E ORA SOTTO CON IL BRESCIA

Criticare è legittimo. Ci sta. Soprattutto se si parla del Verona, oggetto di amore e identità. Ci sta nei modi e nei tempi giusti. Ci sta per far capire che l’andazzo è sbagliato. Ci sta perché i giocatori passano e i tifosi restano. Ci sta perché vestire la maglia del Verona è una responsabilità e se non lo capisci (caro giocatore…) te lo spiego.

Quello che non ci sta è il fischio preventivo. Quello fatto “ad personam” e soprattutto prima di una partita. Il fischio strumentale. Quello è un fischio che disgrega, che spezza l’animo, che indebolisce la nostra squadra e tutti noi. Non si fischia per antipatia né si batte sempre le mani per simpatia. Tantomeno lo si fa prima di una gara delicatissima del NOSTRO Verona.

Ecco, il Verona è di tutti noi, non di qualcuno e basta. Non ci sono tifosi di serie A né di serie B. C’è chi per lavoro, per mancanza di soldi, per mancanza di tempo, perché ha una famiglia da mantenere, non riesce ad andare allo stadio. Ma state certi che questo tifoso soffre terribilmente come chi va allo stadio e sicuramente sarà il primo ad ammirare chi va in trasferta e sacrifica tempo e denaro per andare in giro per il mondo a sostenere la nostra squadra.

L’Hellas ha una sola cosa che fa la differenza. Non i presidenti che vengono da fuori, non gli imprenditori locali, non gli sponsor. Ma la sua gente. E’ la gente che ha salvato il Verona dalla sparizione. Gente appassionata, meravigliosa, eccezionale come quando applaude la propria squadra che finisce in serie C. Ecco, non disperdiamo questo patrimonio sull’altare di un fischio preventivo fatto con il solo scopo di colpire una persona che ha la colpa di non essere simpatico a qualcuno (chissà poi perché, forse perché troppo educato e gentile?). Francamente siamo troppo alti per abbassarci a queste miserie. E ora sotto con il Brescia.

DUE GARE PER CAPIRE SE IL VERONA C’E’ ANCORA

Al netto di tutte le analisi che si possono fare dopo Frosinone-Verona (primo tempo buttato nella spazzatura, frutto di una formazione assurda), c’è la classifica che parla chiaro. Il Verona è quarto. Ora non si scherza più. Dopo aver giocato contro Benevento, Spal e Frosinone per il Verona inizia un altro campionato.

Altri passi falsi non sono tollerabili. Ci sono due partite per cementare la panchina di Pecchia e per vedere se il Verona c’è ancora. L’allenatore cerca segnali positivi e dal suo punto di vista fa bene. Ma è certo che il Verona ha smarrito la strada maestra. Il turbinio di moduli-scelte rendono Pecchia alla stregua di un apprendista stregone. Un allenatore alla ricerca di una formula magica, di una pozione che risolva i problemi ma invece scatena un casino grande come la frenata che l’Hellas ha avuto da quella partita con lo Spezia in poi.

Poco valgono oggi le cifre. L’unica che ha un senso è la classifica e la classifica dice che l’Hellas si è perso. Ma dice anche che non è finita qui. Che c’è il tempo di risollevarsi e di giocarsela, vuoi anche ai play-off che sarebbe comunque un modo di andare in A, anche se non proprio un gran vanto per una retrocessa con quel popò di paracadute.

Sapete benissimo cosa sostengo da mesi: quando hai un allenatore giovane e inesperto come Pecchia la società lo deve supportare in tutto. Anche fornendogli la miglior squadra possibile. Cosa che a mio avviso non è stata fatta a gennaio quando la società doveva rafforzare questa rosa con un mercato diverso che coprisse le lacune di una rosa che è in fondo il frutto di quella squadra che è retrocessa in modo ignobile nella scorsa stagione. A questo punto purtroppo è persino inutile star qui a rimuginarci sopra. Ci sono due gare in cui il Verona deve dimostrare di esserci ancora. Vincere con Ternana e Brescia. Stop.

