LA NOSTRA SQUADRA

Conta solo vincere. Nient’altro. E il Verona ha vinto. Contro tutto, contro ogni ingiustizia. Nella settimana più assurda della storia recente, dopo il derby vinto all’ultimo secondo, gli arbitraggi discutibili, la chiusura della Curva Sud, la trasferta di Cesena vietata, il guardalinee di Frosinone, solo i tre punti potevano lavare la sensazione di un gigantesco disegno contro il Verona. Dice bene Pecchia: non consumiamo energie mentali per dare spiegazioni a tutto questo, mettiamole in campo, se noi vinciamo, possono fare quello che vogliono. E’ pur vero, che aver vigilato è servito.

Mettere un avvenimento sotto i riflettori induce ad avere più attenzione. Pensate, ad esempio, se oggi il guardalinee di Frosinone avesse sbagliato, che cosa sarebbe successo. Invece è filato tutto liscio perchè c’era giustamente quell’attenzione che siamo riusciti a creare dopo l’ennesimo torto. Buoni si ma non coglioni…

E ora mancano 180 minuti e tutto è ancora nelle nostre mani. Oggi non si giocherebbero i play-off, vincere con il Carpi potrebbe anche significare serie A matematica. Lascio a voi ogni calcolo possibile, a me piace pensare che questa squadra sia vicinissima all’obiettivo, con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi difetti, ma anche con una carica di simpatia che è nei tiri di Bessa, nell’indolenza di Siligardi, nella tenacia di Pazzini, nella durezza di Bruno Zuculini, nell’anarchia di Romulo, nell’agonismo di Pisano, nella determinazione di Souprayen, nei tackle di Zaccagni, nelle sgroppate di Luppi, nelle soluzioni di Fossati, nei sorrisi di Troianello, nella timidezza di Bianchetti, nella rudezza di Caracciolo, nella freschezza di Ferrari, nelle verticalizzazioni di Valoti, nei tuffi di Nicolas, nel ginocchio malandato di Franco Zuculini, nel folle e affascinante progetto tattico di Pecchia e Fusco. Brutta o bella è la nostra squadra, e ora, a due giornate dalla fine, lo è un po’ di più.

 

CAMPIONATO AD HANDICAP

Nella settimana in cui un giocatore esce dal terreno di gioco perché esacerbato dagli insulti, lo stesso giocatore che nel 2014 vestiva la maglia del Milan e che grazie anche alla sua testimonianza contribuì a far togliere un’analoga quanto scandalosa decisione di chiusura della curva Sud, il giudice sportivo condanna l’Hellas a giocare la gara più importante del campionato senza la propria tifoseria più calda.

Un timing perfetto che fa seguito alle “strane” sensazioni che ormai accompagnano l’ambiente gialloblù da qualche mese.

Come una sorta di assurda compensazione per il paracadute finanziario ricevuto dalla società, il Verona viene penalizzato praticamente ogni domenica attraverso decisioni arbitrali che lasciano sempre più perplessi e che ora arrivano persino a toccare la squadra nel suo cuore pulsante, la tifoseria, spesso dodicesimo uomo in campo.

Siamo perfettamente abituati alla giustizia ad orologeria di questi signori. Sappiamo perfettamente che le loro orecchie dentro uno stadio da oltre ventimila spettattori riescono a captare ogni piccolo gemito, tramutandolo poi in pena esemplare e nella vetusta etichetta di città razzista.

Toccherà alla società smontare ancora una volta tramite i filmati queste accuse, ma stasera quella strana sensazione sta diventando una vomitevole certezza: dopo l’espulsione e la squalifica a Pazzini, i rigori non dati, i cartellini mirati, i tempi di recupero che confermano che Einstein aveva ragione nella teoria della relatività, questo è un campionato ad handicap. Per vincerlo bisognerà essere più forti di loro, più forti di tutti, di tutto.

VITTORIA LEGGENDARIA

Una vittoria epica, la prima dell’era Pecchia. Una vittoria che finirà nella storia del Verona quando andremo a leggere l’infinita sfida con il Vicenza.

Bello, bellissimo semplicemente perfetto. Ognuno di noi avrà sognato di vincere così il derby, in rimonta, al cinquantesimo.

Ogni considerazione tecnico-tattica passa inevitabilmente in secondo piano

Ho detto più volte che quando il Verona e Verona uniscono i loro sentimenti nulla è impossibile. Non è un caso che quando questa alchimia si riesce a creare Verona diventi la “fatal Verona”.

