VERONA 2.0

Senza suonare eccessive fanfare (non è il caso) la vittoria con il Trapani può diventare fondamentale per il Verona. Il cambio di modulo, di atteggiamento e di pelle della squadra di Pecchia è evidente. Per la prima volta contro i siciliani il Verona ha perso la sfida del possesso palla, ma ha vinto la partita. Il calcio orizzontale ha lasciato il posto al calcio verticale, più generale l’Hellas è più pratico e equilibrato.

Pecchia ci è arrivato alla fine di un processo di maturazione (anche personale) che è stato forse un po’ lungo. Ma alla fine ci è arrivato. Così il Verona rischia meno e in queste gare in cui il punteggio è fondamentale l’importante è solo mettere in saccoccia i tre punti.

Attenzione però: l’evoluzione ha rinnegato alcuni concetti ma ne ha tenuti altri ben presenti. Tipo l’aggressione alta e la gestione del pallone nei momenti cruciali della partita. Le difficoltà hanno cementato la squadra scaligera e ora l’entusiamo può fare la differenza. Entusiasmo, sia chiaro, non euforia che non deve prevalere per non far perdere di vista l’obiettivo, ancora lontanissimo dall’essere raggiunto.

Per l’ennesima volta e alla faccia dei soliti gufi, il Verona ha ripreso Spal e Frosinone, dimostrando che il campionato è ancora apertissimo e soprattutto è solo nelle nostre mani e non in quelle degli avversari.

Paradossalmente la giornata ci restituisce un quesito intrigante: senza Romulo (che con Pazzini è il gioiello del Verona) è una squadra migliore? Anche qui dipende: se Romulo è quello delle ultime settimane, anarchico e arruffone, si può anche fare senza. Ma io non ci credo. In serie B, in questa serie B, la qualità fa sempre la differenza, come anche Siligardi ci sta dimostrando alla fine. E Romulo ha tantissima qualità. Solo che la deve mettere al servizio della squadra e ritrovare quell’umiltà che ne aveva fatto un grande giocatore nel primo anno di A con Mandorlini. Umiltà significa anche fare un assist per un compagno meglio piazzato.

In mezzo a tanti sorrisi, un unico dispiacere: Franco Zuculini si è rifatto male. Un trauma distorsivo al ginocchio destro la cui gravità la capiremo nei prossimi giorni. Una sfortuna immensa per un giocatore bravo e generoso quanto bersagliato dagli infortuni. Un forte abbraccio al guerriero argentino. Sperando che il Verona abbia ereditato almeno un po’ del suo spirito.

SERVE SOLO RISPETTO

Ce lo ricorderemo a lungo il signor Rapuano… Quasi come Massa… Il rigore c’era, era lampante,  acclarato. Non è un alibi, è la motivazione che spiega il pareggio di oggi. Al netto di tutti i distinguo. Poi si dirà: se eri 3-0 l’episodio era meno grave. Certo, verissimo. Ma il calcio non è materia così lineare.

Succede che domini e gli avversari ti puniscono nell’unico tiro in porta. La tua colpa è non aver chiuso prima la gara e nell’aver preso un gol evitabilissimo. Ma succede. Io ho visto tante cose positive nel Verona di oggi. E mi spiace che il risultato condizionerà quanto di buono ha fatto la squadra di Pecchia. Le due punte, la difesa a tre, la ricerca di giocare anche sulla ribattuta degli avversari, il recupero alla causa di uno come Siligardi che sarà importantissimo.

Non facciamoci ingannare solo dalla delusione del pareggio. Non sarebbe giusto. Una partita così non la pareggi mai neppure se la giochi altre cinquanta volte. Il Pisa ha costruito il suo campionato difendendosi. Lo ha fatto anche oggi, persino sull’1-0. Però è successo e dobbiamo cercare di non rovinare tutto adesso. C’era entusiasmo prima di questa gara, si sentiva nell’aria, lo sentivi quando andavi al bar alla mattina. Verona era di nuovo vicina alla propria squadra. Ora siamo arrabbiati e delusi per il risultato, io per primo. Ma sarebbe sbagliato ora far mancare quell’entusiasmo. Abbiamo dieci partite da vivere a cannone, proviamoci davvero fino in fondo e poi vediamo come va. A Setti dico: va bene venire davanti ai microfoni, va ancora meglio bussare alle porte giuste per chiedere una cosa sola: rispetto. Il Verona non ha bisogno di nessun favore, ma solo di non essere penalizzato.

