IL FUTURO

Non avevo mai assistito ad una metamorfosi del genere. Capitemi bene: ho visto dirigenti incapaci restare incapaci, ho visto gente in malafede restare in malafede, ho visto gente brava e onesta restare gente brava e onesta. Ma mai mi era capitato di vedere una società che aveva lasciato una traccia come capacità organizzativa, trasformare se stessa sino a compiere il più scellerato dei delitti sportivi. Il Verona di Setti è riuscito a colmare questa lacuna personale.

Cosa sia successo è davvero dura da capire. Perchè Setti sia andato a toccare quel sottile equilibrio che aveva costruito, fino a mutare geneticamente la sua società, non lo so. Ma lo ha fatto. Incurante di tutto e tutti, con quella dose di supponenza che lo ha portato a inanellare un errore dietro l’altro.

Nulla ha funzionato quest’anno. Dal marketing alla comunicazione. Evitando di parlare dell’area sportiva dove le parole di Toni sono state la pietra tombale della stagione. Il Verona è stato pessimo.

Quello che ci interessa ora è però un altro aspetto. Detto degli errori, della supponenza e anche della malafede (come si fa a non arrabbiarsi riascoltando le falsità del dg Gardini che a precisa domanda negò prima l’interessamento dell’Inter e poi affermò che anche “domani” sarebbe stato al Verona…), ora bisogna capire se Setti ha la capacità di analizzare quanto è successo con sufficiente lucidità, proprio per non incorrere negli stessi errori. Purtroppo ho l’impressione che il presidente attinga i dati del problema sempre dalla stessa gente e quindi arrivi sempre alla stessa conclusione.

Questo campionato disastroso non è figlio di quegli errori e di quella supponenza ma solo di una congiuntura disgraziata. E’ evidente che è questa la via più semplicistica, quella che salva le coscienze di tutti, compresa quella del presidente. E’ un mettere la polvere sotto il tappeto.

Se così davvero fosse (e vorrei sbagliarmi, almeno una volta…) allora non andiamo incontro a un futuro radioso, ma ad una lunga via crucis (giusto per restare in tema col periodo). Non ho nessuna stima di questi dirigenti e di questo management. Affidare un campionato di serie B, pur con l’enorme e distorsivo paracadute economico, a chi ha fallito in una maniera così clamorosa mi sembra folle.

Setti deve riaprire un ciclo con facce nuove e nuovo entusiasmo. Di questo campionato e di questa gestione, non c’è nulla di buono da salvare.

RICOSTRUIRE

Il fallimento ora è evidente. Il Verona ha perso anche con il Carpi, è la peggiore squadra della serie A. Clamorosamente inadeguata per la salvezza. Improvvisamente sono crollati gli alibi e la cortina fumogena eretta per evitare le responsabilità. Questa è una squadra costruita male e gestita peggio. Figlia di una lotta di potere, in cui il lato sportivo centrava poco. Purtroppo (e lo dico sinceramente) il presidente Setti ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Ha alterato gli equilibri societari e successivamente la realtà (“è la miglior annata di sempre”), ma soprattutto ha affidato la nuova gestione a persone inadeguate. Mi dispiace dirlo, ma è così.

La fuga di Gardini-Schettino è stato uno sfregio e un momento topico di questo campionato. L’uomo che ha messo le basi per questa disfatta se ne andava, tentando anche di strappare l’applauso finale. I penosi comunicati stampa di quella settimana, i ringraziamenti e le paginate entusiastiche ad elogio del Grande Manager, appartengono ad una delle pagini più tristi della storia del Verona. Paragonabile per cialtroneria a chi aveva scritto di un grande disegno berlusconiano dietro la cessione del Verona di Arvedi al truffatore bresciano poi arrestato con la salsa di pomodoro scaduta in garage.

Per questa gente a Verona non c’è più posto. Oggi che la presa in giro si è completata, mentre di settimana in settimana si rinviava la sentenza, alzando il tiro e promettendo riscatto alla prossima partita, dobbiamo auspicare che Setti ridia a gente affidabile la gestione del Verona.

