CRONACHE DAL RITIRO

E’ come se un temporale avesse spazzato via le nuvole. E ora si respirasse aria pura. Ho sempre pensato che in una società la testa sia importante. E che l’aria dello spogliatoio sia direttamente inquinata da chi la dirige. L’aria della scorsa stagione era diventata, per tanti motivi, malsana. E i risultati, purtroppo si sono visti. Ovviamente non ho la sfera di cristallo, non faccio previsioni, racconto il presente, ma so che nel calcio i risultati dipendono in gran parte da quello che si semina.

Inizio col dire, senza tanta reticenza e senza giri di parole, che Pecchia e Fusco sono due ottime persone e due ottimi professionisti. Il primo, su cui c’era più perplessità: mai visto un allenatore del Verona lavorare tanto, essere così presente, con così enormi energie. Come ho avuto modo di spiegare, è un ragazzo di ottimo livello culturale che sa di giocarsi quest’anno una fetta consistente della sua carriera. Non è uno sprovveduto. Anzi: propone metodi di allenamento di grande, enorme spessore. Sembra davvero di avere a che fare con un allenatore di caratura internazionale. Senza però l’alterigia o la presunzione di chi ritiene di aver inventato il calcio. Idee chiare ma anche tanta, tantissima umiltà e vera condivisione del lavoro. Che è dividere le mansioni e non le responsabilità che restano sempre nelle sue mani. Ha creato un gruppo e un sistema di lavoro. In poche settimane è un grande successo.

Fusco è un ds atipico. Davvero. E’ una persona da conoscere a fondo, che dà l’impressione, poi verificata, di essere profondamente onesto. Mai una parola fuori posto, sempre commenti pertinenti e anche per lui il concetto di gruppo che non vuol dire sfuggire alle proprie responsabilità. Fusco se le assume tutte, in prima persona, conscio che nel calcio ha ragione chi sbaglia di meno e non chi gioca a fare il fenomeno. E’ un aziendalista e fino ad oggi, mai mi ha dato l’idea di lavorare per sè e non per il Verona. E’ anche profondo conoscitore dell’animo umano, ancora prima dei calciatori e questo lo rende capace di affrontare con garbo ed educazione questioni spinose. Non vi è un calciatore che abbia avuto a che fare con lui che ne parli male. Aggiungo un po’ di colore che non guasta. Viaggia con uno zainetto, un berrettino “very friendly”  e preferisce il treno all’auto. Cosa normale nel mondo, molto controcorrente nel calcio.

Come prima cosa, mi hanno raccontato, ha radunato tutti i dipendenti che hanno a che fare con la squadra. E ha fatto un discorso semplice ma di impatto: “Anche dal clima che saprete creare, dipenderanno i risultati della squadra. Un sorriso vostro sarà molto importante perchè anche voi siete molti importanti”. Parole che hanno fatto lievitare l’autostima ed elevato il clima. Non sono sciocchezze, credetemi. Uno spogliatoio si costruisce con questi particolari. Chi mi ha raccontato questo mi ha anche detto che Bigon non salutava mai nessuno.

Fusco ha scelto poi giocatori che prima di tutto sono uomini. Mi sono fermato a parlare un attimo con Zuculini e Luppi, ad esempio. Non si fa fatica a capire che è gente  con cui puoi parlare di molto di più dell’ultima Maserati o dell’Iphone 6s. Anche questo farà la differenza in serie B. E la promessa di Fusco è di portare tutti giocatori di questo tipo a Verona. Mi piace condividere con voi queste sensazioni positive perchè in molti tifosi ho ravvisato una depressione che è frutto diretto dello scempio dello scorso anno. Io invece vedo un po’ di luce in fondo al tunnel. Spero di avere ragione.

INTENSITÁ

Chiedete a qualsiasi tecnico che sia appena appena aggiornato su cosa fa oggi la differenza nel calcio: tutti vi risponderanno con una sola parola: intensitá.

Che cos’é l’intensitá? É la velocitá, il ritmo, l’applicazione, la concentrazione che si applicano in allenamento. I primi concetti arrivano dai tecnici degli anni ’90. Chi si allenava nella Juve di Lippi, raccontava di velocitá esagerata, di allenamenti tiratissimi, di torelli all’ultimo sangue. Il risultato era una squadra che triturava gli avversari. Ovviamente i primi a introdurre l’intensitá nelle sedute sono stati Sacchi e Zeman ma agli albori ci fu Orrico che per tenere alta questa intensitá aveva inventato la “gabbia” dove il pallone non usciva mai e dove si giocavano furiose partitelle a mille all’ora. L’intensitá si era perduta nell’ultimo Verona di Mandorlini. Per una serie di motivi che abbiamo raccontato nella scorsa stagione e quella tara creó molti piú danni rispetto alla sfortuna molto sbandierata a guisa di facile alibi.