ABBIATE FEDE (SE NON L’AVETE PERSA…)

La fede è l’atto di credere in qualcosa anche in assenza di prove concrete che questo qualcosa esista. Mi chiedo stasera perchè devo credere che il Verona andrà in serie A. Quali segnali concreti ho e ha un tifoso del Verona per sperare in questo avvenimento? Dopo la gara con la Pro Vercelli, zero. Il Verona è tornato ancora una volta indietro dal punto di vista del gioco, ha rischiato di perdere e ha pareggiato solo in extremis. Nel frattempo le altre squadre che il mercato di gennaio ha attrezzato con giocatori determinanti, se ne stanno andando.

Perchè dovrei credere ancora nel Verona, dunque? E’ la domanda che vorrei fare anche a Pecchia, a Fusco, a Setti e a tutti i giocatori. In questo momento solo un atto di fede può darmi delle speranze. E siccome credere non costa nulla, crediamoci.

Però è durissima. Francamente. La gara di oggi è stata un impasto di anarchia tattica, di svogliatezza e di mancanze di idee che ha pochi paragoni. Nascondere la polvere sotto il tappeto oggi non serve a niente. L’evidenza è sotto gli occhi di tutti. Il Verona è una squadra senza grinta, senza mordente ma quel che è peggio è anche involuta tatticamente. Ormai non c’è più traccia del bel Verona che aveva illuso un po’ tutti.

Il mirino della critica è puntato su Pecchia. Forse è giusto così, ma non mi è mai piaciuto sparare sul pianista. Penso che Pecchia, aziendalista come lo è un allenatore giovane, non riesce più a trovare il bandolo di una matassa in una squadra dove abbondano le scommesse. Qualcuna l’ha vinta (Pazzini) altre le sta clamorosamente perdendo. Ma non è solo colpa sua. Purtroppo le responsabilità della società che ha voluto lesinare gli investimenti con il quasi immobile mercato di gennaio sono pari a quelle del tecnico.

La serie A ci sta scappando ne siamo tutti consci. Perché non vediamo nessun buon motivo per essere ottimisti. Il gioco non c’è, i risultati mancano, le altre viaggiano. Ricreare l’entusiasmo dopo la vergognosa stagione scorsa e l’inizio esaltante di quest’anno è durissima se questi giocatori non ci danno una mano.

Chiudo dicendo che non sarebbe male che Setti si facesse vedere e sentire ogni tanto. Così, giusto per sapere che cosa pensa e se è il caso di avere ancora fede. A meno che non l’abbiate già persa…

UNDER PRESSURE

Sotto pressione. E’ la parola della settimana. Pressione, che fa rendere meno la squadra. Pressione che neanche la Lagostina… Cos’è la pressione? Iniziamo col dire che pressione è l’enorme interesse che ruota attorno al Verona. Di tutti i tipi: pressione finanziaria (chiedere a Setti se è felice di non andare in A… e lasciate stare la panzana dei 15 milioni di euro, ne prenderà ben 40 in caso di promozione!). Pressione mediatica: nel senso che ci sono giornali e televisioni che si occupano del Verona e che gli dedicano spazio. Pressione quindi dei tifosi, che andando numerosi allo stadio ed essendo attaccati alla maglia chiedono giustamente risultati. Questa è la pressione. Normale? C’è qualcuno che non ne ha? Un medico che opera a cuore aperto ha pressione? Un infermiere che cura una ferita? Un muratore che deve salire ogni mattina su un ponteggio a 40 metri d’altezza? Non è retorica, nè populismo. Ognuno ha “pressione”. I giocatori hanno la fortuna che a questa pressione corrisponde un beneficio economico che nessun’altra professione può dare.