HATERS

Premessa: un tifoso ha tutto il diritto di criticare. Ma mi chiedo: fino a che punto questa critica può spingersi senza cadere nell’autolesionismo? Nell’epoca dei social e degli haters di professione la questione è di pressante attualità. Il dibattito si è spostato dai bar alle pagine di facebook che grondano insulti e giudizi senza un domani. Vengono attaccate etichette che a volte puzzano di strumentalizzazione.

Fazioni si affrontano cercando di avere ragione le una sulle altre. Per anni abbiamo discusso su Mandorlini. Per alcuni un semidio, per altri un incapace. La discussione ha fagocitato le nostre anime, fino a farci dimenticare l’obiettivo finale che dovrebbe essere solo e sempre l’Hellas Verona. Ancora oggi l’argomento resiste. Ma è solo un esempio. Ne faccio un altro: nulla e nessuno faranno cambiare idea su Bianchetti. E’ stato battezzato “brocco” e tale resterà fino alla fine dei tempi. Non voglio difenderlo, ma mi dà fastidio la critica preventiva.

Bianchetti sbaglia spesso, non ha un grande carattere nè una grande personalità, di certo non lo aiuta leggere certi giudizi. Lo so, direte: è un professionista, fa parte del gioco. E’ vero: ma è un uomo e non tutti abbiamo il famoso pelo sullo stomaco e un super ego nella nostra coscienza. A volte una pacca sulla spalla può fare miracoli.

Potremo continuare: Pecchia è passato dall’essere un nuovo Van Gaal allo status di “coglione”. Senza passare dal via, come a Monopoli (il gioco, non la città). E magari qualcuno non aspettava altro per dimostrare di avere ragione.

Di esempi ne abbiamo tantissimi e nessuno come un tifoso del Verona dovrebbe saperlo. Ci fu una gara, mi pare contro il Gubbio, in cui Nicola Ferrari, schierato a sorpresa da Mandorlini come titolare, venne fischiato non a fine partita ma durante la lettura delle formazioni. La famosa critica preventiva. Già i social grondavano di insulti per Nicola, quei fischi potevano ammazzarlo. Nicola è un trentino tenace, segnò un gol in mezza rovesciata e da lì in poi iniziò il suo riscatto. Pian piano tutti noi iniziammo a vederlo sotto una luce diversa. E divenne Iron Nick, l’uomo che ci tirò fuori dalla palude della Lega Pro, successivamente idolatrato magari anche dagli stessi haters che hanno questa facilità di spostare il loro tiro. Un po’ come fanno le banderuole che indicano da che parte tira il vento. Ma così è troppo facile.

RIPARTIRE

Un punto guadagnato? Io dico di sì. Certo non è il Verona che incantava e segnava a raffica, ma non è stato nemmeno il Verona di Avellino. E la Spal che doveva fare un solo boccone dell’Hellas secondo i più pessimisti ha fatto la classica partita tutta difesa e “speriamo che là davanti succeda qualcosa”.

Insomma, il Verona non m’è dispiaciuto. Credo che Franco Zuculini sia mancato tantissimo a questa squadra, mentre Boldor in difesa, pratico e concreto, non è più una scommessa ma una certezza. Alex Ferrari si è proposto come un possibile titolare, siamo tornati ad aggredire alto e a conquistare il pallone nella metà campo avversaria.

Non è cambiato l’atteggiamento dell’arbitro. Nonostante la protesta della società, i fischietti arrivano al Bentegodi e continuano a fare i fenomeni. C’era un rigore su Pazzini, Arini e Mora della Spal andavano ammoniti ed espulsi, l’intervento di Zaccagni non era nè più nè meno grave rispetto a quelli che attimi prima avevano subito i nostri ad opera dei due sopra menzionati. Al Benevento che ha i nostri stessi punti hanno regalato un rigore all’88’.  Sono cose che adesso fanno la differenza. Non un alibi.

Il Verona ha un difetto: crea un sacco di gioco ma non è concreto. Tira tanto, ma non prende la porta. E a dispetto del gioco creato, della supremazia territoriale, del possesso palla, non raccoglie quando semina. E’ un difetto congenito di questa squadra, figlio della mentalità del suo allenatore e delle caratteristiche tecniche della squadra. Fermato Pazzini, si ferma il Verona. Questo è il dato più preoccupante a cui Pecchia deve mettere subito mano con lavoro e cambio di mentalità.

