GLI ERRORI DA EVITARE

Non farei un dramma per questa sconfitta. Ci sta, anche se le proporzioni sono eccessive. Vorrei, con serietà e pacatezza, però porre alcune questioni che chiamano in causa più la società che non i giocatori.

Venerdì scorso mi sono accorto che della partita con il Novara non avevamo mai parlato. Se andate a rivedere il tggialloblu di quel giorno dicevo: “Tutti meritati, tutti giusti. Complimenti, elogi applausi. Il Verona che vola in vetta alla classifica che liquida lo Spezia con un 4-1 roboante, che non conosce pause. Cifre, numeri, che ci hanno dato la testimonianza di un Hellas forte, costruito bene, pilotato ancora meglio. Eppure… eppure non è finita e forse tutto questo fiato alle trombe non è ancora giustificato. Il Verona non ha ancora vinto niente, non è ancora stato promosso, non ha fatto, in pratica nulla”.

Non mi era piaciuto come la società aveva affrontato la scorsa settimana. Tra una cena di beneficienza del Rotary e telecamere di Sky in diretta per tutto il giorno, le interviste a Setti e quelle al “solito” Pazzini (potrei aggiungere che manca anche un po’ di fantasia giornalistica, magari sarebbe anche bello raccontare una storia come quella di Bessa o di Fossati, invece delle solite e scontate interviste al “Pazzo”…) c’è stata la visita di Pecchia in Gazzetta (e perchè no un inviato della Gazzetta a Verona?) e lo “shooting” dei calciatori in un negozio di moda. Come se fosse maggio e si stesse solo aspettando la fine del campionato dopo la matematica. A volte, ve lo dico per davvero, vorrei proprio sbagliarmi. Ma penso di aver accumulato una “sensibilità” su questi argomenti che raramente mi fa sbagliare. Non c’era il clima giusto. Qualche dirigente dell’Hellas, onostamente, potrà solo darvi conferma delle mie parole, visto che gliel’ho fatto presente.
Purtroppo è arrivata la domenica e il Novara ce ne ha rifilate quattro. Ora non so se è stata colpa di questa settimana, non ne avrò mai una riprova, dico solo che unicamente i tifosi possono farsi cogliere dall’entusiasmo (e ci mancherebbe dopo il letame della scorsa stagione…), ma mai la società. Non si può fare questo errore. La società deve sapere benissimo, e meglio di tutti noi, che solo alla fine potrà stappare le bottiglie. E tra l’altro senza nemmeno esultare troppo. Sarebbe il minimo dopo lo scempio a cui abbiamo assistito.

L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

Darwin ci ha insegnato che la natura plasma se stessa. Adeguandosi all’ambiente e mutando geneticamente gli animali, facendo sopravvivere solo quelli più adatti. Si chiama evoluzione. Mi piace pensare che anche il Verona si stia adeguando, una squadra che migliora e che è in grado di uscire rafforzata da ogni partita. Pecchia ha dato al Verona un’identità, un gioco, un’idea tattica, ma giornata dopo giornata il Verona dimostra straordinarie doti di adeguamento all’ambiente circostante, alle squadre avversarie. A La Spezia abbiamo visto un Verona inedito. Siamo passati dal calcio orizzontale, al calcio verticale. Un calcio tra l’altro bellissimo, fatto di rapidi tocchi, triangolazioni di prima, profondità. Un Verona che ha cambiato pelle, che è “mutato” pur non perdendo identità. E’ un lavoro straordinario quello del nostro allenatore e che, come si diceva qualche settimana fa, porterà a costruire una squadra con solide fondamenta e concetti che stanno diventando sempre più sofisticati.

Spezia era il primo esame di maturità dopo la gara con il Frosinone. Ne è uscito un 4-1 fantastico in cui la squadra di Pecchia ha fatto vedere un’altra faccia ancora. Una faccia divertente ma anche umile. Un Verona che ha “assorbito” il gioco alto e intenso dello Spezia e poi si è disteso con una qualità e con un progetto di gioco che non si vedevano da anni. Ma soprattutto il Verona è una squadra che ha acquisito un’intelligenza superiore, nel senso di “intellegere” la partita, l’avversario. Un Verona “mutato” e “mutante” i cui destini, ovvero margini di miglioramento, francamente non riusciamo a scorgere.

