La grande domanda dell’estate: quanto bisogna rafforzare il Verona in serie A? Le risposte fluttuano da: a)moltissimo perchè con la squadra della B in A fai poca strada. b) tanto, soprattutto in alcuni ruoli chiave. c) poco. Basta tenere l’intelaiatura e avere un’idea di gioco. Mia idea: tanto, non moltissimo, non poco. Esperienze del passato: il Verona di Bagnoli cambiò molti giocatori compresi alcuni che pareva fossero insostituibili. Se ne andarono giocatori che avevano fatto la differenza in B come Odorizzi e Guidolin. Arrivarono Fanna, Di Gennaro, Dirceu, Marangon. Il resto lo sapete. Recentemente il Verona di Mandorlini ha immesso nel motore tre giocatori di questo calibro: Iturbe, Toni e Romulo. Anche qui il resto lo sapete. Vuol dire che bisogna fare una sana e onesta valutazione. Aumentare la qualità. Non con una rivoluzione ma con un giocatore per reparto. Tre, quattro innesti sono il 30, 40 per cento della formazione titolare, non è poco, non è moltissimo. Con quattro innesti azzeccati, portando il monte ingaggi a 20, 21 milioni di euro, il Verona può salvarsi tranquillamente, rischiando anche meno del Crotone. Fusco non dovrà sbagliare una mossa, non avendo molti colpi da sparare. Ogni rinforzo dovrà essere valutato attentamente. Sarà un’estate calda. Non bollente.
QUELLO CHE LA CITTA’ CHIEDE A SETTI
Caro presidente c’è stato un momento di questo campionato in cui s’è capito che il Verona per lei adesso è qualcosa in più di un semplice business. Il momento esatto in cui c’è stato il fischio finale nel derby contro il Vicenza e lei s’è abbracciato con Luca Toni, liberando finalmente quei sentimenti che qualcuno, (sospetto chi…), le ha detto di reprimere. Un volta lei mi disse che non è una sciarpa a fare un presidente. Vero, verissimo. Ma mi creda è anche quello. Un gesto, spontaneo come il suo urlo liberatorio ha fatto più di tremila uomini del marketing.
La sua evoluzione a Verona è stata piuttosto un’involuzione (e non sia detto con tono spregiativo, anzi). Dovuta a processi che solo lei conosce e che da parte mia posso solo immaginare. Lei si era presentato ritenendo Verona una piazza da sprovincializzare e il Verona un marchio da internazionalizzare. S’è accorto ultimamente, invece, che il bello di Verona è proprio il fatto di essere una squadra che rappresenta una città, un popolo, una bandiera e una maglia. Nei momenti di difficoltà lei ha chiesto aiuto ai tifosi, ha addirittura scritto o fatto scrivere in un paio di comunicati, quel “soli contro tutti” che fu il manifesto di una curva illuminata nell’anno dello scudetto quando s’avvertiva che il Palazzo remava contro il Verona di Bagnoli.
Ora che è tornato in serie A e apparentemente con molti meno soldi o finanziamenti rispetto a quando lei arrivò qui, c’è una strada da prendere. E non è quella del brand da portare in giro per il mondo, ma semmai l’esatto contrario. Visto che soldi non ce ne saranno moltissimi, se non quelli che arriveranno proprio grazie alla gente che continua a sostenere il Verona, lei ha il dovere di avvicinare il Verona a questa gente.
La prima cosa che farei al suo posto sarebbe un restyling completo di maglie e magliette. La questione non è banale. Da quattro anni, il Verona non ha più i colori originali. Non c’è niente da fare e se il primo e il secondo anno concedemmo alla Nike e a lei il beneficio del dubbio, questo dubbio s’è tramutato successivamente in una presa per i fondelli che non è più tollerabile. Le magliette sono brutte, poco curate, sono maglie omologate e da catalogo a cui si attacca una banale personalizzazione. E soprattutto non hanno il colore del gonfalone di Verona che è il riferimento per il nostro gialloblù, come ci insegnava un grande storico come Adriano Paganella (e le assicuro che se fosse in vita questo grande giornalista l’avrebbe “rivoltata” come un calzino per quegli scempi…).