La pressione, dunque, c’è, si deve accettare. Se un giocatore non la può sopportare non può fregiarsi di vestire la maglia gialloblù. Ci sono piazze con deserti sugli spalti, che non vanno mai sui giornali, dove la pressione non c’è e dove codesti giocatori sono pregati di accomodarsi. Attenzione: non faccio riferimento a Fossati che appunto ci ha dato lo spunto per parlarne. Anzi: lui ha dimostrato di avere coraggio e personalità a parlarne, quindi ha tutta la mia stima, come ce l’hanno generalmente tutte le persone di carattere, capaci di dire le cose in faccia, viceversa dei vigliacci che tirano le pietre e nascondono la mano.

Diverso è il caso del fischio preventivo. Che sottintende una strumentalizzazione di base. Non mi piace e l’ho già scritto. Solitamente a Verona si sostiene la squadra, l’anno scorso l’abbiamo fatto (vantandocene) davanti a prestazioni vergognose che magari avrebbero meritato magari qualche incazzatura in più. Sinceramente è ingiusto e profondamente sbagliato far ricadere su questa squadra la frustrazione dello scandaloso campionato passato. Soprattutto è ingiusto quando la squadra è ancora in piena corsa. Quello che è giusto, invece, è sottolineare il disappunto in una partita come quella con l’Ascoli, disgraziata finchè si vuole, ma che ancora una volta ha visto la squadra incapace di essere spietata come dovrebbe esserlo a questo punto del campionato.

Sappiano questi ragazzi, comunque, che ancora non hanno visto nulla della generosità e dell’apporto che il pubblico di Verona sa regalare nei momenti più difficili. Ma tocca a loro conquistare il cuore della gente.

LA SQUADRA CHE NON CRESCE MAI

Dice: abbiamo creato tanto. Aggiunge: bisogna essere più cattivi. E’ da agosto che sentiamo queste parole. A turno le hanno dette un po’ tutti nel Verona. La prima volta che le ho sentite credo che fosse la seconda amichevole della stagione con il Sudtirol. Da allora il Verona continua creare tanto (possiamo discutere se con lucidità o con confusione) ma raccoglie sempre meno di quanto semina. E quando, come con l’Ascoli, l’uomo che sposta gli equilibri è assente, finisce 0-0. Purtroppo ed è brutto dirlo, il Verona non cresce mai. Una settimana fa, eravamo qui a scrivere la stessa cosa dopo Brescia. E in genere lo abbiamo sempre detto, persino dopo le goleade.

Uno il coraggio non se lo può dare, diceva Manzoni di Don abbondio, e questo significa che il Verona è una squadra che non ha nelle sue corde la cattiveria. E’ una squadra di “fighetti” e scusate se ripropongo un termine che secondo me calza a pennello (non vorrei peraltro creare troppa pressione con simili termini…). Con “fighetti” intendo dei ragazzi che a volte si divertono a fare il colpo di tacco, il tocco con l’esterno, un triangolo in più per entrare in area fino a dimenticare l’essenza stessa del calcio: il gol. Insomma: una specie di masturbazione fine a se stessa, come se il fine fosse il verificare la supremazia delle cifre del match analysis e non la vittoria e quindi i tre punti. Anche il rigore di Romulo può essere catalogato sotto questo capitolo.

Non so da cosa dipenda. Se sia figlio del modo d’intendere il calcio di Fusco e Pecchia o se sia solo incidentale. Fatto sta che anche con l’Ascoli abbiamo buttato via due punti. E anche con l’Ascoli siamo qui a scrivere nuovamente dei limiti di questa squadra che tutti ravvisano (Pecchia per primo) e però, purtroppo, non cresce mai. Abbiamo visto però un sacco di tocchi d’esterno, di palloni controllati con la suola e di predominio territoriale. E domani il match analysis confermerà che abbiamo dominato. Ma è finita 0-0.