In realtá Toni e compagni si allenavano poco e male. Si bloccavano facilmente per banali infortuni muscolari creando un effetto deleterio a catena.

Ho seguito con attenzione Pecchia nei primi allenamenti. E ho potuto vedere e apprezzare che questa intensitá finalmente é voluta e cercata. Intensitá fa rima con mentalitá, e poi é strettamente legata al concetto di vincente. É un circolo virtuoso che ha piú importanza dei moduli e degli schemi. Spero di non sbagliarmi. Ma ho visto lampi di buon Verona. Attendiamo riscontri.

CAMBIA LA RIGA NON LA SOSTANZA

Un anno la riga è verticale, un altro orizzontale. La sostanza resta la stessa.La maglia del Verona è brutta ma soprattutto al di là di ogni considerazione estetica che lasciamo al gusto personale, è una maglia senza passione. Se quella dello scorso anno era paragonabile a quella della Juve Stabia, quella di quest’anno assomiglia tremendamente a quella del Parma. La speranza è che le similitudini finiscano qui, ovviamente. Ma resta questa sensazione sgradevole che la maglia sia il frutto della mente di persone lontanissime dal sentire del popolo gialloblù. Non c’è nulla purtroppo, dai colori al disegno che possa ricondurre a una maglia che abbia un senso identitario. Il marchio Nike dalla prima presentazione a oggi non ha fatto altro che peggiorare questa tendenza. Se al primo anno venne presentata una seconda maglia total black con la giustificazione della fretta e una (tutto sommato) discreta prima maglia, le cose sono scivolate sempre più verso il basso con l’orribile nerogiallofluo della scorsa stagione. Il problema è che è concettualmente sbagliato concedere al marketing di incidere così tanto sulla prima maglia, sino a svilirne l’identità, i colori, lo stesso simbolismo. Nessuno in nessun’altra piazza osa tanto. A Verona si fa e al quarto anno è ora di far sentire la nostra voce. Ridateci la nostra storia, i nostri colori, la nostra passione.

BASTA POCO

Sono convinto che Fusco abbia un solo problema e non sia la costruzione della squadra. Nella terribile e acclarata mediocrità della serie B e grazie ai milioni del pacacadute non credo sia difficile fare una squadra che vada in fuga fin dall’inizio e soprattutto arrivi prima alla fine. Il mercato è un’arma di distrazione di massa. Piuttosto mi chiedo ancora oggi quale scempio sportivo ed economico abbia creato la gestione precedente:  soprattutto mi chiedo che Verona vedremo una volta tornati in serie A. Non mi piace questa liquidazione a caccia di plusvalenze del poco patrimonio che ancora resisteva e che di certo non porta la firma di Gardini e Bigon. Il Verona ha necessità di investire, di svecchiare, di ricostruire un proprio nucleo di giocatori di  proprietà. Servono giovani bravi, non prestiti e parametri zero.

Ancora di più e per l’immediato futuro, Fusco deve ricostruire un progetto generale che coniughi risultato immediato e visione a lunga gittata. Mi dispiace solo che oggi venga criticato per ciò che non ha fatto, cioè il misfatto della retrocessione. Ma chi ha commesso quella sciagura, lo sappiamo, s’è dato ad un’agiata fuga dalla nave. Ed ora tocca ad altri l’ingrato compito di risanare questo ambiente. Fusco e Pecchia meritano un appoggio solo per questo.

UN RAGAZZO EDUCATO. TROPPO?

Me lo avevano descritto proprio così. Un ragazzo educato, colto, umile. La sensazione dopo la prima conferenza stampa è che Fabio Pecchia sia esattamente questo: una persona squisita, che vuole instaurare corretti rapporti umani, non un baciabanchi (basabanchi in dialetto…) nè un conta palle.

Mi chiedo, ora a caldo, se questa educazione (che è un valore solitamente) non sia alla fine un difetto.