Se la Nike non è in grado di assicurarle questo semplice cambiamento, smettiamola con la Nike. Tanto non è che le magliette del Verona le abbiamo trovate nei Nike Store in giro per il mondo. Il business mi sembra solo locale e siccome le magliette fanno generalmente schifo, le posso assicurare che se, appena appena, avessimo qualcosa di decente le vendite si moltiplicherebbero. Affidiamoci a qualche piccola azienda che sia molto più vicina al Verona e a alla sua gente.
La seconda cosa da fare assolutamente è il centro sportivo. Schettino Gardini, prima di abbandonarla per rendere grande l’Inter, aveva sbandierato ai quattro venti che il progetto era cosa fatta, ma non s’è n’è più saputo nulla. Anzi: da quello che abbiamo appreso, a Palazzo Barbieri sono piuttosto indispettiti dalla piega che ha preso la questione. Che fine ha fatto il progetto? Perché non se n’è più parlato? Se è stata la serie B a fermare tutto… beh dico che anche il Frosinone è finito in B, ma il progetto del nuovo stadio è andato avanti lo stesso. Solo attraverso un centro sportivo di proprietà dell’Hellas, lei potrà affrontare da presidente le sfide che l’attendono. Inutile parlare di progetto giovani o di altro se la società non è in grado di dotarsi di un proprio centro che sia il volano di tutta l’attività.
La terza cosa da fare è avvicinare imprenditori veronesi. Facile? Difficile? Non lo so: ma di certo lei non c’ha mai provato. Probabilmente non ne aveva bisogno perchè altrimenti si sarebbe comportato in maniera diversa. Io le posso dire che il Verona è una società amata, molto amata e ci sono una sacco di imprenditori che vorrebbero darle una mano. Si studi, per un attimo, quanto sta facendo la Bluvolley Verona, nella pallavolo e mi dica perchè non si riesce a costruire qualcosa di simile anche nel calcio.
Infine: in questi anni il Verona ha avuto diversi tipi di gestione. Io non giudico le persone, ma i fatti. Di certo quando nella sua società tutti avevano un ruolo e tutti lo rispettavano si sono avuti fantastici risultati. Direttore sportivo, direttore generale, addetto stampa, segretario e infine allenatore. Per due anni tutto è filato liscio: poi al terzo anno una di queste componenti ha avuto il sopravvento e il Verona ha conosciuto una stagione da incubo. C’è stato il suo avvallo in questo e ruoli non chiari.
Ora mi pare sia tornata la coerenza e la chiarezza, ma sarà necessario che un grande personaggio come Luca Toni trovi un suo ruolo preciso. E’ una questione spinosa, lo so, e non vorrei che qualcuno lo scambiasse per un attacco personale. Luca Toni, per me, e lo dico a scanso di equivoci, rappresenta una persona squisita, un ragazzo intelligente e buono, un giocatore che mi ha fatto esultare come tifoso come ai tempi dello scudetto. Ma Luca Toni merita e lo merita anche il Verona, un ruolo preciso che non crei mai confusione e che ci dia la possibilità a noi ma soprattutto a lei di giudicarlo per quello che fa. Alla vigilia di una stagione in cui servirà compattezza e incredibile forza societaria ogni piccolo cedimento può diventare un’insopportabile crepa le cui conseguenze si ripercuoteranno, come sempre accade nel calcio, sulla squadra.
In bocca al lupo, presidente, lo dico sinceramente perché sogno il mio Verona in A per dieci anni filati, l’unica grande richiesta che credo le faccia questa città sempre più follemente innamorata di quella squadra che lei ha l’onore di dirigere.