 

FUSCO IN VAL PADANA

Il Verona è figlio di Filippo Fusco. Grazie a questo ds colto e visionario possiamo oggi assistere all’inizio di un nuovo ciclo. Fusco è un aristocratico. Avvocato e appassionato di calcio, ha una sensibilità e un’etica che oggi come oggi sembra perduta nel calcio. Non gli interessano i soldi. Arriva da una famiglia ricca, evidentemente il denaro è un mezzo. Viaggia con uno zainetto smart, prende il treno. Parla sommessamente, non urla mai. Al telefono devi alzare il volume per seguirlo.

I suoi concetti sono sempre raffinati. Apparentemente è un diplomatico. In realtà è un decisionista. Pugno di ferro in guanto di velluto. Pensa che la cosa più bella del calcio sia la gente, il pubblico, gli spettatori. E’ fermamente convinto dell’azione sociale che ha il calcio sulle masse. Come missione si è imposto di divertire la gente. Questo, dice, deve fare il pallone. La vera magia sta sugli spalti. Il campo deve servire a stimolare questo divertimento. Ecco perchè ha voluto Pecchia. E’ amico di Zeman, che considera la più grande incompiuta del calcio. Un genio che ha estremizzato il concetto, restando vittima dell’ideologia che ha creato. Gli zemaniani, spiega Fusco, sono stati i nemici principali di Zeman. Per lui Pecchia è destinato a fare grandissime cose. Lo accompagna con intelligenza, tra loro c’è un confronto che si può immaginare di altissimo livello. Pecchia ha appena iniziato la carriera, ha il furore del neofita dentro, l’intelligenza del grande allenatore, una sensibilità spiccata. Fusco si interfaccia con lui, insieme ragionano calcio, analizzano dati e partite. Fusco sa che cosa piace a Pecchia e Pecchia sa cosa piace al suo ds. Vogliono lo spettacolo. Vogliono divertire.

Il progetto di Fusco è appena all’inizio. Ha lavorato su macerie gestionali e tecniche ha preso precise strade. Mi colpì quando prese la parola con Setti e si assunse in prima persona la responsabilità. Ponzio Pilato Bigon è lontano. Fusco ci ha restituito una dimensione ludica e filosofica che da anni non si vedeva. Ha un’idea, la persegue, sa che questa è un’occasione unica anche per lui, finalmente per poter emergere. Spero e lo dico oggi, 30 ottobre 2016, che venga lasciato lavorare. Spero che non ci sia nessun tecnocrate che rovini il suo lavoro. O qualche procuratore avido che voglia mettere le mani sul Verona. Spero, infine, che il presidente Setti, bravo nell’aver restituito il Verona in mani capaci dopo le sciagurate scelte della scorsa stagione, abbia imparato la lezione.

 

E MENO MALE CHE GATTUSO C’E’

Pensa che noia se avessimo vinto anche a Pisa per 3/4 a 0. Campionato chiuso, Verona in fuga, squadra fortissima, eccetera eccetera.

Invece Gattuso ci ferma sullo 0-0 (notizia!) e evita ad Abodi di chiudere il sipario ad ottobre.

Non solo: questo pareggio permette a noi di fare qualche critica a Pecchia dopo mesi di incessanti applausi, un po’ come la corazzata Potemkin di Fantozzi.

Quali critiche: beh, cominciamo col dire che questo Bianchetti messo lì a destra con Caracciolo e Cherubin proprio non ci piace. Una difesa a quattro che poi diventa a tre che però finisce per snaturare un po’ tutta la squadra, dove mancano gli inserimenti da dietro e dove si perde anche la caratteristiche migliore di Blanco, cioè l’avvio dell’azione. Tutto il resto è conseguente: pochi sbocchi uguale squadra statica, squadra statica vuol dire poco movimento, poco movimento vuol dire meno occasioni. Che poi a ben vedere se va dentro la palla di Pazzini non è nemmeno vero.

Diciamo allora che Gattuso ci ha fatto un piacere per avere stasera qualcosa da scrivere e domani qualcosa da discutere al bar.

Tornando seri: prendiamoci questo punticino che fuori casa è utilissimo, muove la classifica e in realtà ci ha dimostrato che qualche soluzione diversa al solito è anche possibile. Tutto il resto è noia. Appunto.

