SINDROME DA TAFAZZI

Potremmo star qui un anno intero a discutere sui fischiatori. Il mio pensiero l’ho già espresso ma evidentemente c’è chi pensa di essere utile a tifare in questo modo: insultando e fischiando la propria squadra durante (durante, badate bene, non dopo, quando è più che legittimo esprimere il proprio disappunto) la partita. Un clima masochistico che osservatori neutrali come Riccardo Trevisani di Sky hanno sottolineato. C’è una cappa sul Verona, su Pecchia e Fusco che grava da qualche mese, forse dall’inizio del campionato. Si fischiò dopo l’1-0 con l’Entella quando il Verona era ancora primo con molti punti sulla seconda, poi si è continuato. Non tutto lo stadio e i distinguo vanno fatti. Ognuno avrà il suo buon motivo: e bisogna dire che il Verona e le sue recenti prestazioni non hanno certo aiutato.

Non voglio nemmeno pensare che ci sia chi fischia, insulta e mugugna in modo strumentale perchè attaccato al precedente allenatore: sarebbe veramente la fine di tutto, forse dello stesso essere tifosi del Verona. Mi piace pensare però che la squadra si sia tirata fuori da sola da questa situazione;  che Souprayen, subissato di fischi per un retropassaggio a dieci secondi dalla fine del primo tempo, abbia guardato fiero la tribuna e poi abbia giocato la sua miglior gara; che il Frosinone abbia perso con il Novara rivalutando quel pareggio; che il Verona stasera sia virtualmente di nuovo in serie A; che tutto sia ancora apertissimo.

Non è finita ragazzi e se tutti vogliamo la stessa cosa è necessario che ognuno faccia la sua parte. Quando il Bentegodi ha alzato i decibel nel secondo tempo, pareva che la squadra fosse lavata da una pioggia benefica che lavava via ogni scoria mentale. Quando c’è quella compattezza lì, non esiste impresa che a Verona non sia possibile, come storicamente dimostra la nostra piazza, una vera e propria maledizione per gli squadroni.

Ogni tanto prevale però il nostro spirito tafazziano: ci diamo martellate da soli sugli zebedei, provandone enorme gioia. E poi, toccato il fondo, ci piace riemergere tornando ad essere una meravigliosa e straordinaria tifoseria.

 

 

IN ATTESA

L’affascinante capitolo dell’attesa resta uno dei grandi temi della letteratura. Tanto da indicare non uno stato del tempo, ma uno stato dell’anima. Si aspetta l’amore, spesso intersecandolo con la morte, nel binomio eterno di Eros e Thanatos. I Romantici ne hanno scritto capitoli indelebili, ma è Dino Buzzati che ne traccia il capolavoro più significativo nel Deserto dei tartari.

Ogni tanto, parlando del Verona, mi capita di scriverne. Mi sembra incredibile che questo libro possa tracciare perfettamente lo stato di una squadra di calcio. Ma non trovo nulla di più calzante per parlare della situazione dell’Hellas.

Siamo in attesa che il Destino si compia. Un’attesa che non smette di roderci l’anima. Aspettiamo un cambiamento, forse un nemico, un evento. Ma restiamo lì a tutela e a difesa della nostra posizione, del nostro fortino, mentre la vita passa e la serie A diventa una chimera da inseguire.

Quale sia questo evento non lo sappiamo. Speravamo in una vittoria, ma anche stasera il Verona non ha vinto. E allora si spera nella società, che magari riesca a cambiare il corso della Storia, cambiando il tecnico. Sempre meglio che morire illudendoci di potercela fare.

Se mi chiedete un parere non so darvelo: e non perchè sono un paraculo, ma perchè davvero non saprei che fare e che dire in questo momento. Il Verona si è perso, vedere o sforzarsi di vedere dei miglioramenti è un esercizio troppo difficile anche per un fedele della Chiesa gialloblù quale mi ritengo.

La svolta, quell’evento auspicato, non riesco a scorgerlo. Ancora una volta ho visto una squadra incapace di chiudere la partita, incapace di avere abbastanza personalità per reagire, senza identità. Una squadra che al primo stormir di fronde va nel panico, in cui ogni pallone dentro l’area diventa una grottesca palla gol per gli avversari.