Forse solo oggi questa squadra ha capito che cosa è il Bentegodi e i suoi fantastici tifosi.

Poi non si può non parlare di Bessa, Romulo e Siligardi. Il primo un campioncino che il Verona ha già pagato all’Inter e che può davvero essere il futuro.

Gli altri due tra i giocatori più criticati. Non a caso. Sapendo il loro valore, non era tollerabile vederli addirittura diventare pesi morti. Finalmente, magari in ritardo, i due hanno affermato la loro classe.

Chiudo, stremato da un pomeriggio esaltante come non accadeva da anni. Sapete già cosa sogneremo stanotte…

LA CHIAREZZA CHE CHIEDE IL POPOLO DELL’HELLAS

Senza entrare nel merito di quanto scritto stamattina dalla Gazzetta penso sia indispensabile da parte del presidente Maurizio Setti un chiarimento sincero e pubblico per spiegare fino in fondo, con dati cifre e documenti lo stato finanziario del Verona.

Troppo importante l’Hellas per accantonare la notizia e riservare la replica al solito comunicato stampa e alle dichiarazioni informali.

Con assoluta serenità e senza nessun intento polemico credo che Setti lo debba alla città di cui il Verona è uno dei simboli.

Potrebbe essere l’occasione per dissipare ogni dubbio che dopo il vergognoso campionato scorso, la richiesta affannosa del paracadute finanziario, le dichiarazioni di un pittoresco ma importante presidente della Lega di serie A come De Laurentiis, e ora questo articolo della Gazzetta dello Sport, sono affiorate nell’opinione pubblica.

Ci pare la via più semplice per zittire gufi e avvoltoi.

CASSANATA

Parlare di Cassano a quattro gare dalla fine del campionato di B con la serie A ancora tutta da conquistare pare un esercizio totalmente privo di logica. Però Cassano si propone al Verona e da quello che sappiamo c’è stato già anche un contatto. La notizia quindi c’è, è reale, è vera e non è solo una suggestione. Ora dire se Cassano sarà sicuramente al Verona nella prossima stagione è impossibile. Però certamente Cassano piace al Verona e il Verona piace a Cassano.

Il fascino di avere un giocatore simile è pari al rischio di averlo in rosa. Cassano è famoso per le “cassanate” e spesso diventa un soggetto da emarginare nello spogliatoio. E’ indubbio che classe e talento non si discutono al pari dell’impatto mediatico che un ingaggio del genere si porterebbe dietro. Innamorati da sempre di Zigoni, i veronesi potrebbero trovare in Fantantonio un nuovo idolo da adorare.

Ma Cassano non deve diventare una foglia di fico da tirare in faccia alla gente per nascondere una campagna acquisti di basso cabotaggio. In caso di A, credo che ognuno di noi ne sia conscio (speriamo lo siano anche i costruttori della prossima squadra), il Verona avrà bisogno di pesantissimi ritocchi. Servono giocatori veri, adeguati alla A e anche una revisione del progetto “tecnica-tecnica-tecnica” con importante immissione di massa muscolare. Dalla difesa all’attacco, il Verona ha bisogno di quattro, cinque, qualcuno dice sei, sette, nuovi acquisti. E di questi, Cassano può solo rappresentare la ciliegina sulla torta, non il fumo da seminare per nascondere altre deficienze.

 

GHE LA FEMO?

Chi non avrebbe firmato prima di queste due trasferte per avere quattro punti? Dai siamo seri: Bari e Perugia erano due avversari durissimi e il Verona ne è uscito alla grande. Se rimpiangeremo qualcosa alla fine di questo campionato non sarà sicuramente per il pareggio del Curi. Anzi: magari il Verona ne avesse raccolti prima di questi punticini persi per strada (Latina? Avellino? Giusto per ricordarne un paio).

Il Verona è in questo momento in vantaggio sul Frosinone che ha tutta la pressione addosso. Certo, anche noi ne abbiamo e dobbiamo cercare di non sbagliare la fondamentale tappa del derby. Vogliamo parlarne? Per favore: dimentichiamoci contestazioni e fischi e stiamo accanto al nostro Verona per questa partita che è fondamentale e che naturalmente riveste l’importanza che deve avere un derby. Da Bari e Perugia torna un Verona che si è ripulito nello spirito e che è secondo in classifica, in piena corsa promozione.