Il Verona con la Spal ha aperto il paracadute (non quello dei soldi), ma ora deve riattivare i retrorazzi per ripartire. A Frosinone sarà battaglia e loro passeranno la settimana a ricordare i due rigori dell’andata. Sperando in un arbitro all’altezza, il resto ce lo dovremo mettere noi. Quello che di buono si è visto con la Spal, purtroppo, non è ancora sufficiente.

PAZZINI C’E’. E GLI ALTRI?

La prima cosa che voglio dire è che io non credevo a Pazzini. Quando Setti mi disse a maggio che lo avrebbe tenuto mi vennero i brividi. Pensavo che fosse finito, che le sue ginocchia martoriate non tenessero, che fosse insomma il primo mattone di una casa destinata a franare. Dico questo per fugare i dubbi su presunte ruffianerie nei suoi confronti e anche per chierdergli un po’ scusa, semmai a lui fregasse qualcosa di cosa pensassi io.

Oggi ho sentito Pazzini parlare nel momento più difficile del campionato del Verona, l’ho sentito dopo aver visto, come tutti voi, quello che ha fatto in campo e anche cosa (non) ha combinato il Verona quando lui mancava.

Meno male che Pazzini c’è. Lo dico chiaro e tondo, smentendo in questa sede, anche un altro mio post precedente: il Verona non è Pazzini-dipendente. Una speranza forse, che si è squagliata contro la realtà. Il Verona è assolutamente Pazzini-dipendente e senza di lui questa è una squadretta che può prenderle dal Latina (dove peraltro era in campo anche lui) e dall’Avellino.

Pazzini è l’uomo più importante del Verona, lo dicono i numeri, lo dicono i gol, lo dice questo campionato. Ma è importante soprattutto per lo spirito che ha messo in questo torneo e che dovrebbe rappresentare anche un esempio, se non uno stimolo, per i suoi compagni di squadra.

Pazzini potrebbe anche fregarsene, diciamoci la verità, forte del suo quinquennale e del suo passato. Ma chi glielo fa fare di andare a lottare con quattro difensori-scarponi della serie B? Invece è successo proprio il contrario. Pazzini si è così calato in questa realtà che prende botte, s’incazza, protesta, lotta. Nessuno come lui lo fa nel Verona. Ed è un peccato che il nostro bomber resti un esempio isolato, mentre altri compagni, bravissimi ragazzi per carità, a volte vestono il frack come se partecipassero a un festino e non a una partita di calcio.

Guardate solo per un secondo la faccia del “Pazzo” quando gli chiedo se ha parlato ai compagni nello spogliatoio. Il suo sguardo, poi il suo sorriso ironico. Non serviva altro, nè le parole avrebbero avuto la stessa efficacia. Guardatelo bene e pensate a che cosa abbia detto là a Peschiera nel chiuso dello spogliatoio. Pazzo c’è. E gli altri?

IL RISCHIO DI GIOCARE CON IL FUOCO

Purtroppo il calcio non perdona. Non puoi sbagliare valutazione. Se lo fai, prima o poi paghi dazio. Il male del Verona è che non ha rafforzato alla squadra a gennaio. Si poteva fare, non si è voluto fare. La valutazione da non sbagliare era quella. Lo avevamo chiesto in ginocchio a Setti, Fusco, Pecchia. Chiudetevi in una stanza, tra di voi non raccontatevi frottole, dite la verità, avevamo scritto.

La valutazione che era emersa l’ha spiegata Fusco in quella conferenza stampa. Il miglior acquisto del Verona è la continuità, disse. E ancora: Gomez è il miglior acquisto di gennaio. E via di questo passo. Filippo è un gran signore e continuo a stimarlo. Ne ha azzeccate molte, ma questa volta mi dà l’idea che se l’è un po’ suonata un po’ cantata. Siccome Setti non ha aperto il portafoglio, lui è stato più realista del re. E invece di vedere le nudità (del re) ha fatto finta che sua maestà fosse ancora vestito. Lo fanno i sudditi, non le persone intelligenti e di personalità. Nella vita, per come la vedo io,  è meglio essere un rompicoglioni che un signorsì. Purtroppo a chi ha in mano il potere (e il portafoglio) non sempre queste figure piacciono. Preferiscono circondarsi di stupidi camerieri a cui, peraltro, scaricano la colpa quando le cose non funzionano.