Una squadra che gioca mezz’ora e poi palleggia in orizzontale, una squadra che si sta facendo scappare la serie A. E allora aspetto, un rigore, un arbitro decente, un presidente che mi faccia sentire la sua voce di speranza, un allenatore che abbia un sussulto di maleducazione. Invece no: tutto è sempre uguale a se stesso, le stesse partite, le stesse dichiarazioni, la stessa vuota professione di ottimismo perché in fondo siamo ancora a tre punti. E allora aspettiamo. Qualcosa succederà. O magari no.

 

VI SIETE ARRESI?

L’incapacità di spiegare una sconfitta del genere, la mimica facciale tra il rassegnato e il deluso, la voce flebile: il dopo partita di Verona-Spezia è stato, se possibile, anche peggio della gara.

Pecchia e Pazzini erano un monumento alla resa. A otto giornate dalla fine non un grande segnale. Ci diranno poi se questa sensazione era solo un falso messaggio dato dalla rabbia della sconfitta. Ma noi analizziamo ciò che vediamo. Primo: Pecchia ha cambiato ancora formazione, non ha avuto coraggio di tenere fuori un giocatore come Romulo che oggi non solo non fa la differenza ma rappresenta un problema e infarcisce la squadra di mezzepunte, rivoluzionando la difesa dove uno pratico, concreto e di carattere come Caracciolo viene fatto accomodare in panchina.

Secondo: durante il match cambia uomini, cambia moduli, cambia posizioni ai giocatori come neanche il kamasutra. Forse il disperato tentativo di defibrillare una squadra con l’elettrocardiogramma piatto, forse solo l’assenza di un progetto tattico, sperdutosi dopo il 4-0 con il Novara. Se è così, allora Pecchia è ad un passo dalla resa.

Terzo: la squadra è costellata di giovani che non brillano di personalità. Nelle difficoltà si nascondono, altri spariscono. Neanche il ritrovato amore con il pubblico di Verona ha fatto il miracolo. Il Verona è di nuovo affondato nell’abulia, nella mediocrità, nella mancanza di cattiveria agonistica che a volte compensa, eccome se compensa. In questo la responsabilità della società è enorme. Il Verona, come più volte scritto, non è un’ammazzacampionato. E’ una gigantesca scommessa che in mezzo alla mediocrità generale, si trova nelle prime tre della serie B. Ma ben altro si chiedeva ad una proprietà che è naufragata in B nel peggior campionato di A della storia del Verona e che ha incassato, comunque, un ammortizzatore economico da far impallidire qualsiasi avversario in B. Se a luglio Fusco aveva edificato una casetta abitabile ma non lussuosa, la stessa casetta avrebbe avuto necessità di un importante restauro a gennaio quando nel frattempo tutte le altre si erano rafforzate. Invece il Verona si è illuso di essere una corazzata e ora si è incartato.

Detto tutto ciò, stasera mi chiedo: vi siete per caso arresi? Prestazioni e dichiarazioni post gara ce lo fanno pensare. Se non è così dimostratecelo. Subito.

“Posso accettare la sconfitta, ma non posso accettare di rinunciare a provarci.” (MICHAEL JORDAN)

 

VERONA 2.0

Senza suonare eccessive fanfare (non è il caso) la vittoria con il Trapani può diventare fondamentale per il Verona. Il cambio di modulo, di atteggiamento e di pelle della squadra di Pecchia è evidente. Per la prima volta contro i siciliani il Verona ha perso la sfida del possesso palla, ma ha vinto la partita. Il calcio orizzontale ha lasciato il posto al calcio verticale, più generale l’Hellas è più pratico e equilibrato.

Pecchia ci è arrivato alla fine di un processo di maturazione (anche personale) che è stato forse un po’ lungo. Ma alla fine ci è arrivato. Così il Verona rischia meno e in queste gare in cui il punteggio è fondamentale l’importante è solo mettere in saccoccia i tre punti.