ON THE ROAD AGAIN

Che la diritta via era smarrita…

Il Verona ha ritrovato la strada giusta. La vittoria con il Brescia rivestirà un valore particolare quando si riguarderà la storia di questo campionato. Il momento era topico, la vittoria fuori casa mancava da novembre, i fischiatori avevano il fucile puntato sulla panchina.

Il Verona ha vinto e questo era fondamentale. Mi chiedo se ha convinto e dico di no. Avrebbe convinto, se come era naturale corso delle cose e della partita avesse battuto il Brescia 5-0. Invece la squadra ha sprecato troppo denunciando ancora una volta il limite insito nel proprio dna. E’ una squadra che propone gioco ma che non sa ammazzare le partite. Vale come esempio il tentativo di pallonetto di Franco Zuculini che preso dalla voglia di imitare Maradona ha provato la colombella da sessanta metri, tipo gol al San Paolo del Pibe con Giuliani esterefatto (remember?). No, no, no Franco: non si fa. E infatti il Brescia è rimasto in partita e alla fine ha provato persino a pareggiare una gara che il Verona aveva dominato.

Comunque è andata bene e siamo di nuovo in cima alla classifica, vedremo dopo il posticipo del Frosinone in che posizione. Ma ora il Verona non deve più smarrire la strada. C’è stata una crisi di crescita, lunga, eccessiva, che è servita a Pecchia anche per sapere su chi contare. Sono cambiate delle gerarchie nello spogliatoio, la situazione ora è più chiara. Le prossime gare sono quelle da non sbagliare. Bisogna essere cattivi nell’animo, ma liberi nella mente. On the road again. Fischio finale.

SE PECCHIA E’ UN INCAPACE…

Seguitemi un istante in questo ragionamento: in molti sostengono che Pecchia sia un incapace. Coloro evidentemente ritengono molto deludente il suo lavoro. Il postulato di questi critici è ritenere la squadra gialloblù la più forte della serie B. Uno squadrone. La Juventus della categoria. E quindi si ritiene che il Verona abbia l’obbligo di stravincere il campionato, ammazzare le partite, divertire.

Ci sta. Questa gente, parallelamente, pensa che la società e quindi il presidente Setti abbiano fatto un grande lavoro. Perchè se la squadra è fortissima e ora va male, per forza deve essere così. E perciò a deludere è Pecchia che non sa condurre questa corazzata con la giusta esperienza e con sufficiente capacità.

Io credo invece che il Verona sia solo una buona squadra. Nè più forte nè meno forte di tante altre. Una squadra che proprio attraverso il grande lavoro di Pecchia è diventata una delle candidate alla serie A. La valutazione del Verona passa soprattutto attraverso due uomini. Il primo è Giampaolo Pazzini. Che oggi è un trascinatore ma sette mesi fa era un coglione. Va detto. Nessuno avrebbe mai immaginato che Pazzini dopo il campionato dello scorso anno potesse fare una stagione del genere. Gravato da un logorio fisico, Pazzo sembrava il classico giocatore sul viale del tramonto. E’ stato invece proprio Pecchia a volerlo fortemente. Lo ha guardato negli occhi, gli ha regalato stimoli, lo ha reso importante sia nello spogliatoio, sia tatticamente. E i risultati sono questi.

L’altro è Romulo. Un giocatore che è stato immenso a Verona per mezzo campionato. E che poi non abbiamo più visto. Martoriato da infortuni e da una testa che a volte lo frena. Romulo è un ragazzo d’oro, magari attanagliato da strane paure. Lo stesso Romulo ha detto nell’ultima conferenza stampa di quanto sia stato vicino al ritiro. Togliessimo questi due giocatori, cosa resterebbe del Verona?