Purtroppo non era così. L’ottimo lavoro di giugno (cessione di TUTTE le possibili plusvalenze e rivalutazione di ciò che era rimasto) aveva necessità di un serio mercato a gennaio. Le crepe che la squadra dopo Spezia ha evidenziato si sono allargate fino a diventare voragini. Al netto di sfiga (ce l’hanno tutti, mica solo noi) e di arbitri (giusto lo sfogo dopo Benevento), il Verona di Pecchia si è involuto sempre di più fino a diventare una massa informe, senza capo né coda. Cioè quel “mostro” sceso in campo ad Avellino. Una squadra che crea ma che non segna. Che senza Pazzini è persa. Che non ha ricambi sulle fasce. Che ha limiti INDIVIDUALI pazzeschi in difesa.

Fusco che è grande amico di Pecchia, in realtà non ha fatto il suo bene. Il mister, che pure ha avvallato tutte le scelte della società, è costretto a cambiare, cambiare, cambiare e alla fine ha smarrito la via. Il bel Verona che aveva come principale obiettivo quello di giocare bene, vincere e convincere, è un nomade senza patria, senza guida, errante e smarrito.

In più, per caratteristica cercata e voluta, questa è una squadra da fioretto, a cui non puoi chiedere di imbracciare la clava. Una squadra che quando prende una mazzata in testa non sa più cosa fare, come ritrovarsi. E oggi non c’è più nemmeno l’appiglio della retorica: “In fondo siamo primi”. Non lo siamo più e il contraccolpo sarà durissimo da assorbire. Oggi è il momento più duro del nostro campionato, mentre la gara con la Spal al Bentegodi sarà già uno spartiacque. Ora è tempo di vedere chi sono gli uomini veri e di che pasta è fatta questa squadra. Il bonus è finito.

DI CHE COSA PARLIAMO?

Dico subito che Fusco ha fatto bene a sollevare la questione arbitrale. A Verona diciamo “boni si ma non c…”. E’ da tempo che la classe arbitrale diretta dal signor Farina (qualcuno di voi ricorda????) sembra avercela con l’Hellas. Dopo Frosinone e i due rigori dati con manica larga c’è stato poco o niente. Avanzavamo l’ipotesi in un articolo di Tggialloblu della settimana scorsa che pare quasi che il “sistema” voglia impedire al Verona di scappare per non far crollare l’interesse del campionato. Quasi che si facesse pagare a Setti l’istituzione del paracadute che la B e il presidente Abodi non hanno mai digerito.

Fosse così sarebbe gravissimo e ci rifiutiamo francamente dal pensarlo. E’ un dato oggettivo però che il pessimo Abisso ha voluto compensare l’espulsione di Cissè buttando fuori in maniera pretestuosa anche Pazzini. Un danno gravissimo per il Verona in vista delle prossime due gare. Senza contare che se il gioco resta fermo cinque minuti e ci sono sei sostituzioni non puoi dare cinque minuti di recupero.

Giusto quindi farsi rispettare, giusto salire in sala stampa, giusto il cambio di passo nella narrazione che Gardini aveva imposto (mai parlare male degli arbitri in pubblico). Visti i risultati un’altra fallimentare decisione dell’ex dg. Detto questo, il Verona ha rischiato di perdere con il Benevento. Ed è di ciò che è giusto parlare in questa sede.

Perché il Verona non è più bello come qualche mese fa, perché c’è un divario netto tra i punti conquistati fino alla gara con lo Spezia e quelli conquistati dopo, perché c’è un’involuzione generale e anche in alcuni singoli. Sinceramente speravo e pensavo che la gara con il Cesena avesse sancito la fine della crisi, invece si è rivelata un fuoco di paglia. Latina, poi la gara vinta con la Salernitana e ora questo pareggio con il Benevento lasciano l’impressione di una squadra che sta facendo fatica. Molta fatica. Troppa fatica. Qualcuno dirà (e tra questi mister Pecchia) che ci sta anche la sofferenza, che non sempre si può vincere, convincere, segnare tanto e dare spettacolo soprattutto in serie B. E’ verissimo ma non si può far finta di niente e dire che va tutto ben madama la marchesa.