Attenzione però: l’evoluzione ha rinnegato alcuni concetti ma ne ha tenuti altri ben presenti. Tipo l’aggressione alta e la gestione del pallone nei momenti cruciali della partita. Le difficoltà hanno cementato la squadra scaligera e ora l’entusiamo può fare la differenza. Entusiasmo, sia chiaro, non euforia che non deve prevalere per non far perdere di vista l’obiettivo, ancora lontanissimo dall’essere raggiunto.

Per l’ennesima volta e alla faccia dei soliti gufi, il Verona ha ripreso Spal e Frosinone, dimostrando che il campionato è ancora apertissimo e soprattutto è solo nelle nostre mani e non in quelle degli avversari.

Paradossalmente la giornata ci restituisce un quesito intrigante: senza Romulo (che con Pazzini è il gioiello del Verona) è una squadra migliore? Anche qui dipende: se Romulo è quello delle ultime settimane, anarchico e arruffone, si può anche fare senza. Ma io non ci credo. In serie B, in questa serie B, la qualità fa sempre la differenza, come anche Siligardi ci sta dimostrando alla fine. E Romulo ha tantissima qualità. Solo che la deve mettere al servizio della squadra e ritrovare quell’umiltà che ne aveva fatto un grande giocatore nel primo anno di A con Mandorlini. Umiltà significa anche fare un assist per un compagno meglio piazzato.

In mezzo a tanti sorrisi, un unico dispiacere: Franco Zuculini si è rifatto male. Un trauma distorsivo al ginocchio destro la cui gravità la capiremo nei prossimi giorni. Una sfortuna immensa per un giocatore bravo e generoso quanto bersagliato dagli infortuni. Un forte abbraccio al guerriero argentino. Sperando che il Verona abbia ereditato almeno un po’ del suo spirito.

SERVE SOLO RISPETTO

Ce lo ricorderemo a lungo il signor Rapuano… Quasi come Massa… Il rigore c’era, era lampante,  acclarato. Non è un alibi, è la motivazione che spiega il pareggio di oggi. Al netto di tutti i distinguo. Poi si dirà: se eri 3-0 l’episodio era meno grave. Certo, verissimo. Ma il calcio non è materia così lineare.

Succede che domini e gli avversari ti puniscono nell’unico tiro in porta. La tua colpa è non aver chiuso prima la gara e nell’aver preso un gol evitabilissimo. Ma succede. Io ho visto tante cose positive nel Verona di oggi. E mi spiace che il risultato condizionerà quanto di buono ha fatto la squadra di Pecchia. Le due punte, la difesa a tre, la ricerca di giocare anche sulla ribattuta degli avversari, il recupero alla causa di uno come Siligardi che sarà importantissimo.

Non facciamoci ingannare solo dalla delusione del pareggio. Non sarebbe giusto. Una partita così non la pareggi mai neppure se la giochi altre cinquanta volte. Il Pisa ha costruito il suo campionato difendendosi. Lo ha fatto anche oggi, persino sull’1-0. Però è successo e dobbiamo cercare di non rovinare tutto adesso. C’era entusiasmo prima di questa gara, si sentiva nell’aria, lo sentivi quando andavi al bar alla mattina. Verona era di nuovo vicina alla propria squadra. Ora siamo arrabbiati e delusi per il risultato, io per primo. Ma sarebbe sbagliato ora far mancare quell’entusiasmo. Abbiamo dieci partite da vivere a cannone, proviamoci davvero fino in fondo e poi vediamo come va. A Setti dico: va bene venire davanti ai microfoni, va ancora meglio bussare alle porte giuste per chiedere una cosa sola: rispetto. Il Verona non ha bisogno di nessun favore, ma solo di non essere penalizzato.

ABBIATE FEDE (SE NON L’AVETE PERSA…)

La fede è l’atto di credere in qualcosa anche in assenza di prove concrete che questo qualcosa esista. Mi chiedo stasera perchè devo credere che il Verona andrà in serie A. Quali segnali concreti ho e ha un tifoso del Verona per sperare in questo avvenimento? Dopo la gara con la Pro Vercelli, zero. Il Verona è tornato ancora una volta indietro dal punto di vista del gioco, ha rischiato di perdere e ha pareggiato solo in extremis. Nel frattempo le altre squadre che il mercato di gennaio ha attrezzato con giocatori determinanti, se ne stanno andando.