Mi spiego meglio: a Verona c’è bisogno di un polso fermo e di qualche sano calcio in culo. Bisogna ristabilire in quello disgraziato spogliatoio che ci ha trascinato in serie B a furia di gare non giocate o giocate da bestie, gerarchie, valori, intensità, puntualità.

Serve insomma il bastone ancora prima della carota e appunto dell’educazione.

Può anche essere che Pecchia sia tutto questo e che in campo si trasformi. Sinceramente lo spero, perchè il Verona, questo Verona dove resteranno molti giocatori della passata stagione, ha bisogno di resettare completamente il registro.

Credo anche, e l’ho detto nei giorni scorsi al ds Fusco in una chiacchierata informale, che il ruolo della società sia primario. Senza l’appoggio costante di Setti, Fusco e Toni (a cui mi auguro sempre venga dato un ruolo al più presto…), Pecchia avrà vita breve. Non ce ne facciamo niente di un Bigon che dalla mattina alla sera se ne stava a Peschiera guardando il sole e le stelle mentre i lupi attorno a lui ballavano placidamente.

Pecchia dovrà lavorare tanto sul campo ma prima di tutto ricreare uno spogliatoio e dare delle regole ad un gruppo sconclusionato.

Buon lavoro Fabio. Ne hai bisogno. E l’educazione, per un po’, mettila da parte…

 

DUE O TRE COSE SU PAZZINI

Mi viene un po’ da sorridere perchè da qualche giorno leggo una serie di interviste a ex bomber, ex del Verona, ex in genere, che danno consigli a Pazzini. C’è chi sostiene che sia una questione di mentalità, chi gli consiglia di restare, chi di andare… Mancano solo i consigli della nonna su come si guarisce dalla bronchite e poi siamo a posto.

In realtà Pazzini non ha bisogno di consigli. E’ grande e vaccinato e sa benissimo che la serie B non sarà una passeggiata e che lui, se resterà, avrà solo il compito di segnare tanti gol. Dopo la stagione scorsa in cui è arrivato per fare la riserva di Toni (follia a mio avviso, sancita poi dai fatti…) e aver segnato gran poco, l’unica cosa che mi preoccupa di Pazzini sono le sue condizioni fisiche. Come sta? Come stanno le sue ginocchia? Riuscirà a giocare con continuità? Queste sono le vere domande a cui la società (e solo la società) deve dare risposta, cercando di non fare altre scommesse che poi si rischiano di perdere come ci ha dimostrato lo sciagurato campionato appena concluso.

Quindi il problema non è la mentalità, nè i consigli degli ex: è assicurarsi che il “Pazzo” stia bene e che dia, finalmente, al Verona quello che ci si aspetta da lui. E comunque, mi è di conforto sapere che dietro a lui arriveranno Ganz (o altro di pari livello) e che resterà Cappelluzzo.

BUON LAVORO

Il Verona da oggi volta pagina: lo fa con i modi gentili ma anche risoluti e pragmatici di Filippo Fusco. La coraggiosa scelta di Setti ha davanti a sè un’opera titanica. Risollevare una piazza dopo la botta tremenda della retrocessione non è facile. Dire oggi se Fusco ce la farà non è possibile. Ma di certo ci proverà. E lo farà anche attraverso il dialogo. Questa è la risorsa che Fusco userà più dei soldi e più dei proclami.

Ecco… La mia idea è questa. Finalmente ci siamo spogliati della presunzione che ha caratterizzato la gestione precedente, presunzione che ha impedito di fare una seria analisi sugli errori commessi. Con Fusco ci siamo riappropriati dell’umiltà e della normalità. Mi è piaciuto quando Fusco ha preso la parola al posto di Setti per chiarire che Righi non sarà il coordinatore dello scouting. E’ un’assunzione di responsabilità che non ho mai riscontrato in Bigon, che restava sempre un passo indietro nelle decisioni.

A Verona invece bisogna decidere, metterci la faccia con onestà e poi lo sanno tutti che possiamo perdonare anche i peggiori errori. Basta che non ci prendano in giro, basta che che non ci vogliano “cornuti e mazziati”.

Fusco merita l’apertura di una linea di credito, primo perchè le colpe dei padri (Gardini e Bigon) non devono ricadere sui figli, secondo perchè criticare a priori è una scemenza, terzo perché questa è la prima vera cilecca di Setti in quattro anni di gestione.