A questo punto del campionato dovrebbe uscire il lavoro fatto fino ad oggi, il gioco dovrebbe scorrere piacevole, dovrebbero vedersi dei progressi e un’evoluzione. Invece l’allenatore, messo in crisi dal mercato poco “aggressivo”, e con il problema più volte segnalato degli esterni che non vanno, sta cercando di ricucire una tela che è meno bella, meno convinta, meno affascinante dell’inizio di stagione. Purtroppo torno alla valutazione diversa che Setti e Fusco hanno dato della loro squadra. Forte ma non fortissima, sicuramente da ritoccare maggiormente a gennaio, quando un vero colpo davanti avrebbe garantito a Pecchia di poter schierare una squadra logica e meno sperimentale di quella odierna. Per quello invitavo seriamente la dirigenza a pensarci, a rifletterci, a valutare attentamente. Perché poi una decisione sbagliata, una valutazione superficiale, o comunque un rischio calcolato (cit. Barana), te li porti dietro fino alla fine.

C’è andata molto bene con il Benevento. Il punto è oro colato perché la squadra di Baroni ci è stata superiore. Ha giocato meglio, con più personalità, con meno paura. Questa è la verità e quello di cui vorremmo discutere. Abisso del resto è solo un punto profondo di un oceano. Laddove il Verona, primo in classifica, non vuole certo finire.

 

MERCATO PASTORELLIANO

E’ mancato il colpo del ko. Quello che tutti si aspettavano. Con un mercato “pastorelliano” Setti e Fusco sono rimasti coerenti con quanto detto. Hanno preso due giocatori in prestito e un altro per giugno (non si sa per quale categoria). Tra chi auspicava rivoluzioni e chi una tattica conservativa, ha vinto la via di mezzo. Si è aumentato il ventaglio delle possibilità per il centrocampo con Bruno Zuculini e dato un’alternativa alla difesa. Il “pasticcio” Cherubin-Albertazzi sarà risolto non mettendo nessuno dei due in lista.

Tranne Brosco, scommessa tra le scommesse, in arrivo per giugno, non è stato fatto nessun investimento. Invece è stato ceduto interamente Wszolek al Qpr. Altro incasso dopo quelli estivi. E soprattutto non si è affrontata la vera questione. Se il Verona avesse voluto veramente migliorare doveva agire sugli esterni. E’ lì che si è faticato, è lì che sono arrivate le delusioni più grandi.

Se San Pazzini non avesse portato tutti quei punti (pare 21 su 44, un dato “pazzesco”), il Verona non sarebbe primo. Aspettando Gomez, Siligardi e compagnia, Fusco e Setti si sono presi un rischio enorme.

Per fortuna, e lo dico con cuore sollevato, se Atene piange, Sparta non ride. Guardando in casa d’altri il mercato è stato una sorta di circo Barnum (che forse proprio per evitare spettacoli così indecorosi ha da poco deciso di chiudere i battenti…). Il Bari è stato attivissimo ma non ha risolto il problema del gol prendendo Floro Flores e Raicevic. Il Frosinone ha lavorato meglio e infatti alla fine si giocherà il primo posto con il Verona. A Carpi non hanno più idee e forse hanno finito anche i soldi (o la voglia…). Il Benevento prometteva sfracelli ed è rimasto praticamente inalterato. Forse l’oscar del mercato va alla Spal che ha preso Floccari, il vero e unico rinforzo capace di spostare gli equilibri.

Mettiamola così: meno male che è finita. Ora si torna al campo e là non si può più sbagliare. Pecchia dovrà essere più “creativo” e inventarsi qualcosa. L’unica certezza che avrà è che il Bentegodi sarà sempre vicino alla squadra. Di tutto il resto, come diceva il poeta, non v’è certezza…

VOTO PERSONALE AL MERCATO 5,5.

SOFFRO DUNQUE SONO

Va dato merito a Pecchia e ai suoi ragazzi di rialzarsi sempre dopo ogni sconfitta. Il cammino in casa resta eccezionale, il segnale che il Verona manda al campionato è chiaro. Non siamo morti. La gara con la Salernitana non è stata una passeggiata, un po’ di fortuna (finalmente), tanta sofferenza e sprazzi di splendido gioco hanno steso un’avversaria che ha avuto il merito di giocare a calcio, pur farcendolo della giusta dose di agonismo.