NOTTE INSONNE
Maledizione a voi… A tutti quelli che ci hanno fatto ricadere in serie B, a chi è fuggito dopo aver causato il disastro, a chi ha parlato di progetto, a chi ha detto di avere la maglia del Verona nel cuore… Mi ero ripromesso, dopo la scorsa vergognosa stagione che non avrei esultato per un’eventuale promozione in serie A. Era il minimo che ci dovevano per quel campionato putrido, per quelle partite gettate nel vento, per i loro finti alibi, per una masnada di dirigenti pessimi come poche volte ho visto a Verona. Gardini e company sono riusciti perfino nell’impresa di farmi riabilitare Pastorello a cui pochi giorni fa ho detto che con lui non saremmo mai finiti in B in quella maniera. E non è una provocazione, ma esattamente quello che penso e immagino anche molti di voi hanno pensato.
Un anno dopo, però, mi ritrovo qui a vivere questo strano pomeriggio di attesa e trepidazione. Sono teso, sì, molto teso. Come molti di voi. Perché questo strano mistero chiamato calcio, alla fine ci frega sempre. Al solito i dirigenti, soprattutto quelli pessimi, evaporano, il Verona rimane.
Non c’è niente da esultare, ma sono sicuro, dovesse andare bene, esulterò, esulteremo, perché l’Hellas alla fine è nostro, è un tatuaggio nei nostri cuori, è come la mamma, è il nostro bambino e un po’ nostro padre, è nostro nonno, è la nostra storia, è un ricordo, una lacrima. Siamo noi.
UN PUNTO ALLA META
Manca pochissimo. Niente. Un punto. Da prendere in casa del Cesena già salvo. Facile? Niente è facile nel calcio. Saranno novanta minuti ad altissima tensione giovedì prossimo. L’ultimo capitolo su una stagione sofferta e tormentata in cui nulla è mai stato dato per scontato.
Nemmeno davanti all’enorme quantità di denaro che Setti ha percepito come paracadute finanziario e che avrebbe dovuto rendere il Verona l’avversaria da battere. Invece l’Hellas, costruito al risparmio e pieno di scommesse ha fatto fatica, terribilmente fatica, affascinando talora per l’estetica, ma altrettanto facendo arrabbiare quando sembrava essere risucchiato dalle inseguitrici. Non è finita, però, e di mezzo c’è ancora il Cesena, dove in passato non valse un esodo di massa per salvare il generoso Verona di Bagnoli.
Là si chiuse il meraviglioso ciclo dello scudetto e si aprì ufficialmente la grande crisi che poi ci ha accompagnato negli anni novanta e duemila. Non sfuggirà che Bagnoli, prima di venire a Verona aveva portato in serie A proprio il Cesena, dove oggi lavora un vecchio amico come Rino Foschi. Vorrei ricordare anche che Arvedi ebbe il terribile incidente proprio tornando dalla trasferta di Cesena che dunque non è e non potrà mai essere una gara normale.
UNA BOLGIA
La Curva Sud riapre con uno di quei provvedimenti in cui i legulei italici sono maestri. Sospensione della sanzione in attesa di approfondimenti. Diciamo che visto l’andazzo è una grande vittoria del Verona e del suo legale, Stefano Fanini, ormai espertissimo dentro al Palazzo. Non lesiniamo critiche quando la società se lo merita ed è quindi giusto anche sottolineare i meriti e il buon lavoro in occasioni come queste.
Ora ci possiamo concentrare su quello che è il vero obiettivo. Sostenere il Verona in questa determinante partita contro l’ostico Carpi, formazione brutta quanto concreta che verrà a Verona per giocare a calci più che a calcio.
Una volta di più, il Verona dovrà essere una bolgia infernale, per creare quella magica simbiosi che spesso rende il Bentegodi uno stadio fatale.
Non sarà sfuggito che l’arbitro è il signor Pasqua di Tivoli, lo stesso che ha generosamente regalato la partita al Frosinone contro la Salernitana. Chissà mai che cosa passa nella testa del designatore (Farina) quando decide queste designazioni. Ancora una volta cercheremo di scacciare dalla testa l’idea di complotti o di disegni squallidi. Sperando che basti il campo per decretare chi merita di andare in serie A.