Come ho spiegato a Setti, le società si giudicano in base ai risultati. E i risultati del Verona di quest’anno sono stati pessimi Il compito della stampa e di una seria critica è portare a galla questi errori. E di errori s’è trattato se è vero che della precedente gestione non è rimasto praticamente nessuno.

Fusco avrà un compito durissimo. Creare una squadra vincente con un occhio di riguardo al bilancio. La sua scommessa  si chiama Pecchia, di cui non abbiamo sufficienti riscontri tecnici per giudicarlo e che sarà atteso anche lui alla prova dei fatti. Ma già il presupposto che ci sia un ds che lavora al fianco dell’allenatore potrebbe essere una buona notizia per i colori dell’Hellas Verona.

LA RICCHEZZA CHE NON VEDIAMO OVVERO NON SERVE CIN CIUN LA’

Da troppi anni l’Hellas Verona non conosce una proprietà forte e soprattutto veronese. Mentre da più parti si spera a gran voce nell’avvento di cinesi e di emiri arabi, personalmente ho un altro sogno. E cioè che Verona, splendida città, si svegli dal torpore e possa riprendere il Verona sotto la propria ala protettrice. C’è a mio avviso un modo per fare questo. Forse solo un sogno, forse utopia, ma sono certo che la nostra città abbia le potenzialità per farlo.

  1. IL LIVELLO DELL’IMPRENDITORIA. In questo momento Verona resta una delle città più dinamiche d’Italia. Nonostante la crisi, l’imprenditoria veronese si è rimboccata le maniche e ha superato il momentaccio. In questo momento ci sono due tipi di imprenditori: grandi marchi che sono leader a livello nazionale e globale e piccoli imprenditori che hanno dalla loro una straordinaria capacità di essere flessibili e anche visionari. Come far coincidere queste due realtà e perchè possono diventare sinergiche lo vedremo dopo.
  2. SPORT AD ALTO LIVELLO. Un’altra caratteristica della nostra città è l’essere una capitale dello sport. Anche a livello impiantistico. Verona è un’oasi felice. C’è gente appassionata che alimenta le nostre squadre e che permette a Verona di avere squadre di alto livello praticamente ovunque. Questa è una realtà che non può essere data per scontata e che opportunamente sfruttata può diventare una meravigliosa risorsa.
  3. L’HELLAS E’ LA NOSTRA NAZIONALE. Senza togliere nulla al Chievo, di cui va riconosciuta la straordinaria capacità imprenditoriale, è il Verona la “nazionale” dei veronesi. Intere generazioni si sono riconosciute nell’Hellas, che è la squadra della città. Il Verona è un patrimonio che la passione popolare ha tenuto a galla in questi anni ma che non è mai riuscita a trovare una proprietà stabile e soprattutto veronese.
  4. MANCA UNA REGIA. Come si possono unire tutti questi puntini (piccoli imprenditori-grandi marchi-capitale dello sport-Hellas Verona)? Provate a pensarci un solo istante e troverete subito la soluzione: con una grande polisportiva di cui l’Hellas Verona sia la capofila e che contempli al suo interno tutte le altre discipline. Verona ha tutto, ma serve una regia e la buona volontà.
  5. L’IDEA. Ora proviamo a focalizzare l’idea. Ipotizziamo che cento piccoli imprenditori si mettano d’accordo e pongano le basi per un grande progetto. Volley, basket, calcio femminile eccetera a quel punto confluirebbero in una polisportiva denominata Hellas Verona. Il capofila sarà ovviamente l’Hellas Verona calcistica, il vero traino dell’operazione. Nessuna fusione, sia ben chiaro. Solo l’unione di una serie di realtà per creare un’economia sportiva che possa alimentare l’intero movimento. I grandi marchi (i nomi fateli voi) non dovrebbero impegnarsi in prima persona, ma solo garantire il loro appoggio con sponsorizzazioni ad hoc nei settori che loro riterrebbero di maggiore attrattiva per i rispettivi clienti. Immaginate a questo punto che l’intero sistema poggi su una cittadella dello sport che possa attrarre famiglie e tifosi. Immaginate un centro sportivo che sia il volano di tante attività e le imprese commerciali che qui potrebbero nascere. Immaginate tutto ciò e avrete trovato la soluzione. C’è una realtà sportiva veronese che ho imparato a conoscere e ad apprezzare negli ultimi mesi: la Calzedonia Verona. Un esempio di come una buona gestione possa attrarre sponsor, interesse, imprenditori. Sono più di 100 le aziende che hanno appoggiato il volley veronese. Da lì si potrebbe partire. Non servono Cin Ciun Là nè McKenzie per fare grande sport a Verona. Basta molto poco. O tantissimo. Basterebbe crederci. Voi ci credete?