Ho appreso che il monte ingaggi dell’Hellas è stato abbassato notevolmente. Con gli ingaggi (spalmati) di Pazzini e Romulo, con quello di Gomez, e con lo stipendio di Mandorlini e del suo staff (circa un milione e mezzo), siamo a quindici milioni. Zaccagni ha rinnovato a 60 mila euro. Idem Cappelluzzo. Anche Boldor prende 60 mila euro. Franco Zuculini ne prende solo 30 mila. Nicolas da 70 mila è passato a 130 mila. Questo per dire che a Pecchia non è stata affidata una corazzata. Dal mercato sono arrivati Bessa (grande operazione chiusa con l’Inter a 1 milione e ottocentomila euro) e Ganz (in prestito dalla Juve) Entrambi erano retrocessi con il Como (che poi a ben vedere era retrocesso anche Volpati quando arrivò a Verona…). Fossati è arrivato come parziale contropartita della cessione di Ionita al Cagliari. Sono rimasti alcuni giocatori come Souprayen che in serie A avevano fatto pena.

Ora vi chiedo: questa è una squadra capace di ammazzare il campionato? E’ quella super corazzata che i critici di Pecchia ritengono essere? Forse, aggiungo io, l’avvio straordinario del campionato ha illuso tutti. E sicuramente Pecchia non è stato aiutato dal mercato di gennaio quando Setti doveva mettere mano al portafoglio, come scrissi in tempi non sospetti. Ecco allora che forse il lavoro di questo allenatore va un tantino rivalutato. Magari se ragionassimo guardando un po’ più in là del nostro naso ci accorgeremmo che Pecchia non è poi così incapace. E che probabilmente il Verona terzo a tre punti dalla prima, in piena corsa per la promozione diretta in serie A è in piena linea con le reali aspettative tecniche ed economiche della società.

 

E ORA SOTTO CON IL BRESCIA

Criticare è legittimo. Ci sta. Soprattutto se si parla del Verona, oggetto di amore e identità. Ci sta nei modi e nei tempi giusti. Ci sta per far capire che l’andazzo è sbagliato. Ci sta perché i giocatori passano e i tifosi restano. Ci sta perché vestire la maglia del Verona è una responsabilità e se non lo capisci (caro giocatore…) te lo spiego.

Quello che non ci sta è il fischio preventivo. Quello fatto “ad personam” e soprattutto prima di una partita. Il fischio strumentale. Quello è un fischio che disgrega, che spezza l’animo, che indebolisce la nostra squadra e tutti noi. Non si fischia per antipatia né si batte sempre le mani per simpatia. Tantomeno lo si fa prima di una gara delicatissima del NOSTRO Verona.

Ecco, il Verona è di tutti noi, non di qualcuno e basta. Non ci sono tifosi di serie A né di serie B. C’è chi per lavoro, per mancanza di soldi, per mancanza di tempo, perché ha una famiglia da mantenere, non riesce ad andare allo stadio. Ma state certi che questo tifoso soffre terribilmente come chi va allo stadio e sicuramente sarà il primo ad ammirare chi va in trasferta e sacrifica tempo e denaro per andare in giro per il mondo a sostenere la nostra squadra.

L’Hellas ha una sola cosa che fa la differenza. Non i presidenti che vengono da fuori, non gli imprenditori locali, non gli sponsor. Ma la sua gente. E’ la gente che ha salvato il Verona dalla sparizione. Gente appassionata, meravigliosa, eccezionale come quando applaude la propria squadra che finisce in serie C. Ecco, non disperdiamo questo patrimonio sull’altare di un fischio preventivo fatto con il solo scopo di colpire una persona che ha la colpa di non essere simpatico a qualcuno (chissà poi perché, forse perché troppo educato e gentile?). Francamente siamo troppo alti per abbassarci a queste miserie. E ora sotto con il Brescia.

DUE GARE PER CAPIRE SE IL VERONA C’E’ ANCORA

Al netto di tutte le analisi che si possono fare dopo Frosinone-Verona (primo tempo buttato nella spazzatura, frutto di una formazione assurda), c’è la classifica che parla chiaro. Il Verona è quarto. Ora non si scherza più. Dopo aver giocato contro Benevento, Spal e Frosinone per il Verona inizia un altro campionato.