A Frosinone da un po’ di tempo succedono cose strane: rigori regalati, gol non convalidati agli avversari: non è un bel clima per giocare le ultime quattro partite che si spera siano il massimo della limpidezza e della regolarità. Delle tre di testa, l’Hellas è stata la più penalizzata dagli arbitri fino ad oggi. Abbiamo visto un museo degli errori da far saltare la mosca al naso. Si spera che sia finita perchè ora la posta in palio è veramente alta e di fischietti pessimi ne abbiamo visto fin oltre misura.

Potremo star qui a discutere un anno sui cambi di stasera, sul gesto di Pazzini, sul muso lungo di Luppi. Ma servirebbe a qualcosa? Francamente chissenefrega. L’importante è che il Verona sia lì, nonostante tutto, nonostante tutti. Come sempre ci sarà da soffrire. Ghe la femo?

SQUADRA VERA AL MOMENTO GIUSTO

Chapeau. Il Verona è tornato grande quando il campionato lo richiedeva. Le insidie che nascondeva questa trasferta in terra pugliese erano immense, ma, come si dice, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E il Verona ha giocato e vinto. Uno strappo decisivo verso la serie A, che scaccia fantasmi e mugugni. Il Verona è rinato e lo ha fatto con la forza del proprio spogliatoio, superando a piedi uniti il momento più basso e complicato della stagione, quella serataccia con lo Spezia, in cui un’attonito Pecchia pareva arrivato al capolinea.

In realtà, come spesso lo sport ci insegna, quello che sembrava il momento della disfatta, è stato il momento dell’unione. Da lì il Verona è risorto, pur senza incantare, ma con maggiore concretezza. Così ha pareggiato a Novara, ha vinto con il Cittadella, e, adesso, ha vinto con il Bari.

Nulla è ancora conquistato, e questo è bene metterselo in testa: a Perugia sarà un’altra battaglia terribile, da superare con la stessa gioiosa forza che l’Hellas ha messo in campo a Bari. Nel frattempo il Frosinone è crollato, non solo è stato risucchiato dalla squadra scaligera ma ora dista a tre punti che in realtà sono quattro visto lo svantaggio nello scontro diretto. Solo la Spal sembra veleggiare con tranquillità verso la A, ma ancora tutto può accadere.

Il Verona di Bari ha avuto ancora un difetto su cui farebbe bene meditare. Rispetto alle occasioni create non è riuscito a chiudere il match in anticipo. Un male che oggi la vittoria per 2-0 rende meno visibile ma purtroppo c’è ed è congenito in questa squadra che ancora non ha imparato a capitalizzare quanto costruisce.

Infine un sincero applauso a Pecchia: qualcosa ha sbagliato anche lui, senza dubbio. Ma non è certo il coglione che qualcuno ha voluto dipingere in questi mesi.

O CONTESTATE PECCHIA O CE L’AVETE CON SETTI

Logica stringente: chi contesta Pecchia lo fa perché evidentemente ritiene il Verona uno squadrone capace di ammazzare il campionato. Quindi ritiene il lavoro della società ineccepibile e i soldi del paracadute ottimamente spesi.

Chi contesta Setti, invece, non può avercela con Pecchia. Perché vuol dire che non ritiene la squadra all’altezza e ciò significa che Pecchia sta facendo un ottimo lavoro visto che la squadra è seconda e oggi, virtualmente in serie A.

Non si può però contestare Pecchia e avercela anche con Setti.

Io credo che il Verona sia stato assemblato in qualche maniera a luglio, vendendo tutto ciò che c’era da vendere e scommettendo su un sacco di giocatori. Alcune di queste scommesse sono state vinte, altre clamorosamente perse. Pecchia ha una squadra che vale le altre che sono in corsa ed infatti è in piena lotta per la A. La società è colpevole per aver volutamente sottovalutato il mercato di gennaio dove si imponeva un’azione di rinforzo molto più profonda di quella che Fusco e Pecchia hanno avvallato.

Colpevolizzare Pecchia significa guardare il dito che indica la luna (Quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito. Vecchio proverbio cinese).