Dico chiaramente che non mi associo al partito che spara contro il presidente (oggi). Sarebbe troppo facile farlo e non sarebbe giusto. Contesto e ho contestato le sue decisioni, non l’imprenditore. Setti non è Moratti, non è un petroliere arabo, lo sappiamo. Ed in questo momento non esiste alternativa alla sua gestione. Sappiamo perfettamente quanto Verona sia refrattaria e quanto siano stati isolati i due veronesi che avevano in mano l’Hellas prima di Setti.

Questo non vuol dire però che a Setti è tutto concesso. Anzi. Setti non può più scherzare davanti ad una piazza che è stata generosa fino al masochismo nel sostenere questa penosa squadra e questo fallimentare management. La prima cosa da fare è il recupero dell’identità scaligera, oggi custodita più dai tifosi che dalla società. Mai come in questa stagione il Verona è apparso lontano dai valori della sua gente, dai colori, dal cuore e dai sentimenti dei veronesi. A questo Verona manca la passione, perchè chi ha condotto l’Hellas non ne ha avuta. E se non hai passione non hai neanche rispetto. E il resto è una conseguenza, come l’atteggiamento indegno tenuto da questa squadra contro il Carpi.

Spero poi che il presidente riesca a riflettere con lucidità: meditando sui suoi errori, analizzando senza condizionamenti esterni l’andamento di questo anno. Non scelga la strada breve della stagione sciagurata e sfortunata a giustificazione di questo scempio. Questa è una semplificazione che mette tutti d’accordo e soprattutto, lo ripeto a costo di nauseare, impedisce di guardare ai veri responsabili. Gli errori sono a monte e sono tutti in catena, inanellati uno nell’altro. E hanno un padre e una motivazione. Anche gli infortuni. Infine si tolga dalla stretta parassitaria di qualche procuratore che in questo momento detiene troppo potere in questa squadra.

Ora inizia la ricostruzione. Ma non su queste basi marcite dall’incapacità e dalla supponenza.

Oggi più che mai mi sento di urlare Forza Verona.

 

 

NON CI CREDO PIU’

Perdi con l’Udinese, perdi malissimo con la Sampdoria, poi pareggi a Firenze. E ora cosa dovremo fare? Crederci ancora? Vivere ancora per un’altra settimana nell’illusione che il “lumicino” deve restare acceso, per poi, magari domenica prossima scrivere ancora un post con uno dei soliti titoli con la sfumatura che va da “Game Over” a “The End” per poi chiosare sul “Fallimento totale”?

No signori: questa settimana io non ci credo più. Non sono più disposto a concedere una briciola della mia fiducia per una squadra che si era squagliata al cospetto di due squadre abbordabili, battibili e (forse) alla nostra portata e che oggi, invece, riesce a tenere botta ad una Fiorentina, per la verità ina ina ina. Non ci credo più anche se avrei voluto crederci e ci ho creduto davvero dopo il derby delle illusioni in cui, probabilmente abbiamo scambiato il dito con la luna (Il Chievo non ha giocato più che il Verona che ha dominato).

Non credo più a nessuno, ai progetti, ai centri sportivi senza progetto, al vivaio e al “fidatevi di me”. Non credo più al progetto del gioco “vertical” perchè oggi ho visto un Verona “orizontal”, come lo era quello di Mandorlini e quindi vuol dire che ognuno vende il suo prodotto come può anche se non corrisponde all’etichetta. Non credo alla salvezza perchè 8 punti sono una distanza enorme, anche se pensavo che Delneri fosse davvero in grado di colmarla.

Non ci credo più perché nei confronti del Verona sono diventato ateo da qualche settimana, forse dopo che i mercanti sono entrati nel tempio. Aspetto un segno tangibile per riaccendere la mia fede. Un miracolo. Appunto.

LA VERITA’

“Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.

 

Da stasera il Verona è in serie B. La matematica non ci condanna, ma la gara con la Sampdoria ha il sapore della sentenza definitiva. Il Verona finisce miseramente la sua corsa nel peggior campionato di sempre in serie A, dopo aver battuto tutti i record negativi. Nemmeno Delneri è riuscito a rialzare questo Walking Dead. L’illusione è durata una manciata di partite. L’acuto nel derby con il Chievo è stata la classica rondine.