LA NOSTRA SQUADRA
Conta solo vincere. Nient’altro. E il Verona ha vinto. Contro tutto, contro ogni ingiustizia. Nella settimana più assurda della storia recente, dopo il derby vinto all’ultimo secondo, gli arbitraggi discutibili, la chiusura della Curva Sud, la trasferta di Cesena vietata, il guardalinee di Frosinone, solo i tre punti potevano lavare la sensazione di un gigantesco disegno contro il Verona. Dice bene Pecchia: non consumiamo energie mentali per dare spiegazioni a tutto questo, mettiamole in campo, se noi vinciamo, possono fare quello che vogliono. E’ pur vero, che aver vigilato è servito.
Mettere un avvenimento sotto i riflettori induce ad avere più attenzione. Pensate, ad esempio, se oggi il guardalinee di Frosinone avesse sbagliato, che cosa sarebbe successo. Invece è filato tutto liscio perchè c’era giustamente quell’attenzione che siamo riusciti a creare dopo l’ennesimo torto. Buoni si ma non coglioni…
E ora mancano 180 minuti e tutto è ancora nelle nostre mani. Oggi non si giocherebbero i play-off, vincere con il Carpi potrebbe anche significare serie A matematica. Lascio a voi ogni calcolo possibile, a me piace pensare che questa squadra sia vicinissima all’obiettivo, con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi difetti, ma anche con una carica di simpatia che è nei tiri di Bessa, nell’indolenza di Siligardi, nella tenacia di Pazzini, nella durezza di Bruno Zuculini, nell’anarchia di Romulo, nell’agonismo di Pisano, nella determinazione di Souprayen, nei tackle di Zaccagni, nelle sgroppate di Luppi, nelle soluzioni di Fossati, nei sorrisi di Troianello, nella timidezza di Bianchetti, nella rudezza di Caracciolo, nella freschezza di Ferrari, nelle verticalizzazioni di Valoti, nei tuffi di Nicolas, nel ginocchio malandato di Franco Zuculini, nel folle e affascinante progetto tattico di Pecchia e Fusco. Brutta o bella è la nostra squadra, e ora, a due giornate dalla fine, lo è un po’ di più.
CAMPIONATO AD HANDICAP
Nella settimana in cui un giocatore esce dal terreno di gioco perché esacerbato dagli insulti, lo stesso giocatore che nel 2014 vestiva la maglia del Milan e che grazie anche alla sua testimonianza contribuì a far togliere un’analoga quanto scandalosa decisione di chiusura della curva Sud, il giudice sportivo condanna l’Hellas a giocare la gara più importante del campionato senza la propria tifoseria più calda.
Un timing perfetto che fa seguito alle “strane” sensazioni che ormai accompagnano l’ambiente gialloblù da qualche mese.
Come una sorta di assurda compensazione per il paracadute finanziario ricevuto dalla società, il Verona viene penalizzato praticamente ogni domenica attraverso decisioni arbitrali che lasciano sempre più perplessi e che ora arrivano persino a toccare la squadra nel suo cuore pulsante, la tifoseria, spesso dodicesimo uomo in campo.
Siamo perfettamente abituati alla giustizia ad orologeria di questi signori. Sappiamo perfettamente che le loro orecchie dentro uno stadio da oltre ventimila spettattori riescono a captare ogni piccolo gemito, tramutandolo poi in pena esemplare e nella vetusta etichetta di città razzista.
Toccherà alla società smontare ancora una volta tramite i filmati queste accuse, ma stasera quella strana sensazione sta diventando una vomitevole certezza: dopo l’espulsione e la squalifica a Pazzini, i rigori non dati, i cartellini mirati, i tempi di recupero che confermano che Einstein aveva ragione nella teoria della relatività, questo è un campionato ad handicap. Per vincerlo bisognerà essere più forti di loro, più forti di tutti, di tutto.