Perchè dovrei credere ancora nel Verona, dunque? E’ la domanda che vorrei fare anche a Pecchia, a Fusco, a Setti e a tutti i giocatori. In questo momento solo un atto di fede può darmi delle speranze. E siccome credere non costa nulla, crediamoci.

Però è durissima. Francamente. La gara di oggi è stata un impasto di anarchia tattica, di svogliatezza e di mancanze di idee che ha pochi paragoni. Nascondere la polvere sotto il tappeto oggi non serve a niente. L’evidenza è sotto gli occhi di tutti. Il Verona è una squadra senza grinta, senza mordente ma quel che è peggio è anche involuta tatticamente. Ormai non c’è più traccia del bel Verona che aveva illuso un po’ tutti.

Il mirino della critica è puntato su Pecchia. Forse è giusto così, ma non mi è mai piaciuto sparare sul pianista. Penso che Pecchia, aziendalista come lo è un allenatore giovane, non riesce più a trovare il bandolo di una matassa in una squadra dove abbondano le scommesse. Qualcuna l’ha vinta (Pazzini) altre le sta clamorosamente perdendo. Ma non è solo colpa sua. Purtroppo le responsabilità della società che ha voluto lesinare gli investimenti con il quasi immobile mercato di gennaio sono pari a quelle del tecnico.

La serie A ci sta scappando ne siamo tutti consci. Perché non vediamo nessun buon motivo per essere ottimisti. Il gioco non c’è, i risultati mancano, le altre viaggiano. Ricreare l’entusiasmo dopo la vergognosa stagione scorsa e l’inizio esaltante di quest’anno è durissima se questi giocatori non ci danno una mano.

Chiudo dicendo che non sarebbe male che Setti si facesse vedere e sentire ogni tanto. Così, giusto per sapere che cosa pensa e se è il caso di avere ancora fede. A meno che non l’abbiate già persa…

UNDER PRESSURE

Sotto pressione. E’ la parola della settimana. Pressione, che fa rendere meno la squadra. Pressione che neanche la Lagostina… Cos’è la pressione? Iniziamo col dire che pressione è l’enorme interesse che ruota attorno al Verona. Di tutti i tipi: pressione finanziaria (chiedere a Setti se è felice di non andare in A… e lasciate stare la panzana dei 15 milioni di euro, ne prenderà ben 40 in caso di promozione!). Pressione mediatica: nel senso che ci sono giornali e televisioni che si occupano del Verona e che gli dedicano spazio. Pressione quindi dei tifosi, che andando numerosi allo stadio ed essendo attaccati alla maglia chiedono giustamente risultati. Questa è la pressione. Normale? C’è qualcuno che non ne ha? Un medico che opera a cuore aperto ha pressione? Un infermiere che cura una ferita? Un muratore che deve salire ogni mattina su un ponteggio a 40 metri d’altezza? Non è retorica, nè populismo. Ognuno ha “pressione”. I giocatori hanno la fortuna che a questa pressione corrisponde un beneficio economico che nessun’altra professione può dare.

La pressione, dunque, c’è, si deve accettare. Se un giocatore non la può sopportare non può fregiarsi di vestire la maglia gialloblù. Ci sono piazze con deserti sugli spalti, che non vanno mai sui giornali, dove la pressione non c’è e dove codesti giocatori sono pregati di accomodarsi. Attenzione: non faccio riferimento a Fossati che appunto ci ha dato lo spunto per parlarne. Anzi: lui ha dimostrato di avere coraggio e personalità a parlarne, quindi ha tutta la mia stima, come ce l’hanno generalmente tutte le persone di carattere, capaci di dire le cose in faccia, viceversa dei vigliacci che tirano le pietre e nascondono la mano.

Diverso è il caso del fischio preventivo. Che sottintende una strumentalizzazione di base. Non mi piace e l’ho già scritto. Solitamente a Verona si sostiene la squadra, l’anno scorso l’abbiamo fatto (vantandocene) davanti a prestazioni vergognose che magari avrebbero meritato magari qualche incazzatura in più. Sinceramente è ingiusto e profondamente sbagliato far ricadere su questa squadra la frustrazione dello scandaloso campionato passato. Soprattutto è ingiusto quando la squadra è ancora in piena corsa. Quello che è giusto, invece, è sottolineare il disappunto in una partita come quella con l’Ascoli, disgraziata finchè si vuole, ma che ancora una volta ha visto la squadra incapace di essere spietata come dovrebbe esserlo a questo punto del campionato.