Della presunzione di questa società abbiamo già detto. Il problema è che non c’è un minimo accenno ad una seria autocritica. Restiamo al leggendario “Questa è la miglior stagione di sempre” con cui il presidente Setti ha sfiorato il ridicolo, forse nemmeno sfiorato. Con un direttore generale che ha salutato tutti per andarsene all’Inter, armato probabilmente della convinzione che hanno gli uomini che hanno guardato troppo “House of cards” di poter comandare anche da là attraverso qualche pupazzo abilmente infiltrato, con un direttore sportivo che appare a fine corsa, in mezzo alla stucchevole “armonia” dei comunicati, il Verona è sprofondato e non per colpa degli infortuni.

La stagione è stata costellata da scelte sbagliate, con un peccato originale: l’aver voluto cambiare gli assetti di una società che stava funzionando. Una lotta di potere interna a cui il presidente non ha voluto/saputo mettere un freno. Questa è la grande colpa. Il resto è venuto di conseguenza. La scelta del ds, il biennale a Mandorlini con il tutore, uno spogliatoio affidato a se stesso, senza una guida, senza urlacci, senza passione.

In mezzo ad ambiguità, doppi ruoli, contratti quinquennali, medici, convenzioni con unità sanitarie, procuratori, e giocatori arrivati rotti, il Verona è crollato. Il primo a pagare è stato Mandorlini. Ma la lista, statene certi, si allungherà, fino ai giocatori, anche ad un simbolo intoccabile come Luca Toni.

Questa società ha bisogno di ritrovare la strada con una svolta radicale. Paracadute o non paracadute, la serie B è lunga, durissima, una palude da cui emergi solo con la compatezza dell’ambiente, la tenacia, la ferocia, la rabbia agonistica e non con la faccia smarrita e sconfitta che il ds del Verona sfoggiava stasera.

Setti assomiglia sempre più a chi aveva trovato la schedina vincente del superenalotto e l’ha buttata via.

Ps: la citazione iniziale è di Bertolt Brecht.

 

RISPETTO

Mentre il direttore generale è fuggito verso l’irrinunciabile meta interista, il Verona subisce in ogni partita un torto arbitrale. Diciamoci la verità: niente è meglio del Verona in questo momento per compiere il delitto perfetto. Ricapitoliamo: contro l’Inter (del futuro “chief” ed ex dg), Icardi segna in fuorigioco la rete che rimette i nerazzurri in carreggiata. Contro la Lazio c’è un fallo su Ionita in occasione del primo gol che cambia l’equilibrio del match. Contro il Chievo un rigore inesistente rischia di rovinare la gara perfetta. A Udine un evidente gol in fuorigioco apre la strada all’Udinese in una gara equilibratissima fino a quel momento.

La difesa di un semplice diritto che significa rispetto, capitolo scontato in altre nazioni, non evidentemente nel Palio di Siena chiamato campionato italiano, viene lasciato dalla società all’allenatore e a Luca Toni. Voci, per carità, autorevoli, ma non certo alla pari di un presidente, di un direttore generale, di un direttore sportivo.

Purtroppo il Verona sta zitto in questo momento, privato anche di quella voce che agiva, pare, dietro le quinte. Ma del resto la settimana scorsa tutti erano concentrati a  scrivere melensi comunicati grondanti armonia e serenità per salutare un dirigente che abbandonava la nave come uno Schettino qualsiasi, piuttosto che pensare a difendere i propri legittimi diritti.

Non sia un alibi quello degli arbitri per giustificare una stagione costellata di fallimenti. Nessuno chiede niente di più che lo stesso trattamento riservato agli altri. Siamo ultimi in classifica ma meritiamo rispetto. Lo si deve prima di tutto a quel popolo gialloblù che continua a tifare e a crederci come nessun altro.

PROFETICHE PREVISIONI

Un noto collega di Padova, quando Gardini arrivò a Verona mi disse: “Dovete solo sperare che non metta mai mano alla parte sportiva”. Io gli risposi che Gardini aveva ruoli e competenze ben precise a Verona, competenze che gli erano state disegnate da Setti. “E’ la vostra fortuna” mi rispose quel collega di cui evito di fare il nome visto il tono confidenziale della conversazione “ma ricordati che la sua indole sarà, prima o poi di mettere le mani su quell’aspetto”.