VITTORIA LEGGENDARIA
Una vittoria epica, la prima dell’era Pecchia. Una vittoria che finirà nella storia del Verona quando andremo a leggere l’infinita sfida con il Vicenza.
Bello, bellissimo semplicemente perfetto. Ognuno di noi avrà sognato di vincere così il derby, in rimonta, al cinquantesimo.
Ogni considerazione tecnico-tattica passa inevitabilmente in secondo piano
Ho detto più volte che quando il Verona e Verona uniscono i loro sentimenti nulla è impossibile. Non è un caso che quando questa alchimia si riesce a creare Verona diventi la “fatal Verona”.
Forse solo oggi questa squadra ha capito che cosa è il Bentegodi e i suoi fantastici tifosi.
Poi non si può non parlare di Bessa, Romulo e Siligardi. Il primo un campioncino che il Verona ha già pagato all’Inter e che può davvero essere il futuro.
Gli altri due tra i giocatori più criticati. Non a caso. Sapendo il loro valore, non era tollerabile vederli addirittura diventare pesi morti. Finalmente, magari in ritardo, i due hanno affermato la loro classe.
Chiudo, stremato da un pomeriggio esaltante come non accadeva da anni. Sapete già cosa sogneremo stanotte…
LA CHIAREZZA CHE CHIEDE IL POPOLO DELL’HELLAS
Senza entrare nel merito di quanto scritto stamattina dalla Gazzetta penso sia indispensabile da parte del presidente Maurizio Setti un chiarimento sincero e pubblico per spiegare fino in fondo, con dati cifre e documenti lo stato finanziario del Verona.
Troppo importante l’Hellas per accantonare la notizia e riservare la replica al solito comunicato stampa e alle dichiarazioni informali.
Con assoluta serenità e senza nessun intento polemico credo che Setti lo debba alla città di cui il Verona è uno dei simboli.
Potrebbe essere l’occasione per dissipare ogni dubbio che dopo il vergognoso campionato scorso, la richiesta affannosa del paracadute finanziario, le dichiarazioni di un pittoresco ma importante presidente della Lega di serie A come De Laurentiis, e ora questo articolo della Gazzetta dello Sport, sono affiorate nell’opinione pubblica.
Ci pare la via più semplice per zittire gufi e avvoltoi.
CASSANATA
Parlare di Cassano a quattro gare dalla fine del campionato di B con la serie A ancora tutta da conquistare pare un esercizio totalmente privo di logica. Però Cassano si propone al Verona e da quello che sappiamo c’è stato già anche un contatto. La notizia quindi c’è, è reale, è vera e non è solo una suggestione. Ora dire se Cassano sarà sicuramente al Verona nella prossima stagione è impossibile. Però certamente Cassano piace al Verona e il Verona piace a Cassano.
Il fascino di avere un giocatore simile è pari al rischio di averlo in rosa. Cassano è famoso per le “cassanate” e spesso diventa un soggetto da emarginare nello spogliatoio. E’ indubbio che classe e talento non si discutono al pari dell’impatto mediatico che un ingaggio del genere si porterebbe dietro. Innamorati da sempre di Zigoni, i veronesi potrebbero trovare in Fantantonio un nuovo idolo da adorare.
Ma Cassano non deve diventare una foglia di fico da tirare in faccia alla gente per nascondere una campagna acquisti di basso cabotaggio. In caso di A, credo che ognuno di noi ne sia conscio (speriamo lo siano anche i costruttori della prossima squadra), il Verona avrà bisogno di pesantissimi ritocchi. Servono giocatori veri, adeguati alla A e anche una revisione del progetto “tecnica-tecnica-tecnica” con importante immissione di massa muscolare. Dalla difesa all’attacco, il Verona ha bisogno di quattro, cinque, qualcuno dice sei, sette, nuovi acquisti. E di questi, Cassano può solo rappresentare la ciliegina sulla torta, non il fumo da seminare per nascondere altre deficienze.