Sappiano questi ragazzi, comunque, che ancora non hanno visto nulla della generosità e dell’apporto che il pubblico di Verona sa regalare nei momenti più difficili. Ma tocca a loro conquistare il cuore della gente.

LA SQUADRA CHE NON CRESCE MAI

Dice: abbiamo creato tanto. Aggiunge: bisogna essere più cattivi. E’ da agosto che sentiamo queste parole. A turno le hanno dette un po’ tutti nel Verona. La prima volta che le ho sentite credo che fosse la seconda amichevole della stagione con il Sudtirol. Da allora il Verona continua creare tanto (possiamo discutere se con lucidità o con confusione) ma raccoglie sempre meno di quanto semina. E quando, come con l’Ascoli, l’uomo che sposta gli equilibri è assente, finisce 0-0. Purtroppo ed è brutto dirlo, il Verona non cresce mai. Una settimana fa, eravamo qui a scrivere la stessa cosa dopo Brescia. E in genere lo abbiamo sempre detto, persino dopo le goleade.

Uno il coraggio non se lo può dare, diceva Manzoni di Don abbondio, e questo significa che il Verona è una squadra che non ha nelle sue corde la cattiveria. E’ una squadra di “fighetti” e scusate se ripropongo un termine che secondo me calza a pennello (non vorrei peraltro creare troppa pressione con simili termini…). Con “fighetti” intendo dei ragazzi che a volte si divertono a fare il colpo di tacco, il tocco con l’esterno, un triangolo in più per entrare in area fino a dimenticare l’essenza stessa del calcio: il gol. Insomma: una specie di masturbazione fine a se stessa, come se il fine fosse il verificare la supremazia delle cifre del match analysis e non la vittoria e quindi i tre punti. Anche il rigore di Romulo può essere catalogato sotto questo capitolo.

Non so da cosa dipenda. Se sia figlio del modo d’intendere il calcio di Fusco e Pecchia o se sia solo incidentale. Fatto sta che anche con l’Ascoli abbiamo buttato via due punti. E anche con l’Ascoli siamo qui a scrivere nuovamente dei limiti di questa squadra che tutti ravvisano (Pecchia per primo) e però, purtroppo, non cresce mai. Abbiamo visto però un sacco di tocchi d’esterno, di palloni controllati con la suola e di predominio territoriale. E domani il match analysis confermerà che abbiamo dominato. Ma è finita 0-0.

ON THE ROAD AGAIN

Che la diritta via era smarrita…

Il Verona ha ritrovato la strada giusta. La vittoria con il Brescia rivestirà un valore particolare quando si riguarderà la storia di questo campionato. Il momento era topico, la vittoria fuori casa mancava da novembre, i fischiatori avevano il fucile puntato sulla panchina.

Il Verona ha vinto e questo era fondamentale. Mi chiedo se ha convinto e dico di no. Avrebbe convinto, se come era naturale corso delle cose e della partita avesse battuto il Brescia 5-0. Invece la squadra ha sprecato troppo denunciando ancora una volta il limite insito nel proprio dna. E’ una squadra che propone gioco ma che non sa ammazzare le partite. Vale come esempio il tentativo di pallonetto di Franco Zuculini che preso dalla voglia di imitare Maradona ha provato la colombella da sessanta metri, tipo gol al San Paolo del Pibe con Giuliani esterefatto (remember?). No, no, no Franco: non si fa. E infatti il Brescia è rimasto in partita e alla fine ha provato persino a pareggiare una gara che il Verona aveva dominato.