Non gli credetti. Gardini mi pareva un dirigente capace, competente, scafato, furbo. E la sua furbizia mi sembrava al servizio del Verona in quel momento. C’è sempre bisogno di quel tipo di persone, soprattutto nel calcio italiano, soprattutto in un mondo in cui i furbi proliferano.

Dopo tre anni, in cui tutto a Verona era filato perfettamente a dicembre 2014 ho avvertito le prime crepe. Setti stava prendendo le distanze da Sogliano, in mezzo alla mia incredulità. Credevo quel rapporto indissolubile, Setti aveva dichiarato proprio in una mia trasmissione che “senza Sogliano non avrei preso il Verona”, i due sembravano fidanzati e su questo rapporto così stretto ci scherzavano pure. Gardini completava perfettamente il trio. Mentre Mandorlini godeva del lavoro di Sogliano nello spogliatoio, tanto da ottenere i migliori risultati nella sua carriera da allenatore.

Mi pareva impossibile che il presidente potesse alterare quell’equilibrio che aveva portato a fare tanti punti, plusvalenze e più in generale aveva permesso al Verona di tornare nel calcio che conta.

Invece qualcosa successe. Setti sposò la linea di Gardini, in pratica licenziò Sogliano, con alcuni pretesti (“Si è speso troppo” è il riassunto), peraltro senza mai averne discusso apertamente con l’ex ds e rafforzò Mandorlini, pur non amandolo, facendogli firmare un biennale, ma depotenziandolo di fatto visto che lo privò del suo vice. Mandorlini non si ribellò, firmò il contratto con a fianco Bortoluzzi, fidato vice di Guidolin, una mossa che era stata, come al solito, suggerita dal direttore generale.

In quel momento Gardini era uscito dai suoi confini. Non aveva più compiti e responsabilità limitate, era diventato il deus ex machina del Verona. Bigon, il nuovo ds,  era un suo amico, non c’è uomo nel mondo del calcio che non lo sappia.

Il resto è storia di oggi. Un impasto di errori, superficialità, alibi e sfortuna (rigorosamente in quest’ordine) hanno creato la disastrosa situazione che è sotto gli occhi di tutti. In mezzo a questo marasma, con la grande chiarezza che uso solitamente, dico che è stato vergognoso apprendere in questi giorni che Gardini stava andando all’Inter. Potete metterla come volete: ma io credo che il Verona meriti rispetto, molto più rispetto di così.

Certo i messaggi oggi grondano miele, non me ne stupisco, ma resta questo sfregio fatto sulla pelle di un Verona che miracolosamente sta ancora cercando di salvarsi, grazie all’unica scelta che Gardini non ha preso quest’anno: l’arrivo di Delneri. Lui voleva Corini, è giusto ricordarlo.

Gardini può dichiarare tutto il suo amore per il Verona nelle lettere ufficiali, ma resta il fatto che da lunedì lavorerà con l’Inter e che certamente nessuno gli ha puntato una pistola alla tempia per lasciare l’Hellas a marzo.

Magari molti di voi possono anche pensare che l’addio di Gardini sia in realtà un bene e che quindi questa vicenda vada vista tutto sommato con favore. Io guardo un passo avanti: spero che il Verona non si riduca a fare la società satellite dell’Inter e che Gardini, da oggi, pensi solo al bene dei nerazzurri, senza voler allungare la sua influenza e mano ancora sul Verona. Qui, di danni, sinceramente, ne ha fatti anche troppi, come aveva profetizzato, ahinoi, quel collega padovano.

 

LACRIME

Grazie. Grazie a Gigi Delneri che aveva promesso una grande partita e un finale di campionato dignitoso raccattando il Verona nel baratro. Grazie al popolo del Verona che non molla mai e con i suoi canti dimostra la fierezza che non significa appoggio a chicchessia, ma solo onore per la maglia, per il colore gialloblù e dignità.

Grazie a Evangelos Moras, per le sue lacrime nel tunnel che ci hanno commosso, ma che ci hanno fatto capire che ci sono ancora giocatori galantuomini e che non tutti sono uguali, in un mondo dove i soldi, le interviste pre-confezionate, la mancanza di un valore etico, ha ormai spazzato via la poesia. Lele, come lo chiamiamo con ironia ha uno spessore morale che va al di là dei suoi piedi, dei colpi di testa, anche dei suoi limiti tecnici e della sua generosità.