IL CORAGGIO DI SETTI

Il disastro causato dalla retrocessione in serie B, con la svalutazione del parco giocatori e i “nodi” contrattuali che riguardano alcuni big (Pazzini su tutti) sono ben superiori a quei sette milioni di perdite che il presidente Setti ha “imputato” alla gestione dei 100 punti in serie A (54+46 per gli smemorati…).

Per fortuna, però, che il Verona non si è sfracellato nonostante la cura Gardini-Bigon. Il paracadute economico  più grande della storia del calcio imporrà al Verona di vincere (resto della mia idea, stravincere…) il campionato di B.

Slegare l’obiettivo del ritorno in serie A ad ogni costo alla continuità aziendale è una follia. A meno che Setti non abbia fatto i suoi conti: incassare cioè i 25 milioni di questa stagione, sistemare i bilanci e le sue pendenze, fare una squadra dignitosa ma senza garanzie di vittoria certa e poi puntare tutto sul secondo anno, quando il Verona, restasse ancora in B, ne percepirà altri 15.

Per compiere il cammino e ritornare in serie A, in una o due stagioni, Setti ha scelto la coppia Fusco-Pecchia che rappresenta se non un azzardo, quantomeno una scommessa.

Fare critiche preventive, geografiche o peggio ancora etniche sui due, mi sembra francamente una cazzata enorme. Così come giudicarli prima che si siano messi al lavoro. Il problema è che è durissima capire chi sia arrivato a Verona perchè il loro curriculum, per motivi diversi ma simili, non permette nessuna valutazione. Fusco è un agente  (attenzione al conflitto d’interessi, ci ricordiamo tutti benissimo di Pastorello e della P&P…) che ha fatto anche il direttore sportivo. A Bologna ne parlano bene, ma quella è l’unica vera esperienza che ha. Ci viene descritto come uomo dai modi gentili, garbato, intelligente e colto (che non guasta mai).

Pecchia è stato il vice di Benitez e ha alle spalle due fallimentari esperienze come guida tecnica (a Gubbio e a Latina). E’ sufficiente ciò per condurre il Verona che ha l’obbligo di risalire subito dalle sabbie mobili e dove anche un 1-0 striminzito con la Ternana può essere interpretato come risultato negativo? Questa è la domanda a cui solo i fatti daranno risposta. Il resto, credetemi conta zero.

Lasciatemi concludere con un pensiero: comunque andrà, stavolta ammiro Setti per l’audacia della scelta. Potevano essere prese scorciatoie diverse e più “ammiccanti” alla piazza. Stavolta ha scelto di giocare duro. Opinabile, rischioso ma va detto con onestà, molto coraggioso.

LA MONTAGNA E IL TOPOLINO

Non sappiamo chi sarà l’allenatore, non sappiamo chi sarà il nuovo direttore sportivo (alla faccia di chi aveva certezze sulla permanenza di Bigon…), sappiamo che Toni avrà un ruolo fumoso di “consulente-stagista”.

La conferenza stampa di Setti ha partorito un topolino. La botta della serie B non è stata ancora assorbita e Setti ora appare come un leone ferito e abbandonato dai suoi stessi dirigenti. La cadenza dell’eloquio settiano  è stato mellifluo, solo qualche graffiata qui e là, ma nessun proclama “alla Ranzani”. C’è stato un richiamo ai “fatti” che purtroppo sono fin troppo evidenti. Il Verona sotto la gestione di Gardini e Bigon è crollato in serie B e questo ha causato uno scempio finanziario che nemmeno il paracadute è in grado di assorbire.

Ci sono giocatori che costano un’eresia, operazioni folli e senza senso come i cinque anni di contratto a Pazzini. E quindi non si potrà costruire uno squadrone. Sembra di essere tornati indietro negli anni, a quando Pastorello annunciava una cura di “lacrime, sudore e sangue” per l’Hellas caduto in B. La misura punitiva, secondo la versione presidenziale, di non pagare gli stipendi non è servita a nulla, visto l’ultimo posto in classifica.

Setti ha voluto salvare capra e cavoli annunciando che farà una squadra “competitiva” che vuol dire tutto e niente. Alla prossima conferenza stampa ne sapremo di più. Speriamo bene.