SINDROME DA TAFAZZI

Potremmo star qui un anno intero a discutere sui fischiatori. Il mio pensiero l’ho già espresso ma evidentemente c’è chi pensa di essere utile a tifare in questo modo: insultando e fischiando la propria squadra durante (durante, badate bene, non dopo, quando è più che legittimo esprimere il proprio disappunto) la partita. Un clima masochistico che osservatori neutrali come Riccardo Trevisani di Sky hanno sottolineato. C’è una cappa sul Verona, su Pecchia e Fusco che grava da qualche mese, forse dall’inizio del campionato. Si fischiò dopo l’1-0 con l’Entella quando il Verona era ancora primo con molti punti sulla seconda, poi si è continuato. Non tutto lo stadio e i distinguo vanno fatti. Ognuno avrà il suo buon motivo: e bisogna dire che il Verona e le sue recenti prestazioni non hanno certo aiutato.

Non voglio nemmeno pensare che ci sia chi fischia, insulta e mugugna in modo strumentale perchè attaccato al precedente allenatore: sarebbe veramente la fine di tutto, forse dello stesso essere tifosi del Verona. Mi piace pensare però che la squadra si sia tirata fuori da sola da questa situazione;  che Souprayen, subissato di fischi per un retropassaggio a dieci secondi dalla fine del primo tempo, abbia guardato fiero la tribuna e poi abbia giocato la sua miglior gara; che il Frosinone abbia perso con il Novara rivalutando quel pareggio; che il Verona stasera sia virtualmente di nuovo in serie A; che tutto sia ancora apertissimo.

Non è finita ragazzi e se tutti vogliamo la stessa cosa è necessario che ognuno faccia la sua parte. Quando il Bentegodi ha alzato i decibel nel secondo tempo, pareva che la squadra fosse lavata da una pioggia benefica che lavava via ogni scoria mentale. Quando c’è quella compattezza lì, non esiste impresa che a Verona non sia possibile, come storicamente dimostra la nostra piazza, una vera e propria maledizione per gli squadroni.

Ogni tanto prevale però il nostro spirito tafazziano: ci diamo martellate da soli sugli zebedei, provandone enorme gioia. E poi, toccato il fondo, ci piace riemergere tornando ad essere una meravigliosa e straordinaria tifoseria.

 

 

IN ATTESA

L’affascinante capitolo dell’attesa resta uno dei grandi temi della letteratura. Tanto da indicare non uno stato del tempo, ma uno stato dell’anima. Si aspetta l’amore, spesso intersecandolo con la morte, nel binomio eterno di Eros e Thanatos. I Romantici ne hanno scritto capitoli indelebili, ma è Dino Buzzati che ne traccia il capolavoro più significativo nel Deserto dei tartari.

Ogni tanto, parlando del Verona, mi capita di scriverne. Mi sembra incredibile che questo libro possa tracciare perfettamente lo stato di una squadra di calcio. Ma non trovo nulla di più calzante per parlare della situazione dell’Hellas.

Siamo in attesa che il Destino si compia. Un’attesa che non smette di roderci l’anima. Aspettiamo un cambiamento, forse un nemico, un evento. Ma restiamo lì a tutela e a difesa della nostra posizione, del nostro fortino, mentre la vita passa e la serie A diventa una chimera da inseguire.

Quale sia questo evento non lo sappiamo. Speravamo in una vittoria, ma anche stasera il Verona non ha vinto. E allora si spera nella società, che magari riesca a cambiare il corso della Storia, cambiando il tecnico. Sempre meglio che morire illudendoci di potercela fare.

Se mi chiedete un parere non so darvelo: e non perchè sono un paraculo, ma perchè davvero non saprei che fare e che dire in questo momento. Il Verona si è perso, vedere o sforzarsi di vedere dei miglioramenti è un esercizio troppo difficile anche per un fedele della Chiesa gialloblù quale mi ritengo.

La svolta, quell’evento auspicato, non riesco a scorgerlo. Ancora una volta ho visto una squadra incapace di chiudere la partita, incapace di avere abbastanza personalità per reagire, senza identità. Una squadra che al primo stormir di fronde va nel panico, in cui ogni pallone dentro l’area diventa una grottesca palla gol per gli avversari.

Una squadra che gioca mezz’ora e poi palleggia in orizzontale, una squadra che si sta facendo scappare la serie A. E allora aspetto, un rigore, un arbitro decente, un presidente che mi faccia sentire la sua voce di speranza, un allenatore che abbia un sussulto di maleducazione. Invece no: tutto è sempre uguale a se stesso, le stesse partite, le stesse dichiarazioni, la stessa vuota professione di ottimismo perché in fondo siamo ancora a tre punti. E allora aspettiamo. Qualcosa succederà. O magari no.