Quelle lacrime sono le specchio profondo di un ragazzo che ci crede veramente, di un guerriero che con fierezza sta difendendo la sua squadra, di un uomo toccato fortemente dal destino, che per colpa/merito di una disgrazia, ha scoperto l’amore di una tifoseria e anche perchè no, la generosità di una città.

Le lacrime di Lele ci riportano con i piedi sulla terra, ci fanno capire che il Verona è la nostra meravigliosa amante, ma che poi c’è la vita, sempre strettamente legata alla morte, c’è l’umanità. Ed è in quei valori che ci ritroviamo assieme, e forse è per questo che tifiamo appassionatamente Hellas Verona, primo o ultimo che sia. Piangere o ridere per un gol, per una vittoria, per una retrocessione è il nostro legame. Le lacrime di Moras sono lacrime gialloblù.Le lacrime che stasera riaprono la speranza. Perché in fondo questa incredibile squadra è sempre una meravigliosa utopia.

IN CAMPO CI VANNO I GIOCATORI…

No, ragazzi, scusate ma così non va. Forse non ve ne siete resi conto, ma qui si fa una fatica boia a tenere in vita questa stagione, stiamo procedendo come facevano i medici di Er, a colpi di defibrillatore e iniezioni di adrenalina. Una vittoria alla giornata numero 23 e una vittoria buttata via con l’Inter dopo una buona partita non sono sufficienti a salvarsi l’anima dall’inferno.

Per questo non capisco la gara con la Lazio. Fossimo in una situazione normale, fossimo a 25 punti, già non avrebbe avuto senso. Ma se questa partita era un’occasione, l’ennesima, che doveva servire a raddrizzare questa stagione, allora davvero la delusione e lo scoramento rischiano di prendere il sopravvento. Delneri spiegava alla vigilia che le energie mentali erano state pienamente recuperate e che la gara con l’Inter aveva avuto l’effetto benefico di aver cancellato la fatica e fortificato l’autostima. Con la Lazio non ho visto niente di tutto questo. Ho visto un Verona stanco, molle, in balia dell’avversario, incapace di reagire.

Non credo che dare la colpa all’arbitro (pessimo) abbia senso. Per onestà dobbiamo dire che non si è perso per l’arbitro, ma perchè intensità, grinta, attenzione, difesa alta e quanto di buono si diceva sino alle 20.45 di giovedì è svanito sotto il palleggio della Lazio. Ci può stare di perdere all’Olimpico, ma purtroppo non doveva succedere a questo Verona che si porta sulle spalle la prima disastrosa parte di campionato.

Una riflessione finale: gran parte del dibattito fino ad oggi, anche in questo blog,  si è consumato sulle capacità di Mandorlini e poi sul cambio con Del Neri. S’è parlato anche delle responsabilità della società, delle mosse sbagliate del ds, del preparatore, del vice allenatore. Qualcuno ha anche chiesto a Setti se gli stipendi fossero pagati regolarmente.

I giocatori, che sono i principali attori, hanno invece sempre vissuto sotto una campana di vetro, quasi protetti. Beh, direi che dopo la cinquina dell’Olimpico anche loro devono iniziare a prendersi qualche responsabilità. Gli ombrelli protettivi ormai si sono chiusi quasi tutti.

LA RABBIA E L’ORGOGLIO

La rabbia per una stagione che rischia di tramutarsi in una lunga serie di se. Se si fosse cambiato prima… Se la società non avesse messo la testa sotto la sabbia… Se gli allenamenti fossero sempre stati intensi… Se avessero sempre corso così… Se non si fosse pensato solo a difendere… Se il recupero dei giocatori avesse avuto un senso e non una lunga serie di “tentativi” a vuoto… Se la sfortuna non fosse sempre stata un alibi…

Una lunga serie di occasioni sprecate e di errori che ha causato il disastro di classifica quasi impossibile da colmare e che si tramuterá quasi certamente a fine stagione in un rammarico gigantesco.