Comunque è andata bene e siamo di nuovo in cima alla classifica, vedremo dopo il posticipo del Frosinone in che posizione. Ma ora il Verona non deve più smarrire la strada. C’è stata una crisi di crescita, lunga, eccessiva, che è servita a Pecchia anche per sapere su chi contare. Sono cambiate delle gerarchie nello spogliatoio, la situazione ora è più chiara. Le prossime gare sono quelle da non sbagliare. Bisogna essere cattivi nell’animo, ma liberi nella mente. On the road again. Fischio finale.

SE PECCHIA E’ UN INCAPACE…

Seguitemi un istante in questo ragionamento: in molti sostengono che Pecchia sia un incapace. Coloro evidentemente ritengono molto deludente il suo lavoro. Il postulato di questi critici è ritenere la squadra gialloblù la più forte della serie B. Uno squadrone. La Juventus della categoria. E quindi si ritiene che il Verona abbia l’obbligo di stravincere il campionato, ammazzare le partite, divertire.

Ci sta. Questa gente, parallelamente, pensa che la società e quindi il presidente Setti abbiano fatto un grande lavoro. Perchè se la squadra è fortissima e ora va male, per forza deve essere così. E perciò a deludere è Pecchia che non sa condurre questa corazzata con la giusta esperienza e con sufficiente capacità.

Io credo invece che il Verona sia solo una buona squadra. Nè più forte nè meno forte di tante altre. Una squadra che proprio attraverso il grande lavoro di Pecchia è diventata una delle candidate alla serie A. La valutazione del Verona passa soprattutto attraverso due uomini. Il primo è Giampaolo Pazzini. Che oggi è un trascinatore ma sette mesi fa era un coglione. Va detto. Nessuno avrebbe mai immaginato che Pazzini dopo il campionato dello scorso anno potesse fare una stagione del genere. Gravato da un logorio fisico, Pazzo sembrava il classico giocatore sul viale del tramonto. E’ stato invece proprio Pecchia a volerlo fortemente. Lo ha guardato negli occhi, gli ha regalato stimoli, lo ha reso importante sia nello spogliatoio, sia tatticamente. E i risultati sono questi.

L’altro è Romulo. Un giocatore che è stato immenso a Verona per mezzo campionato. E che poi non abbiamo più visto. Martoriato da infortuni e da una testa che a volte lo frena. Romulo è un ragazzo d’oro, magari attanagliato da strane paure. Lo stesso Romulo ha detto nell’ultima conferenza stampa di quanto sia stato vicino al ritiro. Togliessimo questi due giocatori, cosa resterebbe del Verona?

Ho appreso che il monte ingaggi dell’Hellas è stato abbassato notevolmente. Con gli ingaggi (spalmati) di Pazzini e Romulo, con quello di Gomez, e con lo stipendio di Mandorlini e del suo staff (circa un milione e mezzo), siamo a quindici milioni. Zaccagni ha rinnovato a 60 mila euro. Idem Cappelluzzo. Anche Boldor prende 60 mila euro. Franco Zuculini ne prende solo 30 mila. Nicolas da 70 mila è passato a 130 mila. Questo per dire che a Pecchia non è stata affidata una corazzata. Dal mercato sono arrivati Bessa (grande operazione chiusa con l’Inter a 1 milione e ottocentomila euro) e Ganz (in prestito dalla Juve) Entrambi erano retrocessi con il Como (che poi a ben vedere era retrocesso anche Volpati quando arrivò a Verona…). Fossati è arrivato come parziale contropartita della cessione di Ionita al Cagliari. Sono rimasti alcuni giocatori come Souprayen che in serie A avevano fatto pena.

Ora vi chiedo: questa è una squadra capace di ammazzare il campionato? E’ quella super corazzata che i critici di Pecchia ritengono essere? Forse, aggiungo io, l’avvio straordinario del campionato ha illuso tutti. E sicuramente Pecchia non è stato aiutato dal mercato di gennaio quando Setti doveva mettere mano al portafoglio, come scrissi in tempi non sospetti. Ecco allora che forse il lavoro di questo allenatore va un tantino rivalutato. Magari se ragionassimo guardando un po’ più in là del nostro naso ci accorgeremmo che Pecchia non è poi così incapace. E che probabilmente il Verona terzo a tre punti dalla prima, in piena corsa per la promozione diretta in serie A è in piena linea con le reali aspettative tecniche ed economiche della società.