Altri passi falsi non sono tollerabili. Ci sono due partite per cementare la panchina di Pecchia e per vedere se il Verona c’è ancora. L’allenatore cerca segnali positivi e dal suo punto di vista fa bene. Ma è certo che il Verona ha smarrito la strada maestra. Il turbinio di moduli-scelte rendono Pecchia alla stregua di un apprendista stregone. Un allenatore alla ricerca di una formula magica, di una pozione che risolva i problemi ma invece scatena un casino grande come la frenata che l’Hellas ha avuto da quella partita con lo Spezia in poi.

Poco valgono oggi le cifre. L’unica che ha un senso è la classifica e la classifica dice che l’Hellas si è perso. Ma dice anche che non è finita qui. Che c’è il tempo di risollevarsi e di giocarsela, vuoi anche ai play-off che sarebbe comunque un modo di andare in A, anche se non proprio un gran vanto per una retrocessa con quel popò di paracadute.

Sapete benissimo cosa sostengo da mesi: quando hai un allenatore giovane e inesperto come Pecchia la società lo deve supportare in tutto. Anche fornendogli la miglior squadra possibile. Cosa che a mio avviso non è stata fatta a gennaio quando la società doveva rafforzare questa rosa con un mercato diverso che coprisse le lacune di una rosa che è in fondo il frutto di quella squadra che è retrocessa in modo ignobile nella scorsa stagione. A questo punto purtroppo è persino inutile star qui a rimuginarci sopra. Ci sono due gare in cui il Verona deve dimostrare di esserci ancora. Vincere con Ternana e Brescia. Stop.

HATERS

Premessa: un tifoso ha tutto il diritto di criticare. Ma mi chiedo: fino a che punto questa critica può spingersi senza cadere nell’autolesionismo? Nell’epoca dei social e degli haters di professione la questione è di pressante attualità. Il dibattito si è spostato dai bar alle pagine di facebook che grondano insulti e giudizi senza un domani. Vengono attaccate etichette che a volte puzzano di strumentalizzazione.

Fazioni si affrontano cercando di avere ragione le una sulle altre. Per anni abbiamo discusso su Mandorlini. Per alcuni un semidio, per altri un incapace. La discussione ha fagocitato le nostre anime, fino a farci dimenticare l’obiettivo finale che dovrebbe essere solo e sempre l’Hellas Verona. Ancora oggi l’argomento resiste. Ma è solo un esempio. Ne faccio un altro: nulla e nessuno faranno cambiare idea su Bianchetti. E’ stato battezzato “brocco” e tale resterà fino alla fine dei tempi. Non voglio difenderlo, ma mi dà fastidio la critica preventiva.

Bianchetti sbaglia spesso, non ha un grande carattere nè una grande personalità, di certo non lo aiuta leggere certi giudizi. Lo so, direte: è un professionista, fa parte del gioco. E’ vero: ma è un uomo e non tutti abbiamo il famoso pelo sullo stomaco e un super ego nella nostra coscienza. A volte una pacca sulla spalla può fare miracoli.

Potremo continuare: Pecchia è passato dall’essere un nuovo Van Gaal allo status di “coglione”. Senza passare dal via, come a Monopoli (il gioco, non la città). E magari qualcuno non aspettava altro per dimostrare di avere ragione.

Di esempi ne abbiamo tantissimi e nessuno come un tifoso del Verona dovrebbe saperlo. Ci fu una gara, mi pare contro il Gubbio, in cui Nicola Ferrari, schierato a sorpresa da Mandorlini come titolare, venne fischiato non a fine partita ma durante la lettura delle formazioni. La famosa critica preventiva. Già i social grondavano di insulti per Nicola, quei fischi potevano ammazzarlo. Nicola è un trentino tenace, segnò un gol in mezza rovesciata e da lì in poi iniziò il suo riscatto. Pian piano tutti noi iniziammo a vederlo sotto una luce diversa. E divenne Iron Nick, l’uomo che ci tirò fuori dalla palude della Lega Pro, successivamente idolatrato magari anche dagli stessi haters che hanno questa facilità di spostare il loro tiro. Un po’ come fanno le banderuole che indicano da che parte tira il vento. Ma così è troppo facile.