Eppure stasera alla domanda di un telespettatore che mi chiedeva “ma voi ci credete ancora?” ho risposto d’istinto di sì. Contro ogni logica sia chiaro. Credo sia il mio cuore a dettarlo, ma anche le immagini chiare che ho visto oggi al Bentegodi. L’orgoglio che Delneri ha infuso dentro al Verona mi fa credere in un possibile miracolo. Ciò che abbiamo visto contro l’Inter è stato un capolavoro. Un Verona operaio ma che attraverso il lavoro ha ora un senso, un gioco, un carattere, una personalità.

Improvvisamente tutto quello che per mesi s’era detto (la coesistenza di Toni e Pazzini, l’assenza di ritmo, gli allenamenti a porte chiuse) è stato suffragato da Delneri e dal suo lavoro. E dunque, alla fine, non erano i blogger che minavano l’ambiente, nè i giornalisti.

Era il Verona che si era sabotato da solo, attraverso scelte sbagliate se non scellerate. Non fosse così, Delneri sarebbe il capo dei blogger e dei giornalisti non allineati, visto che dice e ripete ad ogni conferenza stampa gran parte degli argomenti che erano tacciati di “cornacchismo”. Qualcuno che ha fretta di accantonare il passato per evitare che i suoi errori vengano messi in luce, sostiene che l’acqua passata non macina più.

Vero, come è vero che la storia racconta responsabilità e svela i colpevoli. Affinchè gli errori del passato non si ripercuotano sul presente e sul futuro.

Ora però si tratta di parlare della salvezza, gravemente compromessa dai fatti precedenti. Ma, incredibilmente, il Verona ci crede ancora e questo va ascritto ai meriti di Delneri, arrivato a Verona per dimostrare di avere ancora qualcosa da dire dopo il Chievo dei miracoli e la Sampdoria delle meraviglie.

Anziano di anagrafe ma giovanissimo per intraprendenza, spirito e voglia di impegnarsi, Delneri ha rivoltato il Verona come un calzino, attuando una “rivoluzione” morbida che ha in pratica contraddetto tutto ciò che era stato fatto in precedenza.

Il 3-3 con l’Inter è stato un compendio del suo calcio offensivo. Unitamente ad un Bentegodi che sa esaltarsi con questo tipo di squadre fino a trascinarle, il Verona ora se la può giocare alla pari con tutti. Con rabbia, ma soprattutto con orgoglio può tenere viva la fiammella della speranza e comunque preparare il domani. Magari con meno presunzione e un pizzico in più di umiltà che nel calcio non guasta mai.

NON C’E’ LOGICA ED E’ QUESTA LA GRANDE BELLEZZA

Ogni tanto mi succede. Succede che dopo una vittoria del Verona ho il bisogno di camminare da solo per le vie di Verona. Solitamente sono momenti importanti: una salvezza, un derby, una promozione. Quasi che la vittoria della mia squadra del cuore avesse bisogno della sua città per essere capita pienamente.

Verona di sera è bellissima. Forse non ne comprendiamo in pieno la sua romantica bellezza. Le luci che percorrono le architetture romane, le ombre sui palazzi medievali, l’Adige… I colori, i suoni, Romeo e Giulietta e noi veronesi che a volte non ci meritiamo tanta bellezza, solo per il fatto di vederla ogni giorno senza star lì ad ammirarne ogni mattone, ogni angolo, ogni cantone.

Poi penso a quel gene che dobbiamo per forza avere dentro. Veronesi tuti mati… E matti lo siamo davvero se stasera siamo felici come bambini al luna park perchè l’Hellas ha vinto una partita, la prima del suo campionato. Non c’è logica in tutto questo, eppure lì sta l’essenza di tutto. Di Verona e della sua bellezza. Del fatto di essere veronesi. Diversi, quindi matti. Quindi incompresi. Non si può capire perchè a noi la sofferenza esalta, perchè riusciamo ad applaudire anche una squadra che sprofonda in serie C, perchè nonostante tutto siamo ancora qui. E mi viene un groppo al pensiero che ora ci esaltiamo per tale Wszolek, un meraviglioso corridore polacco dai piedi di ghisa ma dal cuore grande. Non serve vincere sempre per essere felici. La felicità è tifare per questa squadra, che vince ogni tanto ma che ogni volta che lo fa non è mai banale ed è sempre speciale. E’ bella Verona di notte, è bello essere veronesi. E’ bello, soprattutto, tifare per l’Hellas. E gli altri non sanno cosa si perdono. Perchè vincono sempre.