CIFRE

Ventitre punti, più cinque sulla seconda, più sette sulle terze. Venticinque gol fatti, il miglior attacco della categoria, il bomber del campionato, Pazzini con 11 gol, nove reti subite. Sette partite vinte (nessuno ha fatto meglio), due pareggiate, una sola persa (anche qui nessuno ha fatto meglio). L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Possesso palla, pericolosità, dribbling fatti.

Visto così il Verona sta facendo un altro campionato. Frutto di una superiorità schiacciante, di una rosa vasta e profonda, ma e qui sta il punto, frutto di un lavoro estivo che ha rasentato la perfezione.

Ribadisco ancora una volta. Il Verona non è la Juve della serie B. Quella Juve aveva Buffon, Camoranesi, Trezeguet, Del Piero, Chiellini, Birindelli, Nedved, Marchisio e Balzaretti. Francamente illegale, altrochè Pazzini. La bravura di Fusco è stato prendere invece giocatori sconosciuti come Bessa e Ganz (retrocessi con il Como), Luppi (retrocesso con il Modena), Nicolas (in B a Trapani), Fossati (promozione in A con il Cagliari) e puntare su alcuni giocatori del vecchio gruppo che parevano delle scommesse (Bianchetti, Romulo, lo stesso Pazzini). Il gruppo è stato affidato ad un allenatore su cui vertevano molte perplessità vista la mancanza di esperienza in prima persona, ma perfettamente conosciuto dallo stesso Fusco.

Il risultato è questa squadra che in un’altra giornata in cui ha vinto senza brillare, ha allungato in campionato iniziando una fuga che dovrebbe portare alla serie A.

La forza del Verona è che gli avversari appaiono annichiliti. La loro strenue difesa subisce una crepa nelle fondamenta al primo gol preso. Così anche contro la Pro Vercelli, in cui Pecchia ha giocato un po’ come l’apprendista stregone con la formazione e il modulo, forse pensando un pochino anche alla gara infrasettimanale con il Pisa, il Verona ha stravinto quasi senza faticare.

Sembra quasi la giusta compensazione alle malefatte dell’ultimo campionato, ma io non credo e non ho mai creduto nel destino cinico e baro e nella sorte avversa. Credo piuttosto nella bravura degli uomini, nella loro capacità di mettere a fuoco un’idea e poi di realizzarla. Fusco, fin da subito mi ha dato questa idea, aiutato poi da Pecchia a cui è stata data una chance importante per crescere come allenatore in una piazza prestigiosa come Verona.

Questo è frutto del lavoro fatto e di quello che vediamo oggi. Ma nulla è stato fatto nè conquistato. Gli elogi creano entusiasmo ma l’entusiasmo non deve diventare una sbornia obnubilatrice. Bisogna restare lucidi, cattivi e concentrati fino alla fine, forse l’unica vera sfida che attende il Verona quest’anno.

 

EPPURE QUESTO VERONA NON E’ PAZZINI-DIPENDENTE

I numeri sono da record, Pazzini sta dilagando in B, complice anche un livello di campionato francamente molto basso.

Sono sincero, comunque. Non pensavo che il “Pazzo” potesse segnare così tanto. E poco importa che cinque reti delle dieci in totale siano state su rigore. I rigori bisogna tirarli e realizzarli e non sempre è così semplice. Il fatto che Pazzini oggi sia diventato protagonista, dimostra quanto nella scorsa stagione fosse una follia relegarlo in panchina e quanto la scelta di prenderlo per fare il vice-Toni fosse una scelta sbagliata.

Allo stesso modo penso che sia molto sbagliato paragonare Toni a Pazzini. Contesto di squadra, allenatore, modo di giocare sono completamente diversi. Per dirla in breve. Sebbene importantissimo, non credo che il Verona oggi sia Pazzini-dipendente, come (purtroppo) lo fu il Verona precedente di Luca Toni.

Oggi Pazzini mi sembra un terminale offensivo che sfrutta perfettamente le occasioni create e la superiorità schiacciante, ma non è “l’unica” chance che ha il Verona per andare in gol.

Lo dimostra il fatto che la squadra di Pecchia segna con tanti giocatori, esterni e centrocampisti che si inseriscono, proprio in quegli spazi creati anche dai movimenti di Pazzini. Il quale in questa orchestra si autoesalta, fino a divertirsi, cosa che raramente mi sembrava facesse l’anno scorso.

Lunga vita a Pazzini, dunque, ma sono certo che il Gioco e non il Singolo sia oggi il fattore più importante. Ed è per questo che credo che Pecchia stia mettendo solide basi in questa squadra, capaci anche di superare eventuali assenze. Non siamo Pazzini-dipendenti e, credetemi, è una gran fortuna.

 

SE VINCI ANCHE QUESTE…

Sembra un articolo dell’assurdo, mi rendo conto. Paradossale. Star qui a discutere su un 4-1 raramente mi è successo. Forse mai. Ma poichè Pecchia ci ha abituato a mangiare sempre caviale, mi perdonerà se dico che oggi il Verona ha giocato male.

Che poi non è neanche vero. Diciamo che abbiamo mangiato tanto e abbondante, ma in un fast food e non nel solito ristorante a cinque stelle.

Il Verona del primo tempo, lo avrete visto tutti, non era il solito Verona. Vuoi per l’assenza di Fossati, vuoi per le scelte del mister che ha inserito Gomez e soprattutto Cherubin che ha fatto saltare il precario equilibrio appena trovato dalla nostra difesa, vuoi per Maresca ancora con i giri del motore bassi, vuoi perchè l’Ascoli ha fatto una gran partita.

Nonostante questo e grazie ad un super Nicolas, al Verona è bastata una mezza scintilla del suo luminoso bomber per andare a segnare l’1-0. Detto, fatto. L’Ascoli, poverino s’è sentito umiliato dopo tanto correre e strepitare. E il Verona ha rischiato il 2-0.

La giornata no è continuata anche nella ripresa, quando l’Ascoli l’ha riaperta, ma poi il Verona l’ha chiusa con la forza di una classe superiore.

Ora è chiaro che davanti ad un 4-1 uno dovrebbe stare zitto, prendere e portare a casa. Invece, proprio per la premessa fatta sopra, credo sia giusto rilevare come questo Verona sia stato il peggiore della stagione. Molto peggiore, ad esempio, di quello di Benevento che aveva perso. Oggi non ha vinto il gioco ma la classe dei singoli. Pecchia può sorridere ma non essere contento.

Fusco, invece, se la può godere. Oggi è stato lanciato un altro ragazzo che avrà davanti un grande domani: Mattia Zaccagni di cui da tempo si dice un gran bene, scovato da Calvetti, plasmato da Pavanel, consacrato da Pecchia. Se pensiamo a quello che sarà il domani del Verona, si può essere felici: Bessa, Fossati, Valoti e ora Zaccagni stanno ricostituendo una base giovanissima e di grande valore. Detto adesso, per non essere fraintesi domani: che non si ripetano sciocchezze alla Donsah…

LE MIE DIECI EMOZIONI

Ognuno ha una sua lista. Ognuno ha le sue emozioni. Per me il Verona ha rappresentato un lato importante della vita. Certe gioie e certi dolori provati allo stadio restano unici. Provo a buttare giù la mia lista. Voi fate la vostra. Ovviamente da dieci a uno.

10) La caduta dell’Hellas in serie C con tutto lo stadio che applaude e il Conte Arvedi che si arrabbia con me perché attaccai in diretta Cannella

9) Il giorno in cui Martinelli prese il Verona

8 ) Il ritorno in serie B, quando con Nino Gazzini  alle tre di mattina dopo 11 ore di diretta andammo in Bra a festeggiare aspettando la squadra di ritorno da Salerno

7) Il gol di Michele Cossato a Reggio Calabria al 42′ del secondo tempo. Urlai Andiamoooo ma quando mi accorsi che un centinaio di persone si erano voltate minacciosamente a guardarmi mi chinai sotto il banco della Tribuna per non farmi nè vedere nè sentire

6) La vittoria contro la Juventus nell’anno di Prandelli con Cammarata superstar

5) La vittoria contro il Milan di Sacchi dopo aver intervistato Berlusconi sbarcato con l’elicottero all’antistadio

4) La vittoria per 3-2 nel derby contro il Chievo quando Lanna segnò nella sua porta

3) La sera in cui Arvedi fece l’incidente in autostrada. Avevo fatto pace con lui ed ero stato a casa sua una settimana prima: fu come avessero investito mio nonno

2) La festa dello scudetto in Bra e io che vado con i miei amici sotto la casa di Tricella a cantare “Vogliamo Tricella in nazional”

1) Il gol di Elkjaer senza scarpa. Ancora oggi devo rivederlo nelle immagini per credere che sia stato tutto vero

 

CI SONO ANCHE GLI AVVERSARI (E A VOLTE GIOCANO BENE)

La tendenza di un tifoso, assolutamente comprensibile, è pensare che vittorie e sconfitte dipendano solo ed esclusivamente dalla propria squadra. Come se gli avversari non esistessero. Gli avversari, invece, esistono e talvolta sono anche bravi e giocano bene.

Il Brescia, costruito quasi per caso, è diventato nel corso di questi mesi una ottima squadra. Cristian Brocchi sarà un grande allenatore e sebbene abbia iniziato dal Milan, non ha avuto nessuna puzza sotto il naso ad andare in B a mettersi in discussione con una squadra giovanissima.

Il Brescia ha giocato molto bene oggi al Bentegodi. Relativamente alle armi in proprio possesso, Brocchi ha preparato una partita perfetta, scegliendo una strada rischiosa ma forse l’unica percorribile oggi contro l’Hellas: quella di tenere un ritmo forsennato, di rubare palla alle fonti gialloblù, di non lasciare mai che la formazione di Pecchia potesse “prendere” ritmo.

Grazie a molta fortuna (ma a questo non c’è da crederci troppo) il Brescia è andato due volte in vantaggio e il Verona ha rincorso. Il merito dell’Hellas è stato di voler essere più forte anche delle avversità e di voler comunque riemergere. Spesso partite così le perdi.

Ovvio che qualche domanda il Verona se la deve porre (state certi che Pecchia se la porrà, così come dopo Benevento). Se tiri verso la porta avversaria una ventina di volte, con quattro cinque occasioni nitide, non puoi rischiare di perdere. Così come è impossibile andare due volte sugli unici due tiri (due) degli avversari. Non è una bestemmia a volte cambiare proprio identità alla squadra, con gente meno dotata tecnicamente ma con maggiore grinta agonistica (penso a Maresca, Zuculini e lo stesso Troianiello, quest’ultimo, forse più utile di un Gomez reduce da un infortunio). E l’idea di una difesa a tre per affrontare l’assenza di Pisano mi aveva molto solleticato.

Nessun dramma, per carità. Il pareggio in realtà ci può aiutare a trovare una dimensione “umana” e fa comunque classifica. Per il resto, come dice il proverbio: tempo e paja e maura anca le nespole.

NON SIAMO LA JUVE DELLA B

Siamo forti, è indubbio. Molto forti. Ma non siamo la Juve della B. Ecco, questo è meglio mettercelo bene in testa tutti. Società, squadra, allenatore, tifosi. Non è per spegnere l’entusiasmo, sia chiaro. Sono stato il primo a evidenziare l’enorme e imbarazzante differenza tra noi e gli avversari. Ma dire che siamo la Juventus della serie B è fuori dimensione e rischia di creare aspettative esagerate.

Voglio dire: se domenica si vincesse solo 1-0 con il Brescia? Sarebbe deludente? E se pareggiassimo? O peggio perdessimo? Sarebbe una catastrofe? Evidentemente no, essendo solo all’ottava giornata di campionato, ma proprio per l’enorme aspettativa che si è creata magari una battuta d’arresto sarebbe vista in questa ottica.

Il Verona è naturalmente la più forte di tutte non per dna, ma perché, semplicemente, ha fatto ottime scelte di mercato,  e affidato la squadra ad un allenatore che ha lavorato molto in profondità, con un’idea di calcio spettacolare e ambiziosa ma che è frutto di lavoro, applicazione, sudore e sacrificio. Non è una banalità né tantomeno retorica. Pecchia ha saputo ricreare l’entusiasmo dell’ambiente con l’unica strada che in questi casi va percorsa. Quella dell’allenamento e del lavoro. Che poi, come abbiamo visto in quella splendida clip del gol di Troianiello con la rabona,  diffusa dalla società, si traduce in divertimento e quindi in circolo virtuoso.

Ma se ci dimentichiamo solo per un istante da dove arriviamo, tutti ripiomberanno nella mediocrità come nella scorsa stagione. E se proprio vogliamo imitare la Juventus imitiamola proprio in questo. Non sentirsi mai arrivati, avere sempre una fame feroce, la voglia di vincere scolpita dentro. Essere grandi, non pensare di esserlo.