La gara con il Latina aveva creato un’ondata di pessimismo che fa parte del dna del tifoso del Verona abituato a vederne di tutti i colori e a pensare sempre in negativo. Pecchia ha ragione quando chiede di stare tutti uniti, ma deve capire che nel nostro vissuto ci sono clamorose retrocessioni all’ultima giornata e traversie di ogni genere, shock collettivi che poi costituiscono l’immaginario collettivo della gente scaligera, difficili se non impossibili da rimuovere. Siamo fatti così con il solo scopo di volere il meglio per la nostra squadra.

Ecco perchè le nostre discussioni e le nostre chat in questi giorni mettono in primo piano il mercato. Per un normale e distaccato osservatore quello dell’Hellas sarà stato un mercato normale se non buono, con due ritocchi di peso e qualità come Bruno Zuculini e Alex Ferrari. Per un tifoso del Verona (e mi ci metto anch’io nella categoria) è un mercato deludente. E’ ovvio che vorresti avere una difesa di ferro e un attacco stellare e non capisci perchè ti costringano a soffrire anche in questa stagione in cui la società ha incassato una specie di premio per la retrocessione. Sono tanti soldi che dovrebbero metterci al riparo, sportivamente parlando, dalla sofferenza. Invece abbiamo capito benissimo che Setti questi soldi o li ha già spesi prima (boh?) o comunque non li spenderà per rafforzare ancora di più una squadra che lui e Fusco ritengono abbastanza forte per andare in serie A. E così ci dobbiamo accontentare, ricordando quando si stava peggio (veramente) e si navigava nei bassifondi della C1, mentre un ds ci raccontava che eravamo la Juve della categoria.

Sarà, insomma, una sofferenza come sempre. L’essenza stessa di un tifoso dell’Hellas. Altrimenti che gusto ci sarebbe? Alla fine magari scopriremo che Setti lo fa per il nostro bene perché ci tiene che non perdiamo il nostro dna…

 

QUELLA SENSAZIONE DI PRECARIATO PERENNE

Bellissimo e poi bruttissimo. Il Verona è così, lontano dall’essere una squadra solida e equilibrata. La sconfitta di Latina, al di là di ogni considerazione sui rinforzi e sul mercato, ci restituisce questa immagine: l’Hellas è una squadra precaria, incapace di gestire un campionato che a questo punto avrebbe dovuto vederla in fuga solitaria e che sarà invece molto combattuto sino alla fine (con tutti i rischi che questo comporta…).

Non è questione di come gli avversari ti affrontano. E’ evidente che ognuno usa le armi che può. Il problema è che il Verona è ripiombato ancora una volta in tutti i difetti evidenziati nella precedente crisi/frenata. Pareva che quel periodo fosse stato superato e anzi, grazie proprio alle difficoltà, che il carattere si fosse finalmente forgiato.

Invece si riparte e il Verona torna ad essere un pulcino impaurito, incapace di analizzare la gara, di cambiare passo, tattica, strategia. Una squadra monocorde a cui basta poco per spezzarle le ali e pochissimo per mandarla in crisi. Se sia una questione fisica non è dato a sapere. Non lo crediamo possibile e se fosse così sarebbe forse anche peggio. Può essere una questione tattica (bloccate le fonti di gioco incapaci di rifornire gli esterni, a loro volta incapaci di saltare l’uomo, il sistema Verona salta), ma anche questo alibi francamente non regge.

Resta il fatto, che in taluni momenti del campionato e della stagione, una squadra deve dimostrare di avere i coglioni (pardon, ma quando ci vuole, ci vuole). Che vuol dire la capacità di affermare il proprio gioco, la propria superiorità tecnica, i propri concetti. Si può fare senza pensare di mandare la palla in tribuna, che è sempre una scorciatoia. Come diceva un allenatore dell’Hellas qualche anno fa: non tutti i giocatori possono vestire la maglia del Verona, non tutti sono adatti per il peso che comporta, per la pressione (ma quale, mi verrebbe da chiedere????) che esiste. Ecco: dopo Latina in pochi sono sembrati in grado di vestire quella maglietta. Rifletterci bene prima della Salernitana, please…