SETTI O MR HYDE

Un dubbio mi assilla. E non riesco davvero a dare una risposta. Chi è veramente Maurizio Setti? Il presidente del Verona riesce a sfuggirmi nella catalogazione, nonostante abbia la presunzione di capire con sufficiente attendibilità chi sta davanti a me. Setti non riesco a inquadrarlo. E’ stato tutto e il contrario di tutto in questi anni di presidenza. Siamo passati dal “presidente dei sogni” al “presidente disastro”.

Francesco Barana con la sua penna salace e appuntita lo dipinge come un Ranzani, cioè un tipo che le spara grosse e si gode a pisciare più lungo degli altri. Ma non credo sia così. Setti aveva le idee chiare quando è venuto a Verona. E sapeva dove voleva arrivare. La sua dote migliore, prima di tutte le altre, era capire le persone con cui crescere. Non è in dubbio che il Verona delle prime tre stagioni sia stato un grande Verona. In campo e fuori. Una società che era cresciuta a livello esponenziale, colmando un gap strutturale di anni. Questo Setti era stato fenomenale. E quella società un esempio. Poi sapete com’è andata.

L’equilibrio s’è rotto, qualcuno ha invaso il campo dell’altro, il presidente è sembrato subire scelte non sue. Anche la benzina finanziaria è venuta meno. E il disastro è stato dirompente e inevitabile. La testimonianza di chi era il Lega a maggio è imbarazzante. Setti che chiedeva ai colleghi l’anticipo per non sprofondare mentre De Laurentis lo prendeva a male parole è stato il momento più basso. Da lì s’è rivisto un altro Setti. Pur con il complesso di Fonzie, incapace di dire “ho sbagliato” e “scusate”, ha in realtà fatto piazza pulita di tutti coloro che hanno contribuito a creare la disfatta. Come fece con Sogliano ha puntato, rischiando, su Fusco e Pecchia e questa scommessa potrebbe essere pagata come la vittoria del Leicester nella scorsa stagione. E’ tornato in un certo senso Setti prima maniera, anche se senza i fasti monetari del recente passato.

Il dibattito di fondo resta d’attualità: è questo il miglior presidente per il Verona? Sinceramente non so cosa rispondere. Ma potrei dirvi che Setti non è qui per un caso. Come Pastorello è a Verona perché Verona non sa prendersi carico della sua squadra, pur amandola tantissimo. Ed ha bisogno di un presidente esterno per poter fare calcio. Potrei anche dirvi che da altre parti va molto peggio rispetto a qui e che non vedo francamente in giro nessun Paperon de’ Paperoni che ci porti in Europa. In sostanza la sintesi che mi sento di trovare è questa: Setti non è il miglior presidente in assoluto ma è il miglior presidente possibile. O forse quello che ci meritiamo.

IL BUONGIORNO SI VEDE DAL DEBUTTO

Premessa che vale come avvertenza. Troppo presto per dire se il Verona stravincerà il campionato, troppo debole forse il Latina, il campionato è lungo, ci aspettano battaglie e mille insidie. Quindi la vittoria larghissima alla prima va presa per quello che è: cioè una bella vittoria che infonde fiducia a tutti (dirigenza, allenatore squadra) ma che altro significato non ha.

Vanno però fatte alcune considerazioni, che poi sono la conseguenza di quello che diciamo e scriviamo quest’estate. Non c’è dubbio che Fusco e Pecchia abbiano liberato le stanze della sede dell’ammorbante clima che si era instaurato. E che il prodotto evidente sia questo Verona che gioca, diverte e segna. E’ un Verona che si sta compattando e che pian piano sta riscoprendo anche i vecchi  come Gomez. Senza contare Pazzini che finalmente è tornato al gol. Pensando positivo ci sono mille motivi per sorridere. Anche vedere uno come Ganz che resta in panchina e speriamo sia giustamente incattivito in vista di Salerno.

Vincere era importante, averlo fatto in questo modo così imbarazzante (per superiorità intendo), in realtà più che liberare il campo dalle domande, ne pone di nuove. Ma davvero siamo così forti? E’ questo il livello della B? Troppo facile? E’ ovvio che non sarà sempre una sagra. Ma credo anche che il nemico del Verona sia il Verona stesso. E un po’ si è visto nel secondo tempo. Quando la squadra si abbassa un po’, quando si specchia, quando vuole giocherellare, allora possono esserci dei problemi. La mentalità (quella che ha la Juve ad esempio) è anche non avere mai cali, nè con le grandi nè con le piccole ed essere spietati. Scrivere questo dopo un 4-1 può apparire anche esagerato ma vedrete che sarà così. E Pecchia (bravo anche in questo…) lo ha capito e detto in conferenza.

Intanto però, dopo tanto tempo è arrivata una bella boccata d’aria fresca. Ce n’era davvero bisogno.

 

LA SQUADRA DA BATTERE

Non c’è un addetto ai lavori che non indichi il Verona come la favorita per il campionato. Questione di blasone, ma molto di più, stavolta fanno i soldi. Quello smodato paracadute di 25 milioni di euro che ha salvato le casse societarie, con Setti supplicante in Lega mentre De Laurentis gli rispondeva a sberleffi, pongono l’Hellas davanti a tutti. C’è poco da dire o da fare. Mentre altre squadre si arrabattano alla ricerca di qualche migliaia di euro per tirare avanti, il Verona appare come una squadra di nababbi. Aver tenuto uno come Pazzini, avergli affiancato uno come Ganz, oltre ai vari Siligardi, Gomez, Luppi e via elencando, ha come effetto a cascata il risultato di mettere il Verona in pole-position, atteso al varco da tutta la serie B.

Il Verona sarà la squadra da battere, tutti ci aspetteranno e questa sarà la vera e propria insidia del campionato che parte stasera e che per l’Hellas inizierà sabato con la sfida contro il Latina. Ci saranno squadre che attenderanno questa partita come l’occasione di una stagione, come giocare contro il Barcellona e, state certi, l’impegno contro i gialloblù sarà sempre massimale.

Fatta la tara con la differenza di qualità, il Verona non si potrà mai permettere di abbassare la guardia. Contro nessuna squadra, proprio a partire dal Latina. Ci saranno partite che si caricheranno da sole, altre in cui il gruppo, Pecchia, Fusco e tutto l’entourage dovranno essere bravi ad alzare la tensione per non avere pericolosi cali.

Il campionato di B si gioca alla distanza, con un cammino costante, sapendo vincere con le grandi, ma anche contro le piccole. Per dirla in breve: la partita sarà anche psicologica e non è un caso che mister Fabio ha calcato la mano su questo fin dall’inizio. A quanto so in questi giorni la tensione degli allenamenti si è alzata a Peschiera. Sono volate anche “sane” stecche nelle partitelle, che francamente non guastano mai. Vuol dire che il clima è caldo e che si è pronti a questa sfida. Domani ne sapremo più.

 

L’OCCASIONE

Mettiamola così: la sciagurata retrocessione in serie B può diventare un’occasione per il Verona. Si riparte in una categoria che dal punto di vista tecnico è crollata negli ultimi anni ma che da sempre nasconde delle insidie. Il Verona ha cambiato molto. Direttore sportivo e allenatore hanno portato una ventata di freschezza in uno spogliatoio ammorbato dalle tossine della scorsa stagione. E’ innegabile che le cose migliori di questo precampionato si sono viste (e sentite) dai nuovi. Un nuovo gruppo si è affacciato all’orizzonte. I vecchi dovranno adeguarsi in fretta, qualcuno lo ha già fatto, perchè equilibri e gerarchie sono cambiate.

Il progetto di gioco di Pecchia è ambizioso. In quanto tale richiede un tempo di “assorbimento” un po’ più lungo. Ma molto si è già visto, non la perfezione ovvio. Dall’altra parte Fusco sta “limando” la rosa. Ci sono da sistemare alcune posizioni che sono il frutto delle scelte della precedente dirigenza. Scelte onerose e che alla fine costeranno molti soldi. Fusco è sembrato come quei presidenti americani che devono rimediare agli errori dell’amministrazione che è venuta prima. Nel momento in cui è diventato il “comandante in capo” non ha mai accusato la malagestione che ha creato queste situazioni. Siamo certi che lui quelle scelte non le avrebbe fatte e che se avesse potuto lavorare su una lavagna pulita avrebbe operato in maniera diversa.

Purtroppo non è così. Fusco deve lavorare per ripulire i danni e per creare una rosa competitiva. Si è assunto un ruolo importante che sta portando avanti con buon senso. Mi sarebbe piaciuto però vedere la mia squadra con “scelte definitive” ad una settimana dall’inizio del campionato. Invece stiamo ancora vivendo tra “color che stanno sospesi”, tra l’offerta sampdoriana per Bianchetti e i timidi approcci dell’Udinese per Viviani. Pecchia rischia di aver sprecato due mesi di lavoro e iniziare il campionato con una difesa ridisegnata e un centrocampo senza il perno centrale. E qui non c’entra nulla il giudizio su Bianchetti e su Viviani. E’ una questione di metodo.

Penso ugualmente, scandagliate a fondo le rose delle altre, che il Verona sia nettamente superiore. Non forse superiore per ammazzare il campionato ma per vincerlo sì. Ecco perché la serie B è comunque un’occasione. Ricreare un nuovo gruppo, un gruppo solido che sappia poi affrontare la serie A. Che una volta raggiunta, è bene precisarlo, non offrirà più l’occasione di avere il ricco paracadute di 25 milioni di euro, se non dopo tre anni. Questa, è la vera sfida.

L’ESEMPIO

Quindici anni in serie A non sono pochi. Sono una vita (calcistica) e solo per questo il Chievo meriterebbe un applauso. Qui il tifo non c’entra nulla. Ho tifato, tifo e tiferò sempre Hellas Verona e mai il mio cuore si sposterà da questo che ritengo un postulato. Ho sempre sostenuto, in mezzo a maree di critiche, che non si può tifare per entrambe le squadre. Ma ho sempre detto che chi tifa Chievo merita rispetto. E merita rispetto una società che in questi anni non ne ha mai sbagliata una. Mi veniva da sorridere l’anno scorso quando c’era chi sosteneva che “un’annata storta può capitare”. Certo capita quando  una società perde compatezza, quando c’è chi lavora per indebolirla, quando la proprietà cerca di dirigere l’azienda a distanza, quando l’obiettivo non è quello prioritario. Può succedere, ovviamente, di retrocedere, ma non con le modalità con cui è retrocesso l’Hellas l’anno scorso. In un campionato con due squadre che sulla carta erano inferiori, il duo Gardini (a proposito, complimenti per l’Inter)-Bigon, ha creato uno scempio che resterà a lungo scolpito nella mia memoria. So che qualcuno, frettolosamente, si sta prodigando a mettere la polvere sotto il tappeto, dicendo che il passato è passato, ma stia sicuro che quel “qualcuno” mi troverà personalmente sempre sulla sua strada a ricordargli quel misfatto sportivo.

Tornando al Chievo: è esattamente la cartina di tornasole che quello che sostenevo sopra è vero. Il Chievo è retrocesso in B una sola volta, a 39 punti, giocando una gara in cui aveva due risultati su tre a disposizione. Quello “può” succedere. Per il resto Campedelli ha “ferocemente” difeso la categoria, prioritaria per il suo modo di fare calcio. Lo ha fatto alternando stagioni bellissime a stagioni “pragmatiche” in cui il bel calcio non ha certo varcato la porta del Bentegodi ma in cui il risultato finale era la vita stessa della società.

Liberatosi dei suoi fantasmi (leggi complesso d’inferiorità nei confronti dell’Hellas), il Chievo ha capito che poggiando sulla sua giovane ma nobile storia (fatta appunto di quindici anni di serie A e sul fatto di essere un quartiere di Verona), può davvero consolidarsi e trovare finalmente una sua identità. Il resto lo ha fatto una proprietà che è una delle poche in Italia a fare calcio vero. Nel senso che Campedelli fa calcio fine a stesso, non per motivi finanziari o pubblicitari. All’interno di questo ci sta che quello sia il suo lavoro e che in quanto tale produca anche ricchezza. Non è quello il problema. Il problema è essere lungimiranti, mettere le basi per un futuro (vedere Bottagisio per credere…), pensare al presente ma anche al domani, senza voler fare per forza i fenomeni. Il Chievo in sostanza è un piccolo grande esempio, capace di smascherare tanti ciarlatani che circolano nel calcio.

ANDIAMO A COMANDARE

Ha fatto bene Pecchia a mettere in risalto le cose buone che si sono viste contro il Foggia. Il mister sa meglio di tutti che il cammino è lunghissimo e che la mentalità di una squadra non si cambia in un mese di ritiro. Ci sono mesi di lavoro, di adattamento, di conoscenza.

Il vero Verona lo vedremo a ottobre, statene certi. Ora si può solo intravvedere cosa potrà essere, che creatura sta nascendo. Come se fossimo andati a fare l’ecografia di nostro figlio che sta per nascere e ci avessero consegnato quella piccola lastra in cui si possono percepire i tratti del viso.

Iniziamo col dire che questo sarà un Verona completamente diverso da quello degli ultimi anni. Non dico migliore nè peggiore, ma dico diverso, perchè avrà una filosofia diversa alla base. La conquista del pallone nella trequarti avversaria e la conseguente verticalizzazione del pallone con fraseggi che investono centrocampisti e anche difensori. Perchè funzioni tutto ciò è necessario che si verifichino due cose: la prima che lo stato fisico della squadra sia molto elevato. La seconda che tutto funzioni alla perfezione. Se un solo anello di questa catena non va in una delle due fasi ne esce un prodotto che ha molti problemi. Qualcuno s’è evidenziato con il Foggia e l’avevamo già visto nelle precedenti tre amichevoli. Con una squadra che gioca con un baricentro molto alto, saranno molto importanti quelle che il mio amico Gigi Purgato chiama “le coperture preventive”. Significa che quando si perde il pallone la squadra deve essere posizionata così bene da trovarsi sulle traiettorie di passaggio degli avversari per “assorbire” il contropiede. Le squadre di Guardiola sono fenomenali in questo e, sempre Purgato, mi fa notare che questo e non il fraseggio sia il vero segreto dell’allenatore catalano. Se non sei posizionato bene e quindi ti fa difetto la tattica, come succede al Verona in questo momento, deve soccorrerti la tecnica dei difensori. Mai come ora il Verona ha bisogno di giocatori veloci là dietro, che sappiano rinculare e affrontare l’emergenza. Non è questione di bravura, ma di caratteristiche che in questo momento nè Bianchetti nè Helander possiedono. Non c’è dubbio che Fusco abbia preso appunti, ma sono certo scambiando spesso con lui impressioni, che già lo sapesse e che sicuramente stia lavorando per far arrivare a Verona il rinforzo/rinforzi giusti.

C’è poi una piccola annotazione che pongo alla vostra attenzione: contro il Foggia a convincere di più sono stati tutti i giocatori nuovi. Parlo di Luppi, forse il migliore in campo, di Fossati che fa un po’ di confusione ma che credo sia tornato in hotel correndo come ha fatto per tutto il match, di Zuculini che quando è entrato ha subito infiammato per la “garra” sudamericana, di Nicolas che ha fatto una parata sorprendente e miracolosa,  e naturalmente di Ganz che reputo il miglior acquisto della serie B, di cui ho il solo rammarico che sia a Verona in prestito.

I vecchi hanno giocato un po’ “frenati”. Come se la cappa per quello scempio sportivo della scorsa stagione continuasse ad aleggiare nelle loro teste. Viviani, Siligardi, Greco e Pazzini non hanno convinto. Devono, possono fare molto di più. Soprattutto Pazzini. Il quale mi pare che abbia un carico eccessivo nella testa. Capisco che abbia voglia di spaccare il mondo, di fare gol, che senta il peso della responsabilità. Ma in realtà lui deve solo stare calmo perché gode della piena fiducia di tutti. I gol arriveranno e quei pali e quelle traverse saranno solo un ricordo.

Il mio giudizio è positivo in sintesi. Mi è piaciuto questa voglia di  fare la partita, di catturare il pallone, di alzare i ritmi. Se abbiamo un po’ di pazienza… andiamo a comandare.

SALERNO E DINTORNI

Non sarà una guerra mondiale, per carità di questi tempi mi pare che parlare di Salernitana-Verona come di una battaglia campale mi pare oltremodo fuoriluogo.

Non vi è nulla da riconciliare, tra l’altro, ma solo richiedere una tutela per i tifosi del Verona che scenderanno a Salerno. Una cosa normale. Rivestire questa partita di altri connotati è davvero fuorviante. Non sono stati certo i veronesi a tirare vasche di piscio, bombe carta, aste di bandiere in sala interviste. Quindi le uniche cose da chiedere è tutela dal punto di vista dell’ordine pubblico e in seconda istanza, che non si cerchino scorciatoie del tipo “lasciamoli-a-casa-che-è-meglio”.

Salerno è una delle tappe di questo campionato che si giocherà molto in campo e un po’ anche fuori, su quel campo mediatico che da sempre in queste categorie rappresenta un terreno minato.

Sarà molto importante mantenere la calma, evitare trappole, evitare di cadere in tranelli che, state certi, saranno tesi con particolare abilità.

La società, Setti e Luca Toni, nostro uomo immagine, avranno un ruolo fondamentale nella difesa della propria tifoseria e quindi della propria squadra. Non si chiede, al solito, nulla di più che un normale trattamento.

CRONACHE DAL RITIRO

E’ come se un temporale avesse spazzato via le nuvole. E ora si respirasse aria pura. Ho sempre pensato che in una società la testa sia importante. E che l’aria dello spogliatoio sia direttamente inquinata da chi la dirige. L’aria della scorsa stagione era diventata, per tanti motivi, malsana. E i risultati, purtroppo si sono visti. Ovviamente non ho la sfera di cristallo, non faccio previsioni, racconto il presente, ma so che nel calcio i risultati dipendono in gran parte da quello che si semina.

Inizio col dire, senza tanta reticenza e senza giri di parole, che Pecchia e Fusco sono due ottime persone e due ottimi professionisti. Il primo, su cui c’era più perplessità: mai visto un allenatore del Verona lavorare tanto, essere così presente, con così enormi energie. Come ho avuto modo di spiegare, è un ragazzo di ottimo livello culturale che sa di giocarsi quest’anno una fetta consistente della sua carriera. Non è uno sprovveduto. Anzi: propone metodi di allenamento di grande, enorme spessore. Sembra davvero di avere a che fare con un allenatore di caratura internazionale. Senza però l’alterigia o la presunzione di chi ritiene di aver inventato il calcio. Idee chiare ma anche tanta, tantissima umiltà e vera condivisione del lavoro. Che è dividere le mansioni e non le responsabilità che restano sempre nelle sue mani. Ha creato un gruppo e un sistema di lavoro. In poche settimane è un grande successo.

Fusco è un ds atipico. Davvero. E’ una persona da conoscere a fondo, che dà l’impressione, poi verificata, di essere profondamente onesto. Mai una parola fuori posto, sempre commenti pertinenti e anche per lui il concetto di gruppo che non vuol dire sfuggire alle proprie responsabilità. Fusco se le assume tutte, in prima persona, conscio che nel calcio ha ragione chi sbaglia di meno e non chi gioca a fare il fenomeno. E’ un aziendalista e fino ad oggi, mai mi ha dato l’idea di lavorare per sè e non per il Verona. E’ anche profondo conoscitore dell’animo umano, ancora prima dei calciatori e questo lo rende capace di affrontare con garbo ed educazione questioni spinose. Non vi è un calciatore che abbia avuto a che fare con lui che ne parli male. Aggiungo un po’ di colore che non guasta. Viaggia con uno zainetto, un berrettino “very friendly”  e preferisce il treno all’auto. Cosa normale nel mondo, molto controcorrente nel calcio.

Come prima cosa, mi hanno raccontato, ha radunato tutti i dipendenti che hanno a che fare con la squadra. E ha fatto un discorso semplice ma di impatto: “Anche dal clima che saprete creare, dipenderanno i risultati della squadra. Un sorriso vostro sarà molto importante perchè anche voi siete molti importanti”. Parole che hanno fatto lievitare l’autostima ed elevato il clima. Non sono sciocchezze, credetemi. Uno spogliatoio si costruisce con questi particolari. Chi mi ha raccontato questo mi ha anche detto che Bigon non salutava mai nessuno.

Fusco ha scelto poi giocatori che prima di tutto sono uomini. Mi sono fermato a parlare un attimo con Zuculini e Luppi, ad esempio. Non si fa fatica a capire che è gente  con cui puoi parlare di molto di più dell’ultima Maserati o dell’Iphone 6s. Anche questo farà la differenza in serie B. E la promessa di Fusco è di portare tutti giocatori di questo tipo a Verona. Mi piace condividere con voi queste sensazioni positive perchè in molti tifosi ho ravvisato una depressione che è frutto diretto dello scempio dello scorso anno. Io invece vedo un po’ di luce in fondo al tunnel. Spero di avere ragione.

INTENSITÁ

Chiedete a qualsiasi tecnico che sia appena appena aggiornato su cosa fa oggi la differenza nel calcio: tutti vi risponderanno con una sola parola: intensitá.

Che cos’é l’intensitá? É la velocitá, il ritmo, l’applicazione, la concentrazione che si applicano in allenamento. I primi concetti arrivano dai tecnici degli anni ’90. Chi si allenava nella Juve di Lippi, raccontava di velocitá esagerata, di allenamenti tiratissimi, di torelli all’ultimo sangue. Il risultato era una squadra che triturava gli avversari. Ovviamente i primi a introdurre l’intensitá nelle sedute sono stati Sacchi e Zeman ma agli albori ci fu Orrico che per tenere alta questa intensitá aveva inventato la “gabbia” dove il pallone non usciva mai e dove si giocavano furiose partitelle a mille all’ora. L’intensitá si era perduta nell’ultimo Verona di Mandorlini. Per una serie di motivi che abbiamo raccontato nella scorsa stagione e quella tara creó molti piú danni rispetto alla sfortuna molto sbandierata a guisa di facile alibi.

In realtá Toni e compagni si allenavano poco e male. Si bloccavano facilmente per banali infortuni muscolari creando un effetto deleterio a catena.

Ho seguito con attenzione Pecchia nei primi allenamenti. E ho potuto vedere e apprezzare che questa intensitá finalmente é voluta e cercata. Intensitá fa rima con mentalitá, e poi é strettamente legata al concetto di vincente. É un circolo virtuoso che ha piú importanza dei moduli e degli schemi. Spero di non sbagliarmi. Ma ho visto lampi di buon Verona. Attendiamo riscontri.

CAMBIA LA RIGA NON LA SOSTANZA

Un anno la riga è verticale, un altro orizzontale. La sostanza resta la stessa.La maglia del Verona è brutta ma soprattutto al di là di ogni considerazione estetica che lasciamo al gusto personale, è una maglia senza passione. Se quella dello scorso anno era paragonabile a quella della Juve Stabia, quella di quest’anno assomiglia tremendamente a quella del Parma. La speranza è che le similitudini finiscano qui, ovviamente. Ma resta questa sensazione sgradevole che la maglia sia il frutto della mente di persone lontanissime dal sentire del popolo gialloblù. Non c’è nulla purtroppo, dai colori al disegno che possa ricondurre a una maglia che abbia un senso identitario. Il marchio Nike dalla prima presentazione a oggi non ha fatto altro che peggiorare questa tendenza. Se al primo anno venne presentata una seconda maglia total black con la giustificazione della fretta e una (tutto sommato) discreta prima maglia, le cose sono scivolate sempre più verso il basso con l’orribile nerogiallofluo della scorsa stagione. Il problema è che è concettualmente sbagliato concedere al marketing di incidere così tanto sulla prima maglia, sino a svilirne l’identità, i colori, lo stesso simbolismo. Nessuno in nessun’altra piazza osa tanto. A Verona si fa e al quarto anno è ora di far sentire la nostra voce. Ridateci la nostra storia, i nostri colori, la nostra passione.