperta, giocatori veri e formati. Tutto il resto rappresenta solo la ciliegina sulla torta, scommesse appunto. Abusarne sarebbe una follia. Non credo che in casa del Verona si voglia correre questo pericolo. Spero dunque che quello che interpretiamo come immobilismo sia invece una strategia. Ne sapremo di più l’otto luglio al raduno, ma tutta la verità la conosceremo solo alle 22.59 del 31 agosto.

LE BANDIERE NON ESISTONO PIU’. MA LE MAGLIE SI’

Fa un po’ sorridere che i milanisti ora piangano sul latte versato. Cioè su Gigio Donnarumma che se ne va. Fa ridere perchè nessuno più del Milan e di Berlusconi hanno creato questo calcio. Lo chiamano calcio moderno, cioè il calcio dello show business dove un attaccante si sposa sotto gli ombrellini bianchi per non farsi vedere dai fotografi (pare che si sia lo zampino della signora Pazzini dietro la trovata…). Raiola per anni ha fatto affari con il geometra Galliani e finchè portava Ibrahimovic era un santo. Oggi è il male del calcio. Cioè dello stesso calcio s-venduto alle televisioni a pagamento che ha svuotato gli stadi. Le bandiere non esistono più, s’è detto per anni. E’ lo show business, bellezza.

A Verona lo sappiamo da tempo. Passati i tempi di Zigo e Elkjaer, ma anche di Chiampan che non volle vendere Di Gennaro al Milan, le bandiere le abbiamo ammainate. I giocatori fanno i loro interessi, è legittimo, dovrebbero solamente evitare di baciare maglie o fare proclami di amore eterno. E i tifosi (così come i giornalisti, il sottoscritto in primis…) dovrebbero imparare a farsi prendere un po’ meno in giro.

Se non esistono più i giocatori-bandiera, dunque, cos’è una squadra di calcio? Un circo ambulante che allestisce uno spettacolo quindicinale in una città o c’è ancora un trasporto romantico, un’Idea che va al di là del puro show? Io credo che la squadra sia l’espressione di una comunità. E che come tale vada tutelata e rispettata. Niente e nessuno come noi veronesi, conosce il valore della nostra squadra dove si esprime il nostro essere, dove tutti i tifosi sono uguali, dove si azzerano le differenze di classe e di reddito. Un grande gioco popolare che poi non è solo un gioco. I calciatori sono professionisti che, pagati, devono, nel periodo in cui giocano per il Verona, mettere in campo tutta la loro professionalità. Mentre la società è quella che maggiormente deve “tutelare” l’identità dei suoi tifosi.

A iniziare dal simbolo per antonomasia: la maglietta, la divisa, o se volete il “jersey” come addetti al marketing inglesizzati da un corso al Cepu, le chiamano. Nulla dovrebbe essere più tutelato, amato, custodito, curato di quel simbolo. Che invece, purtroppo negli ultimi anni ha subito da questo punto di vista una vera e propria “profanazione” fino a mutare il colore autentico del gonfalone in un arancione-nero che ha tramutato i nostri calciatori “non bandiera” in carnevalesche api. Ecco: le bandiere non esistono più, ma le maglie sì. Salviamo almeno quelle…

PREPARATEVI, SARA’ UN CAMPIONATO DURISSIMO

Nessuna illusione: il prossimo sarà un campionato durissimo. In cui il Verona dovrà fare il Crotone. La semplificazione, fino quasi al paradosso, usata da Fusco e poi da Setti ci annuncia che l’Hellas dovrà lottare come un ossesso per restare in serie A.

Il prossimo sarà un campionato pazzesco. Ci saranno molte squadre che tenteranno di non retrocedere. E salvarsi sarà fondamentale anche perchè adesso l’Hellas ha esaurito il bonus dei 25 milioni di paracadute. Quindi cadere in B nuovamente sarebbe una sciagura.

Dobbiamo essere pronti alla sofferenza, semmai qualcuno si illudesse. Ci potranno capitare filotti negativi in cui farsi prendere dallo sconforto, dalla rabbia e dalla delusione sarà facilissimo. Al confronto, il cammino di questa stagione verrà ricordato come un sentiero cosparso di rose.

Scordiamoci anche il campionato di quest’anno dove tre formazioni hanno giocato al “ciapanò”, virtualmente retrocesse a gennaio, tranne poi cedere (l’Empoli) alla clamorosa rimonta proprio del Crotone, nostro punto di riferimento.

La speranza è che la società allestisca una rosa competitiva che possa raggiungere l’agognata salvezza. Chi saranno le avversarie? Beh, le solite: le tre neopromosse (Verona, Spal e Benevento), a cui si aggiunge un lotto di formazioni che solitamente stazionano da quelle parti della classifica. Chievo, Bologna, Genoa e Crotone che però francamente partono adesso un gradino se non due sopra al Verona. Per salvarsi è necessario che una di queste venga tirata dentro la bagarre. E non sarà per niente facile. Anzi: sarà durissima. Toccherà soprattutto a Setti rendere meno perigliosa